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Tina Modotti: il fascino di una donna fotografa.

19 Ago 15

A cura di degaetani

Io già ti conoscevo, Tina Modotti,
il tuo prezioso nome, la tua grazia,
l’esile, dolcissima presenza,
molto prima di vederti, d’incontrarti
 
In una notte di guerra, o al mattino
nel sole madrileno, in quei giorni
che vedevano insorgere il Quinto Reggimento
germoglio di una immensa spiga
che s’apriva sui campi di battaglia.
 
Ti ho visto appena. Ma fu abbastanza
per ricordarti e capire ciò che eri:
l’umano fervore delle tue fotografie
volti malinconici del Messico, paesaggi,
quell’amore negli occhi che fissavano ogni cosa.
 
Tu sei viva fra tutti noi, non è giusto
pensarti estranea a qualsiasi terra,
la tua terra è l’aria che ci dona
la fortunosa luce del tuo esempio.
 
E’ vero. Non sei morta, Tu non dormi
perché hai colto il fine che speravi.
Dammi la mano, sorella, camminiamo insieme.
Oggi tu stai parlando, qui. Vieni. Ascoltiamo.
Di Rafael Alberti

 

Un personaggio affascinante, sconosciuto per molti e romanzato da altri. Tra arte e passione, politica e mistero; Tina è stata spesso ripresa per scoop giornalistici, biografie falsate, telenovela romanzate. Prima di tutto una donna, meravigliosa affascinante creatura, che ha vissuto pienamente ogni sfaccettatura della sua vita sino a restarne spesso travolta. Difficile trattare con dovizia ogni risvolto di questa affascinante personalità, mi soffermerò sulla fotografia, senza sottovalutare la complessità dei ruoli che Tina ha assunto.

Nasce a Udine il 17 agosto 1896 e muore a Città del Messico il 5 gennaio 1942.
Assunta Adelaide Luigia Modotti, detta Tina, nasce nel popolare Borgo Pracchiuso a Udine, da famiglia operaia aderente al socialismo della fine Ottocento. Il padre decide di partire per gli Stati Uniti, presto raggiunto da quasi tutta la famiglia. Tina arriva a San Francisco nel 1913, lasciandosi alle spalle un’adolescenza da dimenticare: secondo un’informativa della questura, si sarebbe prostituita per mantenere la famiglia.
Una volta in America, frequenta le mostre, segue le manifestazioni teatrali e recita nelle filodrammatiche della Little Italy. Tutto pare attrarre il suo interesse ma nulla ancora la coinvolge realmente.
Durante una visita all'Esposizione Internazionale Panama-Pacific conosce il poeta e pittore Roubaix del'Abrie Richey, dagli amici chiamato Robo, con cui si sposa nel 1917 e si trasferisce a Los Angeles. Entrambi amano l'arte e la poesia, dipingono tessuti con la tecnica del batik; la loro casa diventa un luogo d'incontro per artisti e intellettuali liberali.
Tina nel 1920 si trova a Hollywood: interpreta The Tiger's Coat, per la regia di Roy Clement e, in seguito, alcune parti secondarie in altri due film, Riding with Death e I can explain. Si tratta di una esperienza deludente, che decide di abbandonare per la natura troppo commerciale di quanto il cinema propone.

In questo periodo incontra Edward Weston, sarà lui a cambiarle per sempre la vita. Tina si appassiona alla tecnica fotografica, posa per l’artista, e intanto osserva, studia e fa suoi gli insegnamenti di Weston, travolto dalla passionalità e dal fascino della giovane donna. Lei ha venticinque anni, lui trentaquattro ed è sposato e ha quattro figli.


