Prosegue la rubrica incentrata sul lavoro promosso dall'associazione Rete Italiana Noi e le Voci, incentrata sui gruppi di auto-mutuo aiuto per pazienti uditori di voci. Lo strumento del gruppo clinico, già di per sè potente (spesso più del singolo colloquio), viene messo a servizio di un lavoro a metà tra lo psicoterapeutico e lo psicoeducativo, nell'ottica di un migliore adattamento possibile al sintomo "voce", che come sappiamo è spesso difficilmente trattabile e molto invalidante.
R.A. Redazione Psychiatry On Line
di Antonella Capoferri, infermiera professionale
Dopo un’interruzione di tre mesi riprendo il mio lavoro con il gruppo “Noi Due” e non vedo l’ora, la cosa mi emoziona alquanto. In realtà non ho mai perso i contatti con i componenti del gruppo, ci siamo sentiti telefonicamente con gli uditori e più spesso con Francesca, la dott.ssa Spinozzi. Per quasi due anni ci siamo incontrati una volta alla settimana, ci sono stati abbandoni e nuovi ingressi, ognuno, ogni volta, ha portato qualcosa di suo e non è stato un semplice scambio di sofferenze ma parlando di sé ha contribuito alla ricerca che abbiamo avviato, apportando anche un contributo emotivo al gruppo. È stato bello accorgersi, in questo tempo trascorso insieme, del “movimento”? “cambiamento”? che è avvenuto in ognuno di noi, visibile anche a occhi meno attenti. Ci siamo accorti di essere anche uniti e pronti a superare alcune inevitabili difficoltà. Sarà altrettanto bello riprendere un lavoro intenso e proficuo.
Come già in un precedente articolo è stato illustrato da Francesca, fin dall’inizio abbiamo stabilito che il nostro gruppo fosse basato sull’obiettivo comune di raggiungere una conoscenza maggiore, per ognuno, riguardo alle proprie voci. Il nostro gruppo assume così la natura di “gruppo di studio”, di ricerca, ricerca di un significato. Lo studio avviene attraverso la volontà di documentarsi, informarsi e confrontarsi, intavolare discussioni sulle voci. Lo facciamo anche servendoci di libri di Coleman o altra letteratura sull’argomento, attraverso internet usufruendo del sito ufficiale degli uditori “Rete Italiana Noi e le Voci”, riviste del settore on line e anche YouTube, Facebook e quant’altro. Il nostro atteggiamento è aperto alla conoscenza, alla scoperta, siamo con l’animo dell’esploratore di fronte a terre da esplorare, camminiamo su un suolo incerto non sempre solido e ci sono zone d’ombra. Ci facciamo delle domande e non sempre riusciamo ad ottenere delle risposte, o le risposte sono molteplici. Siamo comunque sempre coi “lavori in corso”.
Da questa impostazione di approccio alle voci derivano degli effetti collaterali a cascata: uno è quello che ognuno è protagonista ed artefice della sua ricerca, gli uditori sono sostenuti e non sostituiti da noi operatori; l’altro è il mutuo aiuto. Perché ci sia effettivamente spazio e libertà di interazione noi operatori siamo molto attenti, o almeno cerchiamo di esserlo, a non cadere nella situazione di rivolgerci ai singoli membri uno alla volta, la cosiddetta “sindrome della sedia bollente”, o a fare il “lavoro di gruppo sui casi”. Lo stile comunicativo è libero e svincolato, ognuno ha la possibilità di parlare o di non farlo, non si danno consigli o soluzioni, ognuno parla di sé. A volte sono capitati anche momenti di silenzio e si può creare un clima emozionale molto forte. Affinché le interazioni che si sviluppano siano anche di qualità ci siamo spesso ritrovati a dover considerare esigenze distinte delle diverse individualità che partecipano al gruppo, con le loro voci, con le loro storie uniche, ognuno con i propri valori e credenze: da una parte l’esigenza di esprimere il proprio punto di vista, il proprio sentire, e dall’altra l’obbligo di rispettare quello altrui. Siamo ancora molto concentrati sulle voci, ognuno di loro ha storie di abusi, abbandoni, lutti non elaborati, maltrattamenti. Altro elemento comune è quello dei ripetuti tentativi di suicidio, che per fortuna, al momento, non si sono più verificati.
Questo è quanto avviene nel nostro gruppo che ha energia, che è aperto e accogliente che si confronta anche se ci sono delle difficoltà, che si considera sempre in grado di cambiare e di migliorare, che il più delle volte riesce a bilanciare le esigenze individuali e quelle di socialità, cooperazione e reciprocità, che promuove il processo di recovery.
Abbiamo già affrontato diverse resistenze di diversa natura, c’è da considerare poi che a volte ci sono o ci sono stati dei fattori di disturbo nello scorrere delle conversazioni e dell’energia emotiva. Questi sono legati alla pluriennale terapia farmacologica, con già il suo carico di effetti collaterali, concomitante all’ uso o all’abuso di sostanze quali cocaina e/o alcol, che non sono certo di aiuto. Queste difficoltà non sono in grado di ostacolare quello che è già in atto per ogni partecipante al gruppo, ogni volta è comunque una crescita. Il processo di recovery non si può rimandare. È per definizione un processo individuale, interattivo, continuo e dinamico, che avviene tra la persona e l’ambiente, caratterizzato da una gestione attiva della propria vita, dalla ricostruzione di un positivo senso di sé, dalla conquista di ruoli tali da contribuire utilmente alla società e dalla capacità di svilupparsi oltre il sistema della salute mentale… Perciò è molto utile per noi avere il supporto e sentirci parte di una rete, collaborare con altri gruppi e associazioni del territorio.
A dicembre del 2017 e l’anno scorso ad ottobre ci sono stati due eventi importanti per il gruppo: la ASL di Teramo in collaborazione con l’associazione “Rete Italiana Noi e le Voci” ha organizzato nel 2017 un convegno dal titolo “Noi due: vivere con le voci” e nel 2018 il Convegno Nazionale degli Uditori di Voci con Work Shop. Abbiamo avuto l’opportunità di avere contatti con personalità del Movimento Intervoice come Ron Coleman e Karen Taylor, Robert Whitaker, Raffaella Pocobello, Giuseppe Tibaldi, Marcello Macario, Roberto Pezzano, Alessandra Santone, ha collaborato all’evento anche l’associazione “Teatro21”, e sono venuti da tutta Italia, operatori e uditori, con i servizi asl o con associazioni, e c’è stata anche una radio gestita da ragazzi di un centro diurno di Roma.
Durante il workshop finale di Ron Coleman e Karen Taylor “Conversazioni sulla guarigione” avere avuto anche la presenza, non di tutti, ma di buona parte dei membri del gruppo “Noi Due”, è stato indimenticabile, in particolar modo lo è stato per uno di loro: ha avuto modo di assistere alla scultura delle sue voci. Sul perché gli altri uditori del nostro gruppo non hanno partecipato al convegno voglio stendere un velo pietoso. Delle resistenze degli uditori, che ci sono state e altre sono ancora in atto, da superare, e soprattutto delle resistenze dei Servizi, di quelle degli operatori stessi, che pare siano inossidabili, a tutti i livelli, si parlerà in un altro articolo.
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