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Umanamente omosessuale

30 Gen 23

A cura di Sarantis Thanopulos

 

Il Papa ha recentemente detto che l’omosessualità non è un crimine, ma è peccato. Un’involuzione, si è pensato, rispetto a una sua dichiarazione sugli omosessuali tempo addietro: “Chi sono io per giudicarli?” Presumibilmente anche in quella circostanza egli pensava all’omosessualità come peccato, ma intendeva dire che “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Sembrerebbe quindi che il suo ragionamento attuale sia questo: il peccato non va punito (non sulla terra almeno), il crimine sì. Se essere omosessuali non è un crimine, l’omosessualità non può essere perseguitata. Papa Francesco si rivolge non solo ai potenti della terra -molti dei quali trattano gli omosessuali come criminali- ma anche ai potenti della chiesa che non di rado tendono a confondersi con i primi. 

Nella chiesa l’omofobia è in relazione con una presenza non insignificante di omosessuali in essa (ciò nulla ha a che fare con la pedofilia). Questo non sorprende: essendo l’omosessualità una condizione naturale non abita nella stratosfera, ma nella vita comune di tutti noi. Né deve sorprendere il fatto che nella chiesa sono gli apparati del potere che si oppongono con più forza all’omosessualità -pur essendo a conoscenza del fatto che essa è assai presente sia tra i prelati sia tra i fedeli: si rigetta originariamente la propria omosessualità interna. È il rigetto è sempre a servizio dei rapporti di potere. 

L’omosessualità non è solo una scelta erotica di tanti cittadini. È parte importante insostituibile di tutte le relazioni erotiche e del mondo interno di tutti. Non si può essere eterosessuali in modo sessualmente appagante senza una componente omosessuale, perché desiderare il proprio sesso è la condizione necessaria per conoscere il suo valore erotico e per capire cosa desidera l’altro sesso in noi (vale anche l’opposto: non si può essere compiuti sul piano erotico omosessualmente senza una componente eterosessuale). Inoltre l’amicizia, in tutte le sue forme, ha una delle sue origini più importanti nell’omosessualità sublimata. Non esiste un muro di Berlino tra omosessualità e eterosessualità nel nostro mondo interno e non dovrebbe esistere neanche nel mondo esterno. Quando questo muro si erige dentro e/o fuori di noi i guai si devono dare per certi.  

Perché il muro si erige? Le ragioni sono molte e complesse e hanno a che fare con la congiuntura socioeconomica, il contesto storico-culturale, la configurazione del potere politico, l’incidenza del potere secolare delle religioni. Nel mondo psichico individuale decide la complessa triangolazione del bambino con i genitori e la natura della loro relazione erotica che può essere aperta o rigida, chiusa.  

Più grande è la diseguaglianza, più sono immiserite le relazioni di scambio, più la cultura si chiude in sistemi dogmatici, più prevale l’organizzazione piramidale, autoritaria della società, più la repressione dell’omosessualità si intensifica, anche quando, in forme nascoste, si ammette. Per i potenti l’omosessualità può vivere nel buio, non apparire alla luce del sole.   

L’aggressione all’omosessualità, comunque sia costruita e prosperi, ha una sua origine importante nella paura dell’omosessualità psichica, individuale e collettiva, che è rigettata nel mondo esterno e attaccata. L’omosessualità psichica, il desiderio per l’altro simile, familiare, è una cerniera tra il narcisismo e l’investimento dell’alterità. Rende possibile lo sviluppo dell’eterosessualità psichica, il desiderio per l’altro sconosciuto. Queste due dimensioni psichiche ispirano la vita erotica degli omosessuali e degli eterosessuali.  

Più il narcisismo di morte, il rifiuto dell’alterità, è dominante più l’attacco all’omosessualità diventa un “atto dovuto”. In fondo l’omofobia spiana la strada all’eterofobia. Se il Papa, nel suo difficile lavoro di equilibrio all’interno della Chiesa, ha deciso di condannare la criminalizzazione, dobbiamo preoccuparci. 

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