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TRA 2018 E 2019. Un bilancio

29 Dic 18

A cura di Paolo F. Peloso

Com’è ormai abitudine, per la quarta volta vorrei trarre un bilancio dell’anno che sta volgendo al termine[i]. Ho avuto molti dubbi su quale immagine-simbolo dovesse accompagnarlo: poteva essere quella del ponte Morandi ancora spezzato; quella di una famiglia di migranti costretta a camminare nella tempesta; quella della giovane infermiera palestinese assassinata dai cecchini israeliani sul confine di Gaza; o quella di carri armati turchi in marcia verso il Kurdistan in questi ultimi giorni, dopo l’annuncio del prossimo disimpegno statunitense; o ancora il viso sempre cordiale e aperto alla risata di Paolo Tranchina, appassionato, curioso e generoso compagno del quale la coda di questo 2018 ci ha privato. Invece ho scelto questa immagine, espressione certo di disgusto, ma anche di rivolta costruttiva e di speranza, per auspicare l’uscita da questo annus horribilis, l’anno di Trump, dei suoi soci bin Salman, Netanyahu, Bolsonaro e l’anno, per quel che ci riguarda più da vicino, di Salvini. Un anno nero, in tutti i sensi del termine. Con quest’immagine voglio promuovere un atto di sovversione pacifica: il varo di una nave, sostenuto attraverso il finanziamento dal basso da quel che rimane del popolo – non poi così esiguo parrebbe – della sinistra italiana. Un popolo rimasto privo di rappresentazione partitica efficace ma ancora capace, evidentemente, di sentire con il cuore le ingiustizie, provare sentimenti di rabbia, organizzarsi per raggiungere un obiettivo concreto e raggiungerlo. Certo finanziamenti sono ancora necessari, ma io credo che ancora ne arriveranno. Perché mi pare importante che quando i ministri Salvini e Toninelli aprono orgogliosi le finestre sul gelo dei loro porti chiusi alla sofferenza, al bisogno e al desiderio dell’altro, vedano all’orizzonte una nave, quella di Mediterranea – Saving humans[ii] che affronta le onde per testimoniare di un’Italia diversa, la nostra Italia che vorrebbe aperti i porti e le porte, che è interessata all’incontro con l’altro e si preoccupa del suo destino quando lo sa in pericolo nel mare. Ma procediamo con ordine.        

Ricorrenze. Cominciamo con le nascite. Il 5 maggio sono stati 200 anni dalla nascita di Karl Marx: di lui è possibile leggere tante parole importanti, ma che possono sintetizzarsi in queste: «Da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni». E’ una regola semplice, che illustra quello che dovrebbe essere, per come la intravede senza con ciò tirannicamente prefigurarla, la società comunista, il futuro che quest’uomo generoso augura all’umanità. Eugenio Finardi ne aveva fatto anche il ritornello di una canzone[iii]. Non mi pare difficile comprendere quanto la sua semplice applicazione potrebbe garantire a ciascuno la tranquillità sulla propria sopravvivenza e su una discreta, in oggi, qualità della vita, su quelle dei suoi cari e quelle degli altri, ciò che consentirebbe di consumare quello che ragionevolmente ci spetta sapendo che anche gli altri sono a posto. Il che credo che libererebbe anche coloro che sbraitano più forte in difesa della modalità capitalistica di distribuzione della ricchezza da qualcosa di molesto schiacciato infondo alla coscienza. Ma invece no; proseguiamo in questa disuguaglianza insensata per cui poche centinaia di individui hanno tantissimo, tanto che non potrebbero mai goderne perché poi il tempo che è concesso a ciascuno quello è; molti vivono a livelli discreti ma mai liberi da sentimenti di precarietà e (per chi ne è capace) anche di colpa che li molestano; e i più vivono un inferno nell’impossibilità di sentirsi garantito anche solo l’indispensabile (il nutrimento e le cure sanitarie), quando non vivono sotto la minaccia diretta delle armi costruite nella parte ricca del mondo e vendute ai loro oppressori. Ci sono ancora oggi, a 170 anni dalla pubblicazione da parte di un Marx trentenne assieme a Friedrich Engels del Manifesto dei comunisti, vastissime aree della terra dove le disuguaglianze hanno proporzioni irragionevoli. E mi chiedo come si possa continuare a credere, a fronte di