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Votantonio. Clinica della leadership al tramonto

21 Ago 13

A cura di info_1

E’uno stallo apparente quello della situazione politica italiana, vetro frammentato che mostra in realtà la kodak nitidissima del nostro Paese,  tripartito in forme di non obbedienza care all’italiano medio, storicamente incline a celare gli ortaggi della propria particolare aia , nascosta furbescamente dietro all’uomo forte, simbolo totipotente capace di proteggere e mascherare le tante anime di una nazione cucita a forza, priva di un identità condivisa. Il posto dell’uomo forte è da tempo vacante, assenza che affaccia sul panorama corporativo, individualista emicragnoso dell’italietto, oggi nudo ma, paradossalmente, libero di autorappresentarsi e fare ‘outing’ senza più l’affanno del Grande Padre da seguire o accoppare. 

La proliferazione di liste e micro aggregazioni che cercano un posto in Parlamento grazie alla modalità dell'apparentamento, indicano che non esiste più il capopolo, mutato in  capobranco. O, per meglio dire, il capo claque di un pubblico preselezionato tra i propri ammiratori, eletto a platea unica di riferimento, sprezzante del fatto che ne esistano altre. La metafora del capo caduto da cavallo di cui parla S. Freud in ‘Psicologia delle masse  analisi dell'Io’ è ormai antistorica in quanto  il mutamento dell'ordine simbolico di questo secolo ha creato uno stato delle cose in cui il capo, strutturalmente, manca.

La sella è vuota sin dalla partenza del cavallo, occupata di volta in volta da piccoli capetti, autoreferenti e tuonanti, in cerca di non già del comando sull'intero esercito o sulle masse, quanto piuttosto su  alcune brigate particolari.

L'epoca del ‘narcisisimo territoriale’ è segnata da un populismo locale, assai più intriso di  perversione che non legato all'istrionismo. Il leader autofabbricato si contraddistingue per una marcata allergia alle regole, che vuole tuttavia ferree per gli altri. Inadatto  ai regolamenti, incline al capriccio personale e sempre in cerca di adepti graditi da arruolare, al momento del redde rationem con la Legge non sceglie la sottomissione e l'inquadramento, preferendo fuggire altrove per garantirsi un ingiudicabilità nel tempo, per poi dedicarsi a ricreare nuovi gruppi con adepti che passino il vaglio della sua adorazione, al posto di quello che era un giuramento in nome della legge, riservando per sè la carica di capo autoincoronato per acclamazione preselezionata, dalla quale  impartire il proprio desiderio come legge.

Nella ricerca dell'elettorato il nuovo leader, che ama una Legge solo se sottomessa alle sua pruderie, è dunque ben lontano dallo statista del secolo passato, che aveva magari  qualche pecca nel privato, ma era interamente dedito a promulgare Leggi per il bene comune, vestendo l'abito di padre della Nazione.

Egli si sintonizza con i bisogni personali dell'uno per uno, ponendosi come risolutore del problema del singolo,  domandando in cambio un sostegno al proprio interesse.

Non è dunque la Legge eguale per tutti, della quale lo statista del tempo passato si poneva come tramite, ma quella del 'mio orto'in cambio del tuo.'

Non è un caso che molti di questi leader utilizzino nel loro vocabolario elettorale adagi quali ' se voi mi darete, io faro per voi'. Quando il voi è riferito ad una categoria, una corporazione, più suscettibile di essere solleticata nella pancia.

Più che di democrazia malata è più giusto parlare di perversione diffusa nelle crepe dell’edificio democratico, con l'autorità ormai nebulizzata che lascia il posto ai tanti piccoli califfati.

Questa situazione è una diretta conseguenza dell’inaridimento delle fonti, del tramonto dei punti di riferimento originari, i grandi campi contrapposti del novecento, che hanno lasciato il posto ai neo personalisimi del narciso, dando forma alla prima campagna elettorale centrata sul ‘mi piace’.

