Ricorrenze
E così, anche questo 2017 è ormai agli sgoccioli. E dobbiamo rassegnarci a cominciare a trarne un bilancio, come abbiamo fatto per il 2015 e il 2016[i], certo così alla buona e da un vertice d’osservazione molto personale. Lo farò a partire dalle ricorrenze che sono state celebrate e mi sono parse rilevanti per questa rubrica, e dagli eventi più salienti dell’anno. Poi, proseguiremo con un ricordo di chi ci ha lasciato, e infine volgeremo uno sguardo sulla vita dei servizi e le pubblicazioni che ho incontrato. Ma cominciamo con le ricorrenze, che non sono poche. Nel 2017 abbiamo celebrato, a partire dalla Conferenza di Roma sul Comunismo di Gennaio che ha da poco pubblicato le sue 11 tesi, i 100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre. E' stata anche la volta dei 50 anni dalla morte di Che Guevara, e sono proseguiti i ricordi della Grande guerra con i 100 anni da Caporetto. Di queste tre ricorrenze questa rubrica si è occupata[ii]. Sono stati celebrati i 500 anni dell’esposizione delle 95 tesi, un gesto con il quale Martin Lutero (1483-1546) dava inizio alla Riforma, un’occasione nella quale si è affermato che gli uomini sono sì iberi e uguali nella lettura delle Sacre Scritture; ma guai a pensare, e lo hanno fatto i contadini pagando un prezzo elevato, che potessero essere uguali anche negli aspetti materiali della vita. No, lì riforma o non riforma ognuno doveva stare al suo posto.
Sono trascorsi 200 anni dalla pubblicazione, ad opera della scrittrice diciannovenne Mary Shelley (1797-1851), del romanzo Frankenstein ossia il moderno Prometeo; rappresenta un’intuizione di quanto il rapporto tra l’uomo e i suoi prodotti avrebbe potuto rivelarsi problematico. L’11 settembre sono trascorsi 150 anni dalla pubblicazione del Libro I de Il capitale di Karl Marx, che si è sforzato di immaginare, oltre la barbarie del capitalismo, una società più umana e più giusta. 100 anni fa, il 2 novembre 1917, il ministro degli esteri inglese Arthur Balfour esprimeva con una dichiarazione scritta a Lord Rothschild, rappresentante della federazione sionista, il favore inglese alla creazione di un “focolare nazionale” sionista in Palestina[iii]. Dopo la guerra la Gran Bretagna ebbe il mandato della Società delle nazioni su quella terra e i primi focolai sionisti cominciarono a emigrarvi sotto la sua protezione, e a sgomitare per farsi posto tra gli abitanti palestinesi. 70 anni fa, dopo un’altra guerra e un’altra pace, i grandi della terra hanno deciso di risarcire il popolo ebraico dell’ingiustizia commessa ai suoi danni dai tedeschi – un’ingiustizia così grande che per essa non c’è risarcimento – concedendo al movimento sionista metà della terra dei palestinesi. La logica sfugge, ma così è stato. Per il popolo palestinese ebbe così inizio così la Naqba, la catastrofe[iv]. 50 anni fa, la Guerra dei sei giorni consentiva a Israele di occupare militarmente anche la parte araba della Palestina, procedendo poi di anno in anno, di mese in mese, di giorno in giorno ad annetterla metro per metro contro il diritto internazionale con insediamenti coloniali, barriere, reticolati. Anche la parte araba di al Qud’s (Gerusalemme) era occupata da Israele. E oggi, a 100, 70 e 50 anni da questi tre eventi catastrofici per i suoi abitanti, in Palestina continua a consumarsi nella sorda indifferenza del mondo una delle più lunghe ed eclatanti ingiustizie della modernità. E gli USA di Trump hanno scelto proprio questo triplice anniversario per aggiungere umiliazione a umiliazione, ingiustizia a ingiustizia, disperazione a disperazione, riconoscendo come un dato di fatto il possesso di Israele su al Qud’s-Gerusalemme[v]. E’ facile immaginare come mi sentirei se fossi un palestinese: e la reazione è già costata 8 morti e centinaia di feriti nei giorni successivi. Ma queste vittime sono