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COVID-19: QUANDO IL SETTING PSICOANALITICO E’ DI NECESSITA’ MODIFICATO

4 Apr 20

Di Carmelo-Conforto
Cercherò di presentare alcune considerazioni e una breve vignetta clinica per avvicinare  i mutamento di Setting (nelle sue varie declinazioni)  indotti dal passaggio alla seduta via Skype.
 
  1. La posizione interpretativa” dell’analista”, scrive Grotstein, (2009, p.10-11)[1] richiede  all’analista di “inquadrare”  sia il setting analitico, sia il processo analitico e la funzione analitica presenti in se  stesso, onde tutelare l’atmosfera  analitica. Riferendosi in particolare al setting (tema che ho scelto) lo definisce la ”cornice psicoanalitica” o “cornice di riferimento, il luogo ove si declina  il viaggio bidirezionale, di bioniana memoria, contenitore<-à contenuto .
  2.  Aggiunge: “Vi sono situazioni lecite che potrebbero garantire all’analista di accettare una cornice condizionata” (l’esempio è l’uso del telefono in situazioni di particolare necessità).
  3. Accenno ad  altre definizioni ben note: setting garante del “ritmo di sicurezza” (Tustin. cit. Grostein), Setting come ambito   che alberga un contenuto, jl processo, ovvero la relazione contenitore ß->contenuto nei termini di Bion. (Etchegoyen, 1986,p.380[2]).
  4. Grinberg nel 1981(p.56 e seg.)[3]  mette l’accento su dati  fondamentall; “ il setting formale non sostituisce <<l’arte interpretativa>> e la capacità di trattare con gli esseri umani. Propone  i due  aspetti del setting,  quello esterno, che comprende appunto gli aspetti formali più conosciuti, e il setting interno, che è  assimilabile all’atteggiamento analitico e inoltre crea lo <<stile>> del terapeuta.
  5. Green (2002, p.39 e seg.[4]) riprende il termine “cornice” a cui aggiunge “montaggio”, ovvero” le  condizioni di possibilità richieste dall’esercizio della psicoanalisi”. Riferendosi alla “cornice interna”la definisce “la cornice che (il terapeuta) ha internalizzato nel corso della propria analisi…presente nell’animo dell’analista”.-Nel 2012 [5]Green profeticamente si esprime :”, Viviamo in un’epoca che non è più quella dell’angoscia ma quella della disperazione”.(p.7).Si dedica poi a considerazioni (nel paragrafo Le psicoterapie psicoanalitiche, p.22-23) che, riferite all’oggi psicoanalitico, mi sono sembrate oracolari: “Quando il setting necessario all’analisi non può essere installato; la libertà è in questo caso più limitata e le condizioni di analizzabilità sono modificate” Ovvero:il tema di questi tempi virali. Green sembra anticipare situazioni di setting dicendo: “manca il distacco necessario per dimenticare la presenza dell’altro, per mettere la persona dell’analista tra parentesi,..e ciò richiede che l’analista abbia precedentemente interiorizzato il setting”. La domanda che si pone (e che ripropongo a proposito del lavoro Skype) è di colorito winnicottiano; la gestione del setting in tali condizioni permette d’immaginare il gioco analitico?-
  6. Mi soffermo sulla tesi kleiniano-bioniana per la quale la capacità di giungere al fatto scelto, il viaggio che il setting consente al terapeuta, è leggibile come un’oscillazione tra posizione schizoparanoide e depressiva (accoppiamentp contenitore-contenuto). Perché ciò avvenga, (Bion, 1962a,1962b), come sappiamo, è introdotto nella “Teoria del pensiero” e  ripreso in “Apprendere dall’esperienza” il passaggio dalla madre-seno all’analista (seno dell’analizzando) partendo dalla famosa domanda e risposta : “Con che cosa ama la madre? Io penso che, oltre che con i canali fisici di comunicazione, il suo amore venga espresso per mezzo della revêrie” …la fonte psicologica che provvede al bisogno di amore e di comprensione.” (Bion,1962b,p.67). Bion aggiunge un’esigenza di cui la rêverie si nutre: “Se la madre  non può permettersi l’allattamento o se può permetterselo senza però associarlo all’amore per il bambino o per suo padre- …questa incapacità verrà comunicata al bambino..”