(Ritratto di Edward Weston accanto alla sua Graflex, eseguito da Tina nel 1923)

“Edward, colma di tenerezza ripeto il tuo nome, e pronunciarlo, in qualche modo, mi avvicina a te in questa notte in cui mi ritrovo qui, sola, a ricordare. Ieri mi hai letto quel magnifico libro, abbiamo bevuto e fumato e a questa stessa ora ci ha avvolto l’oscurità…ecco, il solo ricordo mi eccita al punto da darmi le vertigini…Dimmi: hai davvero baciato il mio seno, o l’ho sognato? Quanta bellezza, in quei momenti…Il vino, i libri, i quadri, la musica, le candele, gli occhi per guardarli…e poi l’oscurità, e i baci…A volte temo di non poter sopportare un piacere così grande, è qualcosa che mi strugge, e subito scendono le lacrime, e torna la tristezzza…Ma è quella malinconia che assomiglia a una nuova forma di bellezza…Si , ubriacarsi di desiderio, anelare di soddisfarlo, e contemporaneamente temerlo, rimandarlo, questa è forse la forma più sublime dell’amore…"


 


(Città del Messico, Tina posa sulla terrazza di casa – 1924)

Il 9 febbraio 1922 Robo muore di vaiolo durante un viaggio in Messico. Tina arriva in tempo per i funerali e scopre, in questa triste occasione, un paese che a lungo la affascinerà. Alla fine dell'anno scrive un omaggio biografico in ricordo del compagno, che sarà pubblicato nella raccolta di versi e prose The Book of Robo.
A fine luglio 1923 Tina Modotti e Edward Weston si rincontrano e decidono di vivere liberamente la loro storia. Arrivano in Messico, si stabiliscono per due mesi nel sobborgo di Tacubaja e, quindi, nella capitale. Uniti da un forte amore, vivono entro il clima politico e culturale post-rivoluzionario, a contatto con i grandi pittori muralisti David Alfaro Siqueiros, Diego Rivera e Clemente Orozco, che appartengono al Sindacato artisti e sono i fondatori del giornale El Machete, portavoce della nuova cultura e, in seguito, organo ufficiale del Partito Comunista Messicano.

Città del Messico diviene polo di attrazione per le avanguardie di ogni angolo del mondo. L’arte diviene un evento collettivo contro ogni forma di individualismo. Tutto avviene all’aperto, in spazi improvvisati affinché ogni opera resti di proprietà pubblica.
A contatto con la capacità e l'esperienza di Weston, Tina accelera l'apprendimento della fotografia e in breve tempo conquista autonomia espressiva; alla fine del 1924 un'esposizione delle loro opere viene inaugurata nel Palacio de Minerìa alla presenza del Capo dello Stato.
Fra il 1925 e il 1926, in tempi brevi e diversi, tornano a San Francisco, dove Tina incontra la madre ammalata, conosce la fotografa Dorothea Lange, acquista una camera Graflex.
Rientrati in Messico intraprendono un viaggio di tre mesi nelle regioni centrali a raccogliere immagini per il libro di Anita Brenner Idols Behind Altars.
Il legame affettivo tra i due si deteriora, Tina ha bisogno di seguire le proprie ambizioni, s’interessa sempre di più agli aspetti sociali che la circondano, mentre Weston, geloso e individualista, si è sempre più rinchiuso nel suo pessimismo. Tornerà definitivamente in California e i contatti continueranno per alcuni anni in forma epistolare, segno di un legame intimo e ineguagliabile che rimarrà vivo nel tempo.
 
"Voglio scriverti sempre, e tutto, Edward, ma in questo momento mi è difficile. Non riesco a vedere bene, a mettere a fuoco ciò che sta accadendo…Conosci quella poesia di Ezra Pound, che dice: Quello che tu ami rimane, il resto è niente. Quello che tu ami non può esserti strappato, è la tua unica eredità. A chi appartiene il mondo? A me, o a loro, o a nessuno? Tu sei questo per me Edward."

 

 
 
 

 


 

