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Settembre 2016 II – Lati oscuri

8 Ott 16

A cura di Luca Ribolini

PORNO. LA MORTE DELLA SESSUALITÀ

di Pietro Barbetta, doppiozero.com, 16 settembre 2016
I due volti della vergogna
La vergogna ha due volti. Da un lato è sentimento interno, che si prova di fronte a un gesto del soggetto, il soggetto si divide in due: la parte che ha commesso quel gesto, prima, la parte che giudica il gesto commesso come disonorevole, dopo. Il contrasto tra queste due istanze produce vergogna, come se il soggetto si svegliasse da un sogno. Per esempio, il sogno di essere nudi di fronte a persone di rispetto. Sogno d’inibizione. Freud ci ha insegnato cha accade a tutti, dunque la vergogna diminuisce. La vergogna ha un lato interno e uno esterno, posso provare vergogna di fronte a me stesso, senza che altri conoscano le vicende che me la procurano. Per alleviare le pene della vergogna posso confidare le vicende che mi hanno condotto a vergognarmi. Ne parlo a persone di cui mi fido, ma mi metto a rischio. La persona che riceve le mie confidenze può custodirle, dirmi una parola di conforto, che serva a rendere la vergogna più lieve, ma può condannarmi oppure approfittare della mia confidenza, per render note queste vicende agli altri. Così si rompono le amicizie, così si creano le ferite familiari. Ma c’è di più, può accadere che il gesto della vergogna diventi pubblico, come a Tiziana Cantone. In questi giorni il suo caso ne ha fatti emergere altri, una ragazza di quindici anni, una donna di quaranta.
La vita e la morte sessuale
La questione, nel caso di Tiziana Cantone, riguarda la pubblicazione di video porno che qualcuno avrebbe girato, in cui lei sarebbe stata protagonista, qualcosa relativo al sesso, nella sua dimensione brutale. In un momento impulsivo ci si può mostrare in modo inappropriato, assurdo. Per ragioni insondabili si esibisce il proprio corpo senza pudore. Accade che quel che sogniamo diventa reale, esce dal dominio immaginario e si mostra pubblicamente. In questi casi ci si può non svegliare più. Il rimorso di essere protagonisti di un evento pubblico, la cognizione che quell’evento sia passato dal regno dell’immaginario a quello reale può farci piangere, disperare, impazzire, uccidere. La storia e la fenomenologia del gesto suicidario sono altrettanto importanti. L’impiccagione non è un omicidio/suicidio qualunque. Ha rapporti più stretti di quanto si pensi con la sessualità.
Segue qui:
http://www.doppiozero.com/materiali/porno-la-morte-della-sessualita

 

«PROMETTEVA LIBERTÀ MA IL WEB OSCURO ROVINA MILIONI DI VITE». Il filosofo Žižek: è lo Stato che deve controllare la Rete

di Luca Mastrantonio, corriere.it, 16 settembre 2016
Domani terrà una lectio magistralis al festival di Pordenone, dove presenterà Il contraccolpo assoluto (Ponte alle Grazie), che continua la sua rilettura creativa di Hegel e Lacan. La notizia del suicidio di Tiziana Cantone lo colpisce in quanto padre e gli ricorda un caso molto simile in Slovenia. «A Maribor, due anni fa, in una piccola scuola, degli studenti avevano filmato un preside che faceva del sesso orale con una professoressa; quel video è finito sul web e il preside si è ucciso. Non ha retto, la sua vita era rovinata. Noi ce ne accorgiamo solo quando ci sono finali tragici o scandali, ma tante vite vengono distrutte in modo più discreto. Milioni di persone perdono la loro onestà, la loro decenza, soffrono».
Prima del web era diverso?
«Il web riproduce e diffonde più del passaparola. E può mostrare orrori da scenario di guerra, o morbosità atroci. Non può essere lasciato a se stesso. Se dai solo libertà poi si arriva a una esplosione di violenza, brutalità, razzismo. Lo so perché mio figlio, di 17 anni, ha fatto un giro sul web profondo e ha trovato di tutto, video di torture, scene di sesso estremo e persino uno di quei film in cui si vedono morire delle persone, uno snuff movie».
Segue qui:
http://www.corriere.it/cronache/16_settembre_16/prometteva-liberta-ma-web-oscuro-rovina-milioni-vite-2ba208b6-7b7e-11e6-ae27-bc43cc35ec72.shtml
 

LA CECITÀ CHE UCCIDE

di Sarantis Thanopulos, il manifesto, 16 settembre 2016
Con la morte della giovane spinta al suicidio da quell’entità impersonale, e per definizione irresponsabile, chiamata “rete”, tutti i nodi vengono al pettine, ma è ragionevole dubitare che, passato il clamore mediatico, saranno affrontati veramente. La “rete” è un mostro che si nutre dei suoi crimini, diventa più potente. Nel dramma di un’azione crudele, che una volta avviata (per un errore della vittima, la volontà di un sadico o la dabbenaggine di un cretino di massa) nulla può più fermare, diventa palese la rivalsa del «servo» inanimato sul «padrone» vanesio e arrogante. La protesi digitale fagocita il corpo vivo delle relazioni sociali. Le leggi sono inadeguate, se non tragicomiche, e la globalizzazione le rende inapplicabili, il più delle volte. Il nostro modo di sentire e di pensare subisce una progressiva spersonalizzazione, assestandosi in schemi collettivi omologanti, prossimi a meccanismi di difesa primitivi. Il voyeurismo viaggia alla velocità della luce e cancella spietatamente due sentimenti strettamente associati: il pudore e la compassione. Come la psicoanalisi ha da tempo intuito, si cerca di vedere a occhi aperti (con lo sguardo del giorno) quello che si vede a occhi chiusi (con lo sguardo del sogno): la «scena primaria», l’amplesso erotico dei genitori.
Segue qui:
http://www.psychiatryonline.it/node/6407