palestinesi, e non si contano. Non contano[vi]. Per i palestinesi è difficile fare valere i propri diritti: sono poveri, soli ed è maledettamente difficile, qualcuno ha detto giustamente, essere vittime delle Vittime. Da parte delle Vittime il mondo è disposto a perdonare tutto; ed è ancora più facile perdonare per chi non è egli stesso vittima delle Vittime. Non c’è giustizia alla quale la Palestina possa fare appello. E l’inarrestabile politica annessionista complica la situazione con il dissennato avallo del mondo, allontanando quella che si delinea come l’unica soluzione ragionevole. Quella per cui, in una situazione nella quale i palestinesi hanno diritto a rimanere e a ritornare, e gli israeliani hanno ormai il diritto a non andarsene, parafrasando Frantz Fanon: il negro non è; non più del bianco. L’arabo non è; non più dell’ebreo. Il migrante non è; non più dell’europeo. Ciascuno di costoro reciprocamente legato all’altro da molte più somiglianze, come direbbe l’antropologo Francesco Remotti[vii], di quante differenze, dall’altro, non lo separino. E ogg, le parole del più grande poeta che la Palestina dell’oppressione e dell’esilio abbia espresso, Mahmoud Darwish (1941-2008), danno voce allo sgomento, la tristezza, il sentimento d’impotenza, la giusta protesta destinata a cadere nel vuoto del suo popolo:
Prendi nota: sono un arabo
avete rubato la vigna dei miei nonni,
la terra che coltivavo
assieme ai miei figli.
A noi, ai nostri nipoti
il nulla avete lasciato.
Solo queste rocce rimangono,
ma è vero quanto si mormora?
Il vostro Stato prenderà anch’esse…[viii].
Riprenderemo questo discorso tra breve. Ma proseguendo con le ricorrenze, cominciamo da quelle che hanno riguardato nascite e morti significative per questa rubrica. Il 28 giugno sono trascorsi 150 anni dalla nascita di Luigi Pirandello; ho visto qualche giorno fa a teatro i Sei personaggi in cerca d’autore interpretati tra gli altri da Eros Pagni e ho pensato che davvero non è possibile, oggi, ragionare della condizione dell’uomo nella vita e della sua mente senza fare riferimento allo scrittore siciliano. Il 17 marzo ne sono trascorsi 100 dalla nascita dello scrittore Carlo Cassola; il 4 ottobre 100 anni dalla nascita e il 5 febbraio 50 dalla morte della cantautrice cilena Violeta Parra, alla quale rendiamo omaggio con il video allegato. Le cose che hanno rispettivamente scritto e cantato ci hanno tenuto spesso compagnia, e aiutato a riflettere. Il 27 aprile sono trascorsi 80 anni dalla morte di Antonio Gramsci; era nato ad Ales, presso Nuoro, il 22 gennaio 1891 e lo ricordiamo qui in particolare per l’importanza che il suo pensiero ebbe nella formazione di Basaglia e la sua battaglia per una psichiatria democratica. Da Gramsci egli aveva imparato, tra altre cose, l’ottimismo della volontà che gli consentì di vincere il manicomio. Il 26 giugno sono trascorsi 50 anni dalla morte di Don Lorenzo Milani. Era nato il 27 maggio 1923 a Firenze e sono tre le cose che mi piace ricordare del suo apostolato così intriso di responsabilità sociale e impegno politico: amare i poveri (amava i fratelli più che Dio stesso, ebbe a scrivere, e da prete ne era turbato); non rassegnarsi alle ingiustizie, e prendersele a cuore; disobbedire. Già, perché su una parete della sua scuola stava scritto “I care”, mi sta a cuore, perché lo considerava il contrario esatto del motto fascista “me ne frego”. Ricordo che da ragazzo lo avevo scritto su un mobile della mia stanza. Perché a lui dobbiamo la scoperta che “l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”[ix]. E’ una rivoluzione copernicana che ha fatto girare le budella dalla rabbia a un’infinità di padri e insegnanti autoritari, generali, magistrati, vescovi e benpensanti in generale. Che ha restituito l’orgoglio e il tormento della libertà a milioni di uomini e di donne.
