Le modalità con cui si sta applicando la didattica a distanza sono coerenti con il modello di scuola basata sul nozionismo e la valutazione su cui tuttora si basa scuola italiana. Essa utilizza questo nuovo strumento in maniera coerente con la sua impostazione di fondo basata sulla efficienza formativa e la valutazione ad ogni costo, cioè su un apprendimento, ipoteticamente, funzionale alla logica della efficienza produttiva. Ma non possiamo dimenticare che questo tanto conclamato valore della ‘efficienza’ si basa su un modello di lavoro servile; in questa società non c'è spazio per il lavoro cooperativo, partecipativo e creativo, l'unico modello di sviluppo che potrebbe ispirare e promuovere delle politiche educative e formative rispondenti al benessere psichico dei giovani, e quindi al futuro benessere di tutti.
Il modello alternativo, quello della scuola del dialogo, è quasi sempre impraticabile perché per provare ad attuarlo ci sarebbe bisogno gli adulti che abbiano acquisito una sufficiente consapevolezza della obsolescenza del modello di sviluppo attualmente vigente. Quanti insegnanti, quanti politici la hanno raggiunta? Ancora troppo pochi, e quei pochi purtroppo ancora incapaci di costituire un movimento di opinione di una qualche rilevanza.
E’ per queste ragioni che la didattica virtuale è considerata l'unica soluzione al problema del contagio e non vengono adottati tutti quegli accorgimenti per favorire la socialità e il dialogo che pure qualcuno sporadicamente reclama: apertura al territorio, utilizzo degli spazi scolastici senza restrizioni di orario e di calendario (apertura delle scuole per tutta la giornata e nei periodi di vacanza), utilizzo di spazi esterni, facilitazione della mobilità esterna. Questi sono tutti strumenti che consentirebbero di recuperare la dimensione della socialità così pesantemente compromessa e sarebbero anche coerenti con la necessità di alleggerire il rischio di contagio (sia stemperando il numero di presenze contemporanee, sia riducendo la presenza dei giovani in famiglia, dove, a proposito, il tanto invocato distanziamento è impossibile). Inoltre per gli stessi motivi non si riesce nemmeno a valorizzare le potenzialità positive, che pure esistono, di questo strumento, che viene utilizzato soltanto come un surrogato per svolgere le medesime mansioni della scuola tradizionale.
Non si adottano questi provvedimenti per la semplice ragione che l’interesse preminente non è quello di andare incontro alle richieste degli studenti e men che mai quello di favorire l'apprendimento sociale e dialogico, ma è ancora quello di cercare di tenere in piedi il medesimo sistema basato sul nozionismo e la valutazione. Non a caso tutti i pur numerosi appelli a dare priorità alla scuola cadono nel vuoto: non basta dire che la scuola è fondamentale per tutta la società, una ovvietà che tutti non a caso continuano a ripetere, e nemmeno denunciare il particolare disagio sofferto dagli studenti in questo periodo di chiusura scolastica forzata, se non si sottolinea che questo disagio era già presente prima della pandemia e che il suo aggravamento a causa delle forzate restrizioni ne è una logica conseguenza.
È questo modello di scuola che ora, trovandosi a non poter nemmeno utilizzare i suoi consueti strumenti di trasmissione del sapere, risulta ancora più pesantemente anacronistica e drammaticamente inadeguata a rispondere ad una situazione di emergenza. Non c'è quindi speranza che questo sistema posso trovare delle risposte all'altezza di questa emergenza; è solo guardando alle iniziative che stanno sorgendo dal basso ed alla loro auspicabile risonanza che potremo trovare delle risposte adeguate.
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