 

L’EDUCAZIONE CHE MANCA AI FIGLI. Dopo i fatti accaduti a Rimini e a Napoli dobbiamo chiederci se ancora siamo all’anno zero per quanto riguarda l’educazione alla sessualità

di Giuseppe Maiolo, 19 settembre 2016
I casi recenti di Rimini e Napoli di qualche giorno fa, con l’eco mediatico che suscitano, ci spaventano e ci fanno indignare. Solo però per qualche giorno. Ci interroghiamo sul perché è sul per come, apriamo dibattiti e commenti su FB e poi nel giro di qualche tempo tutto rientra nella solita quotidiana distrazione. Per alcuni si direbbe che si tratta di assuefazione alle notizie che affollano le nostre cronache. Per altri ho la sensazione che sia vera e propria indifferenza. Per molti, certamente, è distanza culturale. Altrimenti non si spiega perché mai, facendo interventi con genitori e insegnanti, mi capita di trovare che molti di questi adulti competenti non sanno ancora cosa sia il SEXTING e quali conseguenze produca.
Segue qui:
http://www.ladigetto.it/permalink/57994.html

 

MADAME BOVARY SE L’È CERCATA

di Sarantis Thanopulos, il manifesto, 24 settembre 2016
Intervistato nella trasmissione La Zanzara su Radio 24, Oliviero Toscani ha  brutalmente attaccato la giovane donna morta suicida in seguito alla diffusione di suoi video privati:  “Non voglio insultarla ma è un po’ fessa, una fessacchiotta. Viviamo di comunicazione. Non puoi fare qualcosa del genere e poi stupirti, e ammazzarti. Devi sapere che può accadere, non puoi deprimerti. Ha fatto sesso e poi l’ha mandato in giro. Le andava bene che qualcuno vedesse. Se hai fatto un video è già una cosa pubblica, non rimane solo in tuo possesso”.
Queste parole riflettono una mentalità collettiva che nasce anonima e tale resta, nonostante la pretesa dei suoi portavoce di darle dignità di pensiero. Il mondo va in un certo modo, chi si adatta è salvo, per i disadattati non c’è scampo. Eppure in un discorso votato al conformismo (di cui la logica della provocazione pura è un servo fidato), Toscani  un po’ di emozione, che lo impegna, la fa trapelare. La morte della giovane non la digerisce, le si rivolge come se fosse ancora in vita e la rimprovera accoratamente. Rimprovero di un padre alla figlia, rimprovero, più in profondità, di un figlio alla madre. Nessuno percepisce meglio dei figli la fragilità della madre. Fragilità legata alla femminilità, alla vulnerabilità della sua esposizione unilaterale: l’apertura, senza seconde intenzioni, all’altro.
Segue qui:
http://www.psychiatryonline.it/node/6426

 

GIOVANI E VIDEO HOT, ELOGIO DELLA VERGOGNA

di Luigi Campagner, ilsussidiario.net, 27 settembre 2016
Leggendo della tragica vicenda di Tiziana Cantone, la donna trentunenne che si è tolta la vita impiccandosi con un foulard per mettere la parola fine allo scandalo mediatico che l’ha travolta, mi sorprende il ricordo di un professore liceale solito a dividere il mondo tra chi “ha fatto” il classico e chi no, come emblema di un’indelebile distinzione intellettuale tra chi ha e chi non ha: tra chi ha avuto accesso al nobile mondo della cultura e chi sarà invece costretto a cavarsela rabberciando soluzioni alla bell’e meglio. Il motivo di questa libera associazione è la notizia riportata dal portale di informazione universitaria controcampus.it che Tiziana poteva vantare nel proprio curriculum l’ambita maturità classica. È una nota di merito per Tiziana che forse non è inutile segnalare nel momento in cui moltissimi hanno presentato la donna quasi come “minus habens”: una “fessacchiotta” secondo l’espressione utilizzata da Oliviero Toscani, che doveva pensarci prima e che invece non ci ha pensato, forse proprio perché il pensare non era affar suo. Un’offesa, questa, della stessa portata del cyberbullismo di cui Tiziana è stata vittima. Se si vuole imparare qualcosa da questa triste vicenda, occorre darle la dignità attribuita a una tragedia classica, dove si assume che tutti i personaggi pensino e rispondano a una logica: condivisibile o criticabile che sia. Certo, la vicenda di Tiziana non è assimilabile a quella di una Lucrezia, di una Giocasta o alla vergini dell’arcadia ricordate da Eva Cantarella nel suo L’amore è un Dio. Il sesso e la Polis (2015) che ricorrono al suicidio per ovviare in anticipo alla vergogna dello stupro. Non lo è, se non appunto per la vergogna abbinata al suicidio, e questo basterebbe a fare di Tiziana una pensatrice.
Segue qui:
http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2016/9/27/SCUOLA-Giovani-e-video-hot-elogio-della-vergogna/725335/

 