questo, che l’organizzazione capitalistica possa essere, a tutti i livelli, la migliore! Credo insomma che Marx abbia avuto il merito di proporre una lettura il più possibile onesta, scevra di pregiudizi, della storia (economica ma non solo) dell’uomo, e di proporci di guardare oltre quella storia. A me, personalmente, convince ormai da molti anni. Il bicentenario è stato celebrato tra l’altro da un film che mi è piaciuto, Il giovane Karl Marx, realizzato nel 2017 da Raoul Peck e uscito quest’anno nelle sale. Numerose poi le occasioni nelle quali si è ritornati sul suo pensiero; ricordo solo, per l’Italia, il convegno internazionale “200 Marx. Il futuro di Karl”, tenutosi a Roma dal 13 al 15 dicembre (alcuni interventi disponibili come video o testi online). Non sono mancati i libri volti a "far lavorare" Marx nel presente, e segnalo in particolare di Sandro Mezzadra In the Marxian Workshops. Producing Subjects (Londoon, Rowman & Littlefield Int., 2018). Il 10 febbraio sono stati invece 120 anni dalla nascita di Bertolt Brecht, che attraverso la sua arte sul pensiero e gli argomenti dei comunisti ha contribuito molto a fare riflettere. Il 15 febbraio 120 anni dalla nascita di Antonio De Curtis (Totò); tutt’altro personaggio rispetto ai precedenti, ma per rimanere in tema di uguaglianza vorrei ricordare una poesia semplice e geniale, A livella (1964), e per parlare di noi il film Il medico dei pazzi (1954), tratto da una farsa di Eduardo Scarpetta, nel quale è evidente quanto l’originalità possa trasformarsi in sintomo psichiatrico e viceversa, a seconda del contesto nel quale crediamo di osservarla. Quanto, cioè, in psichiatria sia in buona parte il contesto di osservazione a fare il sintomo, e la malattia; è risaputo, sì, però questo è un modo simpatico e immediato di comunicarlo.

Quanto alle morti che vogliamo ricordare, il 4 marzo sono stati 70 anni da quella di Antonin Artaud, figura affascinante e complessa che non possiamo qui che limitarci a rievocare, uno dei maggiori artisti affetti da una malattia mentale che, a tratti, ne sconvolgeva il pensiero[iv]. Il 4 aprile sono stati 50 anni dall’assassinio a Memphis di Martin Luther King; con il suo sacrificio ha fatto molto per l’eliminazione del regime di segregazione razziale negli Stati Uniti, anche se non si possono dimenticare alcuni dati come quelli della distribuzione della ricchezza, del tasso di carcerizzazione o della probabilità di essere uccisi dalla polizia che, con buona pace della presidenza Obama, dimostrano come gli Stati Uniti rimangano ancora un Paese a due colori.
Passando a celebrazioni di altro genere, sono trascorsi 50 anni dal mitico '68, un anno che ha profondamente trasformato la cultura ed evocato grandi speranze ponendo istanze radicali di uguaglianza nel campo dei rapporti di classe, di genere, di razza e di libertà. E' in quel clima entusiasta che il gruppo goriziano diretto da Franco Basaglia dava alle stampe per Einaudi il volume L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico sul quale ci siamo soffermati quest'anno in una prima occasione ad aprile e in una seconda occasione a giugnoIl 13 maggio sono stati 40 anni dall’approvazione della legge 180, e ad essi abbiamo dato grande spazio sia su Pol. it che in questa rubrica[v]. Il 12 dicembre sono trascorsi 40 anni dall’approvazione, ministro della sanità Tina Anselmi, della legge 833 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. A 40 anni di distanza, tra ritardi negli avvicendamenti ed erosione di fatto degli organici, pure zoppicando però il Sistema sopravvive. Universalismo ed equità ne erano allora i principi e i pregi fondamentali; la limitazione della protezione sanitaria agli stranieri irregolari alle cure “urgenti ed essenziali” e la prospettiva di una ancora maggiore parcellizzazione regionale dell’assistenza sanitaria mettono a rischio questi principi. Eppure sappiamo che – per ragioni epidemiologiche prima che etiche – in una popolazione la salute o è per tutti o non è. Il sistema sanitario, per il quale mi onoro da 27 anni di lavorare in modo sempre esclusivo, certo ha conosciuto in questi 40 anni difficoltà. Due mi paiono le maggiori. La prima,  