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Kant con Freud

6 Ott 12

Di Valeria-Medda
La prospettiva generalmente accettata insegna
che non v'era nessuna scusa,
per quanto alla luce delle ultime ricerche
molti troverebbero la causa
in una non insolita forma di terrore;
altri, più astuti ancora,
mostrano le possibilità dell'errore
fin dall'inizio.
W. H. Auden, Let History Be My Judge

 

Nell'ultimo capitolo dell'Analitica Trascendentale, con cui si conclude la Critica della ragion pura, una breve appendice intitolata “Dell'anfibolìa dei concetti di riflessione” chiarisce come Kant consideri la propria “Topica trascendentale” un'elaborazione della topica logica di Aristotele, in quanto entrambi si prefiggono di assegnare a ogni concetto un suo specifico “luogo logico”, nell'ambito dell'intelletto puro oppure della sensibilità. Questa argomentazione è contenuta in una breve nota al testo, che quasi sfuggirebbe alla lettura, se non contenesse anche una stupefacente articolazione del concetto di nulla, che conclude il discorso con unclimax sublime per la sua audacia teorica. Per chiarezza, riproduco alcuni passaggi essenziali del testo, che è breve e distinto per punti.
1. “Al concetto di tutto, molti, uno, viene opposto il concetto che annulla ogni cosa, quello di `nessuna cosa', l'oggetto di un concetto cui non corrisponde nessuna intuizione che possa esser data = nulla; ossia, un concetto senza oggetto, alla stessa stregua dei noùmeni, che non possono esser posti tra le possibilità, benché non debbano per questo venir fatti passare per impossibili…”. Kant denomina questo tipo di `nulla' ens rationis.
2. “ La realtà è qualcosa, la negazione è nulla; è precisamente il concetto della mancanza di un oggetto, come l'ombra o il freddo…”. Abbiamo qui il nihil privativum.
3. La pura forma dell'intuizione, priva di sostanza, non costituisce di per sé un oggetto, ma semplicemente la condizione formale di esso come fenomeno; ad esempio lo spazio puro o il tempo puro, che sono certamente `forme dell'intuire', ma non costituiscono in sé oggetti tali da venir intuiti”. Così Kant definisce l'ens imaginarium.
4. L'oggetto di un concetto in contraddizione con se stesso è nulla, poiché il concetto è nullo, è l'impossibile, come si ha nel caso di una figura rettilinea di due lati”. È questo il nihil negativum.
Questi quattro concetti di nulla vengono poi ordinati da Kant in una “Tavola di suddivisione del concetto di nulla”, titolo davvero curioso nella sua formulazione paradossale… Eccola qua:

NULLA

1.
Concetto vuoto privo di un oggetto
Ens rationis
2.
Concetto vuoto di concetto Intuizione vuota senza oggetto 
Nihil privativum   Ens imaginarum
4.
Oggetto vuoto senza concetto
Nihil negativum

Forte è la tentazione di cercare un raccordo con le strutture di negazione individuate da Freud nella sua costruzione teorica della soggettività. Non per cercare una specularizzazione analogica al modello kantiano, ma per puntualizzare debiti e divergenze.
Freud ha sempre accordato un'importanza straordinaria alle forme e agli effetti della negazione; i fondamenti più originali del suo pensiero sul funzionamento inconscio della soggettività consistono di fatto nella messa a fuoco di differenti logiche negative, i cui effetti coincidono sostanzialmente con le principali formazioni sintomali reperibili nella clinica analitica.
Volendo immaginare un ordine diacronico di temporalità psichica, la prima formazione negativa – che coincide con un movimento di espulsione extracorporea, è riconosciuta in ciò che Freud definisce Ausstossung, rigetto, vomito, sputo. Pulsione di ex-corporazione violenta, reperibile nel modo arcaico e radicale dell'espulsione organica. Rigetto pre-semiotico, pre-verbale, pre-simbolico che si ritrova in forma metaforizzata, come resto residuale, a metà strada tra l'indicibile e il dicibile, nel teatro enigmatico del “discorso d'organo”, la tosse isterica per esempio, oppure, nello sputo psicotico, a segnalare l'impossibilità di accedere al processo di simbolizzazione, alla parola sensata.
