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SUPERHERO THERAPY: apertura della rubrica

28 Nov 22

A cura di Martina Migliore


Apriamo questa rubrica a cura della Dott.ssa Martina Migliore, a proposito della Superhero Therapy, un approccio psicoterapico pensato per il lavoro con ragazzi (ma non solo), mutuato dall' Acceptance and Commitment Therapy, compreso negli strumenti di intervento appartenenti alla cosiddetta "terza onda" dell'approccio cognitivo comportamentale. Questa rubrica si apre con un'intervista alla stessa Dott.ssa Migliore, che curerà il lavoro di approfondimento sulla Superhero Therapy.
R. Avico, redazione Psychiatry On Line Italia

Intervista a Martina Migliore, geek psychotherapist e ricercatrice in game science psychology (articolo originale:
 
Che tipo di psicoterapeuta sei e cosa vuol dire geek psychotherapist?

Io sono una psicologa e psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia cognitivo comportamentale. La terapia cognitivo comportamentale parte dal presupposto che non sia ciò che accade in sè a farci soffrire, ma come noi lo interpretiamo. Attraverso esercizi pratici, immaginativi e analisi di ipotesi alternative, è possibile modificare il nostro comportamento e la nostra visione del mondo, andando verso qualcosa di più utile e funzionale al nostro benessere. Nella mia pratica clinica ho sempre incorporato elementi della cultura pop, personaggi di film e serie, parti di storie di videogiochi e soprattutto meccaniche dei giochi di ruolo che amavo. Le mie passioni più grandi definiscono il mio lavoro, e mi danno anche modo di mettere a frutto ore ed ore di visione e gioco appassionate! Nel 2017 questa terapia è stata anche manualizzata sotto il nome di Superhero Therapy, ad opera di Janina Scarlet, una collega americana, che ha trasformato la sua difficile storia di rifugiata ucraina dopo il disastro di Chernobyl, in metodo per diventare un supereroe delle difficoltà quotidiane.

In cosa consiste la Superhero Therapy?

Nel suo libro “Superhero Therapy: un viaggio da eroe attraverso l’ACT” l’autrice guida il lettore attraverso la presa di coscienza che la propria sofferenza può essere affrontata in modo diverso, quando questa viene considerata un punto di partenza per la strada che porta alla scoperta del supereroe dentro di noi. Attraverso le storie degli X-Men, Janina stessa ha potuto affrontare anni di bullismo e fragilità fisiche dopo l’esposizione alle radiazioni di Chernobyl: trasferire i problemi su storie esterne alle proprie vicende personali fa sì che i pazienti parlino più apertamente. Possono così accedere più facilmente a risorse di resilienza e a processi di elaborazione. La Superhero Therapy incorpora i personaggi della cultura pop, di libri e films, programmi TV e videogiochi, giochi da tavolo e giochi di ruolo nelle psicoterapie di efficacia comprovata. La Superhero Therapy di Janina si basa sui principi dell’Acceptance and commitment Therapy, detta ACT proprio dal verbo inglese che significa “azione”. Questo tipo di terapia è un’evoluzione successiva della terapia cognitivo comportamentale, e parte dal presupposto che la nostra mente è il più grande narratore di storie dell’universo, e purtroppo il più delle volte si tratta di horror molto ben congegnati! Siamo abituati ad evitare tutto ciò che ci fa star male, ma spesso questo evitamento ci porta a evitare la vita stessa, perché aspettiamo di sentirci bene per fare ciò che dobbiamo nel nostro quotidiano. L’ACT prende il nome da uno dei suoi messaggi principali: accetta ciò che è fuori dal tuo controllo personale e impegnati in azioni che arricchiscano la tua vita. L'obiettivo dell’ACT è aiutarti a sviluppare una flessibilità che ti permetta di staccarti dai tanti pensieri tremendi che la tua mente ti mette davanti, portando la tua attenzione su ciò che puoi davvero fare per vivere la tua vita al meglio, nonostante ciò che accade fuori dal tuo controllo e nonostante la sofferenza. Per me il messaggio migliore è che la flessibilità non è un trofeo da riporre sul caminetto: è un processo continuo, in cui è previsto che ci siano giornate “nere”, nelle quali non si riesca a muoversi di un millimetro. Il fallimento fa ampiamente parte del gioco insomma, anzi, ne è la sostanza stessa.

E come si inserisce il gioco di ruolo in tutto questo?

Sappiamo bene come attraverso il gioco di ruolo, possiamo letteralmente “entrare” dentro una storia e viverla attraverso le nostre azioni. Possiamo diventare chiunque desideriamo, a seconda delle regole previste dal gioco che scegliamo. In psicologia, il gioco di ruolo è noto per le sue caratteristiche di immersione empatica, poichè crea un ambiente ideale per sperimentare e sperimentarsi in contesti che possono essere altrimenti difficili nella vita reale: l’esperienza di gioco può aiutare, in questo modo, nella risoluzioni di conflitti esistenziali, nel superamento di fobie sociali e fornire un aiuto a vari livelli del processo di crescita. E’ un pò come avventurarsi, da funambolo, su una corda con una bella rete sotto! Ovviamente noi giochiamo per divertirci, proprio per evadere dalle difficoltà della vita quotidiana: ma interpretando qualcun altro spesso ci scopriamo diversi, tiriamo fuori aspetti della nostra personalità che a stento riconosciamo. Il gioco accede direttamente ai nostri bisogni e alle nostre aspirazioni, spesso anche a comportamenti non accettati socialmente. Ci da la possibilità di vivere l’indicibile, di correre rischi impensabili, parlare di argomenti tabù, stringere alleanze mai considerate: persino nei giochi più narrativi ed esperienziali di ultima generazione, pur interpretando qualcosa di simile a noi stessi, possiamo essere una versione diversa di noi, magari più vera. Utilizzando il gioco di ruolo in terapia, abbiamo una palestra ideale a portata di mano, uno strumento per esplorare cosa ci fa paura, in sicurezza, condividendo una passione con il terapeuta e creando un vocabolario davvero utile alla reazione di aiuto.

