SOMMARIO
La costruzione di ponti tra scienze naturali e scienze sociali è un proposito degno di lode. Ma non bisognerebbe costruire ponti che non reggono. Questo lavoro propone che la cosiddetta ricostruzione "ermeneutica" della teoria e terapia psicoanalitica, proposta da Karl Jaspers, Paul Ricoeur, e Jurgen Habermas, fallisce in molti punti come ponte e presunto prototipo dello studio della natura umana. Una chiave di questo fallimento è la errata costruzione di cosiddette "connessioni di significato" tra stati mentali e della loro relazione con connessioni causali.
I. Introduzione
Secondo la ricostruzione cosiddetta "ermeneutica" della teoria psicoanalitica classica, la concezione dell'impresa freudiana che ci è stata tramandata diede molto poco peso esplicativo alle cosiddette connessioni "di significato", tra motivazioni inconsce da una parte, e sintomi manifesti dall'altra. Pertanto, in un lavoro sulla schizofrenia, il filosofo e psichiatra tedesco Karl Jaspers (1974, p.91) scriveva: "Nell'opera di Freud abbiamo di fatto a che fare con una psicologia del significato, non con una spiegazione causalecome Freud stesso pensava." Il padre della psicoanalisi, ci viene detto, cadde in una "confusione tra connessioni di significato e connessioni causali."
La parola "ermeneutica", che deriva etimologicamente da Hermes, il messaggero degli dei, fu utilmente introdotta nel XVII secolo per indicare l'Esegesi Biblica, e fu più tardi ampliata alla interpretazione testuale in generale. Ahimè, ancora, per iniziativa di quei filosofi del continente europeo che volevano riabilitare la dicotomia del XIX secolo tra scienze naturali e umane, il termine fu ulteriormente esteso a etichettare l'interpretazione parimenti di fenomeni psicologici e mentali, escludendo quelli non mentali. E, in questa prospettiva, il filosofo Paul Ricoeur ci dice quanto segue (1970, p.359): "la psicologia è una scienza osservativa, che si occupa dei fatti del comportamento; la psicoanalisi è una scienza esegetica (interpretativa), che si occupa delle relazioni di significato tra oggetti sostitutivi (cioè, i sintomi) e i primitivi (e perduti) oggetti istintuali (cioè, i desideri istintuali repressi)." Tuttavia, ovviamente, noi interpretiamo il comportamento umano manifesto, non meno dei pensieri e dei sentimenti, ma interpretiamo anche alcuni fenomeni fisici come le radiografie, i segnali di un contatore Geiger, le tracce della cometa di Wilson, le cavità e gli strati geologici. Nella vita di tutti i giorni, si parla diinterpretazione o di ipotesi per dire che il sale da cucina che assaporo a pranzo è cloruro di sodio, proprio come è un'ipotesi interpretativa l'inferenza psicologica che un certo movimento oculare rappresenti un ammiccamento seduttivo, sessuale. Inoltre, finchè si tratta di un tipo come un altro di interpretazione, sarebbe grossolano e poco illuminante sottolineare una similitudine tra l'interpretazione semantica di un testo scritto e l'interpretazionemotivazionale della comunicazione verbale e gestuale del paziente nello studio del medico, che avrebbe un "significato" inconscio. In breve, etimologicamente, il termine "ermeneutica" è giusto un sinonimo della parola "interpretativo." Ma è anche un termine usato ideologicamente e in verità in questo senso risulta ambiguo.
Un'ulteriore grave confusione è stata indotta dai diversi usifilosofici del termine "ermeneutica", secondo quanto segue: mentre alcuni filosofi lo adoperano, come si è visto, per affermare un'opposizione all'unità di scienze naturali e umane, altri lo fanno per sostenere questa unità, come segue (Connolly e Keutner (ed.), 1988): Tutte queste scienze, apprendiamo, sono similiall'ermeneutica, nel senso che impiegano paradigmi Kuhniani dicomprensione validi per tutte nel loro fornire spiegazioni. Pertanto, Paul Feyerabend, Mary Hesse, e Richard Rorty, per esempio, hanno ben accolto la cosiddetta unità ermeneutica della scienza proposta da Kuhn. Tuttavia altri, come Karl Popper, hanno ritenuto che questa sorta di unità ermeneutica della scienza rappresentasse una caduta nell'irrazionalismo e nella barbarie intellettuale (Sullivan, 1993). L'uso deplorevole del termine "ermeneutica" per presentare posizioni filosofiche incompatibiliaggiunge le proprie responsabilità a quelle dell'uso ambiguo e confondente del termine "significato."
Dopo Jaspers, Paul Ricoeur, e Jurgen Habermas hanno prodotto l'asserzione compiacente che Freud in sostanza fosse caduto in un equivoco circa la sua stessa teoria e terapia. Secondo questi filosofi europei, la psicoanalisi può svincolarsi dalla morsa dei fallimenti scientifici della teoria di Freud rigettando le sue aspirazioni scientiste come sostanzialmente mal poste. Affermando che Freud avrebbe interpretato erroneamente, "in maniera scientista", le sue stesse acquisizioni teoriche, essi forniscono una ricostruzione erronea di tutto ciò, presentandolo come una realizzazione semantica, ottenuta facendo leva sulla parola chiave "significato."
Posso fornire immediatamente una ragione per rifiutare l'uso del termine "significato", ambiguo sotto molti punti di vista, come caratterizzante l'impresa psicoanalitica. In un articolo del 1991, intitolato "L'ermeneutica in psicoanalisi," James Phillips affermava, alla Jaspers, che Freud fece una grande scoperta "ermeneutica," che era di scoprire un "significato" nascosto dove prima non si pensava che esistesse alcun "significato." Ma, chiaramente, ciò che Freud rivendicò come scoperta era che il comportamento, così come quei lapsus (o "Fehlleistungen") che prima si era pensato che non fossero motivati psicologicamente, fosse in realtà la conseguenza di motivi inconsci. Nell'opinione di Freud, i motivi, chiaramente, erano una specie di cause.
Secondo quanto egli afferma, un sintomo manifesto rivela una o più cause inconsce latenti e dà evidenza di questa causa, cosicché il "senso o significato" del sintomo consiste nella sua causa motivazionale latente.
Ma questa nozione di "significato" è diversa da quella propria del contesto della comunicazione, in cui simboli linguisticiacquisiscono significato semantico essendo usati intenzionalmente per designare i loro referenti. Chiaramente, la relazione di esserne una manifestazione, che collega il sintomo alla sua causa, è differente dal rapporto di designazione, che collega un simbolo linguistico al suo oggetto. Questo fatto è sfacciatamente trascurato in molta letteratura psicoanalitica recente. Così, in una Lettera-al-Direttore del Journal of the American Psychoanalytic Association (vol.42, n° 4, p.1311) Philip Rubovitz Seitz si doleva del fatto che "Freud presenti le sue interpretazioni come le necessarie inferenze causali di una scienza naturale, piuttosto che come la costruzione di significati impiegata nelle scienze umane."
La ricostruzione "ermeneutica" della psicoanalisi slitta impropriamente dall'uno all'altro dei due sensi in cui il termine "significato" è comunemente usato. Quando un pediatra dice al genitore che l'esantema cutaneo del suo bambino "significarosolia," il "significato" del sintomo corrisponde a una delle suecause molto di più di quanto non avvenga nel caso di Freud. Ma quando un autista di autobus ci dice che tre suoni di campanello "significano" che l'autobus è pieno, questi suoni – a differenza dei sintomi della rosolia e di quelli nevrotici – intendono comunicare un certo stato di cose.
Così, lo psicoanalista inglese Antony Storr riesce a mettere insieme la comprensione profonda del "senso", o del "significato",etiologico di un sintomo con l'attività di fornire il senso semanticodi un testo, dichiarando in modo alquanto assurdo: "Freud era un uomo di genio specializzato nella semantica." E Ricoeur erroneamente dà credito alla teoria della repressione di Freud che avrebbe fornito, malgrado lui, una verosimile "semantica" del desiderio.
Tuttavia, la ricostruzione dell'impresa psicoanalitica proposta dall'ermeneutica è stata abbracciata con zelo da un numero considerevole di psicoanalisti, nonché da molti docenti di dipartimenti universitari di materie umanistiche. Gli psicoanalisti che vi aderiscono la vedono come ciò che può assolvere la loro teoria e terapia dai criteri di validazione obbligatori per le ipotesi causali nelle scienze empiriche, quantunque la psicoanalisi sia piena di ipotesi del genere. Questo modo di sfuggire a una validazione non promette niente di buono per il futuro della psiconalisi, poiché i metodi degli ermeneuti non hanno prodotto neanche una ipotesi nuova di rilievo! La loro ricostruzione, invece, è un grido di battaglia ideologico e negativista, che nega le aspirazioni scientifiche di Freud e presagisce l'esaurimento della sua eredità per semplice sterilità, almeno per coloro che chiedono la validazione delle teorie per mezzo di evidenze cogenti.
La mia accusa è condivisa dal noto psicoanalista e accademico Marshall Edelson (1988, cap.11, "Meaning," pp.246-249) che scrive lucidamente:
Per la psicoanalisi, il significato di un fenomeno mentale è un insieme di stati psicologici inconsci o intenzionali (specifici desideri o impulsi, specifiche paure insorte a partire da questi desideri, e pensieri o immagini che potrebbero richiamare alla mente del soggetto tali desideri e paure). Il fenomeno mentale sostituisce questo insieme di stati. Cioè, questi stati avrebbero dovuto essere presenti alla coscienza al posto del fenomeno mentale che richiede un'interpretazione, se fin dall'epoca dell'origine del fenomeno mentale, e da allora in avanti, non avessero incontrato ostacoli al loro accesso alla coscienza. Se il fenomeno mentale si è comportato come una struttura relativamente stabile, e questi ostacoli alla coscienza vengono rimossi, il fenomeno mentale scompare appena gli stati mentali precedenti ottengono accesso alla coscienza.
Cosicchè il fenomeno mentale che sostituisce questi stati è la manifestazione di una sequenza causale (pp. 247-248).
Tuttavia, Ricoeur si appoggia a una locuzione ambigua come quella di "significato" per rappresentare erroneamente la teoria della repressione di Freud come qualcosa che fornisce una cosiddetta "semantica del desiderio." Egli compone questa erronea rappresentazione introducendo uno pseudo-contrastoquando sostiene che gli scienziati della natura e gli psicologi accademici osservano fenomeni, mentre lo psicoanalista interpretale produzioni dei pazienti. Così, nel suo libro Freud e la Filosofia(1970, p.359), Ricoeur ci dice, contrariamente a Freud, che la teoria psicoanalitica – che egli riduce arbitrariamente alle interpretazioni date ai pazienti in analisi – è uno sforzo ermeneuticoopposto alle scienze naturali. Riducendo la teoria psicoanalitica, che è lungimirante e composita, alla terapia freudiana, Ricoeur accantona la maggior parte di quelli che Freud considerava i suoi più importanti e duraturi contributi, secondo quanto Freud stesso (1929, p. 673) aveva proposto: "Il futuro probabilmente attribuirà una importanza di gran lunga superiore alla psicoanalisi come scienza dell'inconscio piuttosto che come procedura terapeutica."
E' vero, ma filosoficamente irrilevante rispetto alla ricostruzione ermeneutica della psicoanalisi, che la sfida o il puzzle da risolvereè presentato da ciascuno dei seguenti tre differenti tipi di attività interpretative:
(i) la comprensione profonda di fattori causali inconsci, ipotizzati dagli psicoanalisti come sottostanti a un sintomo, a un sogno, o a un lapsus, attraverso l'interpretazione psicoanalitica,
(ii) la spiegazione del significato semantico di un testo,
(iii) il lavoro che fa un detective per risolvere un caso di omicidio.
In fin dei conti, la sfida comune a ciascuna di queste attivitàcognitive, rappresentata dalla risoluzione di un problema, difficilmente autorizza l'assimilazione della ricerca dei cosiddetti significati psicoanalitici alla ricerca del significato semantico di un testo. Tuttavia, alcuni ermeneuti si sono riferiti a una frase di Freud (SE. 1913, 13:176-178)2 in cui egli ammetteva di "forzare" l'uso linguistico comune, quando generalizzava il termine "linguaggio" per indicare non solo l'espressione verbale di un pensiero, ma anche i gesti "e ogni altro metodo(…) attraverso il quale l'attività mentale può essere espressa" (p.176). Lì Freud dichiarava che "l'interpretazione dei sogni (come attività cognitiva) è totalmente analoga al decifrare un antico scritto pittografico come un geroglifico egiziano" (p.177). Ma certamente questa comune sfida di problem-solving non autorizza l'assimilazione del significatopsicoanalitico del contenuto manifesto di un sogno al significatosemantico del linguaggio parlato o scritto (Grunbaum 1993, p.115).
Gli ermeneuti (o i sostenitori dell'ermeneutica) hanno cercato di utilizzare il fatto che il titolo dell'opera magna di Freud è "L'interpretazione dei Sogni", ovvero in tedesco: "Die Traumdeutung. " La parola tedesca per significato è "Bedeutung." Ma, in tedesco, persino nel linguaggio comune, questo termine, come la sua forma verbale "bedeuten," sono usati in entrambi i sensi, quello motivazionale freudiano e quello semantico, come il seguente esempio dimostra: (i) C'é una canzone tedesca che inizia con queste parole "Ich weiss nicht was soil es bedeuten, dass ich so traurig bin" – traduzione: "Non so cosa significhi il fatto che sono così triste." (E continua: "Ein Marchen aus alten Zeiten, das kommt mir nicht aus dem Sinn" – traduzione: " Sono ossessionato da un'antica fiaba.") Chiaramente la canzone nonesprime interrogativi circa il significato semantico del termine "così triste" che è conosciuto fin troppo bene. La canzone, invece, esprime curiosità circa la causa psicologica, motivazionale della tristezza. (ii) Si tratta di senso semantico quando qualcuno chiede: "Cosa significa la parola 'automobile'?" Una risposta etimologica potrebbe essere: "in questo caso significa 'qualcosa che si muove da sé". Nessuna meraviglia che C.K.Ogden e I.A.Richards abbiano scritto un intero volume intitolato "Il significato di 'Significato'."
Ma, sfortunatamente i filosofi "ermeneuti" come Ricoeur e Habermas hanno utilizzato fallacemente le due seguenti serie di fatti: (i) L'interpretazione di un testo è, almeno in prima istanza, la costruzione di un'ipotesi semantica quanto a ciò che esso asserisce. (ii) D'altra parte, quando lo psicoanalista fonda l'attribuzione di motivazioni inconsce al discorso cosciente del paziente, o piuttosto la dichiara, sulla base di indicatori del comportamento come il pianto o i gesti, è in gioco un tipo assai differente di "interpretazione". In questa situazione interpretativa dal punto di vista psicoanalitico, il contenuto semantico di quel discorso è soltanto una strada per le inferenze etiologichedell'analista circa motivazioni di carattere esplicativo causale; per esempio, il discorso del paziente può essere l'illusoria copertura di una resistenza a svelare motivazioni nascoste.
Pertanto, Ricoeur in maniera fuorviante e fallace, rappresenta erroneamente la teoria della repressione di Freud come un'acquisizione semantica, mal assimilando tra loro le due differenti serie di relazioni. (i) la via attraverso la quale l'effetto di una causa inconscia può manifestarla e fornire per essa un'evidenza, e (ii) la via attraverso la quale un simbolo linguisticorappresenta il suo referente semanticamente o designa gli attributi del referente. E' precisamente questa assimilazione errata, insieme agli abbondanti equivoci delle scienze naturali, che è servita a Ricoeur e Habermas per impostare uno pseudo-contrasto metodologico. Questo pseudo-contrasto è, tra l'epistemologia delle ipotesi causali nelle scienze naturali da una parte, e la ricerca dello psicoanalista dei cosiddetti significati inconsci dei sintomi e del comportamento del paziente dall'altra. In questo modo, essi hanno aggiunto degli orpelli psicoanalitici alla falsa dicotomia del XIX secolo tra scienze naturali e scienze umane. In modo simile, in una critica alle mie concezioni, lo psicoanalista freudiano ed ermeneuta americano Matthew Erderlyi offre la seguente banaleirrilevanza per screditare il contenuto causale delle interpretazioni psicoanalitiche: "Quando si stabilisce il significato di una parola sconosciuta a partire dal suo contesto, non si stabilisce che il contesto ha causato la parola sconosciuta." In ogni modo, questo puerile truismo autorizza Erderlyi a trascurare che lo psicoanalista di solito conosce molto bene i significati contestuali, da dizionario,delle parole del paziente; invece, l'analista ha il difficile obiettivo di usare le parole del paziente semplicemente come una strada per ipotizzare le cause inconsce delle disposizioni della personalità del paziente e della storia della sua vita! Ed è patetico usare il termine "significato" per suggerire la banalità che la psicoanalisi si preoccupa della mentalizzazione e delle sue manifestazionicomportamentali.
