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L’ordine e l’esperienza. Una riflessione sulla figura del `miracoloso’.

6 Ott 12

Di lapigozzi

L'esperienza di un evento miracoloso, o il semplice racconto di esso, che si abbia fede oppure no, può far perdere il `sentiero di casa'. Produce smarrimento.
Esiste una cerchia di fenomeni, non eccessivamente ristretta, cui anche i miracoli appartengono, che produce effetti terribili, sconvolgenti, ma anche innovativi: essi interrompono un ordine.
Spezzano ciò che pensiamo sia oggettivo e che forse è, più semplicemente, solo un modo di rappresentarci le cose.

    Ma i miracoli, a differenza di altri fenomeni dirompenti, non creano un nuovo ordine. L'evento miracoloso non produce stabilità. E' movimento; senza posa né facile approdo.
Per questo i miracoli non solo sospendono un corso naturale, ma possono apparire come la sospensione stessa, sospensione indefinita di una rete di significati naturali, affettivi e, spesso, morali e giuridici. Come dire: i miracoli possono essere contro-natura, anti-sociali e perfino a-morali.

    Pare difficile accettare la destabilizzazione miracolosa. Allora il miracolo non si potrà mai `riconoscere'? Appartiene alla soggettività della creazione individuale che mina le regole dell'oggettività, oppure è `cosa del mondo', oggettività `altra' che fa vacillare la nostra forse un po' limitata idea di soggetto?

    Ma se non è il nostro pensiero con le sue regole la misura del mondo, allora forse `miracoloso' indica semplicemente un al di là del limite ordinatorio di pensiero e rappresentabilità.
Si sa il nostro è un pensiero che fatica a pensare al non-ordine e alla libertà dell'esperienza. A dire il vero pare abbia già difficoltà con l'esperienza pura e semplice.

Come se l'ordine fosse un pensabile e il non-ordine solo un immaginabile. L'immaginazione, più che il pensiero, può tentare una comunicazione col miracoloso. Una percezione artistica più che cognitiva. 
L'arte pare saper relazionare il non-ordine creativo con la concretezza dell'esperienza, in una lieve e non definitiva organizzazione percettivo-sensitiva.

Dei miracoli forse si può dire solo una cosa: essi accadono. Terribilmente, a volte non ce ne accorgiamo neppure: è grande la nostra disattenzione per certi eventiimproduttivi dell'esperienza. Il miracolo ci può passare accanto senza che noi lo percepiamo. I grandi avvenimenti spesso non sono annunciati da marce trionfali, arrivano con passo leggero. E spesso ci colgono, disastrosamente, impreparati, superficiali, distratti.

Una miope, quasi incosciente, selezione a priori ci priva della grande ricchezza degli accadimenti.
La `crisi di valori' è, probabilmente anche una crisi della sensibilità e della qualità della percezione. Con i recettori otturati il mondo a certamente poco da dirci. Che senso ha lamentarsi del livello etico se non sappiamo più nemmeno sentire?

    Un evento miracoloso non è semplicemente un'illuminazione, è la riattivazione dei recettori umani per poter cogliere la vitalità del mondo. Si tratta dunque di un'esperienza che, in realtà, ci fa ri-prendere il `sentiero di casa'.
    

*Pubblicato in LegendaI Miracoli. Aprile 1993. Tranchida Editori. Milano

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