Freud si serve ancora di questo termine nel capitale e magistrale scritto sulla Negazione (Die Verneinung, del 1925), quando ormai da cinque anni si è avventurato nei territori di Thanatos, con decisione ormai irreversibile: è del '20 infatti la stesura di Al di là del principio di piacere, che inaugura un tranchant teorico fondamentale col concetto di “pulsione di morte”.
Per la negazione, la formula freudiana è semplice, ma anche ardita e paradossale: “Il contenuto rimosso di una rappresentazione o di un pensiero può penetrare nella coscienza a condizione di farsi negare”.
Non ci si riferisce più alla negazione classica fondata sul principio di contraddizione (enunciata anche nel ventaglio kantiano), ma a un modo particolare diVerneinung, che J. Lacan per primo ha tradotto col termine dénégation, diniego.
Freud individua il meccanismo di Verneinung nelle più comuni espressioni della vita ordinaria: “Lei forse pensa ch'io voglia dirle qualcosa di offensivo, ma non è affatto la mia intenzione”. È proprio questa allora – quella di offendere – l'intenzione “rimossa”… Il contenuto rimosso penetra nella coscienza (Bewußte), a condizione di essere negato: la negazione allora è “un modo di prender conoscenza del rimosso, attraverso una revoca (Aufhebung) della rimozione”.
Nel suo noto commento al testo, Jean Hyppolite sottolinea l'impiego del termine hegeliano, Aufhebung appunto, che, significando letteralmente “sollevare”, implica il senso plurimo di "negare, sopprimere e conservare” simultaneamente.
L'enigma e la fascinazione di questo passaggio freudiano stanno nel modo di autopresentarsi del soggetto che fa Verneinung, che richiama un po' l'umorismo geniale di certe storielle ebraiche: “Le dirò ciò che non sono… Attenzione… è ciò che sono!”. E viceversa.
Presentare il proprio essere secondo il modo di non esserlo… Ma di quale soggetto paradossale stiamo parlando? Del “soggetto dell'inconscio”, concluderà Lacan.
Nella denuncia di sé tramite misconoscimento, Freud riprende l'idea di un giudizio (Urteil) logico, funzione che sappiamo cara anche a Kant. Facendo Verneinung, si tratta di Etwas im Urteil verneinen… che non va letto come “negare qualcosa nel giudizio” – ci avverte Hyppolite, ma come una sorta di “De-giudizio”, o sconfessione della valutazione precedente; un tempo logico “secondo” dove il primitivo giudizio viene sottoposto a negazione e poi affermato come tale. Assistiamo a una specie di “condanna” logica, come conferma più avanti Freud nell'indicare un legame simbolico tra Verneinung (negazione) e Verurteilung(condanna).
Nel pronunciarsi di questa condanna – definita da Freud un “equivalente (Ersatz) della rimozione” – il “No”, secondo Lacan, funziona come un marchio di fabbrica dell'inconscio, “un certificato d'origine paragonabile al Made in Germany stampato su un oggetto”. Elvio Fachinelli, intervenendo sulla questione, riconosceva nell'Ersatz freudiana il ricorso specifico a un modo di “sostituzione simbolica” e quindi il prodursi di una formazione metaforica nella negazione intellettuale, secondo la teoria lacaniana dell'emergenza dell'inconscio come metafora.
Su un altro versante, Freud sottolinea che col giudizio di Verneinung la funzione intellettuale si scinde dal processo affettivo. Egli dunque concorda con Kant nell'affermare che la forma della negazione (per l'uno) e il concetto di nulla (per l'altro) non possono darsi che in antitesi alla percezione di realtà.