Un simile trucco è ottenuto giocando sull'ambiguità del termine "significare", come avviene nell'esempio seguente:
Supponiamo che la vista di un gattino evochi associativamente il pensiero inconscio di una grande tigre minacciosa. Chiaramente, nell'opinione di Freud, questa evocazione è un processo causale i cui correlati sono mentali, qualunque sia il sottostante processo cerebrale. Questo processo di evocazione mentale è stato erroneamente assimilato a un riferimento linguistico, usando il termine semantico "significazione" come segue: si dice che la vista del gattino inconsciamente significa la tigre, come se quella vista funzionasse come una parola o un suono, che si riferisce semanticamente alla tigre. Ma è chiaro che, perfino se la persona che vede il gattino lega quella vista alla parola "gatto", un tale nesso è difficilmente ascrivibile come riferimento inconsciosemantico alla vista della tigre. Tuttavia i lacaniani ci dicono che l'inconscio è strutturato come un linguaggio. In questo modo, essi possono favorire l'erronea attribuzione semantica con una frase infelice come questa: "Per la persona che vede il gattino, questo inconsciamente significa una grossa tigre minacciosa." Per Freud, la vista del gattino ha messo in atto un processo causale di evocare il pensiero inconscio di una grossa tigre. E la questione esplicativa è perchè questo è successo in questo caso.
In un libro già pubblicato(Grunbaum, 1990; 1993, cap. 4), Achim Stephan (1989, pp.144-149) prende spunto da alcune mie vedute. (3) Egli non accetta la "semantica del desiderio" di Ricoeur (p. 123). Ma obietta (p. 146, punto (3)) alla mia asserzione che "nella teoria di Freud, un sintomo manifesto rimanda a una o più cause inconsce sottostanti e dà evidenza per essa, in maniera tale che il 'senso' o il 'significato' del sintomo è costituito dalla sua causa motivazionale latente.
Stephan approva (p.148) la mia enfasi sulla distinzione tra la relazione di manifestazione, per la quale il sintomo porta alla sua causa, e la relazione semantica di designazione, per la quale un simbolo linguistico porta al suo oggetto. Tuttavia, la sua principale obiezione alla mia opinione sul "senso" psicoanalitico dei sintomi come manifestazioni causali dell'ideazione inconscia è che io assegno loro un "significato esclusivamente non semantico"negando che essi hanno anche un significato "semiotico" come i simboli linguistici (pp.148-149). Egli assicura che Freud non costruisce il senso o il significato dei sintomi come un riferimento semantico alle loro cause. Tuttavia, secondo la stessa ricostruzione di Stephan della concezione di Freud, "egli presumeva che i fenomeni manifesti (sintomi) stanno semanticamente per la stessa cosa che le idee (represse) che essi sostituiscono, cioè, "essi stanno semanticamente per ciò che stanno (o piuttosto starebbero, se fossero espresse verbalmente) le idee (verbali) represse" (p.149).
Secondo Franz Brentano (1995), la caratteristica essenziale del mentale è di essere a proposito di qualcosa, di essere rappresentazionale, di essere diretto verso qualcos'altro, di essere referenziale. Brentano usava l'aggettivo "intenzionale" per descrivere ciò che egli aveva scelto come comune e peculiare a tutte le istanze del mentale, quantunque quel termine abbia anche il significato di "deliberato." Nella concezione di Brentano, il fenomeno dell'intenzionalità, così costruito, costituisce il criterio di demarcazione tra il mondo mentale e quello fisico.
Husserl obiettava che stati di dolore, e qualità sensoriali come il rosso, per quanto mentali, non sono "intenzionali" o diretti verso qualcosa nel senso di Brentano. Tuttavia, Carrier e Mittelstrass (1991, p.68) mettono in rilievo che Brentano (1995, pp.89-91) aveva anticipato l'obiezione di Husserl aggiungendo che "in fin dei conti, è qualcosa che provoca dolore, e qualcosa che è percepito come rosso."
Ma come Searle (1990, cap.1) ha giustamente suggerito, l'ansia "non diretta" (cioè diffusa) non è rappresentazionale e tuttavia è mentale. Per come egli pone la questione: "vi sono forme di elazione, depressione, e ansia in cui si è semplicemente eccitati, depressi o ansiosi su ogni cosa" (p.2). Così l'intenzionalità alla maniera di Brentano non è una condizione necessaria per il mentale. In ogni caso, Aviva Cohen ha notato (comunicazione privata) che Brentano successivamente abbandonò la sua "intenzionalità" come essenza del mentale.
Searle (1990, pp.161-167) ha fatto notare in modo illuminante (p.175) che, a differenza di molti stati mentali, il linguaggio non èintrinsecamente "intenzionale" nel senso diretto di Brentano; invece, l'intenzionalità (il concernere qualcosa) del linguaggio èestrinsecamente imposta a esso dal fatto di "decretarlo" alla funzione referenziale. Searle (pp.5, 160, e 177) mette in rilievo che gli stati mentali "pre linguistici" di alcuni animali e dei bambini hanno una intrinseca intenzionalità ma nessuna referenzialità linguistica.
Ritengo che il fondamentale errore ermeneutico di Stephan è di slittare illecitamente dall'intenzionalità intrinseca, non semantica, degli (molti, ma non tutti) stati mentali, alla sorte semantica impostapropria del linguaggio. Inoltre, alcuni dei sintomi nevrotici di cui si occupa lo psicoanalista, come la depressione diffusa, la mania, l'eccitazione non diretta, perdono l'intenzionalità di Brentano.;
Infine, il concernere qualcosa (nei contenuti) degli stati repressi conativi di Freud è per sua stessa ammissione differente dall'intenzionalità (nei contenuti) delle loro manifestazioni in sintomi. Ma Stephan erroneamente insiste che sono la stessa cosa.
Come io stesso ho anticipato, lo scopo comune degli ermeneuti è di costruire un capitale filosofico dalla loro erronea enfatizzazione semantica, acquisendo, per le ipotesi motivazionali psicoanalitiche, un'assoluzione dai criteri di validazione che sono applicati alle ipotesi causali nelle scienze empiriche. In breve, essi vogliono sfuggire a un resoconto critico. Per colmo dell'ironia, descrivono, disinvoltamente e in modo autoincensatorio, la loro filosofia come una "teoria critica". Tuttavia, dal momento che le interpretazioni di Freud dei cosiddetti sigificati inconsci di sintomi, sogni, e lapsus sono ovviamente offerte come ipotesi esplicative causali, anch'esse richiedono una disamina. Quindi dobbiamo proporre il seguente argomento cardine di discussione: che genere di validazione è richiesta per le ipotesi causali? E quali generi di ipotesi causali sono in discussione?
La cosa più importante da realizzare è che lo stesso contenuto di ipotesi causali prescrive quale genere di evidenza è richiesta per validarle Ed è facile dimostrare che il modo di validazione richiesto deve essere lo stesso nelle scienze umane e in quelle fisiche nonostante la chiara differenza nelle loro materie di studio.
Un'ipotesi causale del tipo incontrato in psicoanalisi asserisce che un certo fattore X è causalmente rilevante rispetto a un'occorrenza Y. Ciò significa che X fa un dato tipo di differenza rispetto all'occorrenza di Y in una data classe di riferimento C. Ma permettetemi di sottolineare che rivendicazioni di una mera rilevanza causale non presuppongono necessariamente leggicausali.
