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Seconda giornata – Giovedì 13 maggio

28 Nov 12

Di FRANCESCO BOLLORINO

Enrico Smeraldi Lettura Magistrale: "L'idea delirante come problema neuropsicologico"
L'idea delirante puo' essere vista da due prospettive: come un sintomo o come un fenomeno psicopatologico. Come sintomo risponde a determinati requisiti, in particolare a quello della presenza/assenza del sintomo stesso. Cio' comporta che, ogni volta che vediamo lo stesso sintomo, lo trattiamo allo stesso modo. Questo, pero', non e' vero e valido dal punto di vista neuropsicologico. Si puo' poi considerare l'idea delirante come un fenomeno psicopatologico, inserendolo in un contesto sindromico. In questa prospettiva, i deliri andranno trattati considerandoli nell'insieme degli altri sintomi.
Ma se vogliamo veder cosa sia implicito in questi fenomeni, dobbiamo prendere in considerazione il funzionamento del cervello; la relazione tra gli elementi costitutivi della mente e i fatti di ordine biologico non e' lineare, perche' manca un modello in grado di ricondurre l'ordine biologico a quello psichico in una concatenazione causale. Potremmo cosi' dire che cio' che compare in clinica e' una metafora, un traslato di cio' che realmente accade nel SNC, che e' di per se' indicibile ed incomunicabile. Questo ci porta a considerare, da un lato, l'inadeguatezza dei sintomi nella clinica, e dall'altra i limiti della psicopatologia del delirio: metafora, e "primario", nel senso jaspersiano di incomprensibile, appaiono cosi' incompatibili.
Viene dunque presentato un recente studio di Smeraldi e Coll., da cui emerge un deficit, nei soggetti deliranti, della "teoria della mente", intesa, in particolare, come capacita' di cogliere, e di attribuire, alla mente di un altro, delle idee�

Giuseppe Bersani "Il cervello che delira ed i modelli della terapia farmacologia"
Il delirio e' una manifestazione psicopatologica ubiquitaria, quindi puo' manifestarsi in una grande quantita' di malattie ed alterazioni. Ci si pone qui il quesito se esistano differenze di forma e contenuto nelle diverse categorie dei disturbi mentali con delirio, e se ci siano, al contrario, degli aspetti comuni.
Bersani ritiene che, proprio per la aspecificita' clinica del delirio, possiamo ottenere, in misura maggiore o minore, una risposta terapeutica allo stesso farmaco(antipsicotici).
Egli chiarifica poi l'evoluzione attuale dell'ipotesi dopaminergica, che individua un'alterazione del rapporto tra tono funzionale di aree libiche e corticali, frontali e temporali. Nel sistema libico troverebbe origine l'esperienza emotiva del delirio, mentre a livello della corteccia frontale ci sarebbe l'elaborazione/strutturazione del delirio, e, a livello temporale la percezione allucinatoria. E' dunque nel collegamento tra queste arre che si colloca il delirio. E' comprensibile, come ci sia, sempre, una interazione tra compartimenti(anche dal punto di vista recettoriale, del sistema dopaminergico, serotoninergico, glutammatergico).
In ragione delle diverse caratteristiche delle aree da cui il delirio origina, possiamo infine capire come i vissuti emozionali del delirio(come nella schizofrenia e nella depressione, ad esempio) sono probabilmente prevalenti a livello del sistema libico, mentre, quando entra in gioco l'aspetto cognitivo(ad esempio nella paranoia, nella demenza, e nella oligofrenia).

Interviene quindi G. Perugi che tratta della "Dimensione delirante".
A suo parere e' conveniente utilizzare la prospettiva clinica dimensionale di un continuum che va dalla normalita' sino alla schizofrenia paranoie, ma e' pur vero si deve anche considerare la dicotomia fra delirio e norma, in una prospettiva quindi categoriale. Ricorda anche la relativita' del concetto di verita', esemplificandola attraverso una frase di Spinoza: "Colui che vuole distinguere il vero dal falso deve avere un'idea corretta di cosa e' vero e di cosa e' falso".
Distingue i deliri primari tipici della schizofrenia come processi inderivabili e quelli secondari dei disturbi dell'umore come sviluppi derivabili, ed ancora la personalita' iperestesico sensitiva alla base del delirio di rapporto sensitivo che si sviluppa a seguito di un evento chiave e quella scenico ipomaniacale alla base del deliroide espansivo.
Identifica poi i caratteri distintivi delle due dimensioni psicotica e nevrotica e sottolinea come spesso in comorbidita' con schizofrenia, disturbi affettivi e disturbi deliranti vi siano FS, DOC e DAP, ed inoltre come nei disturbi d'ansia il grado di insight sia variabile e si possa pertanto passare dalla semplice preoccupazione all'idea ossessiva, poi a quella prevalente, dalla quale si puo' oscillare verso una convinzione delirante.
Nella psicogenesi del delirio intervengono a suo parere diverse componenti:la personalita', l'illuminazione improvvisa, l'assoluta certezza soggettiva, la ricerca attiva e continua delle conferme, la sistematizzazione e l'organizzazione logica interna, la reinterpretazione dei ricordi. Cita infine una frase di Lathan "It takes as much time and trouble to pull down a falsehooh a sto build up a truth " e sottolinea in particolar modo la difficolta' dell'intervento terapeutico.

