Percorso: Home 9 Psicoterapie 9 IV Giornate ascolane psichiatriche , 8 - 10 maggio 2003 - "L'arcipelago delle emozioni" 9 ATTIVITA’ E TERAPIE ASSISTITE DAGLI ANIMALI – Introduzione alla Pet Therapy

ATTIVITA’ E TERAPIE ASSISTITE DAGLI ANIMALI – Introduzione alla Pet Therapy

10 Ott 12

Di Anna Fata

È ufficiale: dal 6 febbraio scorso è stata riconosciuta dal Governo italiano la cosiddetta ‘Pet Therapy’, che entra a pieno titolo a fare parte del sistema sanitario nazionale.

Si tratta dell’ultima fase nel percorso di riