Di Samuel Cartwright (1793 Fairfax County, Virginia- 1863 Jackson, Mississippi), medico chirurgo e psicologo statunitense, ho già proposto alcune citazioni in questa rubrica[1] . Riprendo le sue argomentazioni, con riferimento in particolare alla sua pubblicazione del 1851 sul tema delle malattie e di alcune specificità della “ razza negra”[2], in cui descrisse le patologia somatiche e mentali, a suo avviso tipiche degli afroamericani, sia quelli in condizione di schiavitù che quelli liberi. La più nota di tali patologie, anche fra i cultori della materia in Italia, è la drapetomania, un termine con cui Cartwright designava sia la patologia mentale che portava lo schiavo a fuggire, sia l’atto stesso del fuggire (ben noto a padroni e sorveglianti) degli schiavi neri[3].
Dopo una intensa ricerca ho trovato il testo integrale del suo articolo del 1851[4], un testo di straordinario interesse per la complessità di una argomentazione medica, politica e teologica che va a costituire una vera e propria ideologia medico-psichiatrica razzista. Per questi motivi lo propongo alla lettura.
Di seguito la prima parte del testo, cui seguiranno altre tre:
"La razza africana è circa la metà della popolazione del nostro Sud, ma non è mai stata oggetto di adeguati studi scientifici ed è quasi per niente mai citata nei trattati e nei testi di medicina. Solo più recentemente se ne è parlato in corrispondenza con il progredire della scienza. Non c’è mai stata per migliaia di anni un’osservazione scientifica dei neri e dei selvaggi d’Africa. Soltanto con la ripresa degli studi che le popolazioni di quella razza sono emerse in questo continente. Le poche conoscenze che i medici del Sud hanno acquisito, non sono state derivate da libri e pubblicazioni mediche, ma solo da osservazioni dirette o raccolte qua e là parlandone con i colleghi.
Prima di trattare della peculiarità delle loro patologie, è necessario che ci si occupi delle differenze anatomiche e fisiologiche fra i negri e gli uomini bianchi; altrimenti non sarebbe possibile avere piena comprensione delle malattie stesse.
Si dà di solito per scontato che la differenza principale, fondamentale sia quella del colore della pelle, ma ce ne sono altre di differenze nell’anatomia e nella fisiologia, più profonde e indelebili: nell’albino la pelle è bianca, ma l’organizzazione è quella del negro. C’è differenza nelle membrane, nei muscoli, nei tendini, in tutti i fluidi e le secrezioni. Anche il cervello e i nervi del negro, il chilo e tutti gli umori presentano un’ombra scura e diffusa. La sua bile, il suo sangue sono più scuri di quelli dell’uomo bianco. Fra la carne del bianco e quella del nero c’è la stessa differenza di colore che c’è fra un coniglio e una lepre.
Le sue ossa sono più bianche e dure di quelle dei bianchi perché contengono maggiori quantità di fosfato di calce e meno gelatina. La sua testa pende sull’atlante in modo diverso che nel bianco; la faccia è sporta più all’insù e il collo è più corto e meno obliquo; la colonna vertebrale è più in dentro e la pelvi più all’infuori; il femore è più largo e appiattito; le ossa più inclinate all’indietro; le gambe arcuate; i piedi piatti; i muscoli gastrocnemi più piccoli; il calcagno così lungo da far apparire la caviglia come se fosse al centro del piede; l’andatura come quella che i francesi chiamano allure declanchée, non dissimile da quella di una persona che porta un peso gravoso. La bocca prominente, la fronte sfuggente, il naso largo, piatto, le labbra grosse, i capelli lanosi sono spesso caratteristiche che colpiscono chiunque lo guardi.
Secondo Soemmering e altri anatomisti che hanno dissezionato i negri, il suo cervello è di 1/9 -1/10 in meno rispetto alle altre razze umane, il suo angolo facciale è più piccolo e i nervi che partono dal cervello, come anche il sistema ganglionare sono in proporzione più grossi che nell’uomo bianco. I nervi distribuiti nei muscoli sono una eccezione essendo più piccoli che nella razza bianca. Soemmering afferma che il cervello del negro sfocia in larga misura nei nervi.
Nel negro una delle differenze più rilevanti la si ritrova nella maggiore larghezza del foramen magnum. Il foramen, ossia l’orifizio che collega il cervello al midollo dorsale è più largo, e lo sono anche il midollo allungato e i nervi e i nervi che interessano i visceri addominali e pelvici. Benché il naso sia piatto, i turbinati sono più sviluppati e la membrana pituitaria che riveste le cavità interne del naso, più estesa che nell’uomo bianco, fa sì che il senso dell’olfatto sia più acuto. L’udito è migliore, la vista più acuta raramente necessita di occhiali. Il campo di visione non è così ampio come nel bianco. Sopporta meglio i raggi del sole perché possiede una peculiarità anatomica dell’angolo palpebrale interno che riduce il campo visivo e ripara dai raggi del sole, un qualcosa di simile ad una membrana nittitante dovuta allo sviluppo straordinario della plica lunare che si riscontra anche nelle scimmie.