quella di non essere mai riuscito a trasformarsi davvero, come la legge 833 avrebbe auspicato, in qualcosa di “comune”. Né pubblico, cioè ostaggio dei politici, degli amministratori di nomina politica e dello staff ai diversi livelli gerarchici i quali si sentono, ciascuno al proprio livello, i “padroni” di questo oggetto prezioso che è solo loro affidato. Che è un Servizio, nel quale si dovrebbe appunto servire. Né privato, cioè ostaggio degli imprenditori privati e dei loro interessi che, comunque la si rigiri, sono un obiettivo dal quale il privato non può per definizione prescindere. Neanche pubblico e privato insieme, come oggi è, cioè ostaggio di quelle che sono spesso le opache collusioni tra i difetti dell’uno e dell’altro settore; ma “comune”, cioè governato attraverso la partecipazione dalla popolazione, e in primo luogo dall’utenza, servita. Le ragioni di questa mancata partecipazione andrebbero indagate; ma sul fatto che in questi 40 anni partecipazione non c’è stata se non in modo episodico, e più nella forma della protesta che della proposta, non mi pare che si possano avere dei dubbi. Questa difficoltà, peraltro, nasce da una seconda che è quella di non essere abbastanza “amato”; né da chi ci lavora, né da chi lo utilizza. Eppure bisognerebbe riflettere sul fatto che oggi sono ancora una minoranza i Paesi nei quali l’assistenza sanitaria è un diritto garantito. Negli altri, per chi non dispone di un’assicurazione – e spesso è la maggioranza delle persone – la necessità di affrontare una malattia importante può significare rassegnarsi a cure di bassa qualità o impegnare la famiglia in spese superiori alle possibilità, portarla a indebitarsi con tutte le conseguenze drammatiche e umilianti, e sono ben note, che questo comporta. La garanzia equa e universalistica dell’assistenza ha un costo: certo, per l’Italia circa il 6.6% del PIL tra sanità e quel poco che resta dell’assistenza sociale (per la piccola e generosa Cuba, nel 2019 sarà il 27.5%!). Ma è anche il segno di un livello diverso di civiltà, di un modo diverso di vivere insieme: perché quella persona che non può pagarsi l’assicurazione né a maggior ragione le cure potrebbe essere un giorno ciascuno di noi. Non lasciamoci scippare il SSN, non rinunciamoci! Ed è giusto che il suo quarantennale sia stato degnamente celebrato il 12 dicembre alla presenza del Capo dello Stato. Vale la pena di ascoltare la cerimonia, e perciò la abbiamo preferita ad altre soluzioni possibili per il video in calce (un solo rammarico: che Basaglia vi sia definito, nell'introduzione, "antipsichiatra" il che, come è noto, non è).
Nel 1978, trovavano concretizzazione nelle leggi 180 e 833 alcuni principi fondamentali della Costituzione Repubblicana, della quale ricorrevano allora i 30 anni e quest’anno i 70, e anche su questo ci siamo soffermati nel corso dell’anno[vi]. 70 anni sono passati anche dall’approvazione a maggioranza il 10 dicembre 1948 da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti umani. E’ un’idea affascinante, quella che possano esistere diritti dei quali il solo fatto di esistere come essere umano consente di godere. Ma è chiaro anche che senza un’autorità terza che sia universalmente riconosciuta e possa esigerne coattivamente il rispetto, i “diritti umani” hanno rischiato spesso di trasformarsi in un’arma in più in mano del più forte e di peggiorare, anziché migliorare, le situazioni. Ottime intenzioni dunque, che cadute però in cattive mani hanno lastricato da allora anche le vie di molti inferni.
Sono stati 70 anni, anche, dall’ultima dimissione del pittore Antonio Ligabue dall’ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia, il che rende accessibile agli studiosi la sua documentazione clinica. Reggio Emilia lo ha ricordato, assieme al paese nel quale ha vissuto, Gualtieri, con l’organizzazione di due giornate di studio dal titolo Il caso Ligabue: pittore, paziente, uomo, il 2 dicembre presso Palazzo Magnani a Reggio Emilia e il 9 dicembre al Palazzo Bentivoglio di Gualtieri, il paese dove ha in gran parte vissuto; interventi tra gli altri di Gaddomaria Grassi, Giorgio Bedoni, Chiara Bombardieri, Marzio Dall’Acqua[vii], .   
