Essere al corrente di ciò che accade in carcere non solo è importante per la nota frase, attribuita a Voltaire, secondo la quale se si vuole conoscere qualcosa del livello di civiltà di un Paese non bisogna guardare ai monumenti, alle strade, alla qualità dei servizi, ma in primo luogo alla qualità delle carceri. Per noi operatori della Salute mentale lo è anche perché in carcere i livelli di sofferenza mentale sono particolarmente elevati, e lo è particolarmente in questo momento perché il processo innescato dal DPR 230 del 1999, con il primo governo Prodi, e proseguito con il D. Lgs. 1 aprile 2008 voluto dal secondo governo Prodi e poi la legislazione conseguente che ha determinato il superamento degli OPG[i], l’assistenza psichiatrica ai detenuti e quella ai soggetti in misura di sicurezza per infermità di mente sono tra i compiti del SSN.
E’ per questo motivo che mi è parso utile riassumere, in questo articolo con il quale la nostra rubrica supera i 100 interventi pubblicati in quasi 4 anni – e mentre ci è giunta la notizia del dissequestro della barca “Mare Jonio”[ii] della piattaforma Mediterranea, che potrà così riprendere il suo meritorio lavoro – alcuni dati dal XV rapporto dell’Associazione Antigone “Il carcere secondo la Costituzione”, recentemente pubblicato e disponibile in versione completa sul sito dell’Associazione[iii].
I detenuti in carcere erano poco più di 60.000 il 30 aprile 2019, quindi l’1:1.000 della popolazione generale, e il 20% in più dei posti teoricamente disponibili. Sono in crescita anche le misure alternative, con 44.000 circa in esecuzione nel primo semestre 2018 (meno del 4% le revoche), e anche le “messe alla prova”, che interessavano quasi 15.000 soggetti il 30 novembre 2018, con una popolazione quindi sottoposte a qualche forma di restrizione della libertà superiore a 100.000 (oltre i 13.000 ragazzi circa in carico alla giustizia minorile).
Tra i carcerati, sono esattamente 1/3 gli stranieri, con un tasso quindi molto più elevato rispetto agli italiani, ed è un dato molto importante perché affrontare il carcere per uno straniero è molto più difficile per svariate ragioni (lingua, cultura, distanza dalla famiglia, spesso mancanza di residenza ecc.)[iv]. Circa 1/3 sono anche i detenuti per violazione della legge sulle droghe, circa il doppio in questo caso della media europea (i detenuti tossicodipendenti sono però meno ma comunque sempre molti, intorno al 25%). Circa 1/3 sono anche i detenuti in attesa di giudizio, un dato più basso rispetto al passato ma è comunque un problema, sia perché si tratta di persone fino a prova contraria innocenti, sia perché l’incertezza rispetto al proprio destino è un fattore importante di rischio per lo sviluppo di condizioni d’interesse psichiatrico. Il 4% circa sono le donne, con 55 bambini di meno di 3 anni in carcere con le mamme, in maggioranza straniere. Anche gli ergastolani, soggetti che per la lunghezza della pena sono più esposti alla sofferenza mentale, sono intorno al 4%.
I detenuti sono in aumento, nonostante il trend in calo dei reati denunciati, e in particolare di quelli più gravi (il che, non corrisponde certo al dato percepito e spesso strillato dai mezzi di comunicazione).
Nel corso del 2018, 1.757 detenuti sono risultati iscritti a cosi di formazione lavorativa, e 17.614 erano i lavoranti al 31 dicembre; 20.357 gli iscritti a corsi scolastici. Questo significa che l’offerta di impegno nel lavoro e nell’istruzione, elemento fondamentale per la funzione riabilitativa della pena prevista dalla Costituzione e per rompere la noia che rappresenta uno dei problemi principali del detenuto, non è sufficiente a coprire l’intera popolazione carceraria.
