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Soldi e desiderio in tempo di crisi. ‘ Dottore, quanto costa una seduta? ‘

2 Ago 21

A cura di Maurizio Montanari

Questo lungo ed opaco periodo di impoverimento generalizzato causato dalla micidiale sovrapposizione tra una crisi economica senza eguali e il  tempo pandemico, la conseguente  volatilità del lavoro ormai divenuto un bene temporaneo, hanno creato una condizione per la quale esprimere pubblicamente, dare forma, sondare intimamente un desiderio può comportare   effetti deleteri. Ho visto negli ultimi tempi molti uomini e donne assunti  in aziende   multinazionali    immersi in una dimensione coercitiva di lavoro per il lavoro, del prodotto per il prodotto, incatenati ad una condizione durissima e totalizante che si guardano bene dal mettere in discussione, pena la strada, la fame, la fine delle rate, della casa e dell’abbigliamento del bambino.
 
Queste strutture si sostengono su una dimensione di annichilimento e riduzione del desiderio del singolo, non in senso prettamente lacaniano, per alimentare il profitto.  No ferie, no pausa bagno, stipendi ridotti all’osso, delocalizzazione come arma per irretire ogni possibile velleità di insubordinazione. Dopo aver accettato per necessità la garanzia capestro che esse forniscono,  i soggetti iniziano a pensare a quale forma dare alla loro vita. Avere un figlio, programmare l’acquisto di una casa, sognare un domani nel quale si possa dare forma alla creatività, ai propri desideri profondi. E a quel punto, scoprono che non è possibile. Perché l’Altro aziendale ha già ipotecato il loro futuro prossimo.
Non è possibile anteporre un desiderio proprio al fine ultimo della Struttura, che ti caccia se osi restare incinta, che ti rende difficile urinare, che tiene i tuoi tempi registrati in un aggeggio dal quale non puoi separarti . Molti di essi si domandano, in un momento critico, ma cosa sono io? Cosa ci faccio qua dentro? Chi sono io per questo Moloch che controlla ogni giorno della mia vita, sabato compreso?
Io voglio altro, desidero altro. Ma non posso andarmene, perché di mezzo ci sono le rate dell’auto, della casa.  Il soggetto dunque abdica al proprio volere, tramutandosi in un docile mezzo per il soddisfacimento del volere del padrone, posizione dura ma che gli garantisce un futuro per il proprio figlio. Soggettivamente, preso tra questi due voleri, scompare e diventa una ‘macchina che serve i bisogni della gente che fa acquisti sino alle sette. Poi, la sera, sono quello che ascolta  i voleri di mio figlio che cresce’.
Questo è il momento della rabbia, della frustrazione, della disperante consapevolezza di esser chiusi in una gabbia nella quale non è possibile desiderare. Mangiare è il prezzo della rinuncia alla vita. Questa condizione è all’origine di quella distruzione del desiderio altrui che, specie nei social vediamo agire. Una ferocia trasversale porta a inondare di odio qualunque barlume desiderante faccia la sua comparsa, in una mortifera tendenza all’azzeramento.
Dal web: ‘ Si è smarrito mentre tentava di scalare l’Everest’
‘ Ma chi glie lo ha fatto fare? MA questa gente non va a lavorare? Si arrangi!
‘ Ha una crisi al 30 kilometro del cammino di Santiago’
‘Peggio per lui, poteva starsene a casa! I soccorsi li devo pagare io che faccio i turni, con le mie tasse?’
‘Cade nel corso di un escursione sulle Dolomiti’
‘ Meglio ! Un cretino in meno in giro . Perché non ha fatto un po' di straordinari?
Qualunque azione che un tempo sarebbe stata oggetto non dico di ammirazione, ma quantomeno di curiosità, oggi suscita una rabbia cieca e furiosa, senza filtro e senza mediazione. Per chi abita in un campo che lui stesso ha contribuito a desertificare , ogni filo d’erba che sorge nei prati vicini deve essere raso al suolo.
 