Sono trascorsi poi 80 anni dalla pubblicazione a luglio del Manifesto degli Scienziati razzisti e dall’emanazione, nell’autunno, delle Leggi per la Difesa della Razza[viii]. Ci consoliamo pensando che sono stati anche 80 anni dalla pubblicazione de I giacobini neri[ix] 
Infine, dopo tanto parlare della Grande guerra in questi quattro anni, è passato quasi sotto silenzio, ma il 4 novembre sono trascorsi 100 anni dalla fine di quel conflitto sanguinoso e crudele[x].
 
Ci hanno lasciato. Il 14 aprile è morto Milos Forman, in realtà Jan Tomas Forman, che era nato a Cáslav, una piccola citta ad est di Praga, il 18 febbraio 1932 nella allora Cecoslovacchia, suo padre fu arrestato dalla Gestapo quando il bambino aveva 8 anni e deportato nel campo di concentramento di Buchenwald, dove morì. Stesso tragico destino anche per la madre morta a Auschwitz. Regista di molti film di successo, nel 1975 diresse Qualcuno volò sul nido del cuculo e divenne così un pezzo della nostra storia. Alla fine dell'estate ci ha lasciato Luigi Luca Cavalli Sforza; va ricordato il suo lavoro per dimostrare come il concetto di razza, fonte di tante ingiustizie, dolore, crimini nella storia, è in realtà privo di fondamento (Luigi Benevelli lo ha ricordato su Pol. it). Mi ha colpito però in modo molto più diretto la scomparsa, ieri 28 dicembre a Firenze, di Paolo Tranchina, storico protagonista delle prime esperienze di psichiatria democratica in Italia, direttore dal 1972 della rivista Fogli d'Informazione, psicoanalista ad orientamento junghiano, era nato a Manerbio (Brescia) nel 1938. Ricordo il suo entusiasmo e l'energia nel conservare, e trasmettere ai nuovi operatori, memoria della straordinaria stagione della psichiatria italiana nella quale aveva avuto la fortuna di impegnarsi incontrando maestri e colleghi eccezionali (tra gli altri  Franco Basaglia, Agostino Pirella, Vieri Marzi), ma anche l'incessante curiosità per il lavoro dei colleghi più giovani e la ricerca di un rapporto costante con la contemporaneità e le sue sfide. Ricordo lo straordinario calore umano, la generosità, la franchezza e la simpatia; aveva una particolare e immediata capacità di fare sentire a una persona che le voleva bene, la stimava e la considerava dei “suoi”, e ho un ricordo molto bello dei momenti (non molti, però intensi) che abbiamo trascorso insieme. Sono perciò molto vicino ai compagni di Psichiatria Democratica e alla famiglia, e mi piacerebbe partecipare domani alla cerimonia laica che avrà luogo presso l’ex manicomio San Salvi di Firenze (nel video in calce alle note Paolo Tranchina illustra a un convegno del 2006 il senso dell'esperienza aretina).
 
Eventi e servizi. Sugli eventi a livello internazionale c’è poco da dire di diverso da ciò che si è detto un anno fa. E’ un anno trascorso inutilmente, direi. Si trascina il lento martirio del popolo palestinese nell’indifferenza più generale nonostante 254 morti e 25.500 feriti inermi negli ultimi 9 mesi, con il riconoscimento illegale e irresponsabile da parte degli USA di Gerusalemme come capitale d’Israele, sul confine di Gaza (45 i morti minorenni). Era tra loro l’infermiera ventunenne Razan al Najjar; e non possiamo toglierci dagli occhi il suo abito bianco insanguinato. La Turchia si appresta a una nuova tappa del massacro dei curdi nel nord della Siria, con il tacito placet, salvo ripensamenti, degli Stati Uniti che pure li hanno sfruttati quando si trattava di combattere l’Isis, creato e armato dagli amici turchi e sauditi. In tutta quell’area che ha avuto la sfortuna di rientrare negli interessi geostrategici statunitensi si continua così a versare sangue, dall’Afghanistan, all’Iraq, alla Siria, alla Libia, allo Yemen. Il corpo del giornalista letteralmente fatto a pezzi all’interno dell’ambasciata del suo Paese in Turchia dagli sgherri del feroce erede al trono saudita la dice lunga sulla qualità degli alleati che l’Occidente, quello che solo quando gli serve sventola la bandiera dei diritti umani, sceglie da quelle parti. Attraversare il Mediterraneo, come del resto il confine tra Messico e Stati Uniti, rimane pericoloso per chi viene da sud. Anche quest’anno sono in più