Di respirare la stessa aria di un secondino non mi va
Per cui ho deciso di rinunciare alla mia ora di libertà
Se c’è qualcosa da spartire fra il prigioniero e il suo piantone
Che non sia l’aria di un cortile voglio soltanto che sia prigione
Fabrizio de Andrè , storia di un impiegato
Il Tso viene descritto nelle sue procedure, così come lo conosciamo nel 1978 con la legge 180. Anzi, di fatto, la parte su trattamenti e accertamenti sanitari obbligatori è la parte sostanziale della Legge 180 che afferma semplici principi come l’impossibilità a ricoverare in manicomio e il fatto, che oggi diamo per scontato, che tutti i trattamenti sanitari sono volontari ad eccezione di quanto previsto dalla legge. Pol it ha dedicato uno speciale sia ai venti che ai trent’anni della legge che riportano interessanti testimonianze. http://www.psychiatryonline.it/legge-180/ventanni-di-180
http://www.psychiatryonline.it/legge-180/trentanni-di-180 .
Chi materialmente stese la legge, Orsini , Balestrieri , Novello raccontano che la legge fu fatta , certamente sulla grande spinta del movimento antiistituzionale e delle pratiche che si ispiravano a Franco Basaglia , e non solo ( vedi J. Foot La repubblica dei matti ) ma che Franco Basaglia, per primo, non era particolarmente convinto dei contenuti della legge a partire dall’esistenza degli SPDC e dei Trattamenti sanitari obbligatori. La legge, come è noto, fu comunque approvata evitando così un referendum abrogativo che avrebbe portato a una importante confusione abolendo qualsiasi regolamentazione relativamente alla assistenza psichiatrica.
Si perché, mentre in Francia già agli albori degli anni 60 si parlava della Psichiatria di Settore, solo dal 1968, con il decreto Mariotti , in Italia fu possibile pensare che un ricovero in ospedale psichiatrico fosse volontario . Prima i ricoveri in manicomio erano sempre ricoveri stabiliti dal giudice e prescindevano dalla volontà del soggetto ceh quindi non aveva , in merito , nessuna voce in capitolo.
Quindi nel 1978 si rovesciò una prospettiva: il ricovero coatto, ovvero obbligatorio, divenne dalla regola un’eccezione. Non era più scontato che, perché ricoverato per un disturbo mentale, un malato fosse ricoverato indipendentemente dalla sua volontà, anzi bisognava dimostrare, nel caso il paziente non fosse consenziente, perché e per quali circostanza si sarebbe ricorso agli “accertamenti o trattamenti sanitari obbligatori”.
Ora la legge parlava di accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, lo faceva in modo semplice stabilendo quali fossero le condizioni e le procedure. Ma come spesso succede per le leggi, anche le più chiare si sono accumulate, nel corso degli anni letture, anche parziali, interpretazioni ed anche decreti che hanno istituito, non senza essere causa di gravissimi problemi , disguidi , accuse reciproche di inadempienza mancata collaborazione e confusione di ruoli fra i vari soggetti protagonisti dei trattamenti sanitari obbligatori . Lo stesso concetto che la legge aveva superato della pericolosità a sé e agli altri per promuovere il diritto/dovere alla cura non mai stato completamente superato e in molti ambiente, anche sanitari si ritiene che se una persona ha comportamenti aggressivi o violenti sia il caso “tipico” in cui effettuare un TSO
Non è facile trovare dati sui TSO , attendibili ma di fatto sappiamo che costituiscono una minoranza dei ricoveri in SPDC , circa il 10-15 %. In questi 38 anni di vita il TSO è stato oggetto di riflessioni e di altalenante interesse. Fatto bersaglio di proposte, è comunque sopravvissuto anche alle diverse proposte di legge di modifica, alle altre esperienze in ambito europeo sui trattamenti senza consenso.