DISAGIO DEI VALORI

di Sarantis Thanopulos, ilmanifesto.info, 16 settembre 2016
Il prezzo delle merci è visibilmente disgiunto dalla quantità e qualità del lavoro che è occorso per la loro produzione. La manipolazione della domanda ha scombussolato il suo rapporto tradizionale con l’offerta, agendo sulla progressiva distorsione del valore d’uso. Questo valore è legato alla specificità del modo di usare le cose, ma anche al lavoro che le realizza. Più definito è l’uso di un oggetto e più lavoro trasformativo ha richiesto la sua fabbricazione, più alto dovrebbe essere il suo valore per chi lo usa. A condizione di non confondere, quando li si usa, l’oggetto del desiderio con l’oggetto del bisogno. Il bisogno usa oggetti di bassa specificità (per dissetarsi o sfamarsi una cosa tende a valere l’altra, per disfarsi di una tensione sensuale può bastare un atto autoerotico), tende alla scarica della tensione psicocorporea e all’identificazione del piacere con il sollievo. Aspira alla stabilità e si oppone alla trasformazione. Di conseguenza l’elaborazione sia della cosa che lo appaga sia dell’esperienza del suo appagamento non ha, di per sé, senso.
Segue qui:
http://www.psychiatryonline.it/node/6409

 

RECALCATI A FESTIVAL FILOSOFIA «IN TEMPI DI “IOCRAZIA” IL FALLIMENTO FA PAURA E INVECE PUÒ AIUTARE». Tutto esaurito a Carpi per la lezione di Massimo Recalcati che ha tracciato una perfetta fotografia della nostra epoca

di Francesca Testi, gazzettadimodena.gelocal.it, 17 settembre 2016
CARPI. «La sconfitta è parte essenziale dell’agonismo» ha spiegato nella propria lezione dedicata all’elogio del fallimento lo psicanalista Massimo Recalcati. «Solo attraverso il fallimento ci può essere una trasformazione» ha esordito ieri pomeriggio Recalcati davanti a una folla gremita di ammiratori che lo hanno atteso con pazienza fin dalle prime ore del pomeriggio sotto la pioggia. «Il nostro tempo è il tempo dei corpi e dei pensieri costantemente in gara, perché viviamo nel tempo della competizione, innescando quello che Marcuse definì il principio di prestazione».
«Il nostro tempo – ha continuato – è anche il regno della iocrazia perché il mondo è la nostra scena sulla quale ci esibiamo come in uno spettacolo, pertanto ciascuno è impegnato nella propria autoaffermazione e quindi non c’è tempo per il disorientamento, l’inciampo e il fallimento». Tutti noi viviamo in una condizione di iperattività nella quale non sembra esserci spazio per lo sbandamento, la sconfitta, il fallimento che tuttavia rappresentano un’affermazione riuscita dell’io perché implicano la messa in discussione della propria vita: «Il fallimento ci consente di ripensare la nostra vita, nell’esperienza del fallimento è la vita stessa che ripensa la vita inducendoci a un’attenta riflessione».
Segue qui:
http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2016/09/17/news/recalcati-a-festival-filosofia-in-tempi-di-iocrazia-il-fallimento-fa-paura-e-invece-puo-aiutare-1.14108369?refresh_ce

 

MIGUEL BENASAYAG A FESTIVAL FILOSOFIA: “ELOGIO DEL CONFLITTO CHE EVITA LA VIOLENZA”. «Il blocco identitario porta allo scontro»

di Martina Stocco, gazzettadimodena.gelocal.it, 18 settembre 2016
«L’elogio del conflitto come vita per la pace». Può sembrare una contraddizione trovare nella stessa frase due parole con un significato così differente: conflitto e pace. Eppure, è in questi termini che Miguel Benasayag ha introdotto la sua “lectio” sul conflitto. Una breve introduzione di quella che sarebbe stata la lezione vera e propria è stata data ieri mattina al Palazzo dei Musei. Miguel Benasayag ha poi ripreso, approfondendo in termini più completi, il tema nel pomeriggio in piazza Garibaldi a Sassuolo.
Segue qui:
http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2016/09/18/news/miguel-benasayag-a-festival-filosofia-elogio-del-conflitto-che-evita-la-violenza-1.14116382

 

TERRORE SCHIZOFRENICO

di Vittorio Lingiardi, ilsole24ore.com, 18 settembre 2016
Cristopher Bollas è una delle voci più carismatiche della psicoanalisi contemporanea. Con questo aggettivo voglio rendergli merito, ma al tempo stesso segnalare che quando la psicoanalisi diventa troppo carismatica mi preoccupo. I libri di Bollas sono quasi tutti tradotti: i primi da Borla (tra questi, L’ombra dell’oggettoForze del destino,Essere un carattere), i più recenti da Cortina (Cracking upIl mistero delle coseHysteria). I suoi concetti – tra cui «idioma», «conosciuto non pensato», «oggetto trasformativo» – hanno fortemente influenzato la sensibilità clinica contemporanea. Col tempo, la vena letteraria della sua produzione saggistica si è sviluppata fino a raggiungere uno stile in cui estetica della narrazione e indagine psicopatologica sono divenute inseparabili. Non stupisce che abbia voluto cimentarsi anche con l’arte del romanzo (tre romanzi tradotti da Antigone Edizioni). In questa nuova opera dedicata all’«enigma della schizofrenia», Bollas ripercorre e celebra i suoi 50 anni di attività con pazienti schizofrenici. Nella prima parte del libro prevale il racconto delle esperienze cliniche giovanili tra Stati Uniti e Gran Bretagna; la seconda parte, più vicina alla teoria clinica, propone una lettura psicoanalitica di fenomenologie psicotiche, per le quali conia espressioni come “feticcio schizofrenico”, “disabitazione psichica”, “empatia psicotica”; nella terza parte, infine, racconta le peculiarità del suo stile di analista di pazienti schizofrenici. Vignette cliniche più o meno articolate accompagnano le tre sezioni. In equilibrio tra casistica e autobiografia, Se il sole esplode può ricordare certi lavori di Oliver Sacks.
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2016-09-16/terrore-schizofrenico-180121.shtml?uuid=ADtYJAKB