Praticamente, negare significa cancellare il mondo degli oggetti. Là dove c'è coscienza, c'è anche un opporsi dell'oggetto reale: Heidegger la chiama “relazione di obiettazione” che risulta impossibile nella posizione narcisistica: “Ma cos'è ciò che noi, con le nostre sole risorse, mettiamo in grado di obiettarsi? Non può essere un ente. E se non è un ente, dev'essere senz'altro un nulla. Naturalmente il nulla di cui parlo non è il nihil absolutum…” (Kant e il problema della metafisica). Parallelamente, così Kojève: “Là où il y a Bewußtsein, il y a aussi Gegen-stand, objet-chosiste opposé à la conscience qui se rapporte à lui. Autrement dit, il y a nécessairement deux plans parallèles: celui de la Conscience et celui de l'Objet” (Introduction à la lecture d'Hegel).
Kant, da parte sua, più perspicuamente scrive: “Se la luce non fosse stata data ai sensi, non sarebbe possibile neppure formarsi una rappresentazione delle tenebre, e se non venissero percepiti enti estesi, neppure lo spazio sarebbe rappresentabile. Se manca un reale, sia la negazione che la pura forma dell'intuizione non costituiscono oggetti in alcun modo”.
E Freud: “La funzione del giudizio ha in sostanza due decisioni da prendere. Essa deve concedere o negare una qualità a una cosa, e deve accordare o contestare l'esistenza nella realtà a una rappresentazione”. È il momento “mitico” in cui il soggetto umano fonda la distinzione di un “dentro” e di un “fuori” come forme fondamentali del pensiero e dell'esperienza, attraverso le due forme del giudizio, “di attribuzione” e “di esistenza”, ciascuno nella doppia polarità positivo-negativo. Lacan, a questo proposito, punta l'attenzione sulla scissione primitiva del soggetto intorno al binomio io/non-io, cui corrisponde l'opposizione piacere/dispiacere (Lust/Unlust), e quindi l'affermare-accettare e il negare-respingere: qui vede la frontiera logica del momento iniziale dove appunto non-io coincide con “ciò ch'è rigettato”. L'operazione di Verneinung andrà allora interpretata come forma generale del porsi distintivo del soggetto di fronte al mondo, e come luogo logico dell'eterno gioco binario tra Innenwelt e Umwelt. Il gioco del rocchetto, col ritornello del Fort… Da in Jenseits des Lustprinzip si ritma sulla medesima dialettica. Per Lacan, la maggiore audacia freudiana sta nel riconoscere nella logica del diniego l'origine del lògos, come funzione del pensiero e del registro del discorso: l'ordine simbolico. E sempre in questo punto di snodo cruciale vediamo strutturarsi anche l'opposizione tra “affermazione” (Bejahung), che implica Vereinigung (riunione, ricongiunzione ), cioè Eros, e “negazione” (Verneinung), dietro la quale si profila un'istanza sostanzialmente “asimmetrica” – secondo Hyppolite – qualcosa di più radicale di Thanatos, la pulsione di morte: si tratta di espellere, di “abolire”. Ci riavviciniamo all'idea di “nulla”.
Ho dato molto spazio all'analisi della forma Verneinung perché Freud la propone come il prototipo logico del rifiuto. Nella negazione il linguaggio produce un'emergenza particolare dell'impossibilità soggettiva a vivere il reale, dove il simbolo del “no”, non contento di designare la specifica negazione dell'oggetto, enuncia un altro senso mortale, questa volta letale per il soggetto.
