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Welfare o Burocrazia? #Liguria #Genova #Italia

2 Gen 21

A cura di Emilio Robotti

“Papà, che cos’è la burocrazia?” chiede mio figlio di otto anni. Dove l’abbia sentita questa parola, chissà. Domanda ostica quasi come quelle sulla riproduzione della specie. La sorella di sei anni, di solito il genio di famiglia, questa volta comprensibilmente cade dal piedistallo: “IO LA SO!” urla. “LA BURROCRAZIA E’ QUALCOSA CON IL BURRO!!!” Scoppio a ridere e i bimbi mi seguono nella risata. “No bambini, la burocrazia è una cosa strana e difficile da spiegare. E’ una brutta cosa, ma a volte viene chiamata burocrazia anche qualcosa che in realtà è buona, perchè serve a difendere i diritti di tutti. In quel caso, si dice che bisogna eliminare la burocrazia solo per fare i propri comodi o i propri affari a capito di tutti gli altri e della comunità. Ad esempio, c’è chi non vuole burocrazia e chiama così quelle leggi che proteggono i parchi naturali e l’ambiente: non vuole quelle Leggi perchè vorrebbe costruire qualcosa per guadagnare inquinando, o eliminando servizi utili o spazi per la collettività. Ricordate quando volevano chiudere i Giardini Luzzati per fare qualcosa di diverso, di commerciale?” Il grande:“ Si mi ricordo, quando avevamo paura di non avere più lo spazio per giocare e fare tutte quelle cose anche con la scuola”. “Si, esatto, chiudendo i Giardini Luzzati avrebbero colpito la comunità in cui viviamo qui nel Centro Storico di Genova, solo per dare la possibilità a qualcuno di provare a fare soldi e basta, togliendo la possibilità a bambini, anziani, residenti e non, di stare insieme e fare cose insieme”. 

“Quindi la burocrazia è una cosa buona o cattiva?” “E’ una cosa cattiva. Ma talvolta, come dicevo, viene chiamata burocrazia una cosa buona, cioè una Legge o una norma a tutela di tutti/e noi”. 

“Ma allora, quando è una cosa cattiva?”. “E’ una cosa cattiva quando è stupida, crea difficoltà inutili senza motivo o  addirittura colpisce la dignità delle persone. Le fa vergognare, sentire stupide ed inutili. Ad esempio, ricordate quando l’altro giorno quel signore anziano alla cassa del supermercato è stato un sacco a togliere una cosa da comprare, a metterne un’altra ecc. e le persone in coda con noi si lamentavano per dover aspettare?”.

“Si, mi ricordo, non ne potevamo più, ma ci hai detto che non era colpa sua nè del cassiere”.

“Ecco, sì, quella era burocrazia. Quel signore anziano aveva chiesto aiuto essendo in difficoltà. Non aveva abbastanza soldi. E allora, lo Stato, il Comune ecc. gli ha dato dei buoni spesa. Solo quelli, una elemosina senza accompagnarla a qualcosa che potesse risolvere la sua situazione e quella delle altre persone in difficoltà come lui: aumentare le pensioni, ad esempio, o diminuire le tasse a chi ha meno e alzarle a quelli veramente ricchi o ricchissimi. Meglio che niente, per carità. Ma ci hanno messo la burocrazia. Non si pensa ad andare a cercare chi ha bisogno e dirgli che c’è questa elemosina. Ci sono moduli da compilare, spesso difficili e ci vuole il computer. E quindi, quel signore deve persino chiedere aiuto per farsi aiutare. Ma quando c’è riuscito, viene umiliato. Perché quei pochi soldi nel buono possono essere spesi solo per comprare cibo. Ad esempio – potrei sbagliare – per comprare il pane, ma non detersivi per lavare i piatti, o lo shampoo, non per comprare i giornali, o le pile per la radiolina che usa in bagno per sentire le notizie, o per comprare un regalo alla nipotina. Lo umiliano in questo modo, gli dicono che non è in grado di decidere come spendere quei denari, gli dicono che se è povero è solo colpa sua, perché se ha del denaro , anche poco, lo spende male. Che anche se è anziano, è proprio come un bambino.”

Mio figlio più grande si illumina: “Ho capito, burocrazia è quando non c’è rispetto!!” “Si tesoro, burocrazia in fondo è proprio questo. E’ un ostacolo inutile, è quando le istituzioni mancano di rispetto alle persone. Ma bisognerebbe parlare adesso di cosa è la solidarietà”. “No papà, non adesso ti prego, abbiamo i nostri diritti, vogliamo giocare!” mi rispondono, in coro. Ridiamo, mi sembra che mi scoppi il cuore nel petto mentre li guardo ridere, con quei sorrisi a denti alterni per la caduta dei denti da latte. Ci abbracciamo ridendo e taccio, parlano loro. Bisogna rispettare anche il proprio piccolo ed affezionato pubblico, no?

Ma oltre a rispettarlo, bisogna ascoltarlo. E ripensare un modello di welfare che non funzionava, che andava ripensato e che invece viene smantellato o trasformato in prebende e risarcimenti anche a livello governativo. Un nuovo modello di welfare che è assente nei programmi di Regione e Comune (Bucci e la Giunta Comunale a Genova stanno ora smantellando definitivamente il decentramento dei Municipi, che se ben utilizzato potrebbe essere fondamentale anche per un welfare efficace) e che non ha sufficiente approfondimento, per noi che stiamo all’opposizione. Eppure, basterebbe ascoltare gli interessati e chi cerca di fare solidarietà, da anni, nelle comunità di quartiere e sulla strada. O almeno, ascoltare i bambini e riflettere.

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