L’inconscio[1] strutturato come un linguaggio riassume aforisticamente la teoria di Lacan sulla scoperta freudiana. Che Freud abbia dimostrato ripetutamente che l’inconscio parli in modo metaforico e metonimico è un dato accettato da ogni freudiano. Al contrario ciò che fa problema è il valore da accordare a questo parlare: il valore deve essere cercato nella sua inconscia articolazione logica oppure negli affetti che lo accompagnano? La verità di un soggetto si svela nei significanti che lo rappresentano o negli affetti che lo abitano?
Per alcuni psicoanalisti, l’affetto, al di là della rappresentazione, direbbe la verità vera sul soggetto. Nella cura stessa l’affetto sarebbe il punto di riferimento del funzionamento del transfert e del controtransfert. Per Lacan invece, l’affetto non dice vero. Anzi deve essere “verificato”. E può essere verificato solo tramite l’assioma “l’inconscio strutturato come un linguaggio”.
Che vuol dire? Forse che Lacan trascurerebbe gli affetti? Forse che gli affetti non sarebbero altro che significanti mascherati e che tutta la struttura dell’inconscio si ridurrebbe al significante?
Come Freud, Lacan ritiene che l’affetto non è rimosso, ma spostato. In altri termini l’affetto, nella struttura, non è al posto del significante, la cui sorte è proprio quella di essere rimosso, ma al posto di effetto, e come tale suscettibile di essere spostato. L’affetto non è dell’ordine del significante, ma dell’ordine di ciò che arriva a un corpo, che Lacan dice in “Televisione”[2] “è affetto (affecté) solo dalla struttura”. L’affetto è l’effetto del significante sul corpo.
Unico fra gli affetti, l’angoscia occupa un ruolo tutto particolare: l’angoscia è quell’affetto “che non inganna”, indice della presenza di quell’elemento irrappresentabile quando il soggetto si trova a rispondere all’enigma che pone per lui il desiderio dell’Altro.
L’affetto non è dunque riducibile al significante. Ma non è neppure quell’elemento della struttura dell’inconscio che non è significante. In quanto effetto del significante sul corpo l’affetto è in relazione con questo elemento non-significante e di cui l’angoscia è il segnale inequivocabile.
Questo elemento non-significante della struttura sotto la penna di Freud si presenta nei panni dell’oggetto perduto. Lacan chiama oggetto (a) questo elemento non-significante, dandogli una definizione inedita: da oggetto del desiderio a oggetto causa del desiderio.
E’ proprio di questo oggetto (a) che Lacan parla nel suo “Omaggio a Marguerite Duras”: ancora una volta l’artista precede lo psicoanalista “E’ questo precisamente che riconosco nel rapimento di Lol V. Stein, dove Marguerite Duras dimostra di sapere senza di me quello che io insegno”[3].

 
"Madre" Giulio Paci


[1] Dalla nota editoriale al n° 8 de La psicoanalisi, Astrolabio, Roma, 1992, pp. 7-8.
[2] J. Lacan, “Televisione”, in Altri scritti, Einaudi, Torino, 2013, p. 520.
[3] J. Lacan, “Omaggio a Marguerite Duras”, in Altri scritti, Einaudi, Torino, 2013, p. 193.

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LANCAN E IL LINGUAGGIO

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