 

NARCISO, ECO E IL SILENZIO

di Giuliano Castigliego, giulianocastigliego.nova100.ilsole24ore.com, 18 settembre 2016
Il Narcisismo é ormai assurto a male del nostro tempo e i social media vengono spesso percepiti come i nuovi “untori”, pericolosi mezzi di diffusione del suo contagio. In questa frettolosa vulgata, che ha sostituito la crisi delle mezze stagioni, il narcisismo ha la singolare caratteristica di riguardare sempre gli altri. Chi ha il coraggio di dire “Io sono Narciso“? Eppure questo è proprio il titolo del convegno , organizzato dall’associazione una.na.mente – di cui, narcisisticamente, faccio parte – per analizzare, dal punto di vista psicoanalitico ma anche letterario e artistico il percorso che dall’amore di sé porta alla distruttività, senza dimenticare la parabola del sé dall’autoritratto al selfie (Paolo Costa).
Il rispecchiarsi è infatti per antonomasia, dalla mitologia greca ad oggi, la figura costitutiva del narcisismo, cui pittori in particolare dal manierismo ad oggi hanno dedicato straordinarie opere. La figura omologa nella musica è quella dell’eco, la ripetizione incessante, fino all’infinito della propria voce e delle proprie parole. E qui l’associazione con la ripetitività ridondante ed assordante dei mass media e dei social media è fin troppo facile. (Ma non è forse così in molti ambiti sociali e professionali quando la narrativa dominante prende il sopravvento sulle altre fino a trasformare il dibattito in una stereotipata ripetizione di frasi fatte e prevedibili concetti?).
Segue qui:
http://giulianocastigliego.nova100.ilsole24ore.com/2016/09/18/narciso-eco-e-il-silenzio/?refresh_ce=1

 

LE TANTE FACCE DI DON GIOVANNI PRIMA DELL’INFERNO

di Massimo Recalcati, repubblica.it, 18 settembre 2016
Quale tabù vorrebbe sfatare il mito moderno, ma imperituro, del Don Giovanni? Il conformismo borghese della fedeltà? La rappresentazione fobico- moralistica della sessualità? L’istituto etico inviolabile del matrimonio? Gli stereotipi della convivenza civile tra uomini e donne? La storia complessa di questo personaggio che trova in Mozart la sua massima celebrazione, ma che è stato ripreso da autori diversi come Moliere, Goldoni, Kierkegaard, Tolstoj e molti altri, non deve farci perdere di vista l’essenziale che la sua leggenda porta con sè. A prima vista il desiderio del Don Giovanni riflette il fantasma inconscio (o conscio) del desiderio maschile: godere del proprio fascino irresistibile, trasformare la donna in conquista, allungare infinitamente la lista delle proprie imprese seduttive, “farsele tutte”. La sua più immediata realtà è quella della spinta irresistibile a conquistare e a possedere le sue prede. Ma il primo ostacolo che questa spinta è destinata a incontrare è quello che in nessuna delle donne sedotte, per quanto esse siano un numero spropositato, potrà mai trovare la donna che ricerca perché, come ha insegnato Lacan, La Donna non esiste. Il potere sensuale del Don Giovanni è certamente, come egli ha fatto notare nel Seminario XX, quello di riuscire a fare sentire ogni sua preda unica nella sua particolarità — il Don Giovanni ama una per una le sue prescelte -, ma è altrettanto vero che nessuna di esse è mai davvero l’unica.
Segue qui:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2016/09/18/le-tante-facce-di-don-giovanni-prima-dellinferno52.html?ref=search

 

 

PNLEGGE, LA MALATTIA MENTALE SECONDO RECALCATI. Anche quest’anno è stato invitato a PordenoneLegge per tenere due conferenze

di Arianna Pegoraro, messaggeroveneto.gelocal.it, 19 settembre 2016
Anche quest’anno Massimo Recalcati è stato invitato a PordenoneLegge per tenere due conferenze: Elogio del leggere, sabato 17 alle 15 mentre alle 19 ha presentato il suo nuovo libro “Lacan. La clinica psicoanalitica: struttura e soggetto”, seconda uscita per Recalcati sul suo maestro Jacques Lacan; la prima avvenuta nel 2012 intitolata “Lacan. Desiderio, godimento e soggettivazione”. Attraverso la conferenza lo psicoanalista ha trasmesso la visuale lacaniana della malattia mentale, esplorando i disturbi principali della psiche, spiegando la struttura delle psicosi e delle nevrosi.
Ogni persona ha una storia diversa da chiunque altro perciò caratterizzata da una struttura singolare, quindi lo psicoanalista ha il compito di prendere in considerazione le particolarità del paziente all’interno della malattia. Quando si parla di disturbi mentali bisogna considerare la biforcazione tra psicosi e nevrosi. La prima è causata da una forclusione, ossia dalla cancellazione definitiva di un evento dalla memoria psichica, fino alla produzione di una psicosi, quindi si crea una discontinuità strutturale dell’Io. Per Freud la nevrosi è caratterizzata dalla rimozione della realtà, quindi una sopraffazione delle pulsioni e un indebolimento della realtà.
Segue qui:
http://messaggeroveneto.gelocal.it/pordenone/cronaca/2016/09/19/news/la-malattia-mentale-secondo-recalcati-1.14122980