Alessandra Berti "Deliri rari: la mente prende corpo"
Alessandra Berti affronta il passaggio, piuttosto frequente, anche nella normalita', dai sentimenti al corpo, partendo da una sorta di "sistematizzazione" di tale passaggio dall'esterno all'interno:il primo e' un "passaggio epico"che ricorda Omero, in cui, anche il sentimento, come la volonta', viene dall'esterno, dagli dei. Il secondo e' il "passaggio lirico" della concretizzazione di uno stato mentale, che viene esemplificato da un passo di Saffo, in cui l'innamoramento viene descritto attraverso sensazioni corporee.
Il terzo passaggio e' "la mente che prende corpo". Quando avviene cio'? Quando utilizziamo la metafora, come trasposizione di simboli(quando diciamo, ad esempio, "mi si spezza il cuore"); nel sogno, in cui la simbolizzazione dei sentimenti avviene attraverso il corpo; e nella metamorfosi, nella trasformazione( ovvero la percezione dell'immagine attraverso il filtro dell'affettivita', che la fa cambiare).
I meccanismi del passaggio sono diversi: il meccanismo conversivo, di simbolizzazione, tipico, ad esempio, dell'isteria; il meccanismo alexitimico, di somatizzazione, presente nell'ipocondria(e' questo il meccanismo di metamorfosi, esemplificato dalla pietrificazione di Niobe nell'inferno dantesco, come "dolore che pietrifica", in cui si individua, peraltro, la triade melanconica della depressione dell'umore, del rallentamento psicomotorio, e dell'ansia come esperienza bloccante); il meccanismo narcisistico, di sostituzione (i messaggi sono intracorporei, all'interno del se'), elemento narcisistico che ritorna, dunque, come uno dei capisaldi del delirio.
Ed ecco i "deliri rari":
-Il delirio di Capgras, del 1923, o l'illusione del sosia, la convinzione dell'esistenza del doppio(di se' e/o degli altri)
-Il delirio di Cotard, di negazione degli organi, in cui e' evidente l'aspetto della melanconia(nulla esiste piu'), e della megalomania(se non io nel mio immenso dolore)
-Il delirio di Ekbom(1938), delirio monotematico dermatozoico, di infestazione di parassiti, con gravissime lesioni da trattamento
-Il licantropo
-Kafka con "La metamorfosi", e Mc Grath con "Spider", delirio di metamorfosi, con un importante vissuto depressivo sottostante.
Segue infine la proiezione di alcuni spezzoni del film "Dead Ringers", come delirio riassuntivo del percorso seguito durante la relazione.

C.Pontalti/A. Buonanno"Psicosi versus rappresentazione della psicosi"
Pontalti ci parla dello scenario che si presenta nel rapporto tra paziente e terapeuta, che e' quello della relazione, della reciprocita', e della vivibilita' delle relazioni� Il terapeuta e' un cercatore di senso, che e' il senso della trama di una vita, la ricerca di zone in cui "pezzi del paziente" sono stati perduti, dei mondi relazionali del paziente, che sono il campo mentale della psicoterapia.
Inoltre Pontati pone l'accento sull'importanza e sull'uso del sogno nella psicoterapia del paziente psicotico. Come viene descritto nel libro diG.Benedetti "Sogno, incontro, psicosi", il sogno viene visto con il "filo d'Arianna" utile per capire il paziente.
Buonanno ci riporta il caso clinico di Miriam, ad esemplificazione delle linee teoriche tracciate durante l'intervento, caso in cui i sogni vengono utilizzati grandemente nella terapia della paziente, cosi' come la relazione che viene a crearsi tra la paziente ed il terapeuta, e che coinvolge anche le relazioni piu' vicine, quelle familiari.
Sogno del paziente, dei familiari, del terapeuta�

