Relazione CTU sul Sig. Giorgio Panini
Perizia eseguita dal Prof. Romolo Rossi su incarico del GIP Dott.ssa M. Teresa Rubini.
Nasce, il sig. Giorgio Panini, nel '42, secondogenito con una sorella di molto maggiore, in tempo di guerra, in una famiglia tra il piccolo borghese e l'operaia, in cui però il padre, con la sua forza di carattere ed intensità di progetti, fornisce presto, attraverso la propria attività, un buon livello economico. L'infanzia di Giorgio è difficile: afflitto da una penosa e imbarazzante enuresi fino all'adolescenza, enuresi già di per sé espressione di elementi conflittuali, che viene ad inserirsi a circolo vizioso nelle sue difficoltà relazionali, presenta anche sicuramente, fino alla tarda adolescenza, rilevanti problemi di discalculia probabilmente legati ad un arresto generalizzato di sviluppo più che ad un disturbo specifico, arresto anch'esso da riferirsi alla conflittualità infantile; il ricordo delle percosse che derivavano dalla sua insufficienza di apprendimento si inserisce bene in questo ambito frustrante e umiliante. I suoi problemi si innescavano nei rapporti complessi coi genitori: il padre, vissuto da lui come uomo di eccezionali capacità, duro, sicuro, volitivo e pretenzioso, esprimeva ed ha sempre espresso nei suoi riguardi disapprovazione e disprezzo, fino a farlo sentire limitato, da meno, incapace, ed inadeguato a costruire un personaggio all'altezza del suo frustrante ideale dell'Io. Ma il cupo senso di ottusa tragedia doveva derivargli dal rapporto colla madre, donna depressa e certamente gravata, nella prima infanzia di Giorgio, da un nucleo drammatico legato al suicidio della sorella, avvenuto nel '45, probabilmente in seguito ad un rapporto affettivo con un soldato tedesco. La madre si diede all'alcool, e la sua presenza grava su Giorgio finchè non morì, quando egli era trentenne. Padre, dunque, duro e scostante, madre melancolica e distaccata, nucleo o grumo di tragedia ascosa nelle viscere della famiglia, certo con senso di colpa e recriminazione, turbe somatiche umilianti, difficoltà di linguaggio e quindi relazionali, sono una articolata spiegazione della ferita, dell'umiliazione narcisistica annidata entro il sé in strutturazione con rilevante lesione del sé, e con la formazione di un bisogno di risarcimento, e di una rabbia interiore narcisistica. L'aggressività strisciante era certo presente: la collezione di armi non era, in questo senso, che l'espressione del desiderio fantastico, e sublimato, per così dire, nel collezionismo, di preparare il riscatto e il risarcimento grandioso anche se era connesso a tradizioni familiari. La diade rabbia-vergogna, di cui parleremo più avanti anche da un punto di vista teorico, si sviluppò seguendo le basi della personalità ferita e lesa. Dopo il collegio, nella tarda adolescenza, intorno ai 15 anni, il sig. Panini attraversò un momento di intensa turbolenza emotiva e comportamentale, con comportamenti astiosi e oppositivi verso il padre, che giunse fino a comportamenti antisociali di notevole gravità: fu coinvolto in attività criminose, fino alla rapina a mano armata a distributori, con un fucile sottratto al padre. Ne seguì una condanna, per cui egli fu internato nella Nave Garaventa, ove passò tre anni, in situazione di grave conflitto con gli educatori, che confermarono a circolo vizioso la ferita narcisistica e la diade rabbia-vergogna. Bisogna dire che dopo l'esperienza della Garaventa, i comportamenti strettamente antisociali cessano, fino all'episodio di cui qui si discute. A posteriori, egli sostiene che forse questa esperienza gli fece bene, almeno in questo senso, anche se in realtà alimentò la struttura narcisistica delle personalità.
Una personalità di questo tipo procede di solito per circoli viziosi masochistici, confermando per coazione a ripetere le proprie frustrazioni e procurandosi una serie di guai e preoccupazioni inenarrabili. Convisse dal 1982 con la donna che aveva abbandonato 10 anni prima da fidanzato, dopo che ella si era sposata con un altro e aveva avuto due figlie, trovando in verità un accettabile e negatorio modo di convivenza. Il rapporto, di fatto senza vita sessuale, si basava su una convenzione affettiva non certo priva di ambivalenze, su cui torneremo. E la sua frustrazione e la diade disperazione rabbia, o vergogna rabbia, fu alimentato da una innumerevole serie di difficoltà, crack finanziari, insolvenze, contenziosi fiscali, denunce, difficoltà economiche varie nella sua vita imprenditoriale che sono da un lato legati ad un destino avverso, dall'altro alla sua raffinata capacità di far diventare avverso ogni destino, ciò che è ben comprensibile se si pon mente alla sua storia infantile.
Il colloquio si svolge all'interno di uno stile comportamentale scorrevole, ed il sig. Panini è adeguato nella persona per ciò che la situazione consente. L'attitudine generale è in linea di massima collaborativa, o fors'anche sottomessa, con una sfumatura di condiscendenza, senza poter nascondere il sospetto ed il timore del resto comprensibilmente portati dalla situazione fiscale. Già al primo impatto si coglie nettamente l'ambivalenza, insita nel comportamento generale, con una insufficiente mescolanza tra esigenza di piena collaborazione ed una rigida e diffidente resistenza. Ne consegue una certa incongruità generale che si coglie nella postura, nei movimenti rigidi e talora non ben integrati col tono di voce ed i contenuti, che esprime probabilmente una incongruità di tipo emotivo. La mimica è in qualche modo poco mobile, talora figée, come se indossasse una maschera teatrale. Egli comunica dunque la sensazione di un continuo arrière pensée, come se esistessero due modalità di vissuto, una di superficie che si utilizza per il rapporto attuale ed una sottostante, ma immediatamente in contatto con la prima con la quale interferisce. Non presenta turbe di coscienza di nessun tipo. Si coglie però, al di là dell'adeguatezza formale, una attitudine, che è una sfumatura ma non per questo meno evidente, che potremmo definire distaccata e trasognata. Il suo isolamento narcisistico è evidente dal modo come entra in contatto, con una impostazione mimica e prosodica, che mima una attenzione continua ma esterna, come parlasse di un altro o seguisse un canovaccio, come lontana, come persona non veramente interessata al rapporto e alle sue risonanze interiori. Davvero si può riferire a lui la metafora di Kretschmer delle ville romane, inespressive e tranquille dietro le persiane chiuse, che a lui, tedesco del secolo scorso, facevano pensare ad un pullulare interno di emotività.
