Chi non ricorda il famoso filmato del 1923 di Harold Lloyd che scala indifferente a qualunque vertigine un edificio di Manhattan dal marciapiede al tetto? Si tratta di un’opera magistrale (“Safety last” o, in italiano, “Preferisco l’ascensore!”) per le capacità acrobatiche del Lloyd e per le riprese che rendono perfettamente lo spazio verticale definito dalla sceneggiatura. Chi vede questa scena rimane impressionato e si chiede come sia stato possibile realizzarla. Il protagonista evidentemente non soffriva di vertigine, o almeno questo è quello che appare.
Anche Richard Gere nel suo famoso Mr. Jones (1993) non soffre di vertigini quando fa l’equilibrista in cima al tetto per il desiderio di librarsi nel vuoto come gli aerei che gli passano sopra la testa. Qui la vena maniacale lo protegge dall’esame di realtà sul pericolo di cadere e deve essere salvato da un collega anziano. Pochi anni prima però lo stesso Richard Gere è in “Pretty Woman” (1990) un affarista che soffre di acrofobia, tanto da chiedere a Vivian (la prostituta con cui ha un affair) di scendere dalla balaustra del poggiolo della loro stanza d’albergo perché gli vengono le vertigini.
Ma cosa sono le vertigini? Sostanzialmente la vertigine è una distorsione della percezione sensoriale dello spazio esterno, con effetti di capogiro o una distorsione (rotazione, ondulamento) dei riferimenti spaziali, che influisce sul movimento della persona con una perdita di equilibrio e la caduta a terra.
Il tema della vertigine è stato riportato in alcuni film, il più famoso dei quali è indubbiamente “Vertigo” (“La donna che visse due volte” in italiano) di Alfred Hitchcock (1958). Nella scena più famosa Scottie (l’attore James Stewart), poliziotto in pensione sofferente di acrofobia per un disturbo post-traumatico, insegue Madeleine (interpretata da Kim Novak) su per le scale del campanile di una missione spagnola. Il tentativo di raggiungerla è frenato dalle vertigini che lo colgono mentre sale le scale a chiocciola. L’effetto della vertigine è reso attraverso un famoso movimento di macchina composta da carrello indietro e zoom in avanti, che ha fatto scuola perché rende bene la sensazione sia della retrazione all’indietro per la paura di evitamento che dallo spostamento in avanti per l’attrazione verso il fondo o comunque verso l’oggetto temuto. L’effetto Vertigo (indicato anche come “effetto dolly”) è stato poi ripreso da diversi altri film: Lo squalo, Indiana Jones e l’ultima crociata, Poltergeist, Quei bravi ragazzi, Il signore degli anelli: La compagnia dell’anello.
Una parodia di Vertigo è quella del film “Alta tensione” di Mel Brooks (1977), il quale impersona uno psichiatra acrofobico chiamato a dirigere l’“Istituto Psico-Neurotico per Individui Molto Molto Nervosi". Il film utilizza molti spunti dei film di Hitchcock per prendere in giro i film di suspense. Tra questi spunti vi sono le vertigini dello psichiatra Thorndyke (Mel Brooks), che non può avvicinarsi a parapetti da luoghi elevati, e che il suo mentore analista – il professor Vecchiotrombone – ritiene siano di origine inconscia. Le vertigini, a differenza che nel film Vertigo, sono rese in modo più da cartone animato, con la sagoma dello psichiatra che si sovrappone a quella di un disegno a spirale che gira.
Tra le cause di vertigine vi sono la Malattia di Mèniére, la Labirintolitiasi (calcoli presenti nel labirinto), la Neurite vestibolare, l’Emicrania, la Tensione muscolare (da artrosi o da colpo di frusta), Disturbi cardiocircolatori (per insufficienza cardiaca o bassa pressione) e Disturbi psichiatrici. Tra questi ultimi, più frequentemente implicati sono quelli d’ansia e affettivi. Per meglio precisare, le vertigini possono accompagnare stati emotivamente e cognitivamente carichi come quelli dell’ansia e del panico e della depressione.
Un certo numero di film ce li hanno rappresentati. Per esempio, il personaggio di Carlo Verdone in “Maledetto il giorno che ti ho incontrato” (1992) sperimenta una crisi vasomotoria mentre è al supermercato con Margherita Buy, tanto da cadere a terra. Si tratta di uno svenimento causato da un’improvvisa rivelazione di una verità da parte di lei. Lui si riprende prontamente dicendo a tutti “è una distonia neurovegetativa!” e rifiutando qualsiasi aiuto.
Altri esempi vengono dagli attacchi di panico che provocano stati simili alla vertigine con distorsione della forma della realtà circostante. Si può ricordare la distorsione e l’ondulamento della prospettiva del corridoio da parte della psichiatra-criminologa sofferente di panico interpretata da Sigourney Weaver in “Copycat” (1995) o anche Silvio Orlando in “Fuori dal mondo” (1999), che ha un inizio di distorsione della realtà simile alla vertigine mentre è in strada e chiede invano aiuto.
Ricordo inoltre l’angoscia profonda di uno dei due protagonisti del film “Elling” (2001), sofferente di varie inibizioni e fobie comportamentali e oggetto di un programma di riabilitazione psicosociale in un nuovo appartamento. Uscendo dall’edificio dove è andato ad abitare, Elling dice “io ho sempre avuto due nemici, i capogiri e l’ansia, … mi seguono sempre, ovunque vada”. Lo devono recuperare caduto a terra davanti al supermercato il suo amico e l’assistente sociale.
Infine, più simile ad una attrazione verso la precipitazione è la sensazione vertiginosa collegata ad un pensiero suicidario che sperimenta Umberto D nell’omonimo film del 1952 di Cesare Zavattini. Qui un uomo anziano, senza più risorse e disperato, è attirato dalla possibilità di uccidersi buttandosi sulla strada sottostante. La soggettività di Umberto è resa con un movimento di macchina in avanti in cui l’acciottolato si avvicina minaccioso e allo stesso tempo attraente, anche se alla fine Umberto rinuncia a buttarsi per amore verso il suo cagnolino.
In sintesi, il fenomeno vertiginoso è specifico di alcune malattie di competenza medico specialistica non psichiatrica, ma alcune vertigini costituiscono fenomeni neurovegetativi collegati a stati d’ansia e depressione. In questi casi in particolare, la normale padronanza del nostro corpo nel movimento e nello spazio circostante viene meno.
Nel maniacale (vedi Mr. Jones) vi è un (falso) ipercontrollo di sé con il tacitamento della vertigine come segnale di pericolo, mentre nell’ansia (vedi Carlo Verdone ed Elling) e nella depressione (vedi Umberto D) la sicurezza personale viene meno. In questi ultimi casi la percezione del mondo esterno perde la normale funzione di localizzazione e riferimento spaziale, e la persona avverte una sensazione di vertigine.
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