Sono trascorsi, poi, 50 anni anche dalla morte di Camillo Sbarbaro; era nato a S. Margherita ligure e con i suoi versi ci ha aiutato a riflettere sulla nostra condizione di uomini. Ne sono trascorsi 40 dalla morte il 6 dicembre 1977 di Raoul Follerau. Ha combattuto la lebbra intesa in senso medico, ma insieme anche le lebbre dell’egoismo, dell’ingiustizia, dell’indifferenza verso gli altri che sono molto più diffuse e contagiose. Ebbe una forte influenza su di me intorno ai 13-14 anni, mentre mi avvicinavo alla politica attraverso l’impegno nel sociale. E sono passati 20 anni dalla morte il 12 ottobre 1997 di mons. Luigi di Liegro, interprete di un cristianesimo del fare e fondatore della Caritas di Roma. Incontriamo, da operatori sociali, l’organizzazione da lui voluta sempre in prima linea quando si tratta di essere operatori di giustizia, e soccorrere il povero e lo straniero bisognosi di aiuto.
Poi, ancora, gli anniversari di scritti importanti per la nostra storia. Sono trascorsi infatti 50 anni dalla pubblicazione di due tra gli scritti fondamentali di Basaglia. Il primo è un saggio che amo particolarmente, anche perché è nato a Genova, ed è Corpo e istituzione. Il secondo una monografia scritta insieme agli altri membri dell’équipe di Gorizia, Che cos’è la psichiatria? Sull’uno e sull’altra ci siamo soffermati in questa rubrica[x]. Ne sono trascorsi 20, invece, di anni dalla pubblicazione di uno degli album musicali che amo maggiormente, un album triste, visionario, ribelle: Disoccupate le strade dai sogni del cantautore Claudio Lolli. Lo ricordo, anche perché quest’anno Lolli ha pubblicato un nuovo album: Il grande freddo. E’ una sensazione che proviamo in tanti, questa, per come sta andando il mondo. Se può consolare, però, almeno lui in questi quarant’anni non si è lasciato cambiare. Era Claudio Lolli; è ancora Claudio Lolli.
Eventi
Se l’Italia e l’Unione europea saranno ricordate per qualcosa in questo 2017, credo che sarà per il Decreto Minniti con il quale hanno pensato di tamponare la questione migratoria chiudendo, dopo i Balcani e Gibilterra, anche la porta centrale, la più pericolosa da attraversare, col mettere migliaia di disgraziati in mano alle bande criminali alle quali sei anni fa l’Occidente ha regalato la Libia. Non però che con questo si sia cessato di annegare. Si è continuato, e un comunicato della guardia costiera libica in occasione di uno degli ultimi naufragi riferiva di corpi di migranti recuperati dopo essere stati smembrati dagli squali. E non so, se si riferisse con ciò agli squali che stanno in acqua o a quelli sulla terraferma, sul lato nord del Mediterraneo. Che siamo noi. Ma, certo, per approdare di migranti ne sono approdati meno: bel risultato! Di che fine abbiano fatto gli altri hanno dato sporadiche notizie i rapporti della CNN o di Amnesty International, e non sono belle notizie. Sono le notizie della nostra vergogna, eppure non sembrano intaccare la pervicace determinazione dell’Europa a respingere la povertà là da dove proviene. Qualunque sia il costo umano di questa operazione. Io mi ritorno a chiedere come i posteri giudicheranno queste nostre scelte di oggi; e credo dovremmo preoccuparcene[xi]. La fase del terrorismo internazionale dominata dall’IS pare debellata, al prezzo di un’immensa strage di uomini, donne, bambini; e a questo fenomeno la Rassegna Italiana di Criminologia dedicherà, per gli aspetti di suo interesse, il prossimo numero, che è in uscita. Ma il mondo non accenna lo stesso a trovar pace e l’attualità è la sanguinosa e insensata cronaca di tutti i giorni: sono il rimpallarsi di minacce dissennate di guerra nucleare tra nord Corea e USA, gli 800 milioni di