Dopo le prime attenzioni per la natura: rose, calle, canne di bambù, cactus, etc; l'artista sposta l'obiettivo verso forme più dinamiche, quindi utilizza il mezzo fotografico come strumento di indagine e denuncia sociale, e le sue opere, comunque realizzate con equilibrio estetico, assumono di frequente valenza ideologica: esaltazione dei simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto: mani di operai, manifestazioni politiche e sindacali, falce e martello.
Le persone irrompono nella sua fotografia, come nella sua vita. Un oceano di sombreri che confluiscono a una manifestazione. Volti cupi, disillusi, bambini che si tengono stretti in angoli di strade.
La sua Graflex diviene un occhio spietato sulla sofferenza, sulla desolazione; un mezzo comunicativo ed espressivo per urlare con rabbia una rivolta imminente.
Sue fotografie vengono pubblicate nelle riviste internazionali. "Creative Art" negli Stati Uniti, "Agfa Paper" di Praga, da "Varietès" di Bruxelles.
Tina vive con la fotografia ed esegue molti ritratti, si unisce al pittore e militante Xavier Guerrero (che ben presto andrà a Mosca alla scuola Lenin), aderisce al Partito Comunista, lavora per il movimento sandinista nel Comitato "Manos fuera de Nicaragua" e partecipa alle manifestazioni in favore di Sacco e Vanzetti durante le quali conosce Vittorio Vidali, rivoluzionario italiano ed esponente del Komintern.


(Falce, cartucciera e chitarra. – 1928)

La fotografia non le da agi e sicurezza economica, ma le permette di vivere e di dedicarsi all'attività politica.
Nel settembre del 1928 diventa la compagna di Julio Antonio Mella, giovane rivoluzionario cubano, con cui Tina vive un amore profondo e al cui fianco intensifica il lavoro di fotografa impegnata e di militante politica. "Tinissima" la chiama Mella.
Il loro legame dura pochi mesi, perché la sera del 10 gennaio 1929 Mella viene ucciso dai sicari del dittatore di Cuba Gerardo Machado proprio mentre sta rincasando con Tina, che rimane indignata e scossa da questo dramma e deve inoltre subire una campagna scandalistica con cui le forze reazionarie tentano di coprire mandanti ed esecutori del delitto politico. Partecipa alle manifestazioni in ricordo di Mella e, in segno di protesta, rifiuta l'incarico di fotografa ufficiale del Museo nazionale messicano. Si dedica alla militanza e al lavoro fotografico, realizzando un significativo reportage nella regione di Tehuantepec.
 

All'Università Autonoma di Città del Messico il 3 dicembre si inaugura una rassegna delle sue opere, che si trasforma in atto rivoluzionario per il contenuto e la qualità delle fotografie e per l'infuocata presentazione tenuta dal pittore Siqueiros dal titolo: La prima mostra della fotografia rivoluzionaria in Messico", durante la quale dice: "Una forma d'arte che riflette e conserva ciò che vede, e ci offre, grazie alla purezza della sua espressione, la sorpresa di poter fissare ciò che finora l'osservatore soltanto vedeva…".
A quanti la vorrebbero legata a una ricerca puramente estetica, Tina scrive un'introduzione che può essere intesa come il suo manifesto sulla concezione della fotografia.

" Ogni volta che usano le parole ARTE o ARTISTA in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro.[…]La fotografia, proiettata solo sul presente e fondandosi su quanto esiste oggettivamente di fronte alla macchina, si afferma come il mezzo più incisivo per registrare la vita reale in ogni sua manifestazione. Da qui il valore documentario, e se a ciò si aggiunge la sensibilità e l'accettazione dell'agomento trattato, ma sopratutto una chiara idea del posto occupato nell'evolversi della storia, ritengo che il risultato sia degno di un proprio ruolo nella rivoluzione sociale".

 La rivista Mexican Folkways pubblica il manifesto "Sobre la fotografia" firmato da Tina Modotti. La mostra ottiene un grande successo, e i giornali che avevano dipinto Tina come una figura ambigua e indecorosa, ne esaltano la grande sensibilità artistica.
 
Nel frattempo il clima politico é molto cambiato, le organizzazioni comuniste vengono messe fuori legge: il 5 febbraio 1930 Tina è ingiustamente accusata di aver partecipato a un attentato contro il nuovo capo dello Stato, Pasqual Ortiz Rubio, arrestata ed espulsa dal Messico. S’imbarca sul piroscafo olandese Edam, compie il viaggio fino a Rotterdam assieme a Vittorio Vidali e raggiunge Berlino, dove conosce Bohumìr Smeral, fondatore del Partito comunista di Cecoslovacchia, lo scrittore Egon Erwin Kisch e la fotografa Lotte Jacobi nel cui studio espone le opere che aveva portato con sé dal Messico.
In una lettera a Weston del 25 febbraio dice: "Sono certa che, per quanti sforzi tu possa fare, ti sarà piuttosto difficile vedermi come una terrorista, o addirittura a capo di un'organizzazione segreta di bombaroli […]. Caro Edward, nelle traversie di questo ultimo mese, mi è tornata spesso in mente quella frase di Nietzsche che una volta mi hai citato: "Tutto ciò che non mi uccide mi fortifica".