SI tratta di un inabissamento della legge e dell'Altro in nome del quale un tempo ci si intruppava, in favore di piccoli satrapi  emanatori della loro personale legge,  intenti a circoscrivere il loro in contrapposizione all'altrui, in una logica paranoica ben più feroce e settaria che non ai tempi della contrapposizione DC Pci del dopo guerra.  I vecchi leader, come Berlinguer, De Gasperi, Nenni, Togliatti, riconoscevano quell’Altro alle loro spalle, in nome del quale si facevano più o meno esecutori di volontà, portatori di valori dei quali erano ambasciatori. Con pecche, distorsioni, errori. Il patto Atlantico, l’Urss, erano un ‘alle spalle’ che formava l’opinione. Lo sfaldamento di questo legame ha creato una serie di neo  leader i quali si pongono come figure gommose che si modellano  in funzione del sentire della popolazione, con la barra dritta verso l’opinione media. Si guardi a quel che  rimane dell'ultimo grande partito di massa : la scomparsa dell'ultimo grande leader, salutata non a caso dall'ultimo grande addio di massa tributato ad un politico,  apriva la porta al dissolvimento di ciò che fu l’asse portante del PCI. Un luogo orientato. Duro, difficile. Zeppo come altri luoghi di contraddizioni, ma una linea , ancorchè dibattuta e tremula, da seguire. Magari confutandola.  Era sempre stato un luogo di leader ‘forti’, non necessariamente retti o migliori di altri. Ma presenti. Il ‘Partito’ emanava una linea, e chi voleva seguirla, nel bene o nel male, trovava posto al di qua o al di la del dissenso consentito. Pochi partiti hanno mostrato sulla pelle la mutazione del concetto di leader quanto il PCI -pds, ds.  . Da forti mani si è passati ad oscuri funzionari vestiti da segretario, che arrancavano nella stanza dei bottoni. Esibivano una cultura politica assente, mancavano di qualsiasi velleità educativa. Il loro riferimento erano essi stessi, con generici padri di riferimenti disseminati nella galassia cattolica che non era il loro retroterra o, peggio, dello spettacolo.  Un tempo   c’era la gente, si , la gente. Gli amici, compagni di tanti viaggi.   Di tutto quel leaderismo a volte ostentato, non rimaneva quasi più nulla. Sino ad oggi, dove assistiamo alla fine di tutto quello che era, e l’annuncio di quello che sarà. Non esiste più il concetto di classe politica dirigente. E con dirigente non intendo un gruppo di antidemocrtatici dittatori, ma qualcuno che ancora, forse con velleità antistoriche, che dava l’idea di un contenitore di idee alle quali chiedere di adeguarsi. Se eri antifasicista, ad esempio,  quella era la tua casa. C’è un parallelismo tra i due posti vuoti di questo inizio anno, quello governativo e quello venutosi a creare in Vaticano dopo l’addio del Pontefice. Senza premier, senza Papa. Due posti vacanti che scoperchiano il vaso di pandora delle pulsioni sottostanti, come un soggetto che ha fatto del padre l'insostituibile. La verità, in entrambi i casi, è che il padre appare solo un figurante al quale si affittano e si delegano i costumi morali, troppo difficili da indossare perché stretti. Il capo del Governo assumerà quelle parvenze di capofamiglia investito di    una delega formale che permetta a tutte le pulsioni  di continuare a fluire in maniera incontrollata. La devastazione portata dai nuovi movimenti ha semplicemente decapitato un padre già morto, una figura che non aveva alcuna funzione se non quella di far credere che la sua funzione 'regolatrice' fosse attiva.    L’italiano si sente rappresentato meglio da un custode a tempo di poche regole deboli, indulgente verso le sue più antiche forme di vizio e di aggiramento della legge ( la perversione, appunto).

Il no di Papa Ratzinger e la lenta consunzione di Giovanni Paolo II hanno come punto centrale il soglio pontificio. La 'funzione' di Vicario di Cristo. Un elemento significante in nome del quale essi hanno annullato la loro soggettività. Il primo lasciandosi consumare sul soglio, convinto che il servigio che l'individuo da alla funzione comporti anche l'estremo sacrificio del corpo. Il secondo eliminando ogni propria velleità di regno temporale, scegliendo di nullificarsi non nel corpo, come nel primo caso, ma nella persona, pur di impedire che il soglio venisse sporcato con faccende troppo umane. Siamo in una prospettiva antimoderna. E' infatti frequente assistere al fenomeno opposto, nel quale la funzione viene asservita all'individuo sino a svilirla. Le cariche 'politiche' o manageriali, vengono occupate da narcisismi in preda a godimenti bulimici di ricchezza, fama e successo, che utilizzano la funzione per asservirla ai loro bassi istinti. Il caso dei consiglieri sorpresi a dilapidare denaro pubblico, è la fotografia attuale di quanto sia fuori moda immolarsi per una funzione. La figura stessa dello psicoanalista, che si incarna nella funzione  a patto di mortificarsi e rendersi assente, è oggi fuori moda. Sostituito da figure assai secolarizzate, ipertrofiche e sempre più ben inserite nella logica di mercato, finto avversario col quale si va a patti.

Si sono sprecate in questi periodi tumultuosi le definizioni sulla caduta del capo.  Dapprima nel centro destra, e successivamente del centro sinistra. 'Parricidio', parola tanto abusata, quanto fiori luogo. Il parricidio presuppone un padre regolare ( non necessariamente retto). Il parricidio èl’eliminazione fisica di un ingombro inamovibile con la parola, di qualcuno che sta tuttavia nella dialettica. Il padre perverso invece non ha figli, intesi come pargoli da ‘educare’ e ai quali impartire insegnamenti. Piuttosto si tratta di accoliti, di devoti, o di adoranti. Non siamo nell’ordine del padre che educa secondo meritocrazia, ma piuttosto quello del ‘godi’ come imperativo.Prendi parte alla festa.  Il padre perverso non sta nella dialettica, non osserva le regola, la legge, puravendone bisogno per poterla lambire  ( chi fa il mio lavoro lo sa bene). Ma usa metodiche di controllo, aggiramento, plagio, ricatto dei figli.  La selezione avviene non sul merito, quanto sull'accettazione del gioco perverso. Arrivando a tenerli in scacco con ricatto. Con lui non si dialoga, ma si accetta o no il suo gioco.  Quelli che decidono di affondare con lui, sono fatti della medesima pasta perversa, incapaci di pensarsi viventi senza di lui, spaesati di fronte ad un mondo di regole. Non è un padre, ma un sodale che introduce a lbaccanale. Chi perverso non è, cerca di chiamarsi fuori appellandosi ad una legge, o regola, magari quella di sopravvivenza. che sino a quel momento non è mai stata utilizzata in ambito familiare. Nel film gli ‘Gli ultimi giorni diHitler’ è ben chiara la distinzione tra le ss che si uccidono alla sola notizia della morte di Hitler, e coloro i quali invece si mettono in fuga. L’attentatodi Claus von Stauffenberg rivolto a Hitler non fu parricidio, ma tentativo‘sano’ di eliminare qualcuno che non si riconosceva come padre, ma come entità troppo fuori regola, capace di portare disgrazia alla famiglia. Kafka non opera un parricidio con la ‘Lettera al Padre’, quanto un estremo tentativo di ottenere un riconoscimento da un padre del quale disperatamente invocava l’amore. Quel padre ‘metro e misura ‘ di tutte le cose.  

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