Per validare una pretesa di rilevanza causale, dobbiamo innanzitutto dividere la classe di referenza C in due sottoclassi, quella di X e quella di non X. E poi dobbiamo dimostrare che l'incidenza di Y sulla classe X è differente da quella su non X. Ma è di importanza cardinale notare che questo requisito è interamente neutrale quanto al campo di conoscenza o all'argomento di studio. Esso si applica in medicina, psicologia, fisica, sociologia e altrove. La credenza degli ermeneuti che la causalità è "posseduta" dai fisici, come se lo fosse veramente, nasce da un particolare partito ideologico.
Ahimé, questo errore è stato favorito dal pernicioso linguaggio ordinario della filosofia che si è dissolto negli anni '60. E' illustrato, ahimè, dagli scritti di Stephen Toulmin sulla psicoanalisi degli anni '50. Ma una volta che noi teniamo in giusto conto, come Freud fece (S.E. 1895, 3:135-139), la stabilita neutralità ontologica della relazione di rilevanza causale tra il mentale e il fisico, è chiaro che i motivi coscienti o inconsci di una persona non sono meno rilevanti, dal punto di vista causale, per la sua azione o comportamento di quanto non lo siano una overdose di droga per la morte di una persona e il colpo di un martello per la rottura del vetro di una finestra. Come ricordiamo, nell'opinione di Freud, le motivazioni sono una specie di causa (S.E. 1909, 10:199; 1900, 5:541-542, 560-561, e 4:81-82). Così, parlare delle nostre motivazioni come "motivi" non invalida il loro status di specie di cause.
Ma Stephen Toulmin (1954, pp.138-139) ci ha detto, contraddicendo Freud, che le spiegazioni motivazionali in psicoanalisi non si qualificano come una specie di spiegazione causale. Ed egli lo ha fatto mettendo scorrettamente in contrapposizione motivi ("reason") delle azioni e cause delle azioni attraverso un collegamento con la consuetudine del linguaggio comune (1954, p.134), che è scientificamente inadeguata. Attraverso un così discutibile collegamento con il linguaggio quotidiano, egli crede di aver stabilito che "Il (supposto) successo della psicoanalisi…avrebbe rienfatizzato l'importanza delle 'motivazioni delle azioni' opponendole alle cause delle azioni" (p.139). E, in tal modo, ritiene di avere soddisfatto la sua iniziale ipotesi che "il pensare troppo alla psicoanalisi in analogia con le scienze naturali sia fonte di problemi" (p.134). Ma, come ho già dimostrato, tutto ciò non è che un resoconto male impostato nonchè ipotetico delle concettualizzazioni di Freud.
Nel suo libro su Freud, Ricoeur (1970, pp. 359-360) avalla l'affermazione di Toulmin che le spiegazioni psicoanalitiche nonsono causali, proprio in virtù del fatto che sono motivazionali. Per come Ricoeur la vedeva allora, in psicoanalisi "…una motivazione e una causa sono completamente differenti, " anzichè (considerarendt ) che le prime sarebbero giusto una specie delle seconde. Qui bisognerebbe amettere che (fu ndt ) sotto l'influenza dell'ultimo psicoanalista di Boston Michael Sherwood (1969), (che ndt ) Ricoeur sviluppò altre idee in un suo lavoro successivo (1981, pp.262-263) e, in modo abbastanza criticabile, ripudiò l'approccio alle spiegazioni freudiane secondo la "dicotomia tra motivazioni e cause", basata sul linguaggio comune.
Come ho già sottolineato, l'assoluzione della psicoanalisi dai rigori della validazione, (che sarebbero ndt ) appropriati alle sue ipotesi causali, potrebbe servire ad autorizzare la sua non attendibilità epistemologica e a favorire scappatoie. Di conseguenza non è sorprendente che, in un incontro presso la Società di Filosofia e Psicologia di Pittsburgh, Toulmin con atteggiamento protettivo disse all'eminente psicoanalista americano Benjamin B.Rubinstein di non preoccuparsi, allorchè Rubinstein espresse pubblicamente la sua sfiducia epistemologica nei confronti della psicoanalisi. La costruzione secondo il linguaggio comune era per Rubinstein una sorta di anatema. E fu salutare che egli enfaticamente ricordasse le preoccupazioni circa le evidenze già espresse nel suo contributo a un Festschrift del 1983 indirizzato a me. Lì Rubinstein (1983, p.183) aveva scritto:
"E' la parte clinica della psicoanalisi che è veramente disturbante. E' sovraccarica di teoria ma ha solo una base ristretta di evidenza." Ho usato la teoria dell'isteria per illustrare l'arbitrarietà di una gran quantità di interpretazioni cliniche, dovuta alla mancanza di una conferma adeguata. (Ma ndt ) questa asserzione va oltre l'isteria.
Ricoeur (1970, p.358) celebrò il fallimento della teoria freudiana nel risultare accettabile come scienza naturale come una virtù, e sollecitò perfino un "contrattacco" contro i filosofi come Ernest Nagel che deploravano questo fallimento.
Cosicché vi è una divergenza di base tra gli ermeneuti e me stesso, sia sulle fonti, sia sul modo di riportare le insufficienze teoriche di Freud. In verità, io contesto che il trionfo della concezione ermeneutica dell'impresa psicoanalitica sarebbe una vittoria di Pirro e rappresenterebbe il bacio della morte per la psicoanalisi. Fortunatamente, psicoanalisti noti come Charles Brenner (1982, p.4) e Benjamin Rubinstein (1975, pp.104-105), nonché Marshall Edelson (1988, pp. 246-251), hanno completamente respinto la sterile ricostruzione ermeneutica della teoria e terapia freudiana. Gli argomenti di discussione emersi in questo dibattito vanno ben più in là della psicoanalisi. A mio avviso, la risoluzione appropriata del rapporto, tra connessioni tematiche che si riferiscono a stati mentali da una parte, e connessioni causali tra questi stati dall'altra, non solo implica una morale generale per le scienze umane, inclusa la storia, ma ha anche istruttive controparti nella biologia e perfino nella fisica. Lasciamo ora per un momento la polemica ermeneutica, per esaminare l'uso dello stesso Freud delle connessioni di significato nell'inferenza di connessioni causali. Questo esame produrrà un verdetto non favorevole circa l'accusa portata a Freud dagli ermeneuti, ma anche una critica a Freud opposta alla loro.
Dopo aver spiegato il concetto di "connessione di significato", una delle lezioni chiave che io proporrò sarà essenzialmente la seguente: le connessioni di significato tra gli stati mentali di una data persona di per sé non attestano mai un loro legame causale, perfino se queste connessioni tematiche sono molto forti.
Tipicamente, proporrò, è necessario un altro buon motivo per attestare una connessione causale. Questa percezione emergerà, credo, proprio dalla mia analisi di come Freud fallì nel suo rendiconto di relazioni, tra affinità di significato da una parte, e legami causali dall'altra. Un corollario importante di questo insuccesso sarà la mia affermazione che Freud diede molto, troppo peso esplicativo alle affinità di significato, piuttosto chetroppo poco, secondo le accuse di Jaspers e di altri critici ermeneuti.
Ma quali sono le cosiddette "connessioni di significato" in questo contesto? E quali sono i loro rapporti con connessioni causali? Considererò, innanzitutto, alcune illustrazioni paradigmatiche di queste connessioni tratte dalla psicoanalisi. Tuttavia, come ho già spiegato, deploro e rinnego l'uso del termine " di significato" per caratterizzare queste connessioni, perchè è ambiguo e porta di per sé ad un uso errato. Io stesso lo uso qui solo perchè i filosofi che cito lo hanno adoperato.
II. Casi paradigmatici di Connessioni di "significato" tratti dalla psicoanalisi.
Citerò ora alcuni casi paradigmatici di connessioni di "significato" tratti dalla psicoanalisi, che Freud stesso legò a connessioni causali.