Tenta di riprendere l'attività fotografica, viene a contatto con le grandi novità dell'informazione giornalistica, specialmente con la stampa popolare di Willy Münzerberg: quotidiani e periodici come il prestigioso "Arbeiter – Illustrierte – Zeitung" che pubblica fotografie di Tina in diverse occasioni.
Le difficoltà non mancano: la fotografa deve adattarsi alla Leica 35, rinunciando alla Graflex. Entra a far parte della Unionfoto GmbH, associazione di fotografi professionisti che le rilascia credenziali da reporter.
le sue foto paiono libere dal clima cupo del Messico, sembrano respirare nuova freschezza. A tal proposito Kisch scriverà: "Il suo segreto è riuscire a rendere una visione della realtà attraverso l'immagine che lei ha del mondo. Ciò significa che gli occhi tristi di un bambino riesce a renderli più belli dello sguardo di una reginetta. E i paesaggi industriali, i mezzi di produzione, le mani, le chitarre… appaiono più affascinanti delle verdi strade svizzere. Ma gli uomini del suo mondo non sono felici. Perchè? . E’ questa la domanda che sorge dalle sue fotografie”.
 

 

(Pali del telegrafo. – 1924)


(Madre e figlio. – 1929)

In ottobre decide di partire per Mosca, dove la attende Vidali. Lascia Berlino e forse per sempre la fotografia. In questo periodo si interrompe anche la corrispondenza con Weston. Smette di scrivere parole, come smette di scattare fotografie. Le sue paure e i suoi racconti più intimi lasciano il passo ad un periodo travolgente e deleterio.

Nella capitale sovietica allestisce la sua ultima esposizione, lavora come traduttrice e lettrice della stampa estera, scrive opuscoli politici, ottiene la cittadinanza e diventa membro del partito; abbandona la fotografia per dedicarsi alla militanza nel Soccorso Rosso Internazionale. Fino al 1935 vive fra Mosca, Varsavia, Vienna, Madrid e Parigi, per attività di soccorso ai perseguitati politici.
Nel luglio del 1936, quando scoppia la guerra civile spagnola, assume il nome di Maria e si trova a Madrid assieme a Vittorio Vidali, suo compagno da anni, che diventa Carlos J. Contreras, Comandate del Quinto Reggimento.
Durante tre anni di guerra, lavora negli ospedali e nei collegamenti, stringendo amicizia con altre combattenti come Maria Luisa Laffita, Flor Cernuda, Fanny Edelman, Maria Luisa Carnelli; si dedica ad attività di politica e cultura: scrive sull'organo del Soccorso Rosso Ayuda, nel 1937 a Valencia fa parte dell'organizzazione del Congresso internazionale degli intellettuali contro il fascismo e, assieme a Carlos, promuove la pubblicazione di Viento del Pueblo, poesia en la guerra con le opere del poeta Miguel Hernandez. Ha occasione di conoscere Robert Capa e Gerda Taro, Hemingway, Antonio Machado, Dolores Ibarruri, Rafael Alberti, Malraux, Norman Bethune e tanti altri della Brigate internazionali.Nel 1938 è tra gli organizzatori del Congreso Nacional de la Solidariedad che si tiene a Madrid.
Durante la ritirata, con la Spagna nel cuore, aiuta i profughi che si avviano alla frontiera e si trova in pericolo sotto i bombardamenti. Arriva a Parigi con Vidali. Nonostante sia ricercata dalla polizia fascista, chiede alla sua organizzazione il permesso di trasferirsi in Italia per svolgere attività clandestina, ma le viene negato per la pericolosità della situazione politica.
Maria e Carlos, come tanti altri esuli, rientrano in Messico, dove il nuovo presidente Lazaro Cardenas annulla la precedente espulsione. Conducono un'esistenza difficile e Tina vive facendo traduzioni, si dedica al soccorso dei reduci, lavora nell'"Alleanza internazionale Giuseppe Garibaldi" e frequenta pochi amici, fra cui Anna Seghers e Constancia de La Mora.
Nella notte del 5 gennaio 1942, dopo una cena con amici in casa dell'architetto Hannes Mayer, Tina Modotti muore, colpita da infarto, dentro un taxi che la sta riportando a casa. Come già era accaduto dopo l'assassinio di Julio Antonio Mella, la stampa reazionaria e scandalistica cerca di trasformare la morte di Tina in un delitto politico e attribuisce responsabilità a Vittorio Vidali.
 
