I buonisti ipocriti, come pure i materialisti che negano l’importanza della vita interiore, non vivono veramente: sono privi di un reale contatto col mondo interno proprio ed altrui. Evitando di riconoscere quanto di innegabile (di miserabile, di turpe, di folle) esiste in ciascuno di noi, essi si precludono la possibilità di costruire o ricostruire quanto di altrettanto vero (di bello, di amabile, di sublime) possiamo ricavare dall’esperienza di noi stessi e dei nostri simili. Spesso (sempre?) il Poeta si confronta con le realtà umane più detestabili allo scopo di sfidarle, di far trionfare, con la propria Arte, ciò che c’è di più vitale nell’essere umano: l’aspirazione al sublime. È come se fosse necessario un viaggio nel più profondo dell’inferno allo scopo di riemergerne, riparando il riparabile, per ritrovare la propria integrità interiore. Umberto Saba compiva quasi quotidianamente questo viaggio, inoltrandosi nei quartieri più poveri e malfamati della sua Trieste:
“io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse come, in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.”
Il Poeta, ponendosi in deciso contrasto sia con la vuota retorica del buonista, sia con l’aridità del materialista, rappresenta un modello per il terapeuta, come per chiunque aspiri a rapporti umani autentici. Solo seguendo il suo esempio, ossia non risparmiandosi il contatto con le realtà umane più spiacevoli, si possono evitare le facili scorciatoie (in realtà trappole) con cui ci s’illude di evitare di soffrire nei rapporti coi nostri simili e con noi stessi: il buonismo ipocrita, che porta ad idealizzare in modo illusorio ciò che idealizzabile non è (e a vivere in una “realtà” che non esiste), e il materialismo privo di sensibilità, che, per evitare la sofferenza, finisce per sopprimere ciò che è l’essenza della vita.
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