Sembra che i vissuti del Sig. Panini si esprimano poco attraverso il rapporto e il comportamento relazionale, ma più attraverso l'affollarsi di contenuti autoriferentisi, che gli danno quell'allure generale spesso riportato da chi lo osservava dall'esterno, di uomo riservato e poco socievole. Ci si trova di fronte ad un individuo che pare avvezzo ad un isolamento emotivo di antica data, e che ha come modalità relazionale solo elementi formali, presi da schemi esterni ed in qualche modo imitati, o comunque senza vissuto di proprietà emotiva. Anche la qualità del lessico, dell'espressione, della prosodia, ne risente, per cui si ha l'impressione di una persona piuttosto povera ma non carente di vivacità, in accordo con la sua storia, ed i suoi trascorsi, certo non privi di turbolenze.
Lucido, orientato nel tempo e nello spazio e nelle persone, il campo di coscienza è sufficientemente esteso e comprensivo, senza restringimenti, e la coscienza permette slittamenti e spostamenti temporali adeguati e competenti. La coscienza dell'Io sembra nella norma, non si hanno alterazioni del sentimento di proprietà dei propri atti di conoscenza; non depersonalizzazione auto-allo o somatopsichica. Non vi sono fenomeni di Vorbeireden, non fenomeni di dreamy states. I compiti mnesici e operativi sono eseguiti senza operazioni a côté, o al di là del punto. La memoria sembra, nei termini elementari, in ordine. Gli eventi immediati, recenti e presenti, sono ricercati con caparbietà e precisione. I contenuti mnesici sono sistemati in schemi temporali esatti, non v'è rattrappimento della susseguenza temporale e storica degli eventi, non vi sono paramnesie, non confabulazione, non aspetti dismnesici o di deformazione di nessun tipo. Gli eventi che coincidono e riguardano gli omicidi sono invece presentati come sconosciuti, estranei, con qualche recupero più recente, ma immersi in una specifica inconsapevolezza, come attività totalmente estranea e non posseduta dalla coscienza dell'Io, con un atteggiamento di perplessità globale.
Dunque se la situazione generale per ciò che riguarda la funzione mnesica è ottimale, occorre rilevare la presenza di amnesie lacunari specifiche. In realtà aree di scotomi mnesici investono gli eventi concatenati ed i lassi di tempo che si riferiscono alle sue azioni criminose. Queste sono in parte cancellate, in una atmosfera tra il trasognato e il perplesso, con una attitudine di chi si chiede cosa mai siano queste cose e con una aria di Ratlösigkeit, di perdita di contenuti attraverso la confusione: l'attributo perplesso è quello che meglio si adatta a questa situazione. Clinicamente questo fenomeno non può essere considerato un vero "malingering". Sembra, perché i due stati mentali si sovrappongono, che accanto a questo vi sia una condizione di doppia coscienza o coscienza dell'Io collaterale, un fenomeno cioè di tipo ganseriforme, anche se propriamente non si rilevano, come abbiamo visto, i segni specifici del Ganser.
Le sequenze degli eventi criminosi appaiono investite da una onda di parziale rimozione, che deriva da una mescolanza di angoscia e di sentimenti, più che di colpa, di imbarazzo profondo, e che rendono sconveniente il ricordo, e di un forte guadagno secondario che lo induce ad utilizzare queste attitudini conversive. In ogni caso, questa conversione è un fenomeno che riguarda la revisione degli eventi, la modalità, diremmo così, stilistica del racconto: è nel racconto a posteriori che si applicano queste scissioni mnesiche, e non riguardano l'evento mnesico prodotto da un particolare stato di coscienza al momento del fatto. E', in altre parole, una sorta di stratagemma narrativo che, in modo oscillante tra il cosciente e il non cosciente, egli ha adottato.
Si comprende, da quel che abbiamo detto, che l'attenzione è in ordine solo parzialmente: le risposte sono adeguate, parla opportunamente se interrogato, ma prende iniziative autonome nel racconto, con una buona tensione attiva verso la situazione e le argomentazioni: non v'è, insomma, segno di ipoprosessia. Tuttavia la presenza di un continuo "arrière pensèe" rende l'attività attentiva sospesa e alternante.
Manca ogni segno focale. Non afasie né ricettive né di trasmissione né espressive, non disartrie. I compiti di sistemazione spaziale nel foglio sono normalmente eseguiti, non aprassie costruttive, né aprassia in generale, la scrittura sia spontanea che de façon servile è normale, non agnosia né agnosia simultanea, prove di costruttività normali, non closing-in, non fingeragnosia, non acalculia, normale l'incolonnamento nelle operazioni aritmetiche, non alterazione destra-sinistra, non somatoagnosie, non estinzione sensoriale. Il funzionamento fronto temporo-parietale appare insomma in ordine.