Secondo “Ristretti orizzonti” sono stati 69 i suicidi in carcere (61 secondo il DAP) nel corso del 2018, un numero leggermente più alto rispetto agli anni precedenti; il tasso suicidario è doppio tra gli stranieri rispetto agli italiani e il confronto tra il tasso grezzo tra i detenuti rispetto a quello nella popolazione generale è di 18:1 (il rapporto tra i tassi standardizzati dovrebbe essere più basso, un po’ meno della metà, ma comunque sempre decisamente più alto rispetto alla popolazione generale, anche perché un confronto corretto dovrebbe essere effettuato separando almeno italiani e stranieri).
Le visite effettuate in carcere hanno messo in luce in molti casi problemi riguardanti lo spazio a disposizione, il riscaldamento, l’acqua calda, l’accesso alle docce, le ore di apertura delle celle, l’accesso a locali per attività sportiva (palestra e campi sportivi).
Questa, certo in estrema sintesi, la situazione generale.
Per ciò che riguarda in particolare la Salute mentale, il rapporto individua tre punti critici:
E’ per questo motivo che mi è parso utile riassumere, in questo articolo con il quale la nostra rubrica supera i 100 interventi pubblicati in quasi 4 anni – e mentre ci è giunta la notizia del dissequestro della barca “Mare Jonio”[ii] della piattaforma Mediterranea, che potrà così riprendere il suo meritorio lavoro – alcuni dati dal XV rapporto dell’Associazione Antigone “Il carcere secondo la Costituzione”, recentemente pubblicato e disponibile in versione completa sul sito dell’Associazione[iii].
I detenuti in carcere erano poco più di 60.000 il 30 aprile 2019, quindi l’1:1.000 della popolazione generale, e il 20% in più dei posti teoricamente disponibili. Sono in crescita anche le misure alternative, con 44.000 circa in esecuzione nel primo semestre 2018 (meno del 4% le revoche), e anche le “messe alla prova”, che interessavano quasi 15.000 soggetti il 30 novembre 2018, con una popolazione quindi sottoposte a qualche forma di restrizione della libertà superiore a 100.000 (oltre i 13.000 ragazzi circa in carico alla giustizia minorile).
Tra i carcerati, sono esattamente 1/3 gli stranieri, con un tasso quindi molto più elevato rispetto agli italiani, ed è un dato molto importante perché affrontare il carcere per uno straniero è molto più difficile per svariate ragioni (lingua, cultura, distanza dalla famiglia, spesso mancanza di residenza ecc.)[iv]. Circa 1/3 sono anche i detenuti per violazione della legge sulle droghe, circa il doppio in questo caso della media europea (i detenuti tossicodipendenti sono però meno ma comunque sempre molti, intorno al 25%). Circa 1/3 sono anche i detenuti in attesa di giudizio, un dato più basso rispetto al passato ma è comunque un problema, sia perché si tratta di persone fino a prova contraria innocenti, sia perché l’incertezza rispetto al proprio destino è un fattore importante di rischio per lo sviluppo di condizioni d’interesse psichiatrico. Il 4% circa sono le donne, con 55 bambini di meno di 3 anni in carcere con le mamme, in maggioranza straniere. Anche gli ergastolani, soggetti che per la lunghezza della pena sono più esposti alla sofferenza mentale, sono intorno al 4%.
I detenuti sono in aumento, nonostante il trend in calo dei reati denunciati, e in particolare di quelli più gravi (il che, non corrisponde certo al dato percepito e spesso strillato dai mezzi di comunicazione).
Nel corso del 2018, 1.757 detenuti sono risultati iscritti a cosi di formazione lavorativa, e 17.614 erano i lavoranti al 31 dicembre; 20.357 gli iscritti a corsi scolastici. Questo significa che l’offerta di impegno nel lavoro e nell’istruzione, elemento fondamentale per la funzione riabilitativa della pena prevista dalla Costituzione e per rompere la noia che rappresenta uno dei problemi principali del detenuto, non è sufficiente a coprire l’intera popolazione carceraria.
