È possibile comprendere con le mani? Per rispondere alla domanda occorre leggere “Sandplay e psicopatologie gravi”, a cura di Eva Pattis Zoja e Franco Castellana, edito da Moretti&Vitali. Che strani questi analisti, pensai la prima volta che sentii parlare del gioco della sabbia. Come si gioca con la sabbia? E ancora: che cosa si ottiene a livello di consapevolezza, se non di guarigione, giocando con la sabbia? Il libro, grazie a numerosi saggi e a un ragguardevole impianto iconografico, non solo risponde alle domande, ma apre a ulteriori prospettive di approfondimento.
Il gioco della sabbia, ideato da Dora Kalff, ha trovato impiego dapprima con bambini e adolescenti, poi anche con gli adulti. Spiega Eva Pattis Zoja: “La Sandplay ci consente non solo di tornare molto indietro nell’infanzia individuale, ma anche di regredire a profondità analoghe nell’infanzia collettiva dell’umanità. Ciò per dire che il nostro ego attuale, differenziato e orientato alla mente, ritorna attraverso la macchina del tempo di Dora direttamente alla fase magica. Psiche e materia non sono ancora differenziate, quindi la miniatura di un albero è un albero; è l’essenza stessa ‘dell’essere un albero’. Ci affidiamo a quell’atmosfera di trance, in cui gli oggetti sono esseri viventi, e ci lasciamo così guidare”.
Arrivare a giocare con la sabbia vuol dire mettere da parte la psicoanalisi di Freud, di Jung, di chi è venuto dopo? Nient’affatto, anzi. Continua Pattis Zoja: “Senza la scoperta di Freud della psicoanalisi, o senza l’approccio della psicoterapia di Jung, la terapia con il gioco della sabbia di Dora Kalff non sarebbe mai esistita. Freud ideò una situazione in cui due persone si incontrano regolarmente, alla stessa ora e nello stesso posto, escludendo le consuete forme di comunicazione, dedicandosi in un modo del tutto particolare ai fenomeni inconsci, in un luogo libero e protetto. Scoprì un continente nuovo, ma lo descrisse secondo il punto di vista delle scienze naturali e le loro categorie di causa ed effetto. Dobbiamo ringraziare Jung per la prima svolta dalla cognizione legata alle scienze naturali e per l’ingresso in una dimensione spirituale. Si ripensi al righello di Jung bambino – strumento di precisione e misura – che il gioco ha trasformato in un manichino vivo. Tuttavia Dora Kalff – con l’aiuto delle scoperte di Jung, il proprio istinto spirituale, nonché il talento in qualità di terapista – avrebbe individuato un modo per preservare la ‘libertà’ dello spazio scoperto da Freud. Perciò i precursori della Sanplay Therapy si trovano, da un lato, nei rituali curativi prescientifici millenari e, dall’altro, nella psicoanalisi, che esiste da appena un secolo”.
Nel gioco della sabbia l’attenzione è sul ‘come’ piuttosto che sul ‘perché’, il paziente si descrive piuttosto che raccontarsi, il dare un nome alle cose è importante per la liberazione che può essere raggiunta attraverso il linguaggio. Emozionante, a proposito, il ricordo di Pattis Zoja sulle prime sedute con Dora Kalff, sulla manciata di sabbia, su ogni “minuscolo granello di sabbia che trova il proprio posto”. Parole che determinarono qualcosa di fondamentale nella coautrice del libro.
Occorre perdersi tra i vari saggi, tra materia e psiche, tra io e inconscio, per non perderli ma ritrovarli in modo consapevole.
Il gioco della sabbia, ideato da Dora Kalff, ha trovato impiego dapprima con bambini e adolescenti, poi anche con gli adulti. Spiega Eva Pattis Zoja: “La Sandplay ci consente non solo di tornare molto indietro nell’infanzia individuale, ma anche di regredire a profondità analoghe nell’infanzia collettiva dell’umanità. Ciò per dire che il nostro ego attuale, differenziato e orientato alla mente, ritorna attraverso la macchina del tempo di Dora direttamente alla fase magica. Psiche e materia non sono ancora differenziate, quindi la miniatura di un albero è un albero; è l’essenza stessa ‘dell’essere un albero’. Ci affidiamo a quell’atmosfera di trance, in cui gli oggetti sono esseri viventi, e ci lasciamo così guidare”.
Arrivare a giocare con la sabbia vuol dire mettere da parte la psicoanalisi di Freud, di Jung, di chi è venuto dopo? Nient’affatto, anzi. Continua Pattis Zoja: “Senza la scoperta di Freud della psicoanalisi, o senza l’approccio della psicoterapia di Jung, la terapia con il gioco della sabbia di Dora Kalff non sarebbe mai esistita. Freud ideò una situazione in cui due persone si incontrano regolarmente, alla stessa ora e nello stesso posto, escludendo le consuete forme di comunicazione, dedicandosi in un modo del tutto particolare ai fenomeni inconsci, in un luogo libero e protetto. Scoprì un continente nuovo, ma lo descrisse secondo il punto di vista delle scienze naturali e le loro categorie di causa ed effetto. Dobbiamo ringraziare Jung per la prima svolta dalla cognizione legata alle scienze naturali e per l’ingresso in una dimensione spirituale. Si ripensi al righello di Jung bambino – strumento di precisione e misura – che il gioco ha trasformato in un manichino vivo. Tuttavia Dora Kalff – con l’aiuto delle scoperte di Jung, il proprio istinto spirituale, nonché il talento in qualità di terapista – avrebbe individuato un modo per preservare la ‘libertà’ dello spazio scoperto da Freud. Perciò i precursori della Sanplay Therapy si trovano, da un lato, nei rituali curativi prescientifici millenari e, dall’altro, nella psicoanalisi, che esiste da appena un secolo”.
Nel gioco della sabbia l’attenzione è sul ‘come’ piuttosto che sul ‘perché’, il paziente si descrive piuttosto che raccontarsi, il dare un nome alle cose è importante per la liberazione che può essere raggiunta attraverso il linguaggio. Emozionante, a proposito, il ricordo di Pattis Zoja sulle prime sedute con Dora Kalff, sulla manciata di sabbia, su ogni “minuscolo granello di sabbia che trova il proprio posto”. Parole che determinarono qualcosa di fondamentale nella coautrice del libro.
Occorre perdersi tra i vari saggi, tra materia e psiche, tra io e inconscio, per non perderli ma ritrovarli in modo consapevole.
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