Il Super-io è l’istanza morale interiore, che secondo Freud, sovrasta e guida il nostro Io. Esso si costituisce come auto-regolazione degli eccessi delle nostre passioni che ha elaborato criticamente (o ha introiettato passivamente) le loro limitazioni da parte dei nostri genitori. Riflette, fin dall’inizio, dentro di noi i valori del sistema sociale in cui siamo inseriti attraverso il nostro micro-ambiente di vita. Nella sua formazione convergono gli equilibri raggiunti nel conflitto tra il principio di piacere e il principio di realtà (e tra la logica del bisogno e la logica del desiderio) nel nostro mondo interno, nella famiglia e nei rapporti sociali.
Istanza intrapsichica, il Super-io si configura gradualmente nel campo della relazione del nostro desiderio con il desiderio degli altri e con le situazioni di necessità di cui dobbiamo tener conto. Nell’infanzia, rapporto con il corpo erotico della madre (a partire dall’allattamento), la gestualità e il movimento corporeo, i primi passi, l’accesso al linguaggio verbale, la gestione degli sfinteri, sono il luogo di una contrattazione continua tra noi e il nostro ambiente. In condizioni favorevoli la contrattazione può portare al senso di responsabilità nei confronti di sé e degli altri, a un’“educazione sentimentale” che ci insegna i limiti alla nostra libertà e rende tollerabile la frustrazione. In condizioni sfavorevoli sfocia, invece, nell’indottrinamento della nostra esperienza secondo canoni che la conformano a comportamenti impersonali.
Solitamente si associa a un Super-io severo una rigida adesione ai dettami e alle convenzioni morali e a un Super-io incompiuto un’inclinazione a comportamenti trasgressivi, immorali. L’opposizione è solo apparente. La norma e la sua trasgressione pura (che sostituisce la sua messa in discussione) sono intimi alleati. Il contrasto vero è tra una regolazione etica della nostra relazione con il mondo (oscillante sul piano della flessibilità e dell’apertura all’imprevisto) e la sua sottomissione a un Super-io fasullo, alienante.
Freud ha associato il Super-io al destino e, in ultima istanza, alla morte. Indicando così che esso trae la sua legittimazione più forte dalla limitazione temporale della nostra vita, dal fatto che la nostra esistenza non è eterna. Questa intuizione illumina anche l’aspetto più oscuro della limitazione necessaria del nostro agire: il punto in cui la sua dimensione etica cede la guida alla censura implacabile della vita.
La Società Psicoanalitica Italiana ha scelto il Super-io come tema della recente conferenza annuale dedicata agli analisti in formazione. Un collegamento molto interessante si è stabilito in modo non intenzionale, ma non casuale, tra i lavori delle due relatrici, Diomira Petrelli e Tiziana Bastianini. La prima ha sottolineato il fatto che nella società attuale la macchina tende a diventare istanza morale. La seconda ha
associato la co-regolazione della relazione tra il bambino e il suo ambiente, che lo costituisce come futuro soggetto responsabile nel campo sociale, al paradosso di Winnicott: il bambino incontra gli oggetti del suo desiderio perché i genitori li mettono a sua disposizione. Al tempo stesso deve crearli inconsciamente (sognandoli) perché li possa usare e trasformare in modo soggettivo. L’oggetto è insieme creato e trovato.
Quando l’oggetto è solo trovato, ma non creato soggettivamente, quando nell’usarlo ci si adatta ad esso, piuttosto che promuovere una trasformazione, l’oggetto è morto sul piano affettivo, erotico, diventa un dispositivo disumanizzante incorporato. La disumanizzazione dell’esperienza passa attraverso il Super-io e non attraverso l’Es come si pensa. Nella società attuale l’eccesso di repressione delle pulsioni erotiche, nascosto dietro un’ingannevole libertà sessuale, si sedimenta come cancro psichico nel luogo del Super-io.
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