Secondo “Ristretti orizzonti” sono stati 69 i suicidi in carcere (61 secondo il DAP) nel corso del 2018, un numero leggermente più alto rispetto agli anni precedenti; il tasso suicidario è doppio tra gli stranieri rispetto agli italiani e il confronto tra il tasso grezzo tra i detenuti rispetto a quello nella popolazione generale è di 18:1 (il rapporto tra i tassi standardizzati dovrebbe essere più basso, un po’ meno della metà, ma comunque sempre decisamente più alto rispetto alla popolazione generale, anche perché un confronto corretto dovrebbe essere effettuato separando almeno italiani e stranieri).
Le visite effettuate in carcere hanno messo in luce in molti casi problemi riguardanti lo spazio a disposizione, il riscaldamento, l’acqua calda, l’accesso alle docce, le ore di apertura delle celle, l’accesso a locali per attività sportiva (palestra e campi sportivi).
Questa, certo in estrema sintesi, la situazione generale.
Per ciò che riguarda in particolare la Salute mentale, il rapporto individua tre punti critici:
- L’impegno del sistema sanitario nel garantire l’assistenza nel campo della salute mentale alla popolazione detenuta: secondo Antigone sarebbero disponibili mediamente 8.9 ore di psichiatra e 13.5 di psicologo ogni 100 detenuti, scarsamente rappresentate le altre figure, a fronte del fatto che il 28.7% della popolazione penitenziaria risulta assumere terapia psicofarmacologica (con punte che arrivano in alcuni istituti al 70%, e superano in uno il 90%). Ovviamente, questo è uno dei casi nei quali è difficile stabilire la soglia che separa la sofferenza mentale vera e propria dal rumore di fondo rappresentato dalla sofferenza generica legata alla condizione di detenzione in se stessa, che determina in primo luogo ad esempio tensione emotiva e problemi di sonno.
- La mancanza di una normativa chiara che regoli il funzionamento delle “Articolazioni per la tutela della salute mentale (35 in Italia, con 250 presenze). Sono state riscontrati ancora presenti in alcune carceri il ricorso alla contenzione e la presenza di “celle lisce”, cioè di celle nelle quali, spesso per prevenire atti autolesivi, il detenuto è spogliato di quasi tutto ad eccezione di un letto fissato, o addirittura del solo materasso.
- “L’incerta definizione del rapporto”, così si esprime il documento, tra carcere e REMS. Le REMS registrate sono 30 con un numero variabile di posti letto (fino ai 154 di Castiglione delle Stiviere), con 629 internati complessivi, 249 dei quali in misura di sicurezza provvisoria (603 sono invece quelli in lista di attesa). Visto così, il numero complessivo non parrebbe distante dai 1.200 internati circa che hanno avuto negli ultimi anni prima dell’avvio del processo di superamento, ma sarebbe un’equazione errata. Infatti, le REMS rappresentano nell’impostazione della nuova normativa un’eccezione riservata ai soli casi ingestibili nel normale circuito dell’assistenza psichiatrica (residenzialità, centri diurni, CSM), che ha in carico quindi la maggioranza dei soggetti in misura di sicurezza.
Infine, il rapporto non manca di ricordare, in uno dei suoi preziosi approfondimenti, tre fatti nuovi rilevanti per la tutela della salute mentale nella popolazione detenuta o sottoposta a misura di sicurezza intervenuti quest’anno.
Il primo, è rappresentato dal parere su “Salute mentale e assistenza psichiatrica in carcere” emesso dal Comitato nazionale per la Bioetica il 22 marzo 2019, del quale vale la pena di conoscere estensivamente i dettagli.
Il secondo, è la sentenza n. 99/2019 del 19 aprile 2019, con la quale la Corte Costituzionale, interpellata dalla Corte di Cassazione, sancisce che la grave malattia mentale può essere curata fuori dal carcere, esattamente come previsto per la patologia fisica. Con questo, viene posta fine alla grave ingiustizia – certo legata alla minore affidabilità attribuita dal legislatore alla diagnosi psichiatrica e al conseguente maggior rischio di “scivolamenti” – rappresentata dall’articolo del Codice di procedura penale, con il quale si stabiliva che mentre la malattia fisica grave poteva portare se necessario all’uscita temporanea dal carcere, per quella psichica la soluzione era il trasferimento in OPG.