Caso 1. Nel 1893, egli scriveva:
"La paziente di Breuer (Anna O.), alla quale mi sono così spesso riferito, offriva un esempio di disturbo del linguaggio. Per un lungo periodo della sua malattia ella parlava solo inglese e non poteva né parlare né comprendere il tedesco. Questo sintomo fu ricollegato (etiologicamente) a un evento che era accaduto prima dell'esordio della malattia. Mentre era in uno stato di grande ansia, aveva tentato di pregare, ma non era riuscita a trovare le parole. Alla fine le erano venute in soccorso poche parole di una preghiera infantile in inglese. Quando più tardi si ammalò, poteva disporre solo della lingua inglese (nota a pié pagina omessa).
La determinazione del sintomo da parte del trauma fisico non è sempre così evidente. Spesso vi è soltanto quella che può essere descritta come una relazione 'simbolica' tra la causa determinante e il sintomo isterico. Questo è vero specialmente per i dolori. Come nel caso di una paziente (nota omessa) che soffriva di dolori penetranti tra le sopracciglia. Il motivo ('reason', nel testo ndt ) (causa) era che una volta, quando era bambina, sua nonna le aveva lanciato uno sguardo indagatore 'penetrante'. La stessa paziente soffriva di tanto in tanto di violenti dolori al tallone destro, per i quali non c'era nessuna spiegazione. Questi dolori, risultò, erano connessi (etiologicamente) a un'idea che le era venuta in mente quando fece la sua prima apparizione in società. Ella era sopraffatta dalla paura che avrebbe potuto non 'star bene in piedi.' Simbolizzazioni del genere sono adoperate da molti pazienti per l'intera gamma delle cosiddette nevralgie e dolori. E' come se ci fosse l'intenzione di esprimere lo stato mentale attraverso uno stato fisico; e la consuetudine linguistica permette un ponte attraverso il quale ciò può essere ottenuto. Nel caso, comunque, di quelli che sono dopo tutto i sintomi tipici dell'isteria – come l'emi-anestesia, il restringimento del campo visivo, le convulsioni epilettiformi, etc. – un meccanismo psichico di tal fatta non può essere dimostrato. D'altra parte questo può essere fatto frequentemente rispetto alle zone isterogene (S.E. 1893, 3:33-34; virgolette aggiunte)."
Sarà un corollario della mia successiva disamina critica che le affinità tematiche qui addotte da Freud non garantiscono affatto le inferenze etiologiche che egli ne trae. Se non altro, per il fatto che le affinità "simboliche" che egli assegna come supporto (alla sua asserzione ndt ) sono grossolanamente abborracciate e molto tenui.
Caso 2. Nel 1896, Freud usò la semplice parentela tematica tra l'esperienza di disgusto di una paziente e il suo sintomo di un supposto vomito isterico per rivendicare la utilizzabilità della esperienza repressa come una determinante esplicativa causaledel sintomo in causa (Grunbaum 1984, pp.149-150). In particolare, egli dà il seguente esempio:
"Supponiamo che il sintomo in questione sia il vomito isterico; in questo caso, sentiremo che siamo riusciti a capire la sua causazione (eccetto che per un certo residuo (ereditario)) se l'analisi ricollega (etiologicamente) il sintomo a un'esperienza che può giustificare la produzione di un notevole grado di disgusto –per esempio, la vista di un corpo in decomposizione (S.E. 1896, 3:193-194)."
Dunque, puntando sulla forza di una semplice parentela semantica, Freud inferisce che il disgusto represso sia una causaessenziale del vomito isterico in una persona resa vulnerabile dall'ereditarietà. E, di conseguenza, il nostro problema sarà se una tale inferenza etiologica sulla base di una parentela tematica ("di significato") è fondata.
Il tema dell'avversione è comune a un'altra esperienza traumatica, e al suo conseguente sintomo isterico, nella vita della famosa prima paziente di Breuer Anna O. Come riportato nella sua storia clinica, ella aveva silenziosamente maturato un disgusto traumatico alla vista di un cagnolino che beveva dal bicchiere di una compagna (S.E. 1893, 2:6-7 e 3:29-30). Più in là, aveva rischiato di morire di sete per la sua avversione fobica verso il bere acqua. Alla maniera di Jaspers, potremmo dire che il tema condiviso dell'avversione funziona come "connessione di significato" tra il trauma originale e il successivo sintomo.
Io invece considero questi episodi indicativi di "una parentela o affinità tematica ". La questione principale sarà quale rilevanza epistemologica e ontologica, sempre che ve ne siano, hanno queste parentele tematiche tra eventi mentali rispetto a eventuali rapporti di causa tra essi. Risulterà peraltro rilevante che l'etiologia tematica sulla quale Breuer aveva basato la sua terapia ipnotica di Anna O. fu screditata da un fallimento terapeutico.
Caso 3. Il famoso caso clinico del 1909 de l'Uomo dei Topi, Ernst Lanzer, offre un esempio cardinale della sua fiducia inferenziale in una connessione tematica. E questa fiducia non è sminuita, lo sottolineo, dal fatto che Freud aggiunge altri eventi, temporalmente intermedi, a quelli tematicamente affini!
Durante il servizio militare, l'Uomo dei Topi aveva sviluppato il timore di un supplizio orientale in cui alcuni topi vengono indotti a farsi strada nell'ano di un criminale (S.E. 1909, 10:166). E uno dei pensieri spaventosi che lo ossessionavano era che questa punizione dei ratti avrebbe potuto avere come vittima, sia la donna che avrebbe eventualmente sposato, sia suo padre, che egli amava e che era morto da anni.
In che modo Freud propone di spiegare le ossessioni del paziente che raffiguravano l'orribile tema dei ratti? Apprendiamo che, all'età di tre o quattro anni, l'Uomo dei Topi si era comportato male come un ratto mordendo qualcuno, probabilmente la sua governante. Proprio come gli stessi ratti sono puniti per tale comportamento, così l'Uomo dei Topi, bambino cattivo, sarebbe stato subito sonoramente picchiato da suo padre, e di conseguenza avrebbe maturato un permanente odio inconscio (nei suoi confronti ndt ). Freud, dunque, inferisce esplicitamente la ipotetica causadell'ossessione dei ratti dalla parentela tematica, tra la punizione del paziente per il mordere-come -un -ratto da una parte, e dall'altra il ruolo dei ratti mordaci nel temuto supplizio anale orientale, che, supponeva, avrebbe afflitto il padre.
Secondo il ragionamento di Freud, la memoria latente del paziente della crudele punizione paterna per il suo morso aveva determinato un'ostilità repressa verso il padre. Questo antagonismo, a sua volta, aveva presumibilmente generato il desiderio inconscio – e, per un meccanismo di difesa di "formazione reattiva, "la paura cosciente"- che il padre potesse subire il particolare mostruoso supplizio della penetrazione anale da parte di ratti mordaci. L'ipotizzato desiderio ostile che il padre patisse questa punizione sarebbe stato moralmente inaccettabile alla coscienza del paziente. Pertanto, egli lo aveva represso, e lo aveva quindi, si suppone, trasformato in un timore ossessivo cosciente che il padre divenisse vittima del supplizio dei ratti, attraverso una "formazione reattiva."
Chiaramente, senza la fiducia nell'affinità tematica tra il mordere-come-un-ratto del paziente e l'ossessione dei ratti, nello scenario etiologico di Freud delle ossessioni del paziente, non sarebbe comparso l'odio inconscio del ragazzo per il padre. Pertanto, Freud interpreta l'ossessione dei ratti etiologicamente, come una difesa nevrotica contro il desiderio inaccettabile che il padre subisse il particolare supplizio della penetrazione dei ratti.
Diamo per buono il reale verificarsi della scena della punizione infantile. Allora l'argomento importante di causazione posto dall'inferenza etiologica di Freud non è che la severa punizione paterna per il morso produsse odio verso il padre; l'argomento etiologico è invece che quel presunto particolare odio divenne successivamente patogeno della paura ossessiva del paziente che il padre divenisse vittima del supplizio dei ratti.
Di conseguenza, per impostare questo argomento in maniera debita, dovrò pormi la seguente domanda: la garanzia dell'esistenza di un legame causale tra l'esperienza infantile della punizione e l'odio verso il padre può sostenere l'ulteriore, più importante, ipotesi etiologica che questo odio, a sua volta, era stato l'intermediario patogeno dell'ossessione dei ratti? La mia risposta sarà un chiaro "No"!