È il momento di esaminare brevemente le modulazioni successive della logica negativa che Freud ha via via elaborato, con una costruzione teorica distintiva e sofisticata, attraverso i concetti originali di Verdrängung (rimozione), Verleugnung (sconfessione o misconoscimento), Verwerfung (rigetto come abolizione simbolica). Le funzioni di Verdrängung e Verleugnung costituiscono i punti di cerniera che differenziano i due versanti clinici della nevrosi e della perversione: ne sono l'indicatore diagnostico e sono entrambe forme di negazione. Sono l'effetto simultaneo di un'operazione difensiva e sostitutiva di una rappresentazione negata. L'originalità del concetto di Verdrängung è da ricollegarsi alla significazione di oblìo, di dimenticanza, che vi è inclusa, anche se propriamente la parola designa un “respingere altrove”: qualcosa è sospinto in un luogo limitrofo, ma fuori scena – “come quando si ripongono in solaio o in cantina degli oggetti disusati…” dirà poeticamente Freud. Dunque l'operazione di Verdrängung sospinge il materiale negato in un luogo sostanzialmente accessibile, dove lo si può ritrovare. Una metafora che indica con grande chiarezza la possibilità operativa di elaborare analiticamente la nevrosi. Nulla di irreparabile… un rammendo, una ricucitura (questa volta la metafora è di Lacan) sono possibili. Nello scritto La rimozione, Freud dice che “la sua essenza consiste semplicemente nell'espellere e tener lontano dalla coscienza qualcosa”; tener lontano dal “sapere”, potrebbe meglio rendere la sua espressione Fernhaltung vom Bewußten.
Freud arriva anche a supporre l'esistenza di una “rimozione originaria” (Urverdrängung) consistente nell'“interdire l'accesso alla coscienza” alla rappresentanza psichica di una pulsione (Vorstellungsrepräsentanz).Questa articolazione interesserà enormemente Lacan, per il suo carattere di opposizione al processo di simbolizzazione originaria (Urbejahung) ch'egli immagina come accesso al linguaggio. L'interdetto di cui dice Freud funziona dunque come un vero e proprio “divieto d'accesso” al senso e alla parola, come punto capitale del sintomo. 
Quanto al concetto di Verleugnung, sconfessione di materiale di rappresentazioni inaccettabili, resta magistrale lo scritto freudiano del '27 Feticismo; laVerleugnung, sfiorando la menzogna (Leugnen vuol dir “mentire”), implica un misconoscere, uno sconfessare, un fingere di non vedere. “Rifiuto di riconoscimento” fondato sul fantasma di una madre provvista di pene, che si articola su una specie di acrobazia logica, tramite un “falso movimento”, obliquo, acrobatico appunto, col quale il perverso si assicura una forma peculiare di accesso al godimento senza pagare il pedaggio della legge paterna. La liminarità semantica col “mentire” adombra appunto l'idea freudiana di un trucco, una manovra di escamotage, la messa in atto di una menzogna strategica che metta in salvo in extremis dal crollo psicotico. Uno sguardo negato, una finta, un manierismo, una velatura… qualcosa di artistico, insomma… Nello stesso tempo, gli esiti possibili verso omosessualità o travestitismo mostrano che siamo in un campo eminentemente “scopico”, dentro labirinti catottrici capovolti, incrociati, pervertiti in forma di enigma. 
Ed eccoci alla forma più radicale di negazione, quella che irreparabilmente sospinge il mondo, i suoi oggetti e il soggetto stesso – per effetto di una sorta di rifrazione speculare – nella dimensione del “fuori”.. Fuori da che? Da ogni possibile Darstellbarkeit, la “raffigurabilità”. Per la prima volta, nel caso dell'uomo dei lupi, Freud introduce la parola, Verwerfung, abolizione di senso, fuoruscita dalla rappresentabilità, uno strappo non riparabile. 
Molte sono le formule che ricorrono a dirne i modi: “rendere non-avvenuto”, “non poter sopportare”, “non volerne sapere”. Annichilimento, impossibile, inaccessibile, insensato. 