 

 

QUEL SOGNO RICORRENTE DI DOVER RIFARE UN ESAME GIÀ SUPERATO ANNI FA. Sognare di trovarsi davanti a una commissione al liceo o all’Università è molto comune ed è spesso correlato a periodi di stress, quando c’è una sfida da affrontare e ci si sente impreparati

di Danilo Di Diodoro, corriere.it, 20 settembre 2016
Prima o poi, tutti torniamo a fare esami, ma quelli che dobbiamo affrontare nei sogni sembrano essere i più spaventosi. L’esame da ripetere, anche se nella vita da svegli l’abbiamo già superato, o l’esame da dare accorgendosi un attimo prima di non avere studiato nulla, rappresentano tipici sogni d’ansia che tendono a ripetersi e ripetersi più volte nella vita. Non si sa bene da dove vengano, quale sia la loro spiegazione psicologica più profonda. Il Washington Post è appena tornato a interrogarsi su questi strani fenomeni onirici capaci di evocare livelli di angoscia da prestazione sconosciuti alla vita da svegli. Gli esami da affrontare possono essere quelli del liceo, oppure dell’Università, più raramente si tratta di esami di epoche posteriori della vita. Sembra esserci bisogno di una certa distanza temporale tra il momento in cui si sogna e l’esame che viene sognato.
Segue qui:
http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/16_settembre_20/quel-sogno-ricorrente-dover-rifare-esame-gia-superato-anni-fa-338efa8a-7f4c-11e6-882b-8c36c80b948f.shtml

 

 

IL DIAVOLO HA VINTO. Tra posseduti ed esorcisti, il Maligno gode sempre di buona fama. Tutti pensano di conoscerlo

di Umberto Silva, ilfoglio.it, 21 settembre 2016
“Il Diavolo, probabilmente”, titola un celebre film di Bresson, ma cominciamo da cent’anni fa. “Grande’” è una parola che comunque ha un valore, grande uomo ma anche grande stronzata, ma la Grande guerra andò oltre l’uno e l’altra; un qualcosa che ancora oggi non si riesce a dire cosa sia stata, una nebulosa inelaborata; Freud parlò di cupio dissolvi sotto allegra apparenza, pulsione di morte di ragazzi che cantando andavano a infilzare i loro coetanei e a farsi infilzare, per il gusto dei generali. Le fidanzate piangevano, i giovinotti ridevano: era in atto una formidabile misoginia cui l’Italia contribuì con più di un milione di esseri umani. Il perché è tanto noto quanto sconosciuto. Inelaborata, la Prima guerra mondiale produsse la Seconda, a sua volta ignara di sé, e poi la terza, la quarta, le infinite guerre che si spandono per il mondo, indecifrabili nonostante tutto il saperla lunga da parte di tutti, una lunghezza infinita che porta da nessuna parte. Il Diavolo ha vinto e vince su tutti i fronti; il suo gas è potente, tutti pensano di conoscerne la formula, annusano, s’inebriano.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2016/09/21/il-diavolo-ha-vinto___1-vr-147815-rubriche_c138.htm

 

BOLLINGEN (SVIZZERA) 27 SETTEMBRE 1913 – QUANDO CARL GUSTAV JUNG PIANGEVA PRIMA DI DIVENTARE SE STESSO

di Cesare Catà, huffingtonpost.it, 24 settembre 2016
Perché, nella modesta casa canonica a Kleinhüningen, dove suo marito è pastore, Emilie Preiswerk, sposata Jung, volga improvvisamente lo sguardo altrove dai suoi ricami e scoppi a piangere a dirotto, in un qualsiasi martedì pomeriggio del 1880, non è chiaro; anzi, al suo bimbo di cinque anni, Carl Gustav – che è l’unico in tutto il cosmo ad accorgersi dello zampillo assurdo di quelle lacrime – si scatena un terrore dentro al cuore quando la vede. Il bambino guarda la madre intensamente, senza dire niente, indagando con i piccoli occhi chiari la stanza, per capire cosa sia successo, chi le abbia fatto così male. Ma non c’è nulla: nessuno. Non ha radice, quel dolore. C’è solo un vasto silenzio nell’aria, che detona in un’eco di ansie mute. Quando Emilie riconosce la paura negli occhi del figlio, si asciuga le lacrime con il grande fazzoletto rosa che tiene sempre in tasca e gli sorride, come a dirgli: “non è niente, mamma sta bene”. Anche Carl Gustav sorride, d’istinto, di rimando, ma il terrore provato gli resta dentro. Quel terrore che non capiva il soffrire della creatura che più amava. Torna ai suoi giochi solitari con un’angoscia nuova.
Segue qui:
http://www.huffingtonpost.it/cesare-cata/carl-gustav-jung_b_12168470.html

 