affamati stimati dalla FAO, la persecuzione dei rohingya in Myanmar ecc. Agli sviluppi negativi recenti della questione palestinese, poi, abbiamo accennato. Alla decisione degli USA di trasferire l’ambasciata Netanyahu ha reagito definendola ovvia, perché “da 2000 anni Gerusalemme è la capitale di Israele”. Qualunque studente interrogato di storia facesse quest’affermazione, riceverebbe un voto pessimo. Tutti sanno che in questi 2000 anni al-Quds-Gerusalemme è stata di tutti: romani, bizantini, arabi, crociati, ottomani, inglesi. Forse è stata una delle città al mondo ad essere passata per più mani. Di ciascuno di coloro che l’hanno amata, desiderata, abitata, vissuta, posseduta, sofferta i suoi muri e le strade portano le tracce. Tutti sanno che la sua popolazione è araba per almeno la metà, nonostante la sofisticata manipolazione demografica e urbanistica della quale è fatta oggetto. E’ un’affermazione, questa di Netanyahu, di quelle che potrebbero mettere in imbarazzo lo psichiatra, perché ha tutte le caratteristiche formali del delirio: assurdità di contenuto, assoluto convincimento soggettivo, inaccessibilità alla critica di tutto il resto del mondo tranne Trump; c’è persino quel senso di rivelazione che, per alcuni psicopatologi, del delirio sarebbe la quintessenza. Eppure, non è un delirio. E’ quello che accade al pensiero quando la logica della forza ha la meglio sulla forza della logica. Come nella favola del lupo e dell’agnello. Ma non ha fatto caso alla cupola della Moschea di Omar, Netanyahu? Ha forse problemi di vista? Non ha ricevuto una bella eredità dal 2016, questo 2017, e lo prevedevamo un anno fa; ne lascia una peggiore al 2018, mi pare. E sono in molti, credo, a fare fatica davvero a dire, in questa situazione: Gracias a la vida! E tant’è, possiamo provarci, credo, riascoltando come in un dono postumo di compleanno questa voce cara, questa vecchia canzone….
In allegato il video della canzone Gracias a la vida di Violeta Parra, della quale è ricorso quest’anno il centenario della nascita.
Il bilancio 2017 proseguirà con la parte II, dedicata a servizi e recensioni: vai al link; e con la parte II, dedicata a quanti ci hanno lasciato nel corso dell'anno, a partire da Franco Giberti e salomon Resnik: vai al link.
E così, anche questo 2017 è ormai agli sgoccioli. E dobbiamo rassegnarci a cominciare a trarne un bilancio, come abbiamo fatto per il 2015 e il 2016[i], certo così alla buona e da un vertice d’osservazione molto personale. Lo farò a partire dalle ricorrenze che sono state celebrate e mi sono parse rilevanti per questa rubrica, e dagli eventi più salienti dell’anno. Poi, proseguiremo con un ricordo di chi ci ha lasciato, e infine volgeremo uno sguardo sulla vita dei servizi e le pubblicazioni che ho incontrato. Ma cominciamo con le ricorrenze, che non sono poche. Nel 2017 abbiamo celebrato, a partire dalla Conferenza di Roma sul Comunismo di Gennaio che ha da poco pubblicato le sue 11 tesi, i 100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre. E' stata anche la volta dei 50 anni dalla morte di Che Guevara, e sono proseguiti i ricordi della Grande guerra con i 100 anni da Caporetto. Di queste tre ricorrenze questa rubrica si è occupata[ii]. Sono stati celebrati i 500 anni dell’esposizione delle 95 tesi, un gesto con il quale Martin Lutero (1483-1546) dava inizio alla Riforma, un’occasione nella quale si è affermato che gli uomini sono sì iberi e uguali nella lettura delle Sacre Scritture; ma guai a pensare, e lo hanno fatto i contadini pagando un prezzo elevato, che potessero essere uguali anche negli aspetti materiali della vita. No, lì riforma o non riforma ognuno doveva stare al suo posto.