Il mio ultimo esempio psicoanalitico sarà tratto da inferenze etiologiche nella teoria del transfert.
caso 4. Inferenze basate sull'affinità tematica giocano un ruolo centrale, quantunque in qualche modo differente, anche nella teoria di Freud della cosiddetta "nevrosi di transfert," teoria che è fondamentale per le dinamiche ipotizzate dalla terapia psicoanalitica e per l'intera teoria di Freud della psicopatologia. Queste inferenze, sostengo, si riveleranno altrettanto fallaci (Grunbaum, 1993, pp.152-158).
Secondo questa parte della teoria psicoanalitica, il pazientetrasferisce sul suo psicoanalista sentimenti e pensieri che originariamente riguardavano figure importanti della sua prima infanzia. In questo senso, le fantasie sullo psicoanalista ammesse dall'analizzando, e in generale la condotta di questi nei confronti del suo medico, sono ipotizzate come tematicamente riassuntive di episodi dell'infanzia. E, in quanto riassuntivo, il comportamento del paziente durante la terapia si può dire che mostri una affinità tematica con gli episodi primitivi. Pertanto, quando l'analista interpreta le ipotetiche riattivazioni come riassuntive, le interpretazioni connesse sono dette "interpretazioni di transfert." Questo comporta una massiccia inferenza retrospettiva di un'affinità tematica.
Ma Freud e i suoi seguaci hanno tradizionalmente tratto da ciò anche la seguente inferenza causale, altamente discutibile: precisamente, in virtù del fatto di essere tematicamente riassunta nell'interazione medico-paziente, l'ipotetica scena primitiva della vita del paziente può cogentemente essere ritenuta un fattore patogeno originario del disturbo del paziente.
In breve, nel caso delle interpretazioni di transfert, l'inferenza causale dall'affinità tematica prende una forma logica in qualche modo differente da quella che abbiamo incontrato negli esempi precedenti. Nei primi esempi, come in quello dell'idrofobia di Anna O., Freud aveva inferito l'esistenza di un nesso causale diretto tra eventi mentali tematicamente simili, collegando in modo cruciale la loro affinità tematica. Ma, nel contesto delle sue interpretazioni ditransfert, ritiene che la riattivazione tematica dimostri che la scena primitiva era stata originariamente patogena. E, una volta tratta questa conclusione etiologica, asserisce che la riattivazione tematica del paziente nel setting terapeutico è riassuntiva anchepatogeneticamente, e non solo tematicamente ! Freud esalta questo suo discutibile ragionamento nel suo scritto del 1914 "Per una storia del movimento psicoanalitico" (S.E. 1914, 14:12), dove afferma che esso fornisce la più incrollabile prova della etiologia sessuale delle nevrosi (den "unershutterlichsten Beweis" nel tedesco originale).
Fin qui ho tratteggiato esempi significativi delle inferenze causali psicoanalitiche basate su affinità tematiche o di "significato."
III. Parentele tematiche a confronto con Connessioni causali
Adesso dobbiamo dedicarci alla seguente questione cardine: fino a che punto, se ce n'è uno, l'affinità tematica può rappresentare una connessione causale? Come illustrerò, le affinità tematiche non sono solo di varie specie ma si trovano in vari gradi, dal molto alto al molto tenue. Ancora sarà di cruciale importanza considerare la seguente incombente morale: perfino quando l'affinità tematica è davvero molto alta, questo di per sé non autorizza l'inferenza di un legame causale tra eventi tematicamente affini.
Pertanto, prendiamo in considerazione qualche esempio, tratto da campi di indagine al di fuori della psicoanalisi, che concerne la possibilità di inferire correlazioni tra eventi o stati che rappresentano diverse specie di affinità o di isomorfismi tematici. Questi esempi serviranno come una salutare preparazione alla valutazione delle inferenze etiologiche di Freud basate sull'affinità tematica, e delle obiezioni di alcuni suoi critici ermeneuti.
1.Un turista che guarda una spiaggia desolata nota che la sabbia rivela una serie di configurazioni che hanno la stessa forma della scarpa destra e sinistra indossate da umani. In breve, il turista osserva un isomorfismo geometrico – o un'"affinità tematica" di forma – tra le configurazioni della sabbia e le scarpe. Egli allora trarrà l'inferenza causale che una persona con le scarpe ha camminato sulla spiaggia, producendo le forme della sabbia che chiamiamo "impronte. "Ma cosa autorizza questa inferenza causale?"
La lezione di questo esempio, sostengo, è la seguente: la evidente affinità geometrica tra le due forme non è di per sé sufficiente ad autorizzare l'inferenza del turista che le configurazioni simili-al-piede sono state, di fatto, causate o prodotte dall'impatto di piedi umani sulla spiaggia. Per trarre l'inferenza, il turista si avvale di una fondamentale quota di informazione addizionale che non può essere appresa a priori dalla mera affinità geometrica: quasi mai formazioni della spiaggia simili al piede vengono prodotte dal semplice spostamento di particelle di sabbia per l'azione dell'aria, o di un colpo di vento. In verità, l'evidenza addizionale è che, con enorme probabilità, nella classe delle spiagge, l'incursione di un pedone crea una differenza tra l'assenza e la presenza sulla spiaggia di forme simili al piede.
In breve, andando oltre la semplice identicità delle forme, il turista, per la enorme probabilità che l'identicità delle forme non sia questione di puro caso, si affida a essenziali evidenze empiriche quando trae l'inferenza causale che il simulacro sabbioso di un piede umano sia, di fatto, la traccia o il segno lasciato da un piede umano, e pertanto, fondatamente, un'impronta (cf.Grunbaum, 1984, p.63). Lasciatemi giusto rilevare che un revisore del mio libro del 1984 Le fondazioni della psicoanalisi: Una critica filosofica, incomprensibilmente ridicolizzò questa argomentazione epistemologica come un discorso pedante sulla parola "impronta"!
2. Due sogni notevolmente differenti serviranno ora a dimostrare che affidarsi a semplici connessioni tematiche per trarre inferenze causali è una trappola e un delirio. Questa morale, naturalmente si applica anche alla teoria di Freud del sogno, come caso particolare. Ma per semplicità, deliberatamente, non farò alcuna ipotesi psicoanalitica nel presentare i miei due modelli di sogno. In primo luogo, e non in seconda istanza; saremo autorizzati a trarre l'inferenza causale che il contenuto manifesto del sogno eraconformato tematicamente in base a una componente saliente dell'esperienza della veglia del giorno precedente.
Il mio scopo nel dare l'esempio del primo sogno sarà di confrontarlo con il secondo, che è di un'altro tipo: nel secondo, è dimostrabile la fallacità di una connessione tematica tra l'esperienza della veglia del giorno prima e il contenuto manifesto del sogno come base di inferenza di un legame causale .
Rivolgiamoci ora al primo dei due esempi onirici. Notate che questa modello è ipotetico, dal momento che io non so di nessuno che abbia sognato qualcosa di simile. Ho scelto questo primo esempio perchè dimostra un caso di fondatezza, sia di rilevanza causale, sia di affinità tematica. Il sognatore è una donna, che chiamerò Agnes. La notte dopo la sua prima visita alla famosa "Casa sulla Cascata" di Frank Lloyd Wright (a Ohiopyle, Pennsylvania), ella sognò una casa proprio come quella, fin nei pregevoli dettagli dei suoi arredi interni. E' importante che Agnes non aveva mai sentito parlare della Casa sulla Cascata fino al giorno della sua visita, né tantomeno ne aveva visto una immagine o una descrizione.
E' anche di cruciale importanza che la notte dopo la sua visita diurna a quella casa di Frank Lloyd Wright, fu proprio la prima volta che il contenuto di un sogno di Agnes raffigurò una tale immagine.
Senza l'aggiunta di questi fatti, la forte affinità tematica tra la Casa sulla Cascata e il contenuto del sogno non legittimerebbe di per sél'inferenza che la visita di Agnes alla Casa sulla Cascata fosse stata causalmente rilevante per la presenza di un'immagine di quella casa nel suo sogno durante la notte successiva alla visita.