Il linguaggio, come si coglie durante il colloquio, appare corretto, abbastanza scorrevole con frequente presa di iniziativa, ricapitolazioni e richiami, addirittura richiami all'ordine dell'interlocutore se ha l'impressione che questi lasci l'argomento inconcluso. Ma la prosodia, il ritmo della frase, un certo grado di vischiosità e di rallentamento riportano la regola di un linguaggio depressivo.
Il lessico è buono, non artificioso e abbastanza corrispondente al suo livello culturale, spesso l'uso di una terminologia pseudo-tecnicistica gli conferisce un'aria enfatica e costruita ad hoc. I legami associativi a tutti i livelli, grammaticale, sintattico e logico, sono in ordine. Accettabile dunque la fluenza del discorso, non vi sono aspetti di deviazione, di deragliamento o di iperinclusività, non si hanno espressioni paralogiche o neologistiche, non stereotipie o palilalie. Insomma sul piano strettamente formale il linguaggio sembra in ordine, ma a dire il vero qualche segno di intoppo, di scucitura dell'apparato logico e comunicativo, una certa singolare prosodia, danno alla comunicazione una sfumatura un po' innaturale, come di una persona che viva in un mondo suo, distaccato, in modo eccessivamente autonomo.
La percezione è come di norma: non esistono oggi, e non risulta siano mai esistiti, fenomeni dispercettivi né quantitativamente né qualitativamente, non fatti illusori, non percezioni senza oggetto, quindi non allucinazioni, né pseudoallucinazioni, non percezioni corporee anomale. Non istanze allusive, né particolare sospettosità o sensitività di allure paranoide, all'atto del colloquio.
Non risultano percezioni deliranti, fenomeni di diffusione o furto del pensiero, iperallusività, ripetizione sonora del pensiero, commento degli atti, colloquio di voci, allucinazioni imperative, esperienze di influenzamento. In sintesi non vi sono fenomeni appartenenti alla sindrome di azione esterna o all'automatismo mentale.
L'affettività ha una apparenza abbastanza adeguata ma sembra svolgersi in una atmosfera di scoramento, rassegnazione, ansia vissuta come esperienza interiore astenizzante. Ma gli eventi, emotivamente immani, dei suoi trascorsi, sembrano scuoterlo poco: il coinvolgimento è limitato, i vissuti di rimorso sono formali, l'argomento è distanziato e raffreddato. Tuttavia non c'è dubbio che il livello ansioso deve essere notevole, e deve essere sempre stato così: si tratta, sembra, di un'ansia vissuta, dicevamo come esperienza bloccante, e sembra che ogni richiesta di aumento di prestazioni interpersonale e sociale produca la risposta di insufficienza, determinando una componente di inerzia e di rinuncia che limita criticamente ogni tipo di rendimento sociale. Siamo di fronte ad una grave depressione dell'umore, di struttura melancolica, che si evidenzia con perdita della spinta vitale primaria, più in termini somatici globali che psichici, come tristezza. La vera Untergrundepression di K. Schneider. Il rapporto cogli altri sembra tranciato in una atmosfera di cupa desolazione, anche se le condizioni di vita carceraria non permettono conclusioni molto attendibili. Ma sulla depressione vitale grave, melancolica dell'umore, non vi sono dubbi.
Non vi sono fobie strutturate, non claustro ne agorafobie, non sentimenti di panico. Invece esiste un quadro di stato da allarme generale, che investe la cenestesi, la sfiducia nel proprio corpo, il senso di precarietà generale e di bisogno di conferma e rassicurazione. Su questa sorta di inerzia genericamente psicofobica si basa la grande dipendenza del paziente, che si esprimeva in un bisogno spasmodico di relazione , frustrato con conseguente angosce di perdita.
L'ideazione, nei suoi aspetti formali, presenta processi abbastanza rilevanti o di rallentamento. Si può notare una certa vischiosità, nel modo prolisso, circostanziato e tornante di procedere della narrazione. Non manca in questo un certo grado di ripetitività ossessiva che, anche se non raggiunge il livello propriamente ossessivo-compulsivo, vi si avvicina nella rimuginazione e nella insicurezza. Anche egli se non presta molta attenzione ai movimenti mimici dell'interlocutore e non mostra ipercompiacenza, o prontezza ad aderire agli statements dell'intervistatore. Non vi sono convincimenti di pensiero erroneo o distorsioni della coscienza della realtà o perdite del reality test, che possano far pensare a strutture deliranti, come abbiamo già accennato in precedenza.
A prima vista, l'attitudine ingenua del tentativo di controllo farebbe pensare ad un pensiero povero, concreto, con qualche elemento di ottusità: in realtà questa impressione e questi rilievi iniziali contrastano con la possibilità di cogliere elementi sottili di distacco, come un modo distante e impersonale di riferire non solo gli eventi obbiettivamente atroci della sua vita, come non gli appartenessero, ma in generale tutta la sua vita. Non possiamo escludere una componente istrionica, di tecnica di teatro, di manipolazione della Selbsbewusstein, di impostazioni pseudologiche, nell'intento, sul filo del rasoio tra la simulazione e la coscienza ganseriforme, di presentare una angolatura di sé integro, ma è assai più attendibile che la condizione sia da riferirsi ad una impostazione narcisistica, in cui prevale la realtà interna, con le sue esigenze di costruire una immagine a se stante, svincolato da regole sociali e norme relazionali, con reali difficoltà di comunicazione non solo emotiva ma anche linguistica: in questo senso è comprensibile che la comunicazione, nella sua globalità, divenga povera, limitata, priva di vivacità e dell'accompagnamento emozionale. Tutto questo è certamente alimentato da uno stile di vita fusionale e imbozzolata immerso in un rapporto con se stesso coinvolgente e autosufficiente impenetrabile all'esterno, aiutato dall'isolamento sociale e della diffidenza legata ai traumi sociali cui è stato esposto.
