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Simmel, Dante e l’arte che non muore

5 Nov 21

A cura di vastopolis

Due volte Simmel. Il primo libro, “Amor Vitae. Stili e forme dell’arte nell’estetica di Georg Simmel” è di Antonio De Simone, da decenni tra i più attenti lettori, studiosi e interpreti del sociologo e filosofo tedesco. Il secondo, “Psicologia di Dante”, dello stesso Simmel, è una riproposizione, a cura di Alessandra Peluso, giovane studiosa leccese, che di De Simone è brillante allieva collaboratrice.
Entrambi i volumi sono editi da Mimesis. L’editrice, guidata da Pierre Dalla Vigna, ancora una volta fa centro grazie alla genialità di Simmel, che mai smette di dirci ciò che ha da dirci, alimentando in noi ulteriori curiosità e illuminazioni, e grazie a chi sa restituirne la grandezza senza tradirlo, anzi rispettandolo doverosamente.
Scrive De Simone: “La questione dell’estetico è parte costitutiva del nucleo di pensiero di Simmel e perciò ineludibile per la sua intera comprensione. Non si tratta soltanto di considerare il rapporto di Simmel con l’arte (e con le diverse arti e le grandi personalità artistiche) e il suo valore propriamente filosofico, sociologico e antropologico-fenomenologico, bensì di approntare una complessa ermeneutica, a un tempo particolare ed esemplare, della sua opera e del suo cammino di pensiero a partire dalla dimensione dell’estetico che di fatto comprende non solo questioni artistiche, estetologiche ed estesiologiche, ma che tuttavia, nella sua interezza, non si lascia esaurire da esse”.




De Simone, attraverso diciannove lezioni, ripercorre la parabola simmeliana che più amo, quella della vita per l’arte e dell’arte per la vita, quella di Simmel tra Kant e Goethe, quella della filosofia del paesaggio, quella di Simmel e l’Italia (con le escursioni su Roma, Firenze e Venezia), quella del ponte e della porta, quella sulla filosofia della pittura, quella di Simmel e Michelangelo, di Simmel e Rembrandt, di Simmel e Rodin. Le pagine, accompagnate da alcune straordinarie immagini, testimoniano una conoscenza smisurata dell’autore e del tema, una passione artistica mai contaminata dalla brutture del quotidiano, un’altezza di spirito e di pensiero che tengono insieme il Maestro, l’interprete e l’opera. Al primo sguardo vieni preso da un incanto, dopo la lettura l’incanto resta perché ha sollevato interrogativi, sempre nuovi interrogativi a cui non pensavi di essere chiamato a rispondere. È quella chiamata che fa di Simmel un punto di riferimento classico e contemporaneo, classico perché contemporaneo. Punto di riferimento per sempre.



Non meno rilevante è lo studio di Alessandra Peluso, che si cala negli abissi dell’anima con Simmel e Dante, onorando uno scritto che, a settecento anni dalla morte del Poeta, si staglia ancora limpido e penetrante. Scrive la curatrice: “Non solo dobbiamo domandarci come Simmel abbia pervaso gli abissi della personalità dantesca, essenziale, ma porre nel nostro tempo anche il loro rapporto in una scelta non di certo pretestuosa di affrontare i due titani: Simmel e Dante, e nello specifico il saggio ‘Dantes Psycologie’. Un testo complesso vista la molteplice e articolata materia progettata e lavorata dal sommo poeta su un duplice piano: terreno ed empireo. Una vita terrena che si intreccia – confondendo il lettore – con quella eterea, divina, immaginata da Dante e dove Simmel interviene con la sua argomentazione individuando dei concetti che costituiscono elementi essenziali utili a non disorientarsi, corredando peraltro una comprensione unitaria delle opere di Dante”.
Io, però, a conclusione, voglio dare la parola a Simmel e non aggiungerne altre. Mi auguro che il lettore, dopo averne colto l’intensità, si precipiti ad acquistare il libro. Scrive Simmel: “La somiglianza con Machiavelli e Hobbes non può essere ignorata affatto; anche con loro non sono i pregiudizi leali o dogmatici su cui vogliono le loro monarchie, ma il vantaggio del tutto che lo identificano nel dominio assoluto di un individuo: perché il principe sia il servo di tutti, deve essere il loro padrone assoluto; anch’essi ricavano le loro ragioni dalla natura generale dell’umanità e allo stesso modo basano le loro conclusioni sul pessimismo morale. E se in Dante la forma di questa struttura mostra dubbia affinità con quel dominio cosmico di Dio, se l’idea di un governo necessario sull’umanità diverge in un settore razionale-empirico e dogmatico-sovrannaturalista: allora riconosciamo in esso il tratto dualistico fondamentale della natura di Dante che non era ancora a conoscenza di una linea netta tra ciò che poteva giustificare con i fatti e ciò che poteva giustificare solo con un dogma. Questo è il motivo per cui non ha perseguito le fondamenta psicologico-pessimistiche della sua ‘Monarchia’ in modo coerente, come hanno fatto quei due; vuole ancora che il suo regno universale sia governato dall’amore! E dice ancora persino che ogni essere umano è per natura amico dell’altro; il che, tuttavia, contro il punto di partenza della teoria di Hobbes: ‘homo homini lupus’, forma la più ostica contraddizione possibile”.
Non è un capolavoro?

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