È il mondo dell'alienazione in senso proprio. Lacan, studiando il caso del Presidente Schreber, riconosce in Verwerfung “il modo specifico della logica psicotica”, come negazione assoluta, necessaria e necessitante (“imposta” sarà la parola più chiaramente connotativa), abolizione del reale rigettato, sparizione dalle reti del senso. Nel testo francese, il termine proposto da Lacan e tratto dal codice linguistico di antiche procedure giudiziarie è Forclusion: un'“esclusione verso il fuori”, un bandire dal mondo civile nel suo significato di condanna e pena, uno “sconfinamento dai territori del senso dicibile” nel processo di annientamento psicotico. 
È riconoscibile un parallelismo logico con la forma “organica” della negazione definita da Ausstossung, l'espulsione che produce una deiezione, un ex-cremento: inVerwerfung avremmo invece la fuoriuscita da ogni possibile significazione, un annichilimento logico e volitivo, come esclusione dal registro del pensiero e del linguaggio. 
L'inconscio, che è tutto lì, in superficie, resta “escluso”, non assunto dal soggetto psicotico, e la rappresentazione “forclusa” ricompare nel reale sotto forma di allucinazione. È evidente, qui, un processo di scotomizzazione, di scissione più radicale dell'io dal mondo, come rifiuto di prenderne atto. Verwerfung, for-clusione, fuori (da un latino arcaico foris), l'esteriorità, e insieme tutta la costellazione semantica che si articola intorno al “dire” (for, faris), al detto (fatum: preannuncio e destino), al fòro (forum), il luogo pubblico della presa di parola, afors, la sorte, l'ipotesi, la congettura, e finalmente a “forare”, bucare, trapassare, aprire… Un intreccio di intersezioni di senso ricchissime, che denunciano il peso, il valore, il rischio delle funzioni simboliche che vi sono implicate: l'appartenenza, il bando, l'esclusione, il valore che connota la presa di parola in privato (il “fòro interno”) e in pubblico (il “fòro esterno”), dunque la promessa, l'etica, la dignità e l'onore, oppure la loro polverizzazione e disfatta in un destino alienante. 
Abbiamo visto il declinarsi delle forme freudiane di negazione. Si tratta di un'elaborazione della negatività umana totalmente originale e non-classica. Lacan sottolinea che ci imbattiamo in “quattro differenti scale di negazione, di cui la negazione classica – che invoca e sembra fondarsi unicamente sul principio di contraddizione – non è che una… Questa distinzione tecnica, che può anche essere formulata in senso stretto nella logica formale, è essenziale per mettere in questione ciò che Freud dice, e che, da quando l'ha detto, tutti ripetono: che l'inconscio non conosce la contraddizione. Lo ripetono, credendo di dire qualche cosa…” (J. Lacan, Logique du Phantasme). 
Torniamo a Kant, e al suo schema del nulla. È subito evidente che non esiste parallelismo rigoroso tra lo schema kantiano e le negazioni freudiane; si tratta di due apparati logici distinti, che si occupano rispettivamente di un oggetto della percezione e della ragione, il nulla, un denotatum, e di una funzione soggettiva inconscia, l'operazione di negare e i suoi modi, dunque un'istanza denotans, e anche – penso – connotans perché implica lo svelarsi dei caratteri identificativi del soggetto agente. Avremo, per questo, un raffronto imperfetto. 