E' intanto evidente che non ci troviamo di fronte ad un quadro psicotico evidente e conclamato in senso paranoide e schizofrenico. L'integrità sostanziale del linguaggio, la coerenza e il susseguirsi corretto delle concentrazioni associative, l'attitudine generale globalmente adeguata, i contenuti di pensiero privi di dimensione di convincimento palesemente erroneo, o di allontanamento formale della coscienza di realtà (reality test), l'assenza di elementi dispercettivi, di automatismo mentale, di fenomeni di azione esterna e proiettività paranoide, la presenza di una motilità sciolta, e non bloccata, senza fenomeni di stereotipia, di palicinesia, di alterazioni posturali, e priva di scoordinata concitazione, depongono per una assenza di fenomeni psicotici della serie schizofrenica, dalla schizofrenia, alle forme schizoaffettive o schizofreniformi, dai disturbi paranoidi a quelli più genericamente deliranti.
Sul piano psicorganico non vi sono rilievi da fare. La presenza di coscienza, coscienza dell'Io, orientamento e memoria, integrati, l'assenza di segni focali, la mancanza di difficoltà lessicali, di linguaggio concreto, di cenni di incoerenza, il buon livello comunicativo e della conversazione, la mancanza di segni atimormici e disprosessici, non permettono di porre una diagnosi di disturbo psicorganico di alcun tipo. In questo senso, sono rassicuranti gli esiti degli esami strumentali (vedi oltre).
Altra cosa però, se si passa dai quadri clinici conclamati alle sfumature. Si può notare in questa area, della valutazione di nuances comportamentali e relazionali, un certo grado di rilassamento e di scucitura dei nessi logici ed emotivi più sottili, una certa perplessità espressiva ed alcuni stridori nella connessione e nell'adeguatezza delle tonalità affettive, un certo grado di scissione tra contenuti e modalità espressive, da riferirsi ad una struttura narcisistica della personalità.
Dato il modo in cui gli eventi criminosi sono presentati, sarebbe possibile pensare ad un disturbo dissociativo, del tipo personalità multipla o sdoppiamento di coscienza. Ma intanto questa sindrome è più di pertinenza della narrativa che della clinica, dato che difficilmente in clinica può essere comprovata: e d'altra parte essa comporta una vera disappropriazione di una parte della coscienza. Questo quadro, per poter essere avallato sul piano clinico, necessiterebbe una scissione della coscienza, con perdita del sentimento di proprietà di una parte del campo di coscienza, con quindi un preciso scotoma mnesico della parte disappropriata, e un "non sa la mano destra quel che fa la mano sinistra" non come metafora ma come realtà: il Dr. Jekyll deve avere amnesia psicogena di Mr. Hyde, senza la qual cosa siamo di fronte a comportamenti contrastanti, ma sempre con coscienza unitaria.
Il quadro rilevabile è qui nettamente depressivo. Una depressione ottusa, con segni deficitari, in cui la tristezza è sostituita dal distacco, dall'inerzia, ed in cui la melancolia si presenta come disappropriazione degli investimenti emotiva, caduta delle istanze affettive, sentimento di perdita dei sentimenti (Gefühl der Gefühllösigkeit di Von Gebsattel), silenzio emotivo, ma con netti, tuttavia i segni vitali della depressione: variazioni mattino sera, inerzia motoria, rallentamento del linguaggio, scarsa catexi sui contenuti emotivamente più vicini, disinteresse generale, ipersonnia. Si associano segni neurovegetativi diversi, disappetenza, perdita di peso, anche se contenuta, mentre l'ansia è vissuta come esperienza di rallentamento e di astenia. I contenuti di idee sono scialbi, minimali, ma improntati a idee prevalenti (nel senso proprio di überwertige Ideen) di inutilità, perdita, desolazione e catastrofe che, occorre dire, pur essendo congrue alla situazione di fatto, mantengono però, nella cupezza narcisistica complessiva, una netta allure melancolica. Il quadro è quello di una depressione maggiore rilevante che, dato il tipo di personalità vulnerabile e delicato sensibile, le sequenze di eventi e situazioni stressanti e defaticanti, possono ben essere inquadrate nel tipo endoreattivo di Weitbrecht con vitalizzazione secondaria. Ciò non toglie però la possibilità di un andamento episodico (ma difficilmente bipolare), che ci permette di individuare almeno un episodio principale nel 2002, ed uno, l'attuale, iniziato nella primavera scorsa, all'interno del quale si situa, cronologicamente, l'atto criminoso. Ma questa definizione nosologica consente anche di render ragione dell'alto grado di trascinabilità reattiva, che fa sì che a volte il sig. Panini, con le sue risposte ironiche alle battute, i suoi accennati sorrisi, sembri negare la natura melancolica del quadro. Dato che scoppi incontrollati d'impulsi sono caratteristici di molte forme psicorganiche, in particolar modo quelle interessanti le regioni fronto-limbiche, era necessario assicurarsi dell'assenza di segni di questo tipo. Ma i sintomi della serie psicorganica, specie quelli frontali e parietali, sono assenti, e gli esami strumentali eseguiti recentemente all'Ospedale Galliera (e ematochimici, TAC encefalica, EEG, Ecocolordoppler dei tronchi sovraortici) ci sembrano sufficienti, assieme al quadro clinico, per escludere questa eventualità. Tuttavia, pur in assenza di segni clinici o strumentali diversi rilevabili, una RM eseguita del tutto recentemente (27/6/05) evidenzia modesti segni compatibili con una sofferenza cerebrovascolare diffusa, che non può aver determinato il quadro clinico, ma può avere accentuato gli aspetti caratteriali e psicopatologici, e la tendenza al discontrollo del comportamento.
