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WHO’S THE PARASITE?

9 Giu 20

A cura di Annalisa Piergallini

Avevo molto da fare in lockdown, ma una sera mi sono concessa finalmente un film e ho scelto Parasite che non avevo visto, di cui avevo molto sentito parlare e che nel 2019 aveva vinto un numero incredibile di premi . Per esempio è stato il primo film sudcoreano ad aggiudicarsi la Palma d’oro, il primo lungometraggio a vincere il Premio Oscar come miglior film non in lingua inglese (non considerando i film muti).
Insomma pensavo ingenuamente di andare sul sicuro, invece mi si è parato davanti una specie de L'idiota di Dostojevskij, ma senza idiota, con i personaggi profondi come Super-man e pesanti come la De Filippi, che non vale un'unghia del neorealismo né una scena di Pulp fiction.
Parasite descrive un mondo contemporaneo fondato solo sulla ricchezza e su come squallidamente si tenti di raggiungerla. Ma il mondo è stato sempre violento e selvaggio; solo che nelle case c’erano i crocifissi, o le foto di Pablo Escobar, Padre Pio o i Led Zeppelin. Ora ci sono elettrodomestici, computer, beni di consumo, oggetti, che valgono come oggetti. Nelle case di Parasite ci sono le cose che mancano, la connessione soprattutto. E anche i ricchi sono vuoti, hanno solo le cose. Il mondo è solo materialismo, questo è il problema della contemporaneità: quello che è permesso diventa obbligatorio. Apparentemente il film sembra bravo a mostrare i disastri del capitalismo globale e selvaggio. Ma vediamo perché ‘apparentemente’.
Primo perché non vela, secondo perché non svela. Parasite genera sofferenza infinita, senza darti significanti nuovi, chiavi di lettura, speranze, niente. Non è la sofferenza il problema perché anche vedendo Black Mirror ho sofferto, per dirne una, ma lo consiglierei, perché è un capolavoro, mostra il mondo contemporaneo in un modo che ti aziona dei collegamenti neurali. Vale la pena anche perché le neuroscienze insegnano che sul cervello umano le certezze sono pochissime, ma si sa che il cervello è plastico e creativo e molto dipende dalla relazione . Azionare collegamenti neurali fa bene alla salute. Vedere fa soffrire ma giova. E anche questa storia della sofferenza necessaria è fuorviante. Alla salute fa molto peggio subire le conseguenze del sistema senza vederle. Poi bisogna sopportarle senza deprimersi, quindi occorrono altri, nuovi e continui collegamenti neurali. Dov’era l’es deve giungere l’io. Freud è tutt’altro che superato.
In Parasite la sofferenza invece è ingiustificata, perché non mostra niente di nuovo. Una sofferenza inutile perché senza alcuna catarsi c’è solo la tragedia, come nella realtà, non è arte. Non apre gli occhi. Anzi li chiude. Come la banana di Cattelan. Una sofferenza inquinante e velenosa, fuorviante, schiava di una certa logica. Vediamo perché.
Parassita è la famiglia povera e vittima. La famiglia ricca è solo vittima. Sotto sotto, con sofferenza noia e sforzo scorgiamo: è l’uomo a essere parassita, la terra vittima. Ma è un senso a cui il film non concede speranze. Spinge piuttosto verso la cecità, volontaria, irresponsabile, vigliacca, chi quei privilegi, almeno alcuni, della famiglia ricca, ce li ha e non vuole vedere che stiamo andando verso il baratro.
L’idiota di Dostojevskij non è perso completamente, non è cattivo, non è vuoto e ti dà una bombola d’ossigeno per viaggiare in quel mondo. Il bordo logoro del cappotto vissuto come una ferita, in un mondo violento egoista perso. Ma L’idiota ti permette di respirare. E proprio per questo riesci a vedere meglio. L'effetto deprimente di Parasite è devastante e si moltiplica se ci si interroga sull’interminabile elenco dei premi vinti. Sono sempre più convinta che dobbiamo renderci sordi, perché l’arte in tutte le sue forme purtroppo è imbarbarita dal capitalismo selvaggio, almeno quella ‘ufficiale’. Ma anche la scuola, la politica… La terra sta collassando per colpa del capitalismo selvaggio.
"Sostenere una crescita infinita, in un paese finito, è un suicidio" Non è complotto è capitalismo, è l'usa e getta, è chi è più forte vince, chi è più ricco ha più cose, è tutto sbagliato. Non basteranno pannelli solari e pali eolici. Non basterà l'ecocarburante che vuol dire deforestazione . O si cambia o si finisce. Stanno giocando col tempo e con la vita nostra e di chi viene dopo di noi. Niente vale questo. Siamo all'ultimo quadro del videogioco e gli esseri umani affrontano il mostro finale: se stessi.
Ecco perché Parasite è un parassita, non crea non produce non lavora, prende l’inferno reale e lo riproduce rendendolo caricatura grottesca e fuorviante, finendo cugino delle fake news che lungi dall’essere contro, alimentano la confusione con la ‘strategia della distrazione’.
Parasite non vela e neppure svela ma copre l’accesso a cogliersi parte attiva di una tragedia, permettendo solo la noiosa perversa identificazione con la vittima o col carnefice. È il parassita di una società del suicidio, che comincia con una goccia qualunque nella storia, una casualità, come vedere un film particolarmente deprimente in un momento deprimente…
Perdonatemi il sarcasmo: non è il momento di essere ciechi o cinici. Un film, un quadro, un libro possono rendere svegli e sognatori migliaia di dormienti, quindi premiamone uno che lo faccia e non che si limiti a fotocopiare e devastare.
Non è complottismo è capitalismo. Il sapere è dalla parte del servo , non del padrone che, anche volendo, non sa riconoscerlo.
Sono sempre più convinta che dobbiamo renderci sordi, dalle mie parti c’è un detto straordinario: nu pare de recchie sorde sa quante campane stracca?! Un paio di orecchie sorde sai quante campane stancano?!!

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