I farmaci ansiolitici sono tra i farmaci ai quali apparentemente non si può resistere: è difficile assumerli in modo moderato (abuso) ed è difficile farne a meno una volta che si assumano a dosi importanti per lungo tempo (dipendenza). Spesso poi sono mischiati con altre sostanze (alcol, cocaina, ecc.) così da generare cocktail perniciosi, e infine possono essere usati a scopo suicidario. Alcuni film possono essere esemplificativi di queste situazioni.
Ricordando brevemente i film dove il tema più specifico è la dipendenza da sostanze (vedi “Trainspotting” di Danny Boyle nel 1996, o “Le Iene” di Quentin Tarantino), tra le pellicole che descrivono situazioni di abuso da ansiolitici sono da ricordare due importanti film di Martin Scorsese, “The Departed” del 2006 (premio Oscar al regista) e “The Wolf of Wall Street” del 2013, entrambi con Leonardo Di Caprio tra i protagonisti.
In “The Wolf of Wall Street” Leonardo di Caprio è Jordan Belfort, giovane a capo di una delle più proficue società di brokeraggio di Wall Street. Al culmine della sua frenetica attività speculativa, Jordan fa ampio uso di sostanze. L’apice si ha nella scena in cui Jordan e il suo socio prendono del Metaqualone Lemmon 714 (tre volte più potente di qualsiasi altra droga) con un inaspettato effetto a scoppio ritardato, a causa dei 15 anni di conservazione. In una delle scene Jordan dice “Già, ogni giorno consumo abbastanza farmaci da sedare Manhattan, Long Island e il Queens. Per un mese. Prendo il Quaaludes, 10-15 volte al giorno per il mal di schiena. L’Adderall per rimanere concentrato. Lo Xanax per sciogliermi, l’erba per rilassarmi. La cocaina per risvegliarmi ancora, e la morfina, bè… perché è magnifica!”.
In “Copycat – Omicidi in serie” di Jon Amiel (1995), gli attacchi di panico sono controllati con ansiolitici abbondantemente conditi con superalcolici. Sigourney Weaver interpreta Helen Hudson, una psicologa criminale di San Francisco che, in conseguenza di un attacco subito da un maniaco, soffre di attacchi di panico e agorafobia, e vive perciò rinchiusa in casa, munita di attrezzature tecnologiche d’avanguardia. Suo malgrado è coinvolta nelle indagini di un serial killer, che uccide con modalità uguali a quelle di famosi strangolatori della storia. Il termine copycat significa grosso-modo “imitatore” e i copycat crimes sono quei reati commessi come fotocopie di altri già avvenuti. La trama è centrata sulla figura di un serial killer, ma la complicazione è data dal fatto che la protagonista, proprio a causa dell’assalto subito, ha sviluppato un’agorafobia. La detective incaricata delle indagini è guidata da Helen sulle tracce dell’assassino, ma questi a sua volta sta braccando la psicologa. Helen, che assume continuamente cocktail di ansiolitici e superalcolici, sviluppa comunque diversi attacchi di panico. Forse la terapia non è quella più adatta alle circostanze.
Un reale tentativo di suicidio è messo in scena invece nel “Film Blu” di Krzysztof Kiewślowski (1993). Juliette Binoche è Julie, che perde in un incidente marito e figlia. Gravemente ferita, cerca il suicidio in ospedale inghiottendo un flacone di ansiolitici, ma poi li sputa dicendo in lacrime all’infermiera accorsa “Non posso, non ne sono capace!”. Gradualmente poi Julie riprende il controllo della propria esistenza, ma i farmaci sono stati per un momento lo strumento per farla finita, chiudendo con un dolore insopportabile.
Più recentemente (2012), nel film “Flight” Denzel Washington interpreta William "Whip" Whitaker, un pilota d’aereo perennemente sbronzo e fatto di sostanze, che alla guida del suo aereo in avaria riesce a salvare un centinaio di vite grazie ad una manovra spericolata, resa possibile dalla sua grande perizia. Il fatto di essere ubriaco alla cloche dell’aereo lo porta comunque a essere processato. La vicenda è interessante per i risvolti legali ed etici che pone, ed anche per sottolineare il narcisismo sottostante alla dipendenza da sostanze del capitano. Spassoso il personaggio dell’amico-spacciatore grande esperto di sostanze che visita Whip in ospedale dopo l’incidente, e gli chiede che farmaci gli stiano dando, per poi controllare lui stesso frugando tra i farmaci. Allora sbraita “Che medicine ti danno? Alprazolam! E’ lo Xanax generico! L’idrocodone! E’ il Vicodin generico! E’ una merda, magari canadese! Non vogliamo una merda, vogliamo la prima scelta, etichetta blu. Non questi cazzo di facsimili! Ma dov’è l’Idromorfone, o almeno del fottuto Palladone. Ma cos’è, l’ora del dilettante? Chiama un medico. Hai appena salvato cento persone!”. Una chiara negazione della propria identità di bieco spacciatore, attraverso una presa di posizione da paladino della purezza farmacologica! Il messaggio che se ne ricava alla fine è che tutto è sullo stesso piano, dalla cocaina che lui vende, agli oppiacei antidolorifici, e per finire gli ansiolitici. Divertente il personaggio, ma non condivisibile la sua visione del mondo sugli usi delle sostanze.
In conclusione, in questi esempi gli ansiolitici appaiono strumenti di abuso e sballo su cui le persone non hanno controllo, o che sono utilizzati proprio per andare fuori controllo. Se l’immaginario è questo, gli psichiatri ne devono ben tener conto quando visitano i loro pazienti.
0 commenti