Importanti osservazioni da fare sono quelle che riguardano la struttura di personalità. Sotto l'aspetto nosologico strutturato, la personalità è difficile da inquadrare, perché sede di forti contrasti. Quest'uomo che ha un'apparenza mite e innocua, ha al suo interno certamente rilevanti istanze aggressive, irretite da una certa allure ossessiva, e per quanto si può far riferimento al collezionismo di armi, che a posteriori assume una risonanza sinistra. Sembra che il quadro sia quello di una persona tendente a delimitare i confini del sé entro cerchi limitati e definiti, e per questo ad assumere atteggiamenti distaccati dalla realtà ed a seguire propri criteri interni e proprie esigenze interiori: ciò nel bene e nel male, come quando difficoltà fiscali e contenziosi vari, anche quando si concludevano per lui positivamente, gli creavano elaborazioni interiori intollerabili e lo portavano ad enfiare il problema che veniva a debordare e a fuoriuscire dall'accettabile per assumere un valore catastrofico, valido solo nel suo mondo interno. Tuttavia, il termine schizoide, che può essere utilizzato per alcune sue scontrose bizzarrie, chiusure e scarse comunicazioni, spigolosità dei rapporti, ed isolamenti che lo portavano a non riferire a nessuno i suoi tormenti interiori, lascia in questo caso insoddisfatti per il balenare di elementi affettivi, di intensi investimenti emotivi e di catexi interne, talora a valanga su realtà ancora non ben definite (la malattia della moglie ed i sensi di colpa per aver coinvolto la moglie in affari sbagliati). L'altro modo di inquadrare la personalità, quello narcisistico, inteso nelle nosologie usuali, ha aspetti più vicini ma è altrettanto insufficiente, a causa dell'assenza della grandiosità proiettiva e degli aspetti megalomanici che sono proprie del disturbo narcisistico di personalità. In questo caso, se di personalità narcisistica si può parlare, occorre far riferimento ad un altro metodo definitorio, quello psicodinamico, e ad un certo livello nosologico, quello della tipologia reattiva: in altre parole, di una linea psicopatologica che vada dai disturbi gravi o narcisistici di personalità di Kohut alla tipologia reattiva di Kretschmer. Questa modalità permette di estrarre il punto a partire dalla vulnerabilità e alla fragilità.
La difficoltà di tollerare la frustrazione tipica del sig. Panini, si inquadra bene nel disturbo del sé descritto da Kohut. In queste persone, le aree dolorose del Sé vengono compensate o tenute fuori dalla consapevolezza attraverso sentimenti di grandiosità. Quando l'individuo narcisista viene direttamente confrontato con difetti nascosti, la grandiosità precipita ed emergono di nuovo profondi sentimenti di vergogna e umiliazione. La vergogna è definita come il sentimento per cui ci si sente fondamentalmente inadeguati, indegni, cattivi e, a causa di ciò, la sicurezza del proprio senso di sé in relazione agli altri è vulnerabile o minacciata: l'interiorità del Sé è considerata colpevole o difettosa. In questo contesto anche reazioni di fuga o scontro possono servire a nascondere il vero Sé dall'esposizione ad ulteriore vergogna. In questo senso il fattore vergogna-rabbia può essere considerato costitutivo del narcisismo patologico: rabbia, collera e aggressione possono essere identificate come reazioni dirette e frequenti ad un senso di sé messo in pericolo o alla percezione di una minaccia verso l'integrità del Sé. La propensione a provare sentimenti di vergogna può attivare sentimenti di rabbia, risentimento, sospettosità, espressioni indirette di ostilità ed una tendenza ad accusare gli altri dei propri problemi. La rabbia o collera in risposta a sentimenti di vergogna possono portare alla vergogna per la propria rabbia (che viene quindi diretta internamente, proiettata o espressa attraverso modalità passivo-aggressive) oppure a dirigere tale rabbia verso gli altri, percepiti come causa della vergogna. Questo tipo di rabbia narcisistica può essere frequentemente osservato in presenza di una sfida nei confronti dei propri bisogni di controllo assoluto, rigide aspettative verso gli altri o verso se stessi, o perfezionismo grandioso. In sostanza, la rabbia narcisistica può essere considerata come la reazione affettiva principale nei confronti di ferite che minacciano la coesione del Sé: critiche, esperienze umilianti, fallimenti empatici da parte degli oggetti-sé, minacce all'autostima. In questo tipo di collera è presente un bisogno compulsivo di vendetta e rivalsa, di riparazione della ferita a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo. Le paure del disprezzo, del rifiuto o di ricevere ferite narcisistiche da parte dell'oggetto possono portare a reazioni aggressive, violente, umilianti e controllanti verso gli altri. La relazione del sig. Panini col padre, lontano, scostante e poco capace di risonare emotivamente col figlio, una sorta di padre padrone rigido, comunque lontano, è singolarmente simile al caso del sig. Z. di Kohut. Lo stesso Freud riporta la propria depressione in modo similare, alla morte del padre emotivamente lontano. Ritroviamo in quest'uomo caratteristiche individuate da Kernberg: grandiosità, esagerato interesse per se stessi, fantasie di successo, immotivato senso di unicità non tanto positivo ma negativo, sensazione di avere tutti i diritti (entitlement) e di aver ricevuto tutti i torti, apparente autosufficienza, valutazione illusoria della realtà, relazioni superficiali, intenso bisogno narcisistico di approvazione, svalutazione degli altri, mancanza di empatia, ambizione intensa associata ad autodeprezzamento, senso morale discontinuo, superficiale entusiasmo, seduttività fredda e avida, stile cognitivo deciso e supponente. Ma vi si ritrovano anche caratteristiche rintracciabili nei pazienti di Kohut: senso di inferiorità e inadeguatezza, incertezza, sentimenti di mancanza di valore e fragilità, propensione a provare vergogna, marcata sensibilità alle critiche e alle difficoltà della vita, incapacità di dipendere e fidarsi in modo autentico delle altre persone, noia cronica, incertezza e insoddisfazione