Tra gli psichiatri italiani, e non soltanto italiani, si sta facendo strada da tempo la voglia di conoscere meglio o di riscoprire la psicopatologia. Una voglia che esprime spesso, oltre al desiderio di arricchimento culturale, il bisogno di riaffermare la propria professionalità, affrancandola da una pratica quotidiana sempre più piatta e demotivante, in cui il vocabolario professionale si è ridotto ad una decina di parole.
Questa “voglia di psicopatologia” è oggi sempre più condivisa anche dai ricercatori. La proposta di criteri diagnostici operativi per i vari disturbi mentali era nata, 40 anni fa, dalla convinzione che la ricerca basata sull’uso di quei criteri ci avrebbe avvicinato all’identificazione dei fondamenti etiopatogenetici dei singoli disturbi. Oggi appare sempre più chiaro che quel progetto è fallito. Anzi, l’ipersemplificazione psicopatologica che si è accompagnata allo sviluppo dei criteri diagnostici operativi ha fatto spesso perdere di vista l’essenza, la “gestalt”, delle sindromi psichiatriche. Da ciò il bisogno di riscoprire gli approcci psicopatologici classici e di conoscere meglio quelli recenti, per recuperare quell’essenza.
Inoltre, la ricerca biologica e neuropsicologica più avanzata sta ormai esplorando non più i correlati dei vari disturbi mentali, bensì quelli dei singoli fenomeni psicopatologici (dalle allucinazioni uditive all’anedonia, al panico, alle ossessioni), da cui la necessità di una caratterizzazione più precisa e di una conoscenza più approfondita di tali fenomeni.
Ancora, la “voglia di psicopatologia” appare oggi evidente a tutti i livelli della formazione in psichiatria. Le 22 parole che compongono il criterio sintomatologico del DSM-IV per la schizofrenia possono forse rappresentare un utile algoritmo per il clinico esperto che già sa bene che cos’è la schizofrenia, per aver letto a suo tempo Kraepelin e Bleuler, ma possono essere molto confusive per il giovane studente o specializzando, il quale può ricavarne il messaggio, che potrà rimanere nella sua mente per sempre, che un quadro composto da qualsiasi delirio più qualsiasi allucinazione è sufficiente per la diagnosi di schizofrenia. Naturalmente, la formazione psichiatrica richiede altre modalità e altri strumenti. Solo riscoprendo l’insegnamento della psicopatologia si può trasmettere ai giovani la complessità e la ricchezza delle espressioni della patologia mentale, l’arte della diagnosi differenziale e la capacità di distinguere i disturbi mentali dal mero disagio esistenziale. Infine, è oggi chiaro a tutti che la scelta, l’impostazione e l’attuazione degli interventi terapeutici in psichiatria, soprattutto sul versante delle psicoterapie e degli interventi riabilitativi, richiedono una caratterizzazione del singolo paziente più articolata di quella offerta dagli attuali sistemi diagnostici, la quale può avvenire soltanto utilizzando il linguaggio della psicopatologia.
A questa “voglia di psicopatologia”, avvertita a vari livelli, la SOPSI intende rispondere, dopo la recente pubblicazione del Lessico di Psicopatologia, dedicando a questo tema il Congresso del 2012.
Il Congresso offrirà una rivisitazione completa di tutte le aree della psicopatologia, alla luce delle recenti acquisizioni delle neuroscienze e delle scienze sociali e del comportamento. Particolare attenzione sarà rivolta ai modelli che integrano gli approcci delle varie discipline e scuole di pensiero. Come al solito, i principali esperti internazionali ed italiani saranno invitati a contribuire al programma scientifico. Tutti gli psichiatri italiani che hanno dati o idee da proporre, o che semplicemente avvertono il bisogno di arricchire le proprie competenze e la propria professionalità, sono cordialmente invitati a partecipare.
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