Circa un anno fa si è parlato molto dei Trattamenti Sanitari obbligatori: giornali, tv , social network : erano successe cose terribili , purtroppo c’erano stati dei morti e questo aveva dato la stura a una serie importante di interventi , interviste, indagini , affermazioni . Improvvisamente il Trattamento Sanitario Obbligatorio diventava, in modo sorprendente l’esempio di pratiche coercitive, quasi arbitrarie. La lettura dei fatti, come spesso accade nella società occidentale della “atrofia del sensorio” per dirla con Walter Benjamin è stata intensa , aspra, a tratti polemica finché è durato lo shock .
Questo corrisponde un po’ ad un umore diffuso nella rete; se fate una ricerca su un motore di ricerca vi segnala siti , a partire da Wikipedia che contengono affermazioni gravemente inesatte , di pura affermazione ideologica contro “il ricatto e il sequestro del TSO”. Le posizioni degli antagonisti, a priori , di tale procedura sono facilmente reperibili ma , purtroppo spesso poco utili e in ogni caso contrassegnati da una lettura del fenomeno coerente con una politica dell’opposizione e del contrasto ai fenomeni coercitivi compresa la contenzione fisica.
Oggi , oltre a un anno di distanza difficile trovare echi di quel dibattito, nessun segno di interesse, nessuno che si chieda come sia andata a finire. I Tso si fanno sempre, le contenzioni fisiche, pure.
Sono giorni terribili (scrivo nel luglio del 2016 ) la follia sembra diventata la cifra stessa dell’umano tanto che gli psichiatri sono chiamati o si propongono a dare spiegazioni ( e le danno !! ) su quello che al mondo non va e su quello di terribile sta succedendo. Credo però per le cose del mondo che non vanno, forse, ci sono luoghi, spazi e necessità di riflessione in altri contesti e di sicuro applicare la logica della psichiatria a storie , le più diverse . E lo stesso succede con il TSO . In parte la sua storia e la sua applicaione si è tragicamente distaccata dalla cura e l'intero sistema sanitario si è trovato a farne ujn uso, in certe occasioni , davvero diffcilmente riducibile auna dimensione terapeutica.
Il TSO non può risolvere i problemi del mondo, neppure quelli di tutte le persone che diventano aggressive o creano , a chi gli sta vicino dei seri problemi. Anche applicato in ambito di "cura" resta,invece,un esempio incancellabile della simmetrica contrapposizione di forze e della violenza che deriva da questa simmetria.
La simmetria produce, qunado applicata all'ambito della pratica della psichiatria due posizioni contrapposte posso qui un po' retoricamente riassumere:
1. Il TSO è un arbitrio, le persone cui viene applicato delle vittime, gli operatori che lo eseguono dei carnefici; la pratica è violenta, inattuale, una coercizione di una forza, quella delle istituzioni, contro la libertà della persona . Se si potesse parlare il discorso da questo punto potrebbe essere questo:
non voglio curarmi, non sono malato, di cosa mi state parlando?
in ma voi cosa c'entrate con me, con i miei pensieri, la mia vita?
le medicine che mi date mi stroncano, mi rovinano, mi appiattiscono
in realtà il mio problema siete voi, la vostra arroganza, la vostra prevaricazione: mi cercate e mi obbligate ..
siete parte di un modo malvagio, siete il controllo, la polizia, la regola infame che mi impedisce di vivere.
2. Il TSO è una doverosa necessità: l’esempio della scelta della regola nei confronti dell’individuo: L’applicazione della coincidenza fra il bene individuale e il bene comune. In ogni caso una pratica necessaria, che non ha alternativa e che legittima interventi coercitivi finché non c’è la collaborazione. Il paziente sta male e non lo sa, va curato … si rifiuta di accettare la sua condizione, esternalizza i suoi conflitti, realizza la scena della propria persecuzione .. Il discorso accettabile da parte del paziente è: aiutami, per favore, ho bisogno di te; ci sono cose che non capisco che non sopporto: c’è un dolore che non esprimo ma che mi opprime…aiutami per favore: eccomi ti ascolto.