LA PERVERSIONE NELLA SOCIETÀ ODIERNA SECONDO LO PSICOANALISTA MASSIMO RECALCATI

di Giorgio Molo, cinquecolonne.it, 24 settembre 2016
Una disamina interessante sulla perversione è stata relazionata qualche mese fa da Massimo Recalcati, uno dei più noti psicoanalisti lacaniani italiani. Ha pubblicato numerosi libri, tra cui L’uomo senza inconscio (2010), Cosa resta del padre? (2011), Ritratti del desiderio(2012), Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa(2014) e Il vuoto centrale. Quattro brevi discorsi per una teoria psicoanalitica dell’istituzione (2016). Qui si prende spunto proprio da questa sua ultima pubblicazione e da alcuni articoli pubblicati sui quotidiani.
Molti aspetti del suo pensiero li sapevo perché li ho studiati: mi piace la psicoanalisi, mi piace Lacan, l’inconscio dell’animo umano, mi piace de Saussure, Jung (ma quello che piace a me qui è relativo). Io lo vado dicendo da tempo che bisogna ripristinare il desiderio, anche il desiderio di infrangere le leggi dell’uomo, per non cadere nella strumentalizzazione del puro godimento che è l’annientamento dell’essere uomo: «Nella lezione di Lacan essa viene riportata ad uno speciale rapporto del soggetto con la Legge. Il perverso non crede alla Legge. Non solo alla Legge del Diritto e dei Codici, ma a qualunque forma umana della Legge. Egli rifiuta innanzitutto la Legge delle Leggi, ovvero la Legge della castrazione che impone alla vita umana l’esperienza inevitabile del limite, della mancanza e della morte. La perversione non è però, come spesso si crede, la semplice spinta a trasgredire la Legge, perché la sua ambizione è innanzitutto quella di smascherare la Legge come una truffa, una menzogna. Ogni Legge umana è falsa perché gli uomini hanno inventato la Legge per non voler riconoscere l’unica vera forma — la sola possibile — della Legge. Quale? La Legge della propria pulsione» (M. Recalcati, Perché si è attratti dalla perversione, in «la Repubblica.it», 7 giugno 2016).
Segue qui:
http://www.cinquecolonne.it/la-perversione-nella-societa-odierna-secondo-lo-psicoanalista-massimo-recalcati.html

 

 

INNAMORARSI DI SÉ IL VIZIO CAPITALE OLTRE OGNI LIMITE

di Massimo Recalcati, repubblica.it, 25 settembre 2016
Per i padri della Chiesa la superbia è il peccato narcisistico per eccellenza. Tommaso d’Aquino lo specifica con eleganza: «Il superbo è innamorato della propria eccellenza». Si tratta di una forma di idolatria che l’epoca ipermoderna ha particolarmente esaltato: al posto del culto di Dio avviene il culto del proprio Io assimilato alla potenza di Dio. Non è forse questo il peccato principe del nostro tempo? Egocrazia, “Iocrazia”, afferma Lacan. L’ordine della creazione viene capovolto: l’uomo compete con Dio – come figura radicale dell’alterità – negando il suo debito simbolico. Farsi un nome da sé senza passare dall’Altro è la cifra più delirante del nostro tempo. Il culto superbo di se stessi implica, infatti, il disprezzo cinico per l’altro. La vita umana smarrisce ogni senso di solidarietà per dedicarsi a senso unico al potenziamento di se stessa
Segue qui:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2016/09/25/innamorarsi-di-se-il-vizio-capitale-oltre-ogni-limite62.html?ref=search

 

 

BLUES DELL’ANIMA. DUE COSE SULLA DEPRESSIONE DI BRUCE SPRINGSTEEN.

di Maurizio Montanari, lettera43.it, 26 settembre 2016
 
‘Non credere mai di primo acchito all’infelicità degli uomini.
Chiedi loro solo se riescono ancora a dormire.
Se sì, va tutto bene.’
Cèline
 
Vedo pazienti depressi da diversi anni, e al contempo ho partecipato a oltre 60 concerti di Bruce Springsteen, in giro per il mondo. Risuonano profonde in me, per il mestiere che faccio, e per il mio passato, le sue parole in merito alla sua depressione, rese pubbliche in occasione dell’uscita della sua autobiografia.  ‘Ovunque e chiunque tu sia, la malattia non ti lascia mai – ha detto Springsteen – mi sono sempre immaginato la depressione come un’automobile in cui i passeggeri sono tutti i lati della tua personalità. Puoi anche far salire sull’auto un nuovo te, ma il tuo passato non potrà mai uscirne. La cosa importante è: quale dei tuoi lati tiene le mani sul volante in quel momento?».
(VEDI: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/08/bruce-springsteen-la-sua-battaglia-contro-la-depressione-mitico-e-al-tempo-stesso-fragile-lautobiografia-del-boss/3020753/)
Il senso delle sue parole nel descrivere quel male che toglie la luce,  trova una conferma nella clinica quotidiana. Il ‘Blues’, la depressione, il male dell’anima, il sole nero,  trova lenimento per lui salendo sul palco da 30 anni a questa parte. Un un antidoto trovato per esorcizzare gli occhi di un padre reduce di guerra, i cui occhi erano  ‘finestre su un mondo così mortalmente reale’. La musica per Bruce, la scrittura per E. F Wallace, il teatro per Gassman, sono gli stessi strumenti di sostegno che la gente comune che va in analisi cerca di tenere oliati e funzionanti. Lacan definiva queste putrelle dell’anima il sinthomo, non già un qualcosa da guarire, ma da trattare perché se ne faccia un uso. La scrittura per l’uomo di lettere, la corsa per il podista, vendere auto, scrivere articoli: passioni irriducibili, sovente dimenticate, che mostrano oggi una capacità di tenere in equilibrio soggetti profondamente oscillanti tra buio e quotidianità. Il guaio è che in molti casi, si arriva tardi.
Segue qui:
http://www.lettera43.it/blog/la-stanza-101-lo-sguardo-di-uno-psicoanalista-sul-contemporaneo/legame-sociale/blues-dell-anima-due-cose-sulla-depressione-di-bruce-springsteen_43675261661.htm