Ha una grande capacità di imitazione e può muovere ogni parte del corpo in contemporanea, quello che il negro chiama “far ballare tutto il corpo”. Dal modo con cui il cervello governa gli organi del corpo e i sensi attraverso i nervi, ogni cosa in forza di una tale conformazione converge nella sessualità a spese dell’intellettualità.
Così la musica è per il negro mero piacere sensuale. Non c’è nulla nella sua musica che porti alla conoscenza; la sua musica ha melodia ma non armonia, le sue canzoni sono semplici suoni senza alcun significato che fanno piacere all’orecchio, senza apportare alcuna idea alla mente; l’orecchio è gratificato dal suono come lo è lo stomaco dal cibo. Il grande sviluppo del sistema nervoso nella diffusa, intensa innervazione di stomaco, fegato e organi genitali renderebbe la razza etiopica completamente ingovernabile se l’eccesso di innervamento non fosse associato a un deficit di sangue rosso nei polmoni, deficit che deriva da una difettosa atmosferizzazione o arterializzazione del sangue nei polmoni, andando a costituire il tipo ottimale di quello che è chiamato temperamento linfatico, nel quale linfa, flegma, mucosità e altri umori prevalgono sul sangue rosso.
È questa ridotta ematosi o deficitaria atmosferizzazione del sangue, associata alla minor quantità di materia cerebrale nel cranio e all’eccesso di sostanza nervosa negli organi di senso e nell’apparato digestivo, la vera causa del degrado della mente che ha reso gli africani incapaci di badare a se stessi. È questa la vera causa dell’indolenza e dell’apatia e del perché essi hanno scelto secoli di ozio, miseria, barbarie infinita piuttosto che lavoro e sobrietà, senza mai compiere alcun progresso nell’industria e nel lavoro ad essa associato, e senza che mai le arti e le scienze abbiano mai messo radici nel suolo africano da loro abitato. Come testimoniato dal fatto che non si sono mai trovati alcuna lettera di alfabeto o geroglifico, edificio, strada o progressi o monumenti di qualsiasi sorte, a indicare che non si sono mai risvegliati dalla loro apatia e indolenza per impegnarsi in un qualsiasi esercizio fisico o mentale.
A tali profonde cause fisiologiche dobbiamo guardare per dare spiegazione di fatti strani quali:
- Perché, come provato dalle ricerche etnografiche, nessuno dei linguaggi delle tribù native africane, è andato oltre i nomi comuni senza innalzarsi a denominare cose e azioni, creare termini o generalizzazioni astratte;
- Perché non hanno mai dato vita a forme di governo fondate su principi astratti sulla divisione dei poteri;
- Perché hanno sempre preferito, perché più congeniali alla loro natura, governi in cui i poteri legislativo, giudiziario ed esecutivo sono attribuiti all’unica stessa persona di un piccolo re insignificante o un capotribù;
- Perché in America, se lasciati soli, preferiscono lo stesso tipo di governo dei loro antenati come se desse loro più tranquillità, piacere sensuale, espandesse le menti e migliorasse la morale, risvegliandoli dalla loro naturale indolenza al progresso mentale e morale. Anche se non preferissero la schiavitù alla libertà, l’organizzazione delle loro menti è tale che, se godessero delle libertà, non possiederebbero la laboriosità, le virtù morali, il coraggio e la cura a mantenerle, ma preferiscono ricadere nella barbarie, o nella schiavitù, come hanno fatto ad Haiti".
La ragione di tutto questo sta nelle leggi inalterabili della fisiologia.
Traduzione a cura di Luigi Benevelli e Anna Benevelli Bristow (Anglia Ruskin University)
[1] “drapetomania”, 1 dicembre 2018; “Suman Fernando 2”, 1. 03.2020.
[2] S. Cartwright. Report on the diseases and physical peculiarities of the Negro race, «The New Orleans Medical and Surgical Journal», 7, may 1851, pp. 691-715.
[3] Vedi questa rubrica “Psichiatria e razzismi”, 1 dicembre 2018.
[4] in, Arthur L. Caplan, H. Tristram Engelhardt jr., James J. McCartney (eds),Concepts of health and disease- interdisciplinary perspectives, Addison –Wesley Publishing Company. Reading, Massachusetts, 1981, 305-325.
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