di 2.218 ad essere annegati, ai quali vanno aggiunti quasi 1.400 morti accertati nell’attraversamento del Sahara per raggiungere la costa. E ora, mentre scriviamo, nel Mediterraneo centrale una barca con una trentina di migranti a bordo raccolti nei giorni scorsi non sa dove attraccare. Un rapporto dell’ONU ha parlato di «orrori impensabili nei centri per migranti in Libia» ai quali l’Italia e l’Europa affidano il destino di uomini, donne, bambini cui negano ospitalità[xi]. E il Decreto sicurezza ha provveduto a distruggere in Italia con calcolato e stupido sadismo quel poco di accoglienza che si era stati capaci di mettere in piedi; ma di questo già si è detto[xii]. Poi questa assurda vicenda della Legge di bilancio per il prossimo triennio, che per conseguire risultati da verificare nella loro reale portata e importanza sacrifica gli interessi dei pensionati oltre 1.200 (li sacrifica poco, certo, ma con questo principio si sarebbe potuto tassare qualsiasi altra cosa), la ricerca, il pubblico impiego, il sud e, la vera perla, le istituzioni no-profit la cui Ires raddoppia e raggiunge – con quella che è un’autentica “tassa sulla bontà” – quella delle imprese produttrici di beni di lusso: che vergogna!! (Poi subito appena emanata qualcuno già si è detto pronto a rimangiarsela; …, già, governa il cambiamento! ). Vedremo, ma solo averla concepita e promulgata è indecente. Non sono ancora abbastanza la chiusura dei porti, quella dei centri di accoglienza, dei campi rom, il drastico taglio delle spese per l’integrazione dei migranti, la possibilità di storno di fondi sanitari loro dedicati sulla spesa generale, l’esclusione ogni volta che è possibile dello straniero dalla copertura del welfare, l’aumento delle tasse sulle rimesse alle famiglie, per dimostrare che il “cambiamento” che si voleva ha avuto luogo? Che l’Italia è davvero prigioniera di quel “sovranismo psichico”, condito di paura e cattiveria, al quale ha fatto riferimento quest’anno il Censis nel suo LII rapporto? Che davvero – come scrive Marco Revelli nel recensire un bel libro di Bonomi e Majorino sul quale torneremo – si è passati, a furia di seminare cinismo e rancore, dal «rovesciamento antropologico» di essere divenuti Paese di accoglienza di migranti all’«inversione morale» (alla "ristrutturazione psicologica", preferirei io; Antonello Correale parla di "anestesia") in base alla quale «la solidarietà diventa reato e la crudeltà (non più solo l’indifferenza, la crudeltà ostentata) virtù civica, proclamata dai palazzi del governo»?  Ci voleva anche il balzello sulle opere buone!   
Per fortuna, a contrastare tutto questo, come accennavamo all’inizio, il varo della barca Mare Jonio dell’operazione Mediterranea è valso a battere un colpo per dimostrare che, nonostante tutto, ci siamo ancora anche noi! Che, anche se flebile, uno spettro forse ancora si aggira… Perciò sostenere proprio in questo momento quest’iniziativa è importante!
Voglio poi ancora ricordare un’importante sentenza della Corte di Cassazione che a metà novembre si è pronunciata sulla contenzione fisica in psichiatria stabilendo che non può essere considerata un atto terapeutico, ma considerata solo come extrema ratio dove esistano le condizioni, definite in modo estremamente restrittivo peraltro, dello stato di necessità. E’ un chiarimento che era necessario, e del quale ci auguriamo che da parte di tutti si terrà il debito conto[xiii].
Quanto alla SIP, che ha tenuto a Torino dal 13 al 17 ottobre il suo XLVIII Congresso i cui interventi in plenaria sono disponibili su Pol. it, ha continuato meritoriamente a far girare la mostra “Malati, manicomi e psichiatri in Italia. Dal ventennio fascista alla seconda guerra mondiale”, sezione aggiunta a Schedati, perseguitati, sterminati. Malati psichici e disabili durante il nazionalsocialismorealizzata dalla consorella tedesca. Le due mostre sono state esposte originariamente a  Roma dal 9 marzo al 14 maggio 2017[xiv], e sono passate quest’anno a Torino (23 marzo-13 maggio 2018), Cagliari (5 -30 novembre 2018), e saranno nei prossimi mesi al Palazzo di Giustizia di Milano dal 7 gennaio al 16 febbraio, per passare poi a Udine.