Pablo Neruda, indignato per queste polemiche, scrive una forte poesia.
I primi versi sono scolpiti sulla tomba di Tina che si trova al Pantheon de Dolores di Città del Messico.
 

Tina Modotti, sorella, non dormi, no , non dormi:
forse il tuo cuore sente crescere la rosa
di ieri, l'ultima rosa di ieri, la rosa nuova.
Riposa dolcemente, sorella.
 
I tanti volti di Tina si perdono nei lineamenti fascinosi del suo viso, negli occhi scuri di chi consapevolmente detiene un sapere arcaico di mistica bellezza e sensibilità. I dubbi e le pretese verso se stessa, nel raccontare un mondo veritiero, finiscono con il travolgerla, con il nobile intento di chi non vuole solo ritrarre il mondo, ma vuole rivoluzionarlo, cambiarlo. Il mondo però si sa, non cambia spesso e per farlo bisogna essere in prima linea. Tina era là, senza sacrificarsi mai. In prima linea a combattere, in prima linea ad amare, in prima linea a vivere sino in fondo: assetata di emozioni, visioni, parole, ideali.
 
La fotografia per lei fu un mezzo di consapevolezza e scoperta. In primis di se stessa, della sua seducente bellezza, della sua fisicità e delle sue potenzialità. Successivamente le servì per guardare il mondo, per volgere lo sguardo sulle dinamiche sociali, su realtà circostanti… e poi non fu più abbastanza… ma forse fu l'unico risvolto della sua vita che la appagò realmente, con cui riuscì a esprimersi, a comunicare quell'inequivocabile profondità d'animo che l'ha accompagnata per tutta la sua esistenza. Tina: molteplici ruoli, una donna, una fotografa.


 (Autoritratto)

Riferimenti:
www.letteraturaalfemminile.it
http://www.cultframe.com/
www.comitatotinamodotti.it/
http://www.modotti.com/

Video:http://www.raiscuola.rai.it/articoli/tina-modotti-fotografa-e-rivoluzionaria/4629/default.aspx

Bibliografia:
"Vita, arte e rivoluzione. Lettere a Edward Weston (1922-1931)" di Tina Modotti e V. Agostinis –  Abscondita Ediore.
"Tina". di Pino Cacucci. La Feltrinelli editore.
"Tina Modotti: lampi sul Messico". Abscondita Editore.

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2 Commenti

  1. giovanni_luppi

    Ciao Eleonora, volevo
    Ciao Eleonora, volevo esprimerti i miei complimenti per questo tuo bellissimo contributo ( in parole ed immagini) sulla figura di una stupefacente donna del secolo scorso, ammaliante ed intelligentissima, sensualità femminile unita all’arte ed alla poesia. Io personalmente ne avevo sentito parlare in modo sfuggevole, anche se avevo colto un grande fascino in alcune sue fotografie. Ora son ben lieto di saperne di più e di approfondirne in futuro il ‘ mito ‘. Inoltre questo tuo ultimo articolo mi ha dato modo di rileggere con interesse gli altri che fanno parte di questa tua recente rubrica su Pol. Grazie e buon proseguio. Giovanni L.

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    • degaetani

      Caro Giovanni…mi scuso per
      Caro Giovanni…mi scuso per aver letto, solo ora, il suo commento! Voglio ringraziarla per la sua considerazione, nella speranza che i testi a seguire, contenuti nella rubrica “Disordine immaginario”, siano stati di suo interesse….Grazie!

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