Tra questi due mondi un baratro. La contrapposizione , a tratti retorica se vista dall'esterno, fra scelta e coercizione.
Ogni cosa può essere descritta, forse esiste solo perché può esserlo ma, fuor di dubbio come la si descrive se ne definisce la fisonomia e la fruibilità all’uso di chi ascolta.
Vale a dire che se racconto una esperienza, un pensiero, delle emozioni, il modo con cui questo racconto si snoda porterà a definire oggetti diversi, talmente differenti che non necessariamente conservano caratteristiche comuni.
Si può, perciò, affrontare in tanti modi la questione del TSO ma certamente in ciascuno se ne coglierà un frammento senza, peraltro la certezza che la composizione dei diversi frammenti costituisca una parte conciliabile con il resto. Come per il caso dei TSO effettuati in modo impulsivo , prevaricativo , senza progetto, per chiudere una situazione conflittuale, clamorosa o per scegliere al posto del paziente.
Ma , però anche quando entriamo nel luogo dlela cura c'è qualcosa di imprescindibile nel fatto che vada affrontata la questione della violenza, della coercizione, della regola imposta, e quindi che la cosa debba pure vedersi da un peculiare punto di vista del diritto. Un diritto che viene completamente stravolto dalla situazione di crisi; così come in una guerra «nell’esercizio del potere di vita e di morte il diritto si conferma più che in ogni altro atto giuridico», dice Walter Benjamin (Per la critica della violenza) e, come scrive Freud parlando della prima guerra mondiale:
“Il privato cittadino ha modo durante questa guerra di persuadersi con terrore di un fatto che occasionalmente già in tempo di pace lo ha colpito: e cioè che lo Stato ha interdetto al singolo l’uso dell’ingiustizia, non perché intende sopprimerla, ma solo perché vuole monopolizzarla,
come i sali e i tabacchi. Lo Stato in guerra ritiene per sé lecita ingiustizia e violenza che disonorerebbero l’individuo singolo […]: e il cittadino è tenuto ad approvare tutto ciò in nome del patriottismo[1]”
L’estremo ragionamento sulla guerra determina paradossalmente la riscrittura di un diritto: esistono situazioni in cui semplicemente il più forte decide ciò che è o non è legittimo e la legge, questo non ha potuto, non può e non potrà evitarlo ma , di fatto si pone a servizio di questo potere.
Dunque queste violente simmetrie sono l’unica possibilità? La posizione finale che ha il tratto comune, del manifestarsi dell’altro, stato- diritto- legge negli spazi ritenuti inviolabili della propria intimità?
E se fosse invece che questo conflitto, il TSO una volta assuntasi la reponsabilità di essere riportato nello spazio della cura , nonostante il fallimento della comunicazione possa diventare l’opportunità di prendere atto di una differenza? Se , proprio a partire dal presupposto che nessuna delle due posizioni (chi obbliga e chi viene obbligato) garantisce di essere di per sé “vera e giusta” no potrebbe essere che nonostante la coercizione e la relatività di queste posizioni si possa trovare l’occasione per comprendersi ed ascoltarsi ? Se il punto fosse che è l’obbligare è il momento principale in cui si promuove il riconoscimento di una alterità? Che solo attraverso la percezione di una mancanza nella propria posizione si può poi trovare il momento della parola? Una vera parola. Un vero ascolto. Se fosse così?
Bisognerebbe pensarlo, di non avere ragione e avere il tempo di aspettare di potersi incontrare. Spesso i primi a non prendersi il tempo sono gli stessi pazienti. Vogliono fuggire da tutto ciò, ed è comprensibile. Ma chi non deve fuggire, sono gli operatori, i medici. Sono i primi che devono sapere esattamente quando e perché va fatto un Trattamento sanitario obbligatorio. Che cosa comporta e che cosa succede. Che non è mai e mai potrà essere una routine.
Bisogna lavorarci, finché non lo faremo non saremo in grado di fare proposte migliori, che è quello che purtroppo sta succedendo da anni.
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