 

 

FREUD, JUNG E GLI ALTRI MAESTRI. IN EDICOLA LA NUOVA COLLANA. Dal 30 settembre con il quotidiano «Introduzione alla psicoanalisi» di Freud, il primo volume dell’iniziativa editoriale «Biblioteca di psicologia»

di Ida Bozzi, corriere.it, 28 settembre 2016
Padri fondatori della psicoanalisi, i cui testi fondamentali hanno annunciato la nascita o l’evoluzione di concetti come inconscio, complesso, archetipo, pulsione, oppure il concepimento di una nuova idea dell’uomo e della cura, o un nuovo modo di leggere la mente e le relazioni. E studiosi contemporanei, che hanno sviluppato visioni del tutto innovative eppure radicate nella storia della disciplina e l’hanno messa in relazione con altre discipline umane. Da domani 30 settembre, ogni settimana sarà in edicola la collana Biblioteca di psicologia, una iniziativa editoriale di 30 uscite: si tratta di classici come Freud e Lacan, di innovatori come Bettelheim e Basaglia, di contemporanei come Andreoli e Recalcati.
Segue qui:
http://www.corriere.it/gli-allegati-di-corriere/16_settembre_28/collana-corriere-della-sera-edicola-psicoanalisi-freud-jung-663d28dc-858f-11e6-be66-7ada332d8493.shtml
 

FREUD E JUNG CI PARLANO E SOTTO SOTTO FANNO POLITICA. Una disciplina nata in un tempo e un mondo diversi eppure così plurale da aiutare anche la società. Una scienza che ha per verità il paziente

di Marco Garzonio, corriere.it, 28 settembre 2016 

È bene chiedersi se la psicoanalisi sia attuale dopo più di cent’anni, in un mondo che non è più quello in cui è nata e il nuovo non si sa cosa sia. Quesito non puramente intellettuale: nasce dal bisogno d’individuare strade soddisfacenti per conoscere se stessi, mettere insieme i pezzi, dare un senso al cammino. Freud, Jung e quelli che han seguito le orme non sono solo figure storiche. Già i nomi evocano il bisogno di interrogarci su dove stiamo andando, sulle attrezzature di cui disponiamo per comprendere ciò che accade intorno e sulle nostre reazioni emotive, che poi riversiamo sugli altri. Chiedono risposte le paure da cui son posseduti individui e comunità, le insicurezze che destabilizzano le case, la democrazia, la rappresentanza, il vissuto d’impotenza di fronte alle tragedie di cui siamo spettatori tanto saturati affettivamente da una bulimia d’immagini e dal «sempre connessi» da renderci spesso indifferenti: il Mediterraneo ridotto a cimitero; l’agonia di Aleppo; i fili spinati e i muri dell’Europa che fu di Schengen; i terroristi che si fanno esplodere; le donne violate e i bambini sfruttati.
Segue qui:
http://www.corriere.it/gli-allegati-di-corriere/16_settembre_28/collana-corriere-della-sera-edicola-psicoanalisi-freud-jung-5a988756-8594-11e6-be66-7ada332d8493.shtml

 

PSICOLOGIA, LA GOOGLE MAP DELL’ANIMA. Dal 30 settembre con il quotidiano il primo volume della serie dedicata alla scienza che studia il comportamento individuale dell’uomo e cerca di guarirne i disturbi mentali

di Giancarlo Di Maggio,  corriere.it, 28 settembre 2016
Quante volte ti sei trovato impreparato. Intorno a te assenza di logica, scoppi di nervi, una cronica tendenza all’incapacità di comunicare. Ti sei convinto che le relazioni umane siano una missione in Kurdistan. Ti ci hanno mandato senza preavviso né addestramento. Quante decisioni hai dovuto prendere senza una Google Map dell’anima che ti indicasse la strada giusta e che segnalasse cosa avresti trovato nella mente di quelli che incontravi lungo il percorso. E ti mancava il TripAdvisor che ti dicesse se lì vale la pena di fermarsi a cena. È uno stato d’animo che conosci bene, si chiama: incertezza. Accompagnata a un brivido, quella sensazione strisciante che nelle vene inizia a formarsi il ghiaccio. La psicologia la incontri lì: previene la cristallizzazione dell’acqua.
Segue qui:
http://www.corriere.it/gli-allegati-di-corriere/16_settembre_28/collana-corriere-della-sera-edicola-psicoanalisi-freud-jung-96cb9dda-8594-11e6-be66-7ada332d8493.shtml

 