Sono trascorsi 200 anni dalla pubblicazione, ad opera della scrittrice diciannovenne Mary Shelley (1797-1851), del romanzo Frankenstein ossia il moderno Prometeo; rappresenta un’intuizione di quanto il rapporto tra l’uomo e i suoi prodotti avrebbe potuto rivelarsi problematico. L’11 settembre sono trascorsi 150 anni dalla pubblicazione del Libro I de Il capitale di Karl Marx, che si è sforzato di immaginare, oltre la barbarie del capitalismo, una società più umana e più giusta. 100 anni fa, il 2 novembre 1917, il ministro degli esteri inglese Arthur Balfour esprimeva con una dichiarazione scritta a Lord Rothschild, rappresentante della federazione sionista, il favore inglese alla creazione di un “focolare nazionale” sionista in Palestina[iii]. Dopo la guerra la Gran Bretagna ebbe il mandato della Società delle nazioni su quella terra e i primi focolai sionisti cominciarono a emigrarvi sotto la sua protezione, e a sgomitare per farsi posto tra gli abitanti palestinesi. 70 anni fa, dopo un’altra guerra e un’altra pace, i grandi della terra hanno deciso di risarcire il popolo ebraico dell’ingiustizia commessa ai suoi danni dai tedeschi – un’ingiustizia così grande che per essa non c’è risarcimento – concedendo al movimento sionista metà della terra dei palestinesi. La logica sfugge, ma così è stato. Per il popolo palestinese ebbe così inizio così la Naqba, la catastrofe[iv]. 50 anni fa, la Guerra dei sei giorni consentiva a Israele di occupare militarmente anche la parte araba della Palestina, procedendo poi di anno in anno, di mese in mese, di giorno in giorno ad annetterla metro per metro contro il diritto internazionale con insediamenti coloniali, barriere, reticolati. Anche la parte araba di al Qud’s (Gerusalemme) era occupata da Israele. E oggi, a 100, 70 e 50 anni da questi tre eventi catastrofici per i suoi abitanti, in Palestina continua a consumarsi nella sorda indifferenza del mondo una delle più lunghe ed eclatanti ingiustizie della modernità. E gli USA di Trump hanno scelto proprio questo triplice anniversario per aggiungere umiliazione a umiliazione, ingiustizia a ingiustizia, disperazione a disperazione, riconoscendo come un dato di fatto il possesso di Israele su al Qud’s-Gerusalemme[v]. E’ facile immaginare come mi sentirei se fossi un palestinese: e la reazione è già costata 8 morti e centinaia di feriti nei giorni successivi. Ma queste vittime sono palestinesi, e non si contano. Non contano[vi]. Per i palestinesi è difficile fare valere i propri diritti: sono poveri, soli ed è maledettamente difficile, qualcuno ha detto giustamente, essere vittime delle Vittime. Da parte delle Vittime il mondo è disposto a perdonare tutto; ed è ancora più facile perdonare per chi non è egli stesso vittima delle Vittime. Non c’è giustizia alla quale la Palestina possa fare appello. E l’inarrestabile politica annessionista complica la situazione con il dissennato avallo del mondo, allontanando quella che si delinea come l’unica soluzione ragionevole. Quella per cui, in una situazione nella quale i palestinesi hanno diritto a rimanere e a ritornare, e gli israeliani hanno ormai il diritto a non andarsene, parafrasando Frantz Fanon: il negro non è; non più del bianco. L’arabo non è; non più dell’ebreo. Il migrante non è; non più dell’europeo. Ciascuno di costoro reciprocamente legato all’altro da molte più somiglianze, come direbbe l’antropologo Francesco Remotti[vii], di quante differenze, dall’altro, non lo separino. E ogg, le parole del più grande poeta che la Palestina dell’oppressione e dell’esilio abbia espresso, Mahmoud Darwish (1941-2008), danno voce allo sgomento, la tristezza, il sentimento d’impotenza, la giusta protesta destinata a cadere nel vuoto del suo popolo:
Prendi nota: sono un arabo
avete rubato la vigna dei miei nonni,
la terra che coltivavo
assieme ai miei figli.