La prima forma proposta da Kant, l'ens rationis, non è altro che il concetto di nulla come forma razionale, un “nulla logico” eterogeneo alla catena significante. Viceversa, il Nihil privativum occupa chiaramente una posizione oggettuale, appartiene alla categoria come sistema degli oggetti. Kant lo definisce con una intonazione preromantica: “Un oggetto mancante, come l'ombra o il freddo”. Nell'universo teorico freudiano, troviamo una nozione parallela nell'“Oggetto perduto” di “Lutto e malinconia”: nell'esperienza di lutto psichico, “… l'oggetto amato non esiste più ed esige che tutta la libido sia sottratta ai suoi legami con quell'oggetto”. Una dialettica negativa: l'oggetto del desiderio si sottrae e la pulsionalità del soggetto si contrae, si sospende. Nella forma della malinconia, l'oggetto perduto è una parte interna al soggetto stesso (“Una perdita riguardo al suo Io” dice Freud), e allora avviene qualcosa di simile a un'identificazione all'oggetto abbandonato, così che “l'ombra dell'oggetto cade sull'Io…”. Anche J.-P. Sartre deve molto sia a Kant che a Freud nella sua interpretazione del nulla come esperienza di “svuotamento” soggettivo di fronte allo scomparire dell'oggetto desiderato: trovo straordinaria, in L'Etre et le Néant la pagina in cui si descrive la ricerca affannosa e vana dell'amico nei bistrots parigini: nessuno di quei volti è il volto di X… prima esperienza di annientamento. Nulla in quella sala significa X, dunque è come se fosse vuota. Seconda esperienza di annientamento. 
Nella concezione kantiana dell'Ens imaginarium si ritorna a una Denkform, a una forma-pensiero, una categoria della rappresentazione. Nulla è riferibile a una sostanza esterna alla soggettività, non c'è res extensa. Freud ci ha parlato, con un altro dei suoi paradossi arditi, di Psychische realität: si tratterebbe di un nulla mitico, da miraggio, un nulla di illusione o di delusione. Ci muoviamo nell'ambito di ciò che Lacan designa come “registro dell'immaginario”, la relazione alle immagini, e non esiteremo a riconoscervi la posizione del “fantasma”. Essendo nell'ordine delle rappresentazioni psichiche, di una raffigurabilità del negativo, potremo probabilmente situare nell'Ens imaginarium lo spazio delle due negazioni nevrotica e perversa (Verdrängung e Verleugnung). 
Ed eccoci al Nihil negativum, la forma più radicale del nulla, di cui Kant dà un'illustrazione magistrale, drammatica e freddamente lucida: “Un oggetto vuoto senza concetto”. Negazione della negazione, con effetto di rinforzo anziché di annullamento, questa formula sembra darci la figura dell'Impossibile. Soltanto il modo psicotico di negare, l'abolizione simbolica della Verwerfung, col “vuoto di senso” che stabilisce, si avvicina a questa dimensione proposta da Kant. Già i Greci ponevano l'Impossibile sotto il nome di Ate (il non-ponibile), la dea terribile, e di Ananke, la Necessità, per significare insieme la zona-limite del senso del mondo e il rapporto degli uomini con l'impossibile, l'impervio, l'assente, il vuoto. La liminarità concettuale con le dialettiche freudiane della privazione, della frustrazione e della castrazione appare evidente: questo complesso di idee struttura il campo di un viraggio esistenziale necessario, definibile come “castrazione simbolica”, da assumere per sopravvivere – signorilmente – come immaginava Hegel per il momento di sintesi lacerante che la “coscienza infelice” (Die traurige Wissenschaft) raggiunge nel superamento del conflitto.
Così il sistema di logiche negative elaborato da Freud ci sembra leggibile come un modello “combinato” e drammatico del porsi dell'uomo – all'incrocio di bisogno, domanda e desiderio – nelle sue passioni di negazione, rifiuto, maschera, distanziamento, esclusione. Ci sovrasta “necessariamente” una dimensione di servitù, cui siamo costretti dall'“assenza dell'altro” e dall'impossibilità del reale. 
La negatività freudiana è la summa formale di quello che concepisce e teme come Todestrieb, la pulsione di morte, e le forme diverse in cui si declina sono i modi di sfuggire alle forme del terrore, del vuoto e del limite, con una traversata, inconsapevole e cieca – oppure, disincantata e vigile – delle “possibilità dell'errore”. Ed eccoci a “boucler la boucle”, come amava dire Lacan, con i bei versi dell'inizio, di Wystan Auden.

*Pubblicato in La Ginestra. Rivista di Cultura PsicanaliticaCastrazione e autocastrazione. 1994. Franco Angeli Editore

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