(p.68). E’ nuovamente Green (1990[6],p.297 e seg.) che riprende il tema, attribuendo al lavoro con pazienti lo stesso modello della relazione madre-bambino, incluse le stesse indispensabilità d’amore.  Così come la madre “digerisce” le proiezioni del bambino e le restituisce come elementi alfa al bambino, cosi opera l’analista verso l’analizzando, ambedue in questo modo costruendo il “proprio oggetto psichico interno”. Green si sofferma genialmente sull’assunto bioniano ritenendo che ”l’ingresso del padre nella rêverie della madre mi sembra fondamentale; si tratta di una spiegazione migliore di ogni altra a proposito della triangolazione precoce presente all’inizio della vita”. E aggiunge: ” Che cosa significa affermare che anche il padre è oggetto della rêverie della madre? Significa che esiste una rêverie del legame che intercorre fra i genitori e fra il bambino e il padre, di cui la madre…è il luogo comune”.                                                                        Infine: “ La capacitò di rêverie nell’analista compare in seguito a una lunga riflessione (nell’analista) sui rapporti tra oggetto buono e oggetto cattivo”. Concludo ritenendo che “l’Io sento-Io penso” bioniano possa esprimersi (rêverie, funzione alfa) ove la relazione triangolare paziente-analista e suo oggetto buono, si configurino come presenza triangolare.
  7. Mi permetto di pensare che l’oggetto buono e il suo stravolgimento in oggetto cattivo possano essere espressioni  collocate nella formulazione sensoriale e emotiva delle varie letture del setting. Ritorno sul tema attraverso Grostein (2007,p.103) che osserva: “l’interpretazione dell’analista (avviene) attraverso ’individuazione dei legami L, H e K tra analista e analizzando”, ovvero è espressione del tipo di legame tra gli oggetti interni della coppia, e tra gli oggetti e il Sé dell’analista. Propongo che l’oggetto interno dell’analista possa configurarsi nelle forma dei legami d’amore o non amore, L o –L<àH, ovvero configurazioni che possono oscillare a seconda che il Se analitico  avverta la presenza (nel setting interno) di un oggetto affettivamente legato da rassicurante presenza  o da  sconosciuto, allarmante, avvicinamento-intrusione . In questa condizione la rêverie, il sogno.della veglia- la ricerca del fatto scelto- sarebbero allontanate, comunque soggette a critiche, dubbi, oscuramenti.  Ritornando a quello che ho scritto, il mutamento del setting che potrebbe verificarsi  nella seduta Skype, ritengo che possa essere letto  come condizione bruscamente allontanante l’oggetto buono, sostituito dall’ oggetto cattivo, legame –LàH-K. La mia ipotesi di lettura propone che laddove questa condizione interiore si realizzasse, potrebbe   perdersi nell’analista la triangolazione necessaria alla ricerca (K) del fatto scelto, un ostacolo all’intuizione, alla rêverie e alla possibilità di attivare il “pensiero del sogno della veglia” (Bion, 1962b, p.27, Grostein, 2007, p. 103, tr. it.) Ritengo peraltro che ove la demolizione del legame triangolare non avvenga l’analista avrebbe la possibilità di accedere a nuovi, diversi percorsi nella direzione L-àK. Una situazione di supervisione mi ha aiutato a proporre    questa  condizione                                                                                                  
 
