Se Lacan ha scritto il Libro VII “L’etica della psicanalisi” e non un libro sull’etica della psicoterapia è forse perché vi sono dei dubbi che la psicoterapia possa avere tutti gli “atout” per lo stigma dell’etica.
Ciò, ovviamente, al di là dell’implicita e scontata etica di chi opera come psicoterapeuta, della sua attenzione all’altro, perché, nel processo psicoterapeutico, inteso come ortopedia dell’Io e come processo che deve condurre il soggetto a coniugare le sue pulsioni col Principio di Realtà, è implicita una deroga dall’etica.
Recalcati fa infatti notare che oggi, l’imperativo del Super Io è “Devi godere!”: allora tale imperativo, trovando alimento nelle pulsioni inalienabili dell’Es, manovra l’Io come un burattino perverso e inemendabile, a cui la psicoterapia non può altro che suggerire, per non soccombere, di corrispondere ad un adeguamento alla Civiltà contemporanea, cioè all’Inciviltà.
A meno che la Psicoterapia non si occupi anche, cosa impossibile, di intervenire anche sulla struttura e non solo sul soggetto; a meno che la Psicoterapia non operi perché vengano soddisfatti contemporaneamente, legge e desiderio; a meno che la Psicoterapia non si occupi sia dell’Io che degli altri.
Un buon lavoro a tutti quelli che fanno questo mestiere impossibile, la Psicoanalisi e l’invito a vedere, questa sera, 10 novembre, il programma della Gruber, “Otto e mezzo”, ove è ospite un mio carissimo amico, Andrea Franzoso, un soggetto etico, che non si è piegato a nessun Principio di Realtà e il cui Io ha sempre dato scacco, sia all’Es, che al Super Io.
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