In breve, la visita di Agnes creò una differenza rispetto al suo fare quel sogno. E la relazione di creare una differenza è un ingrediente di cruciale importanza nella relazione di rilevanza causale. Pertanto, in questo caso di affinità tematica, l'inferenza causale è garantita dalla disponibilità di appropriati fattori addizionali. Ma ora consideriamo un esempio correlato di affinità tematica con una morale inferenziale opposta.
3. Presumiamo che, la scorsa notte, il contenuto manifesto di un mio sogno includesse l'immagine di una casa. Nella mia vita urbana, d'abitudine, vedo e abito case ogni giorno. Pertanto, le mie impressioni del giorno prima, che questo sogno raffigurava, sono impressioni visuali e tattili di almeno un'abitazione. In verità, per anni e anni, il giorno prima di un sogno, la mia esperienza della veglia include sempre il vedere questa o quella abitazione senza badare se il contenuto manifesto del sogno successivo descriva l'immagine di una casa o no! In questo caso, sostengo, vedere una casa il giorno prima non fa alcuna differenza rispetto al sognare una casa la sera dopo, perchè io vedo case il giorno prima sia che le sogni o no.
Evidentemente, nell'esempio del secondo sogno, quando una casa è un elemento del sogno manifesto, la presenza del tema della casa nell'esperienza della veglia del giorno prima noncoincide con la condizione chiave per essere causalmente rilevante rispetto alla presenza dell'immagine di una casa nel sogno. Per metterla in modo più preciso, il mio vedere una casa il-giorno-prima-di-un-sogno non divide la classe delle-mie-esperienze-della-veglia-del-giorno-prima in due sottoclassi, cosicchè la probabilità (o la frequenza) dell'apparizione di una casa nel sogno successivo differisce tra le due sottoclassi. D'altra parte, nella vita di Agnes, una tale divisione in sottoclassi ricorre, per l'esperienza di vedere la Casa sulla Cascata, con conseguentidifferenti probabilità di sognare di quella casa.
E' evidente che vi è un sottile contrasto tra i miei due esempi onirici: se l'immagine di una casa si presenta in un mio sogno della scorsa notte, è un errore attribuire causalmente quell'immagine al mio aver visto una o più case ieri, quantunque vi sia una innegabile affinità tematica. Pertanto, è piuttosto ragionevole concludere che, nonostante la loro affinità tematica, la doppia presenza del tema della casa nell'esperienza diurna di ieri e nel sogno di stanotte è una coincidenza, piuttosto che un caso di legame causale.
Il principale significato dell'esempio del secondo sogno per le inferenze causali psicoanalitiche risulta consistere nel seguente fatto: come illustrato dal tema del ratto nel caso dell'Uomo dei Topi di Freud, nelle tipiche inferenze etiologiche psicoanalitiche, l'affinità tematica non è maggiore, ed è spesso perfino più deboleche nel secondo caso del sogno della casa. Infatti, è abbastanza facile intessere affinità tematiche almeno tra due esperienze, e la vivida immaginazione degli psicoanalisti li autorizza ad avere buon gioco nel farlo.
Il mio resoconto dell'esempio del secondo sogno potrebbe essere accolto con incredulità, poiché si potrebbe pensare che io abbia tralasciato un fatto importante, pertinente alla questione. Noi non potremmo mai sognare case nel modo più assoluto, se non ne avessimo vista qualcuna una volta o l'altra nella vita. Lungi dall'aver tralasciato questa condizione necessaria per fare sogni di case, spiegherò perchè è dimostrabile che questa meracondizione necessaria non è ascrivibile alla rilevanza causaledella mia esperienza-di-vedere-una-casa-il-giorno-prima-di-un sogno rispetto al mio sognare-una-casa-la-notte-dopo.
Questa mancanza di rilevanza causale di una mera condizione necessaria può essere immediatamente colta nel seguente esempio: respirare è una condizione necessaria per essere paranoidi, ma respirare non è causalmente rilevante per essere paranoidi. Se la moglie di un paranoico chiedesse a uno psichiatra perchè suo marito è paranoide, il dottore sicuramente nonrisponderebbe, "Perchè respira."
Vediamo perchè non lo farebbe .
Respirare è una condizione necessaria per essere paranoidi, perchè una persona deve respirare per essere viva, e a sua volta deve essere viva per essere paranoide. Un paranoico morto sicuramente non è paranoide. Che importa, tutti i viventi non paranoici respirano non meno dei paranoici! Pertanto, respirare non tocca l'incidenza della paranoia nella classe degli umani viventi, perchè non divide questa classe in due sottoclassi. A fortiori, non le divide in due sottoclassi nelle quali l'incidenza della paranoia è differente. Per quanto respirare sia dunque una condizione necessaria per la paranoia, sicuramente non è rilevante – nella classe dei viventi – per diventare paranoidi. In altre parole, quantunque respirare faccia una differenza tra essere vivi o morti, non fa differenza tra essere paranoidi e non essere paranoidi.
Così, parimenti nel contesto dei sogni, uno stato di tipo X può essere una condizione necessaria per il verificarsi di altre specie di stati Y in una data classe di riferimento, ciò nonostante X non è causalmente rilevante per Y entro quella classe di riferimento. Come ho illustrato, se X deve essere causalmente rilevante per Y in una classe C, X deve dividere C in due sottoclassi in cui la probabilità di incidenza di Y è differente. Ma fatemi aggiungere parenteticamente qualcosa a proposito del caso dei sogni di case: nella classe di riferimento di tutti gli umani – che include persone che possono non aver mai visto una "casa"- vedere-una-casa puòin verità essere, almeno statisticamente, rilevante rispetto al sognarla. Ma perfino questa potrebbe non essere necessariamente considerata una rilevanza causale.
E' vero che, nel caso del secondo sogno di case in discussione, quello che potrebbe essere sognato da me piuttosto che da Agnes, l'affinità tematica tra l'esperienza-di-veglia-di-alcune-case e il successivo sogno-di-una-casa è chiaramente molto più debole che nell'esempio di Agnes e della Casa sulla Cascata. Ma vi è anche un controesempio rispetto all'ipotesi che ogni caso di alta affinità tematica riesce anche a qualificarsi come un'istanza di rilevanza causale: considerate una donna che vede suo marito ogni giorno della loro vita matrimoniale, e i sogni di lei, nel corso degli anni, lo raffigurino occasionalmente in maniera non distorta. Precisamente in quel caso la sua inseparabilità dal marito nella vita della veglia dimostra che il suo essere-stata-con-lui-lo-stesso-giorno-prima-di-averlo-sognato non è causalmente rilevante per la produzione del contenuto tematico del sogno!
Inoltre, ricordo la mia prima avvertenza che perfino nell'esempio dell'impronta, che mostra un'affinità tematica molto forte, la semplice presenza di un grado molto alto di affinità era completamente insufficiente a validare la relazione causale.
Di conseguenza sarebbe un grosso errore credere che la possibilità di inferenze causali vada a braccetto con un altissimo grado di affinità tematica.
Per essere breve, aggiungo un'istanza della biologia evolutiva che testimonia contro il trarre inferenze causali da affinità tematiche. Come Elliot Sober (1987; 1988) ha rilevato: quando si confrontano specie in base a quelle che vengono chiamate influenze ancestrali – che è un certo tipo di affinità tematica – questa similitudine non è di cogente evidenza per l'inferenza causale che essi dividano una comune discendenza. Tuttavia, nel contesto di altre informazioni, il confronto riguardo a caratteristiche "derivate" – che è un altro tipo di affinità tematica – qualifica l'evidenza di una genealogia comune.
Ora siamo pronti ad apprezzare l'inferenza causale di Freud sulla base di connessioni tematiche. Come corollario, possiamo raggiungere un importante verdetto sulle obiezioni che i critici ermeneuti di Freud hanno pronunciato contro di lui.