Un’altra notizia ancora che mi pare non vada trascurata, della quale so poco ma che mi pare che potrebbe aprire orizzonti inquietanti, è quella data dal genetista cinese He Jiankui di aver sperimentato modificazioni genetiche su embrioni umani. Al di là del fatto in sé, mi pare che l’esplosione di questa notizia ci spinga a riflettere su quanto diventino potenti gli strumenti che il progresso scientifico e tecnologico mettono nelle mani dell’umanità, e quanto la sua scarsissima (o nulla?) maturazione sul piano morale e politico nel corso dei millenni la renda inadeguata a gestirli. Una dicotomia che credo possa preludere alla catastrofe.
Da genovese, infine, non posso non rievocare un episodio triste; il crollo alla vigilia di ferragosto del Ponte Morandi nella mia città. E’ stata una tragedia, certo, con i suoi morti assurdi. Un intralcio grave alla viabilità urbana e autostradale, e perciò alla già claudicante economia della città. Ma è stato forse anche la metafora di cos’è oggi il Paese. Di che cos’è il settore privato, al quale la manutenzione di quel ponte era appaltata. E di cos’è il settore pubblico, i tecnici che devono controllare i privati e i politici che sono responsabili della scelta dei tecnici. Perché a rivelarsi marci non sono stati solo i piloni o i cavi di quel ponte. La spregevole sarabanda di selfie ai funerali e smargiassate a caldo sulla stampa da parte in particolare di tre esponenti del governo ha dato la sensazione di un marciume molto più profondo e più generale. Ha dato la sensazione che come è crollato quel ponte audace e gigantesco, che percorrevo molte mattine per raggiungere l’ospedale, in questo Paese ogni cosa potrebbe da un momento all’altro crollare. Che l’Italia sia, e non solo da oggi ma oggi più di prima, ridotta a un Paese di saltimbanchi, governato da saltimbanchi che non sembrano neppure più capaci a travestirsi da politici quando occorre. A giugno nella stessa sfortunata zona un ragazzo equadoriano, forse ubriaco, era stato ucciso accidentalmente dalle Forze dell'ordine nel tentativo di disarmarlo di un coltello. L'intervento veniva immediatamente bollato, impropriamente, come un TSO, e da più parti dava l'occasione per cominciare a sproloquiare sull'inadeguatezza della legge 180; ma questa volta, come mi sono sforzato di argomentare a caldo, la legge 180 non c'entrava nulla davvero… Poi nei mesi successivi si sono succeduti altri attacchi altrettanto pretestuosi e sgangherati…
 
Ex libris. E occupiamoci, infine, dopo tanta amarezza, dei libri con la speranza di trovarvi un po’ di senso e di ristoro, a partire dai sei già recensiti nel corso dell’anno[xv]: A. Ricci e G. Valent, Quaderno rosso. Dialogo tra filosofi e psichiatri per curarsi della follia (Moretti & Vitali, 2017); C. Boido, Fenomenologia di Manuel Agnelli (Dissensi, 2017); O. Greco, I demoni del mezzogiorno. Follia, pregiudizio e marginalità nel manicomio di Girifalco (1881-1921) (Rubettino, 2018); S. Benvenuto, Godere senza limiti. Un italiano nel maggio ’68 a Parigi (Mimesis, 2018); S. Winchester, Il professore e il pazzo (trad. it. Adelphi, 2018); F. Pezzoni e G. Buscaglia. L’artiglio del grifone (ArabaFenice, 2018).  