Come usi il gioco di ruolo nelle tue terapie?

Io sono, prima di tutto, una giocatrice appassionata. Ogni intuizione che applico in terapia, proviene dallo studio di manuali, da esperimenti durante le giocate, da campanelli di interessi che si sono accesi durante la spiegazione di nuovi giochi da parte dei master con i quali ho giocato. Sono una persona pragmatica, che ama proporre soluzioni realistiche: notiamo spesso come quando si parla di benessere, è facile scadere nel “se vuoi puoi” e nei soliti buoni propositi che ci fregano ogni anno. La chiamo “sindrome dei buoni propositi”, proprio per la sua ingannevolezza di base: come se fossimo dentro ad una tela di Penelope, ogni volta ci diamo degli obiettivi che invariabilmente cadono vittima di procrastinazione, impulsività ed evitamenti. Ovviamente ci critichiamo come il peggiore degli inquisitori, dopo! Nelle mie terapie tengo molto a capire insieme ai miei clienti, cosa è realistico fare in un dato momento della loro vita: la maggior parte degli eventi non è di fatto sotto il nostro controllo, e questi ultimi tre anni credo lo abbiano dimostrato bene purtroppo. Inserire il fattore aleatorietà con il tiro del dado, negli esercizi che faccio in terapia, rende ben visibile questo fenomeno e ci da la possibilità di esplorare delle alternative in base a ciò che accade. Molto utile è anche l’uso delle schede personaggio per esplorare varianti di sè, o parti della propria mente: dare un corpo (anche graficamente) alla nostra parte critica, a quella ansiosa, a quella evitante può aiutarci a prendere le distanze, o come professa l’ACT, a defonderci da esse.

Hai parlato di meccaniche di gioco…

Tra le meccaniche di gioco più interessanti, a fini terapeutici secondo me, c’è il Powered by the apocalypse (PbtA). In questo insieme di regole, come sappiamo, viene assegnato un valore importante al fallimento per la prosecuzione del gioco: questo ci consente di  andare oltre vincita e perdita, responsabile spesso di rigidità psicologica e autocritica. Il PbtA propone soluzioni incerte e molto più realistiche, come il successo con un costo e il fallimento con un guadagno. In questa tipologia di gioco si sperimentano in concreto gli effetti dell’aleatorietà e le conseguenze realistiche di un fallimento, come difficilmente è possibile in terapia. Nei contesti di cura, si è spesso portati al problem solving, al cercare soluzioni utili e porsi obiettivi da raggiungere. Questo è ovviamente il senso della terapia stessa, ma spesso esistono ostacoli subdoli che non consideriamo con sufficiente importantanza, al punto che veniamo incastrati in labirinti infiniti di procrastinazioni e azioni impulsive, delle quali ci pentiamo subito dopo. Sappiamo esattamente dove vogliamo arrivare, e addirittura sappiamo come…ma continuiamo a girare in tondo e cadere preda di trappole che sembravano invisibili. Sembra la trama di Labyrinth, non è vero? Quello che propongo è un cambio totale di prospettiva: guardare ai propri ostacoli in modo realistico, senza ingigantirli, ma neanche ignorarli, può darci la possibilità di restare con i piedi ben ancorati a terra, e lo sguardo fisso sul sentiero che ci sforziamo di percorrere, un passo alla volta.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Oltre ad essere una psicoterapeuta sono anche una ricercatrice, e collaboro con diverse realtà di ricerca sia intra che extra universitarie come il Game science research center, per la ricerca sulle applicazioni del gioco in vari contesti. Al momento sto lavorando su due progetti principali: ACTing Flexible, una metafora terapeutica resa ambientazione di gioco per dare la possibilità a chi gioca di vivere un’esperienza davvero immersiva e di apprendimento dai propri errori e DixitValues, una sperimentazione per comprendere ciò che è veramente importante per la propria vita, secondo l’ACT, attraverso le carte Dixit. Sono in diretto contatto con Janina Scarlet, e mi occuperò della traduzione del suo ultimo libro “Super woman. Superhero Therapy for woman battling anxiety, depression & trauma”, così questo sarà nel corso del prossimo anno di ispirazione per dar vita al polo italiano della Superhero Therapy, di modo che possa fungere da grande ombrello sotto cui possano ispirarsi le principali psicoterapie basate sull’evidenza. Sono una fanatica della collaborazione e dell’integrazione tra approcci diversi e credo che la conoscenza possa solo arricchirsi, e mai annullarsi. Inoltre, poichè da molti anni mi occupo di terapia online oltre che in presenza, il mio progetto è di dedicarmi sempre di più a questo tipo di terapia, molto più flessibile e capace di incontrare esigenze specifiche del cliente abbattendo i confini territoriali. Sì, sono una fanatica anche della flessibilità!

Come è possibile contattarti?

Sono presente su Facebook e Linkedin, e sul mio sito www.dottoressamigliore.it è possibile trovare ogni informazione ulteriore circa il mio metodo, i miei contributi (articoli, interviste etc) e i miei contatti. Sono assolutamente disponibile per ogni chiarimento, richiesta o curiosità: scrivetemi pure!

 

 

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