IV. Inferenze Etiologiche Fallaci (derivate ndt ) dalla Infinitezza Tematica
A. Inferenze Etiologiche Fallaci nei Casi Clinici dell'Uomo dei Topi e dell'Uomo dei Lupi
Come abbiamo visto, nel caso dell'Uomo dei Topi Freud si appellava all'affinità tematica tra l'episodio punitivo del mordere e l'ossessione, da adulto, dei ratti come base per inferire un legame etiologico tra le due cose. Ma, come è ora chiaro, la connessione tematica addotta da Freud non attesta il ruolo etiologico della punizione paterna nella patogenesi dell'ossessione dei ratti. E Freud propone in quel caso l'ipotesi etiologica puntando semplicemente sull'affinità tematica. Inoltre, come ho notato altrove, (Grunbaum 1988, Sez.III, pp.654-657), nel caso dell' Uomo dei Lupi Freud si appellò a un'affinità tematica riguardante la postura eretta come base per inferire fallacemente una connessione etiologica tra un bambino di 18 mesi, presumibilmente testimone di un rapporto a tergo tra i suoi genitori, e la sua ossessione del lupo nella vita adulta.
B. Inferenze etiologiche fallaci nella Teoria del transfert
Un giudizio epistemico altrettanto sfavorevole, che ho articolato, si applica alla rete di inferenze causali che furono tratte nella teoria freudiana del transfert. Per amore dell'argomentazione, garantiamo l'inferenza retrospettiva che il comportamento del paziente verso il medico riassume tematicamente scene della vita infantile del paziente. Tuttavia, questo comportamento tematicamente riassuntivo verso lo psicoanalista non dimostra di per sé che il comportamento è anche patogeneticamente riassuntivo, poichè in primo luogo non dimostra che la scena infantile originaria è statapatogena. Tuttavia ciò è precisamente quello che lo psicoanalista inferisce. Per esempio, in che modo la riattivazione, durante il trattamento, di un conflitto primitivo del paziente dimostra che il conflitto originario è stato patogeno?
Questo quanto al mio apprezzamento del modo dello stesso Freud di utilizzare le cosiddette "connessioni di significato."
Ma cosa dire dell'obiezione ermeneutica che Freud diede una piega "scientista" a queste connessioni?
Userò la mia risposta a questa domanda per trarre una duplice morale per le scienze umane.
V.Conclusioni
Ho desunto che è sempre fallace inferire un legame causale tra eventi tematicamente affini solo dalla loro parentela tematica. Tuttavia può accadere che, in certi casi, informazioni addizionalisostengano una tale inferenza. Come ho illustrato nel mio esempio del sogno di Agnes sulla Casa sulla Cascata, l'esistenza di una forte connessione tematica tra due eventi mentali, o due serie di tali eventi, non testimonia contro il fatto che possa esserci ancheun legame causale tra loro. Così, sicuramente, Freud non potrebbe essere incolpato per avere asserito, in linea di massima, che alcuni eventi mentali possono essere legati sia tematicamente siacausalmente, malgrado egli sbagliasse nel proclamare il suo diritto di inferire il legame causale semplicemente da quello tematico.
Tuttavia, come ho fatto notare all'inizio, il filosofo e psichiatra tedesco Karl Jaspers (1974, p.91) muoveva un rimprovero a Freud: "Nell'opera di Freud noi abbiamo a che fare di fatto con unapsicologia del significato e non con una spiegazione causalecome Freud stesso pensava." Ma dal momento che la rilevanza causale è interamente compatibile con con l' affinità tematica o con la cosiddetta parentela di "significato", l'obiezione di Jaspers a Freud riposa qui su una pseudo-antitesi di "o…o.."(cfr. Grunbaum, 1984, pp.69-83). Pertanto, non vi è alcun merito nell'accusa di Jaspers a Freud di essere incorso in una "confusione di connessioni di significato con connessioni di causa" (Jaspers, 1974, p.91). Nè vi è alcuna garanzia della sua asserzione che la psicoanalisi di Freud sia stata viziata da un "equivoco su se stessa (p. 80)", un 'accusa condiscendente, quindi, ripetuta più in là da Ricoeur e Habermas, come abbiamo ricordato.
Quanto all'obiezione a questi filosofi, emerge precisamente dalla mia dimostrazione dei fallimenti inferenziali di Freud che egli diedemolto, troppo peso esplicativo alle affinità tematiche, anzichè troppo poco come essi gli imputano. In verità, queste semplici "connessioni tematiche" non ci dicono nulla delle suppostemotivazioni inconsce, o delle cause della formazione del sintomo, della genesi dei sogni, o della provenienza dei lapsus freudiani. Tuttavia, un tale rendiconto motivazionale è precisamente quanto la teoria psicoanalitica proclama di offrire.
Ho tratto una doppia morale per le scienze umane dalla mia argomentazione critica nei confronti di Freud e dei suoi critici ermeneuti: (1) Siamo attenti alle connessioni tematiche, ma guardiamoci ancor più dalle loro illusorie insidie causali; a fortiori.
(2) Le narrazioni piene di pure spiegazioni ermeneutiche di affinità tematiche sono esplicativamente sterili o fallimentari; nel migliore dei casi, esse hanno un valore letterario e di racconto, che potrebbe come non potrebbe essere utile; nel peggiore, esse sono semplici panzane mancanti sia di significato etiologico che terapeutico.
I compiacenti sermoni ermeneutici di Jaspers, Habermas, e Ricoeur contro presunti equivoci "scientisti" del ruolo dei significati non servono a nulla, a mio avviso, nella fruizione dell'impresa psicoanalitica, o di altre teorie esplicative della psicologia umana o della storia. Quello che essi tendono a fare, comunque, è incoraggiare un'ostilità ideologica contro il pensiero scientifico nelle scienze sociali e nella psicologia. Come ho arguito altrove ampiamente (Grunbaum, 1993, cap.4), dopo una considerevole cornucopia di connessioni tematiche brillantemente articolate, nel caso clinico di Freud dell'Uomo dei Topi, una etiologia validata delle ossessioni del paziente rimane profondamente oscuraancora oggi, a distanza di oltre ottant'anni. Lo stesso è per l'Uomo dei Lupi.
Ma questo non è tutto. Per quello che è il mio pensiero, vari volumi dimostrano che coloro che sposano la ricostruzione ermeneutica della psicoanalisi non hanno prodotto neanche una singola nuovaipotesi che dimostri la fecondità del loro approccio. Il loro è un ideologico, negativistico grido di battaglia che porta a un vicolo cieco. Dopo un po', bisogna che si dia una fine a tale pura sterilità.
Spesso, una nuova interpretazione o ricostruzione di una teoria, o un nuovo stile filosofico
-perfino quando è affetto da gravi errori, può, nonostante ciò, essere in qualche modo illuminante. Di conseguenza, mi dispiace dire che, per come io la vedo, la ricostruzione dicotomica della psicoanalisi e delle scienze umane o sociali da parte degli ermeneuti non ha aspetti di riscatto.
I filosofi ermeneutici hanno cercato di costringere la psicoanalisi nel letto di Procuste delle loro nozioni filosofiche preconcette sulle scienze umane. Per implementare questo programma, hanno posto interrogativi epistemologici semplicemente per degradare quegli aspetti del corpus freudiano che non si adattavano alle loro dottrine filosofiche precostituite. E, come ricetta normativa per le scienze umane in generale, il loro programma mi sembra assomigliare piuttosto a un oscuramento.
NOTE FINALI
1 Questa è una versione moderatamente rivista dello scritto apparso nel (1999) D.Aerts, J.Broekaert, e E.Mathij (edizioni),Einstein Meets Magritte, an Interdisciplinary Reflection: The White Book of Einstein Meets Magritte. Dordrecht, The Netherlands: Kluwer Academic Publishers, pp.219-239.
2 Tutte le citazioni di scritti di Freud in inglese sono da: Standard Edition of Complete Psychological Works of Sigmund Freud, trad. di J.Strachey et al. London : Hogarth Press, 1953-1974. 24 vol. Ciascun riferimento userà l'abbreviazione "S.E." seguita dall'anno della prima comparsa, numero del volume, e pagina(e).
3 le citazioni dal riferimento a Stephan sono mie traduzioni in inglese del suo testo in tedesco.
Mi piace. Anche se tenta di
Mi piace. Anche se tenta di salvare l’aspetto eziologico di Freud, mette Freud al riparo dall’incubo ermeneutico (il significato del significato del significato…).