Proseguo fermandomi sull’attività cui ho preso parte, a partire dalla monografia Il vetro, il libro, la spada. Stramberia e delirio in due personaggi di Miguel de Cervantes, Genova, Collana di Studi e Ricerche dell’Accademia Ligure di Scienze e Lettere, con postfazione di P.L. Crovetto[xvi], per proseguire con la partecipazione ad altre tre monografie a carattere collettaneo: T. Becker, H. Fangerau, P. Fassl, H.G. Hofer (a cura di): Psychiatrie im Ersten Weltkrieg (La psichiatria nella Prima Guerra Mondiale), Tubingen, UVK Verlag[xvii]; M. Messner, A. Malleier (a cura di), Agnes, Ida, Max und die anderen. NS-„Euthanasie” und Südtirol. Erinnern und Vergessen (Agnese, Ida, Max e gli altri. ”Eutanasia” nazionalsocialista e Sudtirolo. Ricordare e dimenticare), Merano, Alphabeta; M. Aliverti (a cura di), La psichiatria italiana tra Ottocento e Novecento. Dal manicomio al territorio, Roma, Aracne, dove ho partecipato con due contributi: Tra psichiatria e giustizia: Imola 1874-2016, dedicato a Serafino Biffi e al dibattito sul manicomio criminale al congresso di Imola del 1874; e Giovanni Antonelli: un “genio” tra gli alienisti dedicato a questo poeta anarchico internato in vari manicomi del centro Italia nei decenni a cavallo tra Otto e Novecento e alle sue espressioni sagge e mordaci sulla psichiatria e la società borghese [xviii].
In molti si sono occupati, come è giusto di questi tempi, a partire da diversi approcci dei fenomeni migratori, e segnalo per primo, del medico legale Cristina Cattaneo, Naufraghi senza volto (Milano, Cortina), dedicato alle 30.000 persone morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo dal 2001 a oggi alle quali si sforza di restituire nome e identità. Poi il testo collettaneo La giungla di Calais curato da Michel Agier e proposto da Ombre corte. Altro testo collettaneo è I confini dell’inclusione. La civic integration tra selezione e disciplinamento dei corpi migranti curato da Vincenzo Carbone, Enrico Gargiulo, Maurizia Russo Spena per DeriveApprodi, con testi tra gli altri di Miguel Mellino ed Enrico Gargiulo, che focalizza l’attenzione sul concetto di inclusione e la sua declinazione oggi in Italia. Infine Resistenze ai disastri sanitari, ambientali ed economici nel Mediterraneo, curato da Salvatore Palidda, propone una lettura dei fenomeni migratori all’interno di altri fenomeni ad impatto sociale che hanno interessato in questi anni le sponde sud e nord del Mare nostrum. Fa il punto sul sistema dell’accoglienza in Italia (almeno com’era prima della devastazione operata dal Decreto sicurezza) Il sistema di accoglienza in Italia. Esperienze, resistenze, segregazione curato da Gennaro Avallone per Orthotes. La disuguaglianza tra la tutela della salute dei cittadini e dei migranti in Europa, e in Italia ancor più, è al centro di un importante volume del ricercatore Aldo Rosano, Access to primary care and preventive health services of migrants (Sprenger). La  storia di un’Italia diversa, per la quale accogliere era un valore, è poi al centro del numero monografico Accogliere. Una storia di settanta anni fa 1946-1948 della rivista Infiniti mondi. Altri due testi, infine, riguardano temi che con le migrazioni molto hanno a che fare. Il primo, al quale già si è fatto riferimento, è Nel labirinto delle paure. Politica, precarietà, immigrazione di Aldo Bonomi e Pierfrancesco Majorino (Bollati Boringhieri) e riguarda  l’«inversione morale» con la quale le società occidentali paiono aver reagito ai fenomeni migratori, frutto in gran parte l’una e gli altri delle ricadute in luoghi diversi di analoghi processi di erosione dei redditi medio-bassi, di precarizzazione, di pauperizzazione che la globalizzazione degli ultimi decenni ha determinato. Il secondo è il testo di Sandro Luce Soggettività antagoniste. Frantz Fanon e la critica postcoloniale (Meltemi) nel quale sono affrontati – alla luce del pensiero dello psichiatra martinicano del quale abbiamo già avuto occasione di occuparci[xix] – molti temi centrali del dibattito contemporaneo sull’esperienza coloniale e le migrazioni, dall’identità, al riconoscimento, il razzismo, la cittadinanza, il confine. Le politiche delle organizzazioni umanitarie sono infine al centro di Ragione umanitaria. Una storia morale del presente di Didier Fassin, tradotto da Lorenzo Alunni per Deriveapprodi.
Eugenio Borgna ha pubblicato per Einaudi un saggio agile, snello, elegante sull'importanza di un sentimento, la nostalgia, che si presenta ferito nella contemporaneità: La nostalgia ferita, che abbiamo recensito in queste pagine.
Molti volumi hanno avuto al centro il cinquantenario del ’68, e segnaliamo tra tanti, oltre a quello di Sergio Benvenuto già ricordato, E’ solo l’inizio. Rifiuto, affetti, creatività nel lungo ’68, curato da Ilaria Bussoni e Nicolas Martino per Ombre corte.