Il terzo è in realtà un non fatto, corrispondente al mancato completamento del processo di riforma dell’Ordinamento penitenziario al quale avevano lavorato gli Stati generali dell’Esecuzione penale, prima rallentato dall’avvicinarsi delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, e poi in gran parte accantonato da parte della nuova maggioranza determinatasi in Parlamento.
Tra le parti non recepite la facilitazione dell’accesso alle misure alternative e alla eliminazione di automatismi preclusivi, e per la parte che più direttamente ci riguarda il potenziamento dell’assistenza psichiatrica negli istituti di pena e la revisione della disciplina delle misure di sicurezza personali, che avrebbe interessato l’Ordinamento penitenziario, ma anche le delicate parti del Codice penale e di procedura penale che riguardano le discusse questioni dell’imputabilità e della pericolosità[v].
Il primo, è rappresentato dal parere su “Salute mentale e assistenza psichiatrica in carcere” emesso dal Comitato nazionale per la Bioetica il 22 marzo 2019, del quale vale la pena di conoscere estensivamente i dettagli.
Il secondo, è la sentenza n. 99/2019 del 19 aprile 2019, con la quale la Corte Costituzionale, interpellata dalla Corte di Cassazione, sancisce che la grave malattia mentale può essere curata fuori dal carcere, esattamente come previsto per la patologia fisica. Con questo, viene posta fine alla grave ingiustizia – certo legata alla minore affidabilità attribuita dal legislatore alla diagnosi psichiatrica e al conseguente maggior rischio di “scivolamenti” – rappresentata dall’articolo del Codice di procedura penale, con il quale si stabiliva che mentre la malattia fisica grave poteva portare se necessario all’uscita temporanea dal carcere, per quella psichica la soluzione era il trasferimento in OPG.
Il terzo è in realtà un non fatto, corrispondente al mancato completamento del processo di riforma dell’Ordinamento penitenziario al quale avevano lavorato gli Stati generali dell’Esecuzione penale, prima rallentato dall’avvicinarsi delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, e poi in gran parte accantonato da parte della nuova maggioranza determinatasi in Parlamento.
Tra le parti non recepite la facilitazione dell’accesso alle misure alternative e alla eliminazione di automatismi preclusivi, e per la parte che più direttamente ci riguarda il potenziamento dell’assistenza psichiatrica negli istituti di pena e la revisione della disciplina delle misure di sicurezza personali, che avrebbe interessato l’Ordinamento penitenziario, ma anche le delicate parti del Codice penale e di procedura penale che riguardano le discusse questioni dell’imputabilità e della pericolosità[v].
Nel video link al film: Detenuto in attesa di giudizio, regia di Nanni Loy, con Alberto Sordi (Italia, 1971)
[i] Sul processo di superamento degli OPG, le incertezze e i problemi che lo hanno accompagnato, cfr. in questa rubrica gli articoli: La chiusura dell’OPG e i Servizi. Note su psichiatria, controllo, quanto controllo (13/12/2015); Nell’area grigia tra medicina e giustizia sta la persona. Pensieri sulla questione OPG, di ritorno da Pontignano. Parte I: Il bianco e il nero (2/6/2016) e Parte II: … a tentoni nella notte (cercando di non dare facciate) (16/6/2016); Rems al via! Un convegno a Trieste (2/2/2017).
[ii] Cfr. in questa rubrica: “Mare ionio: umanità contro la barbarie”.
[iv] Sulla detenzione dello straniero cfr. in questa rubrica l’articolo: Il detenuto straniero.
[v] Cfr. le anticipazioni contenute in: Nell’area grigia tra medicina e giustizia sta la persona. Pensieri sulla questione OPG, di ritorno da Pontignano. Parte II: … a tentoni nella notte (cercando di non dare facciate) (16/6/2016).
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