"E fateci delirare!". F. Fasolo interviene a proposito della terapia di gruppo dei pazienti deliranti. Requisiti di una certa importanza per la creazione di un gruppo funzionale sono non tanto la presenza di un bilanciato numero di uomini e donne, bensi' una certa eterogeneita' di eta'fra i pazienti ed una comunanza nel compito evolutivo che ci si prefigge per loro. Si possono utilizzare tecniche di conduzione differenti a seconda del tipo di delirio e del contesto in cui si opera; a tal proposito in Veneto e' divenuta di routine la psicoterapia di gruppo a livello istituzionale. E' bene che alla conduzione vi siano almeno due esperti, uno psichiatra ed uno psicoterapeuta di grippale, al fine di raggiungere un'efficacia equiparabile a quella ottenuta con le terapie di gruppo per pazienti organici.
In Spdc la frequenza di svolgimento dei gruppi va da 1 a 3 volte alla settimana, nei sistemi ospedalecentrici, invece, per i pazienti con delirio sistematizzato, i risultati deliriolitici si ottengono dopo vari ricoveri sino alla risoluzione, mentre nel SSM e' necessario un ciclo completo di circa 2 anni; in fase iniziale puo' essere sufficiente un ciclo semestrale. Cosa rende il gruppo cosi' terapeutico nei confronti del delirio? Secondo Nerici (1995) il delirio e' un modo personale di entrare in risonanza col gruppo, bisogna cogliere il nodo narrativo del delirio. Secondo la teoria sociale intermedia, il gruppo puo' essere efficace nel reinserimento del paziente in un piccolo mondo condiviso e coinvolgente, ove i legami piu' forti si uniscono ai piu' deboli e si riorganizzano.
Il gruppo viene inteso come una sostanza biologicamente attiva: cio' non riguarda solo quello dei pazienti, ma anche quello degli operatori, i quali a volte rischiano di rinforzare il delirio tramite l'utilizzo di tecniche istituzionali che volgerebbero invece ad eliminarlo.Conclude con la considerazione che talora gli adolescenti col loro delirio si credono spiritosi, mentre gli adulti sanno di essere ironici, qualita', l'Ironia, che viene considerata da Barione (1996) come la quintessenza del delirio.

L'intervento cognitivo comportamentale nei disturbi psicotici. A. Pinto ricorda come la schizofrenia riconosca delle basi genetiche e /o traumatiche peri o pre natali e sia influenzata nel suo decorso da eventi ambientali, decorso quindi modificabile con degli interventi. Secondo Bleuler ad essere determinata e' solo la direzione del decorso e non il decorso stesso. Propone pertanto un modello di stress-vulnerabilita', intendendola, alla maniera di Perris, nell'accezione di Vulnerabilita' Dinamica, la quale puo' modificarsi all'interno di un contesto culturale in funzione di una dimensione temporale. Obiettivo principale e' il miglioramento della funzione della persona e della propria percezione di benessere accresciuta, indipendentemente dalla maggiore o minore diminuzione dei sintomi.
L'accrescimento della sensazione di benessere e' il punto chiave per ottenere la compliance al trattamento Descrive poi il modello della mente secondo il quale le persone acquisiscono e mantengono set cognitivi o schemi che permettono di dare un senso alle loro esperienze e la psicopatologia e' la conseguenza di distorsioni nella formazione o nell'uso di tali schemi.
Gli interventi proposti sono sulle difficolta' familiari, sul potenziamento di skills individuali, psicoeducativi e di coping. Fulcro rimane la relazione medico-paziente, improntata all'accettazione e che mira allo sviluppo di una base sicura su cui costruire le premesse per l'attuazione di programmi volti a raggiungere un miglior benessere per il paziente. La terapia dev'essere per tanto volto sia alla forma che al contenuto del delirio: essendo quest'ultimo il tentativo di dare senso alle esperienze precedenti, l'obiettivo deve essere quello di aiutare il paziente a trovare un senso piu' adattivo.
A tal fine si possono utilizzare due modelli, ossia quello di stress-vulnerabilita' con strategie di coping, oppure quella di continuita' fra funzioni normali ed anormali, nel tentativo di normalizzazione dei sintomi psicotici, considerando i sintomi come variante quantitativa di processi normali, e di riformulazione psicologica dei deliri.

Delirio e schizofrenia. A. Ballerini esamina il rapporto o non rapporto fra delirio e schizofrenia, ponendosi dei dubbi sull'esistenza o meno della schizofrenia, che lui intende come possibilita' evolutiva che hanno certi pazienti psicotici, interpretandola come una delle possibili fasi del disturbo psicotico. Individua per il delirio e la schizofrenia rispettivamente due campi, la psicopatologia e la nosografia, che si muovono con scopi e motori diversi, e trovano una maggior vicinanza nei contenuti del delirare piuttosto che nella forma. La coniugazione delirio-schizofrenia e' sempre stata connotata da ambiguita', con una evidente divaricazione fra processo schizofrenico e processo paranoide.
E' il modo del credere che fa il delirio, non la concezione errata. La certezza delirante di un maniaco o di un melanconico e' intollerante all'ambiguita', cerca la conferma, mentre il delirio psicotico ha un carattere rivelatorio, di nuova intuizione. Per individuare l'area schizofrenica conviene partire dal negativo, inteso come preesistente difficoltosa sintonia con il mondo. Possibile definizione di una sindrome schizofrenica e' di "Potenziale evolutivo verso l'attuazione di una vita artistica, come difficolta' ad intendersi con gli altri per la carenza originaria dell'alktro nell'orizzonte costituente", la costruzione di un universo su quella labile entita' che noi chiamiamo autismo (concetto di autismo inteso come carenza di sintonia con il mondo intersoggettivo per difficolta'nel processo.

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