Sulla triste vicenda di Aldo Togliatti, il figlio del Migliore affetto da una malattia mentale e già al centro di un’indagine di Massimo Cirri[xx], ritorna Giovanni De Plato con il testo Il figlio del Migliore (Pendragon).  Infine, segnaliamo su temi di criminologia il volume La giusta quantità di dolore di Giada Ceri (Exòrma) che analizza il ruolo del carcere nelle società contemporanee.
Poi qualche gradita ripubblicazione. Foucault di Gilles Deleuze, originariamente edito da Feltrinelli, è ora riproposto da Orthotes. E, ancora in ambito criminologico, Carcere e Fabbrica di Dario Melossi e Massimo Pavarini viene riproposto quest’anno, a 40 dalla prima edizione, da Il Mulino.
 
E insomma, se posso trarre una conclusione di questo bilancio, è che questo 2018 – salvo che sia capitato qualcosa di buono sul piano personale, ma su questo ciascuno farà i conti per sé – ci lascia un mondo e un’Italia peggiori di come li ha trovati, né pare rosea l’alba con la quale si apre il 2019; però, consoliamoci pensando che c’è un sacco di cose interessanti da leggere e sperando che anche il vento, nel corso dell’anno, riprenda a soffiare dalla parte giusta. Per adesso, come dicono gli amici di Mediterranea, “abbiamo una nave”: cerchiamo di tenerla a galla e di pagarle il carburante, ed è già fare qualcosa[xxi].
 
 
Nel filmato: celebrazione dei 40 anni del Servizio Sanitario Nazionale alla presenza del Capo dello Stato, Roma, 12 dicembre 2018.

 

[iii] Non diventare grande nell’album Diesel (disponibile su youtube).
[iv] Per Artaud su Pol. it cfr., oltre ai numerosi riferimenti da parte di Massimo Galzigna, di Chantal Marazia: Antonin Artaud: i fantasmi della follia e il “veleno dell’essere", POL. it, 26/10/12.
[v] Cfr. su questa rubrica: 180×40: così Genova festeggerà la fine del manicomio, POL. it, 24/4/18.
[vi] Cfr. su questa rubrica: Il pensiero lungo. 70 di Costituzione, 40 di 180, POL. it, 13/1/18.
[vii] Per un’intervista di Grassi e Bombardieri su Ligabue, segui il link.
[ix] Cfr. su questa rubrica: Schiavi. Il fondo rimosso della storia, POL. it,, 20/12/18.
[x] Cfr. su questa rubrica: 1915-18. I vincitori e i vinti, POL. it, 4/11/15; Caporetto: Morselli e il dovere dei medici, POL. it, 12/11/17.
[xi] Cfr. su questa rubrica: Politiche migratorie. Preoccupazioni dalla svolta estiva, POL. it, 23/8/17.
[xii] Cfr. su questa rubrica: Senza pietà: la guerra ai poveri e il decreto sicurezza, POL. it, 1/12/18.
[xiii] Per il tema su questa rubrica: Slegalo! Usi e abusi della psichiatria. La presentazione a Genova, POL. it, 18/2/17.
[xiv] Cfr. su questa rubrica: La mostra di Roma e il “mea culpa” della psichiatria, POL. it, 14/3/17.
[xv] Cfr. su questa rubrica: Note invernali su 6 letture estive, POL. it, 11/11/18.
[xvii] Il volume raccoglie gli atti di un seminario tenutosi a inizio 2016 a Irsee; cfr. il resoconto su questa rubrica: La guerra e suoi traumi tra centenario e attualità. Cronaca di un seminario sulle Alpi bavaresi, POL. it., 29/2/2016.
[xviii] Per il primo dei due testi cfr. su questa rubrica: Tra psichiatria e giustizia: Imola 1874-2016, POL. it., 8/10/2016.
[xix] Cfr. su questa rubrica: Frantz Fanon: nuovi scritti politici, ma non solo, POL. it, 10/2/18.
[xx] M. Cirri, Un’altra parte del mondo, Milano, Feltrinelli, 2016, (recensione del sottoscritto su: Storia & Memoria, XXVI, 2017, n. 2, pp. 147-149).
[xxi] Per il link al sito di Mediterranea dove è possibile effettuare donazioni, clicca qui.

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