A noi, ai nostri nipoti
il nulla avete lasciato.
Solo queste rocce rimangono,
ma è vero quanto si mormora?
Il vostro Stato prenderà anch’esse…[viii].
Riprenderemo questo discorso tra breve. Ma proseguendo con le ricorrenze, cominciamo da quelle che hanno riguardato nascite e morti significative per questa rubrica. Il 28 giugno sono trascorsi 150 anni dalla nascita di Luigi Pirandello; ho visto qualche giorno fa a teatro i Sei personaggi in cerca d’autore interpretati tra gli altri da Eros Pagni e ho pensato che davvero non è possibile, oggi, ragionare della condizione dell’uomo nella vita e della sua mente senza fare riferimento allo scrittore siciliano. Il 17 marzo ne sono trascorsi 100 dalla nascita dello scrittore Carlo Cassola; il 4 ottobre 100 anni dalla nascita e il 5 febbraio 50 dalla morte della cantautrice cilena Violeta Parra, alla quale rendiamo omaggio con il video allegato. Le cose che hanno rispettivamente scritto e cantato ci hanno tenuto spesso compagnia, e aiutato a riflettere. Il 27 aprile sono trascorsi 80 anni dalla morte di Antonio Gramsci; era nato ad Ales, presso Nuoro, il 22 gennaio 1891 e lo ricordiamo qui in particolare per l’importanza che il suo pensiero ebbe nella formazione di Basaglia e la sua battaglia per una psichiatria democratica. Da Gramsci egli aveva imparato, tra altre cose, l’ottimismo della volontà che gli consentì di vincere il manicomio. Il 26 giugno sono trascorsi 50 anni dalla morte di Don Lorenzo Milani. Era nato il 27 maggio 1923 a Firenze e sono tre le cose che mi piace ricordare del suo apostolato così intriso di responsabilità sociale e impegno politico: amare i poveri (amava i fratelli più che Dio stesso, ebbe a scrivere, e da prete ne era turbato); non rassegnarsi alle ingiustizie, e prendersele a cuore; disobbedire. Già, perché su una parete della sua scuola stava scritto “I care”, mi sta a cuore, perché lo considerava il contrario esatto del motto fascista “me ne frego”. Ricordo che da ragazzo lo avevo scritto su un mobile della mia stanza. Perché a lui dobbiamo la scoperta che “l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”[ix]. E’ una rivoluzione copernicana che ha fatto girare le budella dalla rabbia a un’infinità di padri e insegnanti autoritari, generali, magistrati, vescovi e benpensanti in generale. Che ha restituito l’orgoglio e il tormento della libertà a milioni di uomini e di donne.
Sono trascorsi, poi, 50 anni anche dalla morte di Camillo Sbarbaro; era nato a S. Margherita ligure e con i suoi versi ci ha aiutato a riflettere sulla nostra condizione di uomini. Ne sono trascorsi 40 dalla morte il 6 dicembre 1977 di Raoul Follerau. Ha combattuto la lebbra intesa in senso medico, ma insieme anche le lebbre dell’egoismo, dell’ingiustizia, dell’indifferenza verso gli altri che sono molto più diffuse e contagiose. Ebbe una forte influenza su di me intorno ai 13-14 anni, mentre mi avvicinavo alla politica attraverso l’impegno nel sociale. E sono passati 20 anni dalla morte il 12 ottobre 1997 di mons. Luigi di Liegro, interprete di un cristianesimo del fare e fondatore della Caritas di Roma. Incontriamo, da operatori sociali, l’organizzazione da lui voluta sempre in prima linea quando si tratta di essere operatori di giustizia, e soccorrere il povero e lo straniero bisognosi di aiuto.