per l'identità professionale e sociale, mancanza di impegno genuino, scarsa capacità di percepire l'altro come individuo separato e dotato di interessi e valori propri, poca attenzione agli aspetti oggettivi della realtà, tendenza a distorcere la realtà in presenza di minacce all'autostima. Sebbene interiormente sia caratterizzato da sensazioni di noia e insoddisfazione, egli mostrava esternamente altre caratteristiche. In sostanza si mostrava insicuro e vergognoso, mentre segretamente coltivava fantasie espansive. L'alternanza di questi elementi provoca atteggiamenti e rappresentazioni di sé contraddittorie, oscillanti tra senso di offesa, vergogna e rabbia. Queste persone coltivano in realtà fantasie irrealistiche ed egocentriche, che non trovano espressione in un comportamento manifesto e sono considerate come impossibili da realizzare. Nonostante questi soggetti elaborino queste fantasie spesso espansive, queste ultime non sono sostenute dalla convinzione di una propria efficacia personale. Di conseguenza queste fantasie sono vissute in maniera conflittuale e la consapevolezza dell'esistenza di questa dimensione viene repressa o negata. Dalla discrepanza tra la dimensione fantastica e la realtà si originano vergogna, senso di colpa e spietati attacchi da parte della coscienza morale per non essere stati all'altezza dei propri standard piuttosto elevati (grandi imprese e poca capacità). Il sig. Panini è sempre stato convinto che per le sue realizzazioni sarebbe stato deriso e umiliato. Procrastinava la realizzazione di compiti che erano ampiamente alla portata delle sue capacità perché aveva paura di non riuscire a portarli a termine. Il risultato fu un significativo danno masochistico inferto a se stesso associato a sentimenti di autocommiserazione, dolore e depressione. Le difese utilizzate per scongiurare il pericolo di essere sommersi da sentimenti di vergogna non gestibili possono quindi tradursi in timidezza, mancanza di assertività, ritiro sociale, modo di presentarsi vergognoso e modesto, ed infine, come reazione conclusiva, rabbia incontenibile, a me va tutto male. Gabbard definisce persone di questo tipo come narcisisti ipervigili, costantemente sintonizzate verso l'ambiente e che cercano di controllare le reazioni degli altri; hanno un senso di sé estremamente fragile e tendono facilmente a sentirsi feriti e umiliati; i loro sentimenti di inadeguatezza, impotenza e vergogna sono percepiti a livello cosciente e possono essere esacerbati da ogni piccola mancanza di attenzione da parte degli altri. Questi soggetti mantengono al proprio interno un sentimento di rivendicazione, legato alla sensazione di avere diritto a un trattamento speciale, e proiettano all'esterno la disapprovazione che nutrono nei propri confronti, soprattutto per quanto riguarda il desiderio di emergere tramite modalità inadeguate, finendo per percepire gli altri come ostacolo. La tendenza alla percezione degli altri come minacciosi, o francamente persecutori, potrebbe esporre al rischio di una rottura psicotica, attraverso uno sviluppo che conduce da idee di riferimento fino a veri e propri deliri di rapporto. Non ci pare che questo sia accaduto nel sig. Panini, ma il principio generale è questo. Sentimenti di risentimento o rabbia eccessivi e sproporzionati possono scatenarsi in risposta alle più lievi mancanze di empatia o anche disattenzioni (come guardare l'orologio o distogliere lo sguardo per un attimo). Le sensazioni di fragilità, vulnerabilità, dipendenza, vergogna, che l'individuo ipervigile avverte a livello consapevole, possono venire ribaltate in rabbia, rivolta verso coloro che deludono il bisogno di essere sostenuti, che si mostrano inaffidabili o che mettono in luce il senso di impotenza. Questo tipo di risposte non empatiche da parte degli altri tende a frantumare il fragile Sé del narcisista ipervigile, che di conseguenza cercherà di tenersi in disparte e di evitare i legami, o svilupperà forti sentimenti di rabbia e risentimento verso le persone con cui ha creato legami di dipendenza, o un mondo a sè ed isolato.
La dimostrazione clinica più evidente della struttura narcisistica della personalità, e in altre parole della sua notevole difficoltà di investimento oggettuale, si ha non solo col suo ritiro, il suo isolamento, con la tendenza ai comportamenti solitari e fantasticamente importanti come tipicamente il simulare di andare a caccia, con cane e fucile in spalla, senza sparare mai né cercare di fatto selvaggina (un comportamento as if), ma soprattutto nel suo gioco del teatro degli animali: una sorta di role playing in cui egli si ritirava con alcuni animali, due cani, un gatto, una piccola martora, simulando la loro voce in diversi toni (baritonale, acuto, falsetto) e instaurando una azione teatrale con un dialogo tra animali e lui, di cui egli era l'unica voce recitante. Dello stesso tipo il dialogo con se stesso (il tipico parlar da solo) o colloquio con l'interlocutore assente. Questi momenti notevolmente narcisistici erano una modalità di detensione delle istanze tormentose. Ma questa difficoltà di investimento oggettuale, questo limitato sense of reality, rendono anche ragione delle sue insufficienze di managing come imprenditore, e degli innumerevoli guai che egli si è procurato, come eredità inaccettabili, contenziosi fiscali continue, contatti con truffatori, ricettazione non consapevole, denunce di ogni tipo. Anche la sua vita sessuale va intesa in questo senso: l'insufficiente investimento sessuale del narcisista rende nullo ogni interesse sessuale con l'oggetto esterno. La sua vita è priva di rapporti con un partner, essendo egli preda di difficoltà che non ha mai tentato di ovviare: in questo senso la relazione con la moglie è stata impostata in termini di holding protettivo, escludendo il sesso, convenzione che non ha potuto che caricare di aggressività e di istanze sadiche inconsce il rapporto, sublimate in una atmosfera di tenerezza e di accudimento, aggressività di cui l'unico modo di comparire è in realtà attraverso le formazioni reattive dei sensi di colpa nei riguardi della moglie.