                                                         
VIGNETTA CLINICA
 
Accennerò a un momento in cui, nella funzione di supervisore, mi sono incontrato con una seduta psicoterapica svolta via Skype.
Giovane donna(P) in terapia   da alcuni mesi, sedute bisettimanali vis-a-vis.
 La seduta di cui parlo si svolge per la seconda volta con questa nuova, improvvisa, imposta, modalità.
Il terapeuta(T) mi dice che la giovane donna, quadro “bordeline”, nella seduta precedente si era mostrata nella camera da letto, cupa, depressa, distante nei contenuti verbali, nell’atteggiamento, una sorta di rassegnato ritiro.
Ora è nel salottino, in poltrona, lo sguardo è spesso rivolto al terapeuta.
P. a domanda dice che sta cercando di risollevarsi, di ritrovare il senso del vivere…
T. è distolto dalle sue modalità d’ascolto da rumori, fruscii improvvisi, infastidenti.
P. “E’ mia mamma che lavora in cucina”…riprende a parlare, “sono meno stanca..”. Altri rumori, più intensi, bruschi, entrano brevemente nello spazio della seduta.
P. ”Si, un operaio sul terrazzino…”.
T. riprende a raccontare; lo fermo.
IO: Ho pensato di prendere in considerazione quello che attraverso Skype (mi) è  arrivato, utilizzando le “scene” come se fossero le vicende di un sogno, il pensiero del sogno della veglia.[7]
Dico: – la giovane donna l’accoglle nel salottino, due poltroncine,
avverto  proposta di intimità, seduttività come possibile progetto inconscio.
– sento  forte il contrasto con quello che la seduta precedente ha suggerito, l’incontro nella camera da letto, un letto che accoglieva  un’immagine regredita, depressivamente  infantilizzata, che  proponeva rinuncia,  inermità, abbandono.
  • Oggi davvero la restituzione della dimensione femminile si è affacciata al T. come segnale  di una inconscia progettualità seduttiva, tentativo di emancipazione, sottolineatura di un’iniziale percorso di autonomia, di riscatto nell’indipendenza..?
  • Indipendenza, autonomia da chi, da cosa?
  • Mi sono soffermato a immaginare, a tentare di tradurre in pensiero, la figura della madre, apparentemente esclusa, non visibile eppure presente, nell’altra stanza, forse quella che parla del mondo interno della figlia ?
  • Mondo  che sembra proporre una femminilità altra, che intrusivamente si oppone a quello della figlia, agendo, non trasmettendo condivisione ma   “atti” , “non-desideri”, -L.  Un “femminile” che non propone affetti, desideri, ma doveri che rumorosamente , “voci interne?” ,distolgono la figlia dal possibile, altro progetto.
  • Cosa mi ha suggerito Skype intorno all’ essere uomo, oggetto di seduzione, analista, forse, uomo “in affitto” come in certo modo è il terapeuta, come è l’operaio che lavora nel terrazzo…
  • Quali fantasie propone la P., quali desideri, quali timori, allarmi, che atteggiamenti sono chiesti, temuti, invocati nel T., padre, oggetto di desiderio, indifferente, freddo, prestatore di lavoro.
 Fermo qui il mio discorso.
 


[1] Grostein, J. 2009, Il modello kleiniano-bioniano, V.2, Cortina, 2011.
[2] Etchegoyen H., 1986, I fondamenti della tecnica psicoanalitica, Astrolabio, Roma, 1990.
[3] Grinberg L. 1981,  Psicoanalisi. Aspetti teorici e clinici. Loescher , Torino, 1983.
[4] Green A. 2002, Idee per una psicoanalisi contemporanea. Cortina, Milano, 2004.
[5] Green A. 2012 La clinica psicoanalitica contemporanea, Cortina Milano, 2016.
[6] Green, A., 1990, Picoanalisi degli stati limite, Cortina,Milano, 1991.
[7] “Quegli elementi cioè che svelano il loro contenuto latente quando l’analista li abbia interpretati” (Bion, 1962b.,p.28).

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