Poi, ancora, gli anniversari di scritti importanti per la nostra storia. Sono trascorsi infatti 50 anni dalla pubblicazione di due tra gli scritti fondamentali di Basaglia. Il primo è un saggio che amo particolarmente, anche perché è nato a Genova, ed è Corpo e istituzione. Il secondo una monografia scritta insieme agli altri membri dell’équipe di Gorizia, Che cos’è la psichiatria? Sull’uno e sull’altra ci siamo soffermati in questa rubrica[x]. Ne sono trascorsi 20, invece, di anni dalla pubblicazione di uno degli album musicali che amo maggiormente, un album triste, visionario, ribelle: Disoccupate le strade dai sogni del cantautore Claudio Lolli. Lo ricordo, anche perché quest’anno Lolli ha pubblicato un nuovo album: Il grande freddo. E’ una sensazione che proviamo in tanti, questa, per come sta andando il mondo. Se può consolare, però, almeno lui in questi quarant’anni non si è lasciato cambiare. Era Claudio Lolli; è ancora Claudio Lolli.
Eventi
Se l’Italia e l’Unione europea saranno ricordate per qualcosa in questo 2017, credo che sarà per il Decreto Minniti con il quale hanno pensato di tamponare la questione migratoria chiudendo, dopo i Balcani e Gibilterra, anche la porta centrale, la più pericolosa da attraversare, col mettere migliaia di disgraziati in mano alle bande criminali alle quali sei anni fa l’Occidente ha regalato la Libia. Non però che con questo si sia cessato di annegare. Si è continuato, e un comunicato della guardia costiera libica in occasione di uno degli ultimi naufragi riferiva di corpi di migranti recuperati dopo essere stati smembrati dagli squali. E non so, se si riferisse con ciò agli squali che stanno in acqua o a quelli sulla terraferma, sul lato nord del Mediterraneo. Che siamo noi. Ma, certo, per approdare di migranti ne sono approdati meno: bel risultato! Di che fine abbiano fatto gli altri hanno dato sporadiche notizie i rapporti della CNN o di Amnesty International, e non sono belle notizie. Sono le notizie della nostra vergogna, eppure non sembrano intaccare la pervicace determinazione dell’Europa a respingere la povertà là da dove proviene. Qualunque sia il costo umano di questa operazione. Io mi ritorno a chiedere come i posteri giudicheranno queste nostre scelte di oggi; e credo dovremmo preoccuparcene[xi]. La fase del terrorismo internazionale dominata dall’IS pare debellata, al prezzo di un’immensa strage di uomini, donne, bambini; e a questo fenomeno la Rassegna Italiana di Criminologia dedicherà, per gli aspetti di suo interesse, il prossimo numero, che è in uscita. Ma il mondo non accenna lo stesso a trovar pace e l’attualità è la sanguinosa e insensata cronaca di tutti i giorni: sono il rimpallarsi di minacce dissennate di guerra nucleare tra nord Corea e USA, gli 800 milioni di affamati stimati dalla FAO, la persecuzione dei rohingya in Myanmar ecc. Agli sviluppi negativi recenti della questione palestinese, poi, abbiamo accennato. Alla decisione degli USA di trasferire l’ambasciata Netanyahu ha reagito definendola ovvia, perché “da 2000 anni Gerusalemme è la capitale di Israele”. Qualunque studente interrogato di storia facesse quest’affermazione, riceverebbe un voto pessimo. Tutti sanno che in questi 2000 anni al-Quds-Gerusalemme è stata di tutti: romani, bizantini, arabi, crociati, ottomani, inglesi. Forse è stata una delle città al mondo ad essere passata per più mani. Di ciascuno di coloro che l’hanno amata, desiderata, abitata, vissuta, posseduta, sofferta i suoi muri e le strade portano le tracce. Tutti sanno che la sua popolazione è araba per almeno la metà, nonostante la sofisticata manipolazione demografica e urbanistica della quale è fatta oggetto. E’ un’affermazione, questa di Netanyahu, di quelle che potrebbero mettere in imbarazzo lo psichiatra, perché ha tutte le caratteristiche formali del delirio: assurdità di contenuto, assoluto convincimento soggettivo, inaccessibilità alla critica di tutto il resto del mondo tranne Trump; c’è persino quel senso di rivelazione che, per alcuni psicopatologi, del delirio sarebbe la quintessenza. Eppure, non è un delirio. E’ quello che accade al pensiero quando la logica della forza ha la meglio sulla forza della logica. Come nella favola del lupo e dell’agnello. Ma non ha fatto caso alla cupola della Moschea di Omar, Netanyahu? Ha forse problemi di vista? Non ha ricevuto una bella eredità dal 2016, questo 2017, e lo prevedevamo un anno fa; ne lascia una peggiore al 2018, mi pare. E sono in molti, credo, a fare fatica davvero a dire, in questa situazione: Gracias a la vida! E tant’è, possiamo provarci, credo, riascoltando come in un dono postumo di compleanno questa voce cara, questa vecchia canzone….
