Ha senso continuare a costruire l’Unione Europea? Io credo abbia senso più che mai. E non è una questione di fede.
Secondo gli ultimi dati Eurostat, nei 28 paesi dell’Unione Europea 113 milioni di europei versano in condizioni di povertà o di esclusione sociale.
Statisticamente il dato è migliore di quello dell’anno precedente, perché circa tre milioni di persone sono usciti da tale condizione.
Resta il fatto però che, se vogliamo rappresentare con immagini questi freddi – anzi, gelidi – dati statistici, possiamo dire che nei 28 paesi dell’UE, è migliorata la condizione di un numero di persone che rappresentano la popolazione di una grande città come Roma, ma che rimane comunque in condizione di povertà o esclusione sociale una popolazione che corrisponde al totale di due paesi come l’Italia e la Francia.
C’è ancora molto da fare.
In Italia, stima l’Istat (dati 2017), sono in povertà assoluta 1 milione e 778 mila famiglie residenti, composte da 5 milioni e 58 mila individui; rispetto al 2016 la povertà assoluta in Italia cresce in termini sia di famiglie sia di individui, così come cresce la povertà relativa.
I dati Eurostat per l’Italia appena uscito danno atto di un miglioramento per l’Italia nel 2018, anche se non per la fascia di età fino a sei anni, i più piccoli, rimanendo comunque il nostro paese il fanalino di coda degli Stati più grandi della UE.
I dati statistici rappresentano persone in carne ed ossa, e parliamo di persone in assoluta povertà, una parte dei quali assistiti dagli sportelli di Avvocato di Strada per l’aiuto legale e assistiti per le altre certo non meno importanti esigenze, da quel che rimane dei servizi territoriali e soprattutto dalle associazioni di volontariato.
Alcuni altri dati. Avvocato di Strada, del quale sono coordinatore dello sportello genovese, è lo studio legale più grande di Italia, ma nello stesso tempo quello che fattura meno, dando assistenza legale gratuita ai senza dimora. 3769 persone assistite gratuitamente in tutta Italia nel corso del 2017; 982 avvocati impegnati quotidianamente in sportelli aperti in 49 città italiane, che oggi sono arrivate al numero di 54. Il valore del lavoro legale messo a disposizione – gratuitamente, senza guadagno per i volontari avvocati e non – per fare questo è stimabile in 2,6 milioni di euro.
Un lavoro enorme, eppure una goccia nel mare di quei 5 milioni di persone in povertà assoluta.
Quello che emerge, da quando lo sportello genovese ha iniziato, nel 2013, ad offrire assistenza legale gratuita ai senza dimora è che i numeri delle statistiche relative ad Italia ed Europa prima citati sono confermati.
Accanto ai senza tetto, in aumento, che vivono in strada e nei dormitori gestiti dalle associazioni, aumenta il numero di chi un tetto, provvisorio o malandato, lo ha, ma sta per perderlo e si rivolge allo sportello.
Di chi perde la residenza, anche se ha ancora una rete di persone intorno.
Di chi, intendo dire, ha ancora intorno una rete di persone che lo possono anche ospitare, ma non possono accettare di condividere una convivenza anagrafica necessaria per far acquistare la residenza.
Non possono, perché con la convivenza anagrafica perderebbero i requisiti per il reddito o la pensione di cittadinanza, per l’abbonamento agevolato dei trasporti pubblici, perché varierebbe l’ISEE per le prestazioni sociali come così come varierebbe persino il requisito per accedere al patrocinio in giudizio a spese dello Stato, perdendo anche questo ombrello.
Senza residenza non si vota, non ci si cura se non quando si finisce al pronto soccorso, non si prende la pensione né il reddito di cittadinanza.
La maggior parte delle pratiche che curiamo negli sportelli per i senza dimora non sono relative a materia penale, come credono quasi tutti coloro, Avvocati compresi, si avvicinano per fare volontariato senza avere esperienza relativa a queste fasce di popolazione. Sono controversie per la residenza, per le pensioni, per famiglia, per lavoro. Sono controversie contro la povertà condotte per un esercito di ultimi, dietro ai quali vi è un esercito ancora più grande di poveri e di impoveriti.
Sono la dimostrazione del fallimento di un welfare già imperfetto ed insufficiente, peggiorato e che peggiora sempre più senza essere nemmeno scalfito dalle elemosine di cittadinanza.
