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XX secolo: terapie riparative o depatologizzazione?

15 Lug 13

A cura di Manlio Converti

Nel dopoguerra, usciti dai campi di concentramento con il triangolo rosa, nessun omosessuale lo ammise. Molti finirono comunque per essere arrestati, soprattutto nei Paesi come la Germania, che avevano una legislazione omofoba, scontando gli anni di pena senza neanche computare quelli patiti durante la guerra. Altri vennero chiusi nei manicomi, generalmente a vita, laddove l’omosessualità era considerata una malattia ufficialmente.

In Italia, nel 1967, divenne celebre il caso del partigiano e poeta Aldo Braibanti, accusato e condannato per un reato inesistente, il plagio, mentre il giovane compagno Giovanni Sanfratello venne tratto dalla famiglia in manicomio, dove subì tra le varie umiliazioni anche numerosi elettrochoc. La parola “omosessualità” venne citata spesso, per essere negata, durante il processo dal perito psichiatra Aldo Semerari, poi implicato in questioni legate al terrorismo di matrice fascista, e sostituita da quella di plagio, un reato inventato solo in Italia ed applicato solo in questo caso. Questo metodo della "negazione" è una caratteristica della cultura omofoba italiana, apparentemente liberale soprattutto nel meridione, ma i cui effetti reali, all'opposto, sono sempre stati devastanti, come per la vita della coppia Braibanti-Sanfratello.

Nel 1972, all’improvviso, negli USA, al congresso nazionale dell’APA, American Psychiatric Association, si presenta in maschera e col nome di Dott. Anonymous uno psichiatra, che dichiara pubblicamente di essere omosessuale, di rappresentare anche altri psichiatri e medici nelle medesime condizioni di difficoltà e di non essere disponibile ad accettare l’omosessualità come patologia psichiatrica, sulla base di un celebre discorso scritto a stampatello su fogli di carta ormai ingialliti.

L’effetto dirompente ottenne il 17 maggio 1993 un riconoscimento definitivo da parte dell’OMS con la cancellazione dell’omosessualità dalle patologie psichiatriche, ma non per il SSN italiano, e favorì la realizzazione di legislazioni contro l’omofobia e molti studi internazionali sulle persone omosessuali e transessuali, come gruppo sociale e non come pazienti, in tutti i Paesi che finora l’hanno sottoscritta.

Due anni dopo nasce però, a causa dello psichiatra Joseph Nicolosi, un movimento che propone le cosiddette “terapie riparative” per “curare” le persone dalla “presunta” omosessualità, sulla base di modelli che confondono religione, psicologia, rituali new age e torture fisiche e psicologiche vere e proprie.
Protagonista di questa doppia linea è stato soprattutto lo psichiatra Robert Spitzer che dapprima sostenne l’omosessualità come “normale variante della sessualità”, poi pubblicò nel 2001 uno studio sulla effettiva possibilità di cambiamento dell’orientamento sessuale, un solo studio basato sulle sue interviste private.
Il meccanismo, che potrete trovare online, purtroppo anche in italiano, si basa su alcune comunità presiedute o sponsorizzate dai sedicenti ex-gay come garanzia di efficacia delle terapie riparative. Nonostante la perfidia di indurre familiari a praticare violenza, soprattutto sui figli adolescenti, e ancor peggio convincere persone, che vivono in condizioni già difficili per l'omofobia della società che li circonda, di essere loro, i propri istinti naturali ed i propri sentimenti ad essere sbagliati, questi movimenti non si fermano e trovano sostegno online tra medici e psicologi.

D'altra parte un numero crescente di studi successivi condotti da psichiatri omosessuali ed eterosessuali ha decretato l'insussistenza di queste pratiche e molte comunità sono state progressivamente chiuse dopo alcuni casi di suicidio oppure dopo la confessione o l’outing di alcuni suoi membri fondatori, trovati con il proprio o la propria compagna: dello stesso sesso!
L’OMS ha dichiarato prive di scientificità ed “ai limiti della tortura” qualunque tentativo di cambiare l’orientamento sessuale, ma anche questa decisione non è stata presa in considerazione dai medici in Italia: finora!

Nell'ambito del transessualismo, di fatto un fenomeno nato dopo gli anni cinquanta, seppure presente sotto altre forme quando la chirurgia e gli ormoni non erano capaci di tali trasformazioni, si deve rimarcare un minore progresso pragmatico. La necessità di giustificare gli atti chirurgici e medici impone la presenza di codici sanitari e l'unica differenza è stata nella recente storia del DSM di trasformare il "transessualismo" in "DIG", prima nel senso di DISTURBO dell'Identità di Genere, e dal 2013 nel senso di DISFORIA dell'Identità di Genere.
La violenta imposizione ideologica del gruppo che fa capo al NARTH è, in questo caso, basata sulla banalizzazione del comportamento e del desiderio, della personalità e dell'identità, ridotte tutte nella semplice sigla dei cromosomi alternativi XX ed XY. Secondo gli estensori delle "terapie riparative" i cromosomi in quanto "verbo" dovrebbero in questo caso obbligare l'essere umano ad adattarsi a questa formula e non il mondo alla nostra capacità intellettuale ed artistica.
A Salerno, proprio dove è approdata la prima scuola medica moderna, Martina Castellana, dermatologa, dirigente medico ASL, all'anagrafe nata Michele, ha aperto un centro D.I.G. che si occupa del percorso chirurgico ed ormonale delle transessuali da uomo a donna (MtF) come di quelle da donna ad uomo (FtM). Lei stessa ha anche ottenuto, senza essere obbligata all'operazione di transizione dei genitali, di essere riconosciuta donna ufficialmente, scavalcando i pregiudizi giuridici che impongono ancora il divorzio e la castrazione nel nostro Paese a chi decida di cambiare genere all'anagrafe.

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