In allegato il video della canzone Gracias a la vida di Violeta Parra, della quale è ricorso quest’anno il centenario della nascita.
Il bilancio 2017 proseguirà con la parte II, dedicata a servizi e recensioni: vai al link; e con la parte II, dedicata a quanti ci hanno lasciato nel corso dell'anno, a partire da Franco Giberti e salomon Resnik: vai al link.
[ii] OTTOBRE 1917. SESSO & RIVOLUZIONE (clicca qui per il link); 50 ANNI DALLA MORTE DI GUEVARA (clicca qui per il link); CAPORETTO, MORSELLI E IL DOVERE DEI MEDICI (clicca qui per il link).
[iii] «Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni. Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista. Con sinceri saluti. Arthur James Balfour».
[iv] Ricordo in proposito il testo dello storico israeliano Ilan Pappe, La pulizia etnica della Palestina, Roma, Fazi, 2008.
[v] Sul tema si veda anche su Pol. it: Sarantis Thanopulos: Vittime: Trump e Gerusalemme capitale (clicca qui per il link).
[vi] Sul problema del diverso valore della vita umana tra appartenenti al nord e al sud del mondo per i media occidentali rimando in questa rubrica a: IL VALORE DEL SANGUE (clicca qui per il link).
[vii] F. Remotti, Identità e alterità, o non piuttosto somiglianze e differenze?, in: E. Di Maria (a cura di), Noi e altri. Identità e differenze al confine tra scienze diverse, Genova, De Ferrari, 2017, pp. 89-106. Lo stesso concetto è sostenuto su base genetica nello stesso volume da G. Barbujani, Chi siamo noi, chi sono gli altri: razze e popoli, pp. 27-41.
[viii] Estratto dalla poesia Carta d’identità della raccolta Awràq Az-Zaytùn (Foglie di ulivi) di Mahmoud Darwish, Beirut, Dar al-Awdah, 1964; trad. di Lucy Ladikoff Guasto.
[ix] Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Milano, Mondadori, 1970, Lettera ai giudici del 18 ottobre 1965, p. 248 e 260.
[x] Si vedano in questa rubrica: 50 ANNI DI “CORPO E ISTITUZIONE” (clicca qui per il link); CHE COS’E’ LA PSICHIATRIA? 50 ANNI DOPO (clicca qui per il link).
[xi] Del problema delle migrazioni contemporanee ci si è occupati ripetutamente in questa rubrica: CORPI ECCEDENTI, CORPI VIOLATI. Le donne di Colonia e i (vecchi e nuovi) fantasmi d’Europa. Monologo sull’Europa, gennaio 2016 (clicca qui per il link); TERRA E CONFINI. UNA RECENSIONE, dicembre 2016 (clicca qui per il link); POLITICHE MIGRATORIE. Preoccupazioni dalla svolta estiva, agosto 2017 (clicca qui per il link); “Non sono razzista, ma”. Luigi Manconi a Genova, ottobre 2017 (clicca qui per il link). E per l’aspetto del problema in ambito penitenziario: IL DETENUTO STRANIERO, febbraio 2017 (clicca qui per il link).
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