E la cosa più tragica è che quando qualcuno, tramite l’aiuto pubblico e/o privato, con le proprie ritrovate risorse personali, può uscire dalla strada, spesso ci deve ritornare.
Sapete ad esempio che se una persona è crollata, nel corso della sua vita, finendo sfrattata per morosità da un alloggio di edilizia popolare, non potrà mai più essere assegnataria di un alloggio di edilizia popolare se prima non ha sanato completamente il suo debito?
Dovrà saldare tutto e subito, nessuna possibilità di rateazione del debito, anche se sono poche migliaia di euro che potrebbero essere spalmate su più anni insieme all’affitto.
Sapete che questa morosità si può trascinare sui familiari conviventi al tempo dello sfratto, che a loro volta non potranno accedere all’edilizia popolare o non potranno comunque subentrare nell’assegnazione dell’alloggio stesso?
Sapete che se una persona commette un reato nell’alloggio, potrà decadere dall’assegnazione e anzi, se è stato condannato o è stata eseguita la pena per reato non colposo superiore a cinque anni, per carità, certamente un reato grave quindi, non potrà più essere assegnatario di un alloggio di edilizia popolare in barba all’art. 27 Costituzione ed al precetto quindi che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato?
Quest’ultimo esempio riguarda una nuova norma – peggiorativa – inserita dalla Giunta Regionale ligure attuale nella già in precedenza imperfetta legge regionale sull’edilizia popolare, insieme ad altra norma che richiede per gli stranieri la residenza per almeno dieci anni, quest’ultima già cassata dalla Corte Costituzionale.
Un esempio di cosa voglia dire essere governati ed amministrati, in Italia, dalla destra o dalla sinistra. La sinistra può sbagliare, deviare. Ha fatto certamente non pochi sbagli. La destra, una certa destra che anche oggi governa il paese ed amministra Genova e la Liguria, non ha bisogno di fare certi sbagli, perché sono nel suo DNA politico e culturale.
Lo so, pensando a certi personaggi della attuale politica, a volte anche usare il termine “cultura” può sembrare eccessivo.
Detto questo, perché votare alle elezioni europee e come votare? Perché votare, se l’Europa è quella dell’Unione Monetaria, della Banca Centrale Europea, del fiscal compact, della libera concorrenza, argomenti che ritroviamo ogni volta che nel dibattito politico si parla di Europa?
Perché l’Europa è tutte queste cose, ma è anche l’Europa dei Diritti. Accanto al processo di unificazione monetaria è partita anche l’Europa della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, l’Unione Europea che non solo con i suoi stati, ma come Unione stessa aderisce alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. L’Europa è quella della dei diritti sociali,dell’inclusione sociale, del contrasto alla discriminazione.
L’Europa di oggi è il risultato di un processo ostacolato su più fronti, che non si è ancora concluso e che deve andare avanti: serve non solo una Europa che afferma i diritti sociali europei, ma un’Europa che garantisca l’universalità dei diritti sociali a livello europeo.
E nei diritti sociali c’è tutto: dignità, lavoro, casa, salute, ambiente, giustizia.
Un processo che deve coinvolgere i popoli ed i governi dell’Unione e che passa anche per le competenze del Parlamento Europeo.
Un processo che ha rallentato e che qualcuno – destre e sovranisti in primo luogo – vorrebbe fermare. Sta a noi scegliere quindi se vogliamo che questo processo di costruzione dell’Unione Europea venga fermato o se farlo ripartire, mandando gli uomini e le donne giuste al Parlamento Europeo. E di questo parliamo oggi, qui.
Diceva molti anni fa Gramsci: “Il vecchio mondo sta scomparendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro, nascono i mostri.”
Oggi siamo in un chiaroscuro dei diritti e dello stato di diritto e quei mostri che Gramsci stesso ha conosciuto non sono forse ancora nati. Forse.
Ma piccoli mostri già governano questo paese, amministrano questa ed altre città e regioni. Non lasciamo loro anche l’Europa. Inviamo al Parlamento Europeo Donne ed Uomini competenti, con una cultura ed un’etica di sinistra, e che sappiano difendere gli ultimi e comunque tutti/e noi, affermando i diritti sociali e difendendo lo stato di diritto, oggi mortificato in Italia ed in altri paesi europei. Era facile fino a poco tempo fa fare l’esempio negativo dell’involuzione ungherese e polacca: oggi anche l’Italia è uno di questi esempi.
Costruiamo l’Europa, invece di distruggerla e far crescere i mostri.
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