Il mondo dunque è cambiato, e l’analista non può che prendere atto del depauperamento generalizzato. Questo   ci porta direttamente al tema del pagamento della seduta e al suo adattamento alla crescente difficoltà del paziente nello stilare la lista delle priorità economiche della sua vita, analisi compresa.  Trattavo questo tema in tempi non sospetti, quando girava piu’ denaro,    un   periodo nel quale lo psicoanalista riceveva molti pazienti   immersi nell’eccesso  di offerta : oggetti curativi,  farmacologici, lenitivi. Non che oggi manchino, si badi, ma hanno dovuto dare al precedenza agli alimenti.     Era   un periodo  di maggiore agio economico nel corso del quale alcuni analisti , specie quelli ’ altolocati',  avevano tarato le loro cifre sulle possibilità economiche di   una media borghesia nevrotica, già satura di rimedi, gonfia di palliativi capaci di smorzare sul nascere il barlume dell’interrogazione e pronti a pagare cifre elevatissime per permettersi un analisi vista, in molti casi,  come uno dei tanti gadget che promettevano di accedere ad un benessere psico fisico.
 
Ricordo a suo tempo gli scontri al calor bianco con chi, arricciando il naso, dalla sua poltrona leopardata  mi apostrofava schifato con : ‘ ma lei fa sedute e meno di 120 euro!?’ mentre ero intento a sostenere che,  paradossalmente, chi aveva minori possibilità economiche forse giungeva in luogo di analisi ‘avvantaggiato’ dal non aver potuto esperire quel surpuls di gadget per la psiche che falsavano di fatto la domanda rallentandola  , senza però eliminarla.   
 
La storia ci ha poi inflitto un uno due micidiale , costringendo molti fruitori del lettino a farsi i conti in tasca. Il post crisi che  oggi viviamo   ha avuto dunque ripercussioni anche nella modulazione d' ingresso dei pazienti nello studio di un analista, portando molti   a chiedere preventivamente al telefono : ‘ quanto costa una seduta? Me lo può dire prima? ‘, costringendo al contempo chi non soleva scender sotto la soglia dei 100 euro ad adattarsi al reale. Con fatica, visto che ancora mi tocca sentire cifre iperboliche sparate in faccia ad un umanità sempre piu’precarizzata   e alle prese con un mercato del lavoro che ha cancellato, per sempre, i sogni di una tranquillità economica. Non sono i ‘nuovi poveri’, ma nuovi  precari in difficoltà:  insegnati delocalizzati ,  quadri cassintegrati, professionisti demansionati e costretti ad accettare corposi tagli al salario  per continuare a lavorare. Ristoratori che chiudono, architetti espulsi dal mercato.  La gente ha meno denaro, questo è un dato di fatto.
 
Molti analisti hanno preferito mantere intatte le tariffe fissate in un tempo che oggi pare preistoria,    schermando una malcelata avidità dietro l’assunto : ‘ il paziente non paga me, paga la sua analisi’. Tale formula , si badi bene, mantiene intatto il suo valore di sprone alla rettifica soggettiva ed è uno dei pilastri di un analisi, ma non può non essere adattato alle reali contingenze economiche, al potere di acquisto effettivo, come   non può prescindere dal generale impoverimento del cittadino . Continuare a vivere in maniera avulsa dalla città, ignorandone le peripezie, imponendo coattivamente cifre elevatissime, non ottiene l’effetto    di sostenere il   desiderio di chi domanda, quanto lo introduce ad una dimensione mortificante di sbarramento di una strada per la  quale, magari,  è assolutamente predisposto in termini di saperci fare con l’inconscio.   A. è venuta in studio, pesava 41 kg. Avvitata dentro ad un’anoressia importante, non poteva continuare il precedente rapporto clinico a 120 euro a botta. Tale cifra non costituiva quel prezzo utile a smuoverne la domanda   mettendo il soggetto in questione, piuttosto otteneva l’effetto di chiuderla in casa perché priva di mezzi per campare. E di storie come questa ne sto sentendo tante.

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