Nella sua relazione D. J. Nutt si propone di illustrare l'utilità e l'ambito di utilizzo delle neuroimaging, non solo nella ricerca, ma anche come strumento di ausilio nella clinica e nella psicofarmacologia. Riepilogando le diverse applicazioni, ne ricorda il possibile utilizzo a scopo diagnostico (demenza, forse in futuro sclerosi multipla..), per localizzare circuiti cerebrali normali o patologici, per testare teorie recettoriali, per sviluppare nuovi farmaci psicotropi, per valutare attività enzimatiche o il rilascio di neurotrasmettitori endogeni. Porta come esempio diversi interessanti studi, di cui alcuni eseguiti dal gruppo di Bristol. Fra gli altri uno studio volto alla localizzazione dei circuiti cerebrali coinvolti in diverse forme di ansia (anticipatoria, di tipo sociale), eseguito con la PET, dal quale emerge l'attivazione di alcune aree comuni nei diversi tipi di ansia con l'aggiunta di circuiti specifici per ogni singolo tipo; uno studio analogo invece indaga i circuiti coinvolti nel craving. Molti gli studi recettoriali con lo scopo, ad esempio, di ricercare le specifiche localizzazioni cerebrali delle diverse isoforme del recettore del GABA, alcuni altri hanno mostrato come nei soggetti con disturbo di panico il legame del tracciante per i recettori del GABA (ed anche 5HT1A )in sede frontotemporale sia significativamente ridotto rispetto ai controlli sani con la formulazione dell'ipotesi della presenza in tali disturbi di una carente inibizione a livello corticale con una conseguente ridotta capacità di fronteggiare lo stress. Infine Nutt porta come esempio del possibile uso delle neuroimaging in psicofarmacologia uno studio PET volto a verificare a quale dosaggio, in un individuo medio, la venlafaxina inizi a bloccare il trasportatore della noradrenalina oltre a quello della serotonina (risultato 125 mg ).
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