Tutto ciò ci riporta ad una grande vulnerabilità della personalità del sig. Panini, che quindi può essere definita delicato-sensibile. Una personalità con questi tratti, spiega il quadro clinico che si è instaurato nel 2002, su cui abbiamo idee chiare grazie anche alla descrizione del medico curante di allora.
Reduce da un continuo ed annoso periodo di stress, per un lungo, faticoso e pericoloso contenzioso fiscale, avendo ereditato da uno zio una impresa, fortemente gravata da tasse, egli seguì il contenzioso con molta sofferenza. Data la struttura di personalità, la diade rabbia-vergogna, e la vulnerabilità del carattere delicato-sensibile, venne instaurandosi per gradi, certamente dopo una fase iperestesica astenica, seguito da una fase cenestopatica, un quadro melancolico, con alterazioni del tono vitale, variazioni mattino sera, insonnia notturna, ansia vissuta come inibizione, arresto psicomotorio, ritardo nel linguaggio, dimagramento, inappetenza. Riaffiorava, come nucleo ideatorio centrale, l'idea del padre morto, con intenso senso di colpa, trascinando con se tutta la conflittualità connessa alla relazione antica col padre rigido e distaccato, con le dimensioni emotive della retrospéction doulourense, quasi cotardiana, nel senso di un crepuscolo della coscienza dell'Io. Simile alla depressione di Freud, e alla depressione di Cristoph Heizmann, nella Nevrosi demoniaca del XVII secolo. Un quadro dunque di depressione maggiore con le caratteristiche, appunto, della vitalizzazione secondaria, con scatenamento reattivo attraverso protratte frustrazioni e dolorosi eventi, e quindi delle forme endoreattive descritte da H.J. Weitbrecht, senza aggiunte paranoidi, né schizoaffettive. Il quadro, trattato con venlafaxina e benzodiazepina migliorò in breve, ed il suo psichiatra perse di vista il paziente, che però sembra sia stato relativamente bene, per quanto la sua personalità glielo rendesse possibile. Questo fino alla primavera scorsa. Cominciava a profilarsi minacciosa una inconsistente malattia grave della sua partner, che entrò nella elaborazione narcisistica e diede inizio ad un altro episodio di depressione maggiore, questo dapprima iniziato anche qui per piccoli gradi, attraverso una fase iperestesico-astenico (intollerabilità fisica e psichica ai rumori, alla chiassosità della televisione, alle voci conclamate, al traffico). Curato dapprima con rassicurazioni (sul quadro clinico della partner) e con ipnoinducenti benzodiazepinici, aggravandosi il quadro melancolico, come spesso succede in questi casi, egli fuggì al proprio curante, e non si presentò più a lui. Sembra che a luglio fosse intensamente melancolico, prima insonne e poi ipersonne, e con notevoli sintomi vegetativi (perdita di peso). Dunque, nell'estate il nuovo episodio di depressione maggiore era al culmine, col quadro di delirio congruo ed omologo di inguaribilità e di sofferenza della partner, ed idee di colpa per il problema sorto alla partner per il coinvolgimento nelle sue disperate imprese. Egli ripete il suo 150.000 euro di debito! Con la stessa accuratezza con cui Shylock esclama il suo three thousand ducates! Non è infrequente, in situazioni come queste, l'omicidio suicidio, legato dinamicamente ad un oggetto perduto deteriorato (la tua sofferenza è la mia, per introiezione narcisistica), ma incompletamente introiettato (tu sei la mia sofferenza esterna a me): ma non è questo il caso, come è evidente. Sono nati all'interno di questa depressione nel suo momento più grave (all'alba) una serie di atti comportamentali immersi in una sorta di ottundimento e di coscienza attutita, con una serie di eventi collegati da deboli connessioni, relazioni frammentarie e scarsa conseguenzialità. Il bisogno spasmodico, l'intolleranza della perdita, legata alla sua storia infantile, lo ha portato alla spinta di eliminare l'oggetto intollerabile, e questa situazione può facilmente essere riferita ad una risposta emotiva debordante. Come un tentativo a valanga di allontanare lo stimolo, o la presenza, causa del tormento. Val la pena, a questo punto, riprendere brevemente ma in modo concreto il concetto di reazione primitiva.
Per riferirsi alla reazione a corto circuito è necessario partire dalla tipologia sistematica psicoreattiva di Kretschmer, basata su un bilanciamento tra recettività dello stimolo, ritenzione ed elaborazione interna, scarico dello stimolo, che è per Kretschmer legata al Körperbau (struttura corporea). La Primitivreaktion(Kretschmer la chiama così perché la considera una reazione-risposta dell'organismo strutturate in basso nella scala gerarchica evolutiva), può essere: aspecifica: l'Erlebnis giunge alla psiche e produce la Kurtschluss reaktion in cui tutte le fasi (ricezione, ritenzione e scarico), ma soprattutto l'elaborazione vengono contratte o abolite. Nella K.S.R. il corto circuito è tra recezione e scarico, un po' quel che farebbe il ragno se toccato dal fuscello. Ma nell'uomo è interessante anche l'eccessiva recettività e una ipersensibilità agli stimoli, appunto legati al Körperbau, e non propriamente psicogeni o sociodeterminati. La K.S.R. folgora la coscienza, impedendo qualsiasi possibilità di riflessione e di freno, e si estrinseca in azioni immediate, improvvise, sproporzionate e irragionevoli. Ma reazioni aspecifiche possono avvenire in Tipi Psicologici più di norma: sono reazioni primitive (Primitivreaktion) anche le reazioni iponoiche e ipobuliche. Ma le Prim. R. possono essere protratte, dando origine a reazioni specifiche che coinvolgono tutte le attività psichiche coordinate: si hanno le reazioni espansive e le reazioni sensitive. Dato che per Kretschmer reazione vuol dire modalità di reagire, è facile che il concetto trapassi al tipo di personalità. Dalla reazione espansiva e la reazione sensitiva si passa al concetto di personalità primitiva: inibizioni, persone infantili, psicopatici deboli nella volontà. Da questo a K. Schneider, e alla sua classificazione asistemica della personalità, il passo è breve. Nascono così all'interno di questa classificazione delle personalità psicopatiche gli Psicopatici esplosivi, che alla minima occasione, senza premeditazione, hanno reazioni a corto circuito. Kretschmer piuttosto distingue reazioni esplosive, con meccanismi a valvola, reazioni a corto circuito e reazioni ipnoiche e ipobuliche (Ganser, pseudodemenza di Wernicke, Haftreaktionen: sindrome del buffone). Abbiamo presentato una spiegazione psicopatologica che prescinde delle componenti psicodinamiche, se qualcuno non fosse soddisfatto da esse.
Dunque il quadro si definisce in modo più chiaro: da un lato la depressione maggiore, la cui struttura e natura psicopatologica e nosologica ho definito sopra, che crea l'accentuazione della sensibilità al dolore mentale, la monumentalizzazione delle avversità, il vissuto tragico e onnicoinvolgente di tutti i contenuti interiori; dall'altro la personalità vulnerabile, sensitiva, narcisistica, termini che si possono usare a partire dai diversi sistemi teorici, con la ferita narcisistica, la rabbia scomposta di fronte alla frustrazione, il senso di colpa proiettato in gesti grandiosi e sciagurati. Questi due aspetti, dicevo, hanno costituito la mistura micidiale e sinistra che ha innescato la reazione primitiva, o reazione a corto circuito, in cui recezione dello stimolo e scarico di esso si sono toccati saltando la elaborazione.
Questo concetto di Kurtschlussreaktion fu a lungo usato, seguendo i criteri kretschmeriani, per indicare la complessa cancellazione della coscienza dell'Io, e quindi l'incapacità di valutare il senso sociale ed il significato morale di un atto eseguito in queste condizioni. Oggi, vedendo le cose in una prospettiva clinico-scientifica più moderna, alla luce del concetto di narcisismo, di psicologia del sé, con i criteri di Kohut e di Kernberg, non possiamo essere della stessa opinione. Anche se il corto circuito esiste, tale da collegare un'idea fantastica ed abnorme alla sua immediata esecuzione, tuttavia la coscienza dell'Io, anche se crepuscolare, non è totalmente abolita, ed un principio di valutazione della sproporzione dei gesti e del loro significato incongruo ed eticamente negativo permane. Tuttavia questa situazione rappresenta uno stato emotivo travolgente, capace di dare l'avvio a comportamenti di una subitaneità folgorante, caotica, ed un susseguirsi di atti non sostenuti da un progetto o da una logica: ed occorre ricordare che la causa emotiva è qui, nel sig. Panini, non generica, ma legata alla patologia, in questo sollecitata e sostenuta dai vissuti d'umore e dai contenuti mentali propri della depressione maggiore. I modesti aspetti cardiovascolari ipotizzabili alla RM, confermano questa ipotesi diagnostica.
La parte più gratuita e meno motivata del susseguirsi dello scatenamento comportamentale, l'uccisione del domestico Binò, si inserisce in questo tipo di comportamento cortocircuitante in cui il pover'uomo, vittima estranea e malcapitata, viene inserirsi nel complesso di realtà fastidiosa ed intollerabile che si frappone, nel sé leso ed inconsistente dell'attore del delitto, tra la spinta ad eliminare gli oggetti espressione del fastidio e del dolore, ed il comportamento atto ad eliminarli. Come, se ci è permessa la metafora, un signore con un grande à plomb ma inquieto e pauroso che, in presenza di una vespa che gli si aggira intorno al viso mentre guida, compie una serie di gesti incongrui e si schianta.
Scaturendo dalla parte lesa del sé e mossa dai vissuti emotivi distorti della depressione, la spinta intollerabile ha saltato ogni considerazione intermedia per giungere, in un tragico corto circuito mentale, all'atto liberatorio travolgendo tutto ciò che stava in mezzo, compreso il povero incolpevole domestico.
Risulta evidente al perito che qui scrive che il Sig. Panini fosse, al momento in cui commise il duplice atto omicida, per causa della sua malattia, in condizioni di avere la propria capacità di intendere e di volere grandemente scemata, anche se non totalmente assente.
Data la struttura della personalità, la tendenza a rispondere con reazioni di tipo primitivo, la facile ripresa della depressione maggiore, soprattutto ora che il contesto e gli avvenimenti pongono la base, a circolo vizioso, per situazioni scatenanti sempre rinnovantisi, il Sig. Panini deve essere considerato socialmente pericoloso.
Il presente perito è convinto però che tutto dipenda dal modo come il Sig. Panini verrà seguito e come verrà introdotto in un efficiente managing psichiatrico. Seguito con una modalità in parte psicoterapica, attraverso un contenimento (holding) dell'Io valido, e una terapia di insight che ripercorra il formarsi delle incongruenze e delle lesioni del sé, in parte farmacologica, che ovvi le dimensioni psicopatologiche e proiettive della sua personalità, questa pericolosità potrebbe dissolversi in un tempo ragionevole.
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