L’ONORE DI OMERO. Un pugno all’onnipotenza, alle smanie di perfezionismo. Ecco cosa sono le Paralimpiadi

di Umberto Silva, ilfoglio.it, 28 settembre 2016
Tanti anni fa, secoli, “quelli alzarono tutti insieme le fruste sui cavalli / e li colpirono con le briglie gridando forte, / e i cavalli correvano veloci lungo la pianura, / allontanandosi sempre più dalle navi / sotto il loro petto si sollevava la polvere, / alzandosi come le nuvole nella tempesta, / le criniere si agitavano al soffio del vento…”. Adoro le gare, quelle di Omero in primis, l’Olimpiade d’oltremare che Achille instaura a onore dell’amato Patroclo che ormai giace nell’Ade e torna a lui solo in rapidi sogni. Adoro, dieci anni dopo, il naufragio che scarica Ulisse nella terra dei Feaci, dove per i begli occhi di Nausicaa e per la propria gloria, lancerà il disco più lontano di tutti. Ecco, l’Olimpiade mi emoziona assai. Sento la forza poetica di colui o coloro che si cimentarono in un’ardita sanguinosa scrittura tutt’oggi senza pari, sento la violenza che percoteva gli scudi come una sinfonia, e le grida, e la luce. Vedo tutte le Olimpiadi che nei secoli si sono immortalate nella pittura e nella scultura; entrando in certi musei specie nell’ora di chiusura o di apertura, odo ancora il suono dei primi giochi dagli dei consacrati e spesso il cinema insiste a darci momenti di emozione.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2016/09/28/lonore-di-omero___1-vr-148213-rubriche_c401.htm

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BASTA SOGNARE FIGLI PERFETTI. “Il figlio perfetto incarna quello che noi non siamo riusciti a ottenere per la nostra vita o che comunque ci manca oppure quello che possediamo ma che siamo angosciati di perdere…”. Su ilLibraio.it la riflessione, destinata ai genitori di oggi, di Luigi Ballerini, medico e psicoanalista, in libreria con “Imperfetti”, romanzo distopico ambientato in una società costruita su rigidi principi di selezione genetica, in cui tre ragazzi vogliono riprendersi il proprio destino…

di Luigi Ballerini, illibraio.it, 30 settembre 2016
Il figlio ideale è il figlio perfetto. È il figlio che il genitore sogna, che può modellarsi nella sua testa ancora prima che quello reale nasca. “Lo voglio x”, “La voglio x”: pur salvando la buona intenzione, qualunque aggettivo sostituiamo alla x (sportivo-leader-intellettuale-remissivo-intelligente-artista. Intraprendente-riflessivo…) rischia di diventare imposizione, predestinazione.
Il figlio perfetto incarna quello che noi non siamo riusciti a ottenere per la nostra vita o che comunque ci manca oppure quello che possediamo ma che siamo angosciati di perdere. Questo fa del figlio non un altro soggetto, ma un individuo nel quale il nostro personale desiderio è andato in esilio. Se non siamo soddisfatti di noi stessi almeno il rimborso del figlio perfetto lo pretendiamo. Non sopporteremmo di vederci perduti un’altra volta.
Il figlio perfetto è inoltre un figlio che non deve pensare. È chi si lascia plasmare dalle mani dell’adulto. Chi deve diventare quello che desidera il suo maggiore. E’ il figlio senza tempo, anzi che vive in un tempo che non è più suo perché del tempo non ha bisogno essendo predeterminato. Il tempo non sarà più per lui la possibilità di una scoperta affascinante di occasioni, di interessi, di passioni da coltivare, mollare, cambiare o riprendere, ma un percorso predeterminato su un binario fisso che lui può solo scegliere di percorrere. E’ il figlio che non ha desideri se non quelli che sono stati pensati per lui. Il figlio perfetto non può sbagliare e quindi non si può nemmeno correggere, non può sperimentare, provare, cadere e rialzarsi. È quello la cui unica preoccupazione deve essere non deludere i suoi grandi e conformarsi sempre alle aspettative, piuttosto che essere soddisfatto lui stesso.
Segue qui:
Basta sognare figli perfetti

 

CONTRO IL CYBERBULLISMO LA CYBER EDUCATION”

di Giuseppe Maiolo, ladigetto.it, 30 settembre 2016
Lo psicanalista: «Il bullismo virtuale è un prodotto di questo nostro tempo che vede i bambini sempre connessi e dotati di smartphone fin della scuola primaria»
Una parola che sta diventando tristemente famosa è il Cyberbulling. In italiano si direbbe bullismo virtuale. Ma di questo fenomeno sappiamo ancora troppo poco o, per meglio dire, non siamo ancora in grado di contrastarlo adeguatamente. Si tratta sempre di bullismo, cioè di prepotenza e violenza tra i pari, ma mentre da quello reale, pur con grandi sforzi, ci si può allontanare e difendere, da quello virtuale a volte è impossibile. Il cyberbullismo in effetti è una piaga sociale spaventosamente devastante che sta facendo vittime tra i giovani. È infatti una nuova forma di «abuso orizzontale» che aumenta a dismisura con la rapida diffusione della tecnologia digitale. Il cyberbullo è un prodotto di questo nostro tempo tecnologico che vede i bambini fin della scuola primaria dotati di smartphone, sempre connessi e capaci di interagire con tutti i device. Secondo alcune ricerche, 9 minori su 10 navigano in rete quotidianamente e il 18% dichiara di trascorrere online più di 3 ore al giorno.
Segue qui:
http://www.ladigetto.it/permalink/58336.html

(Fonte dei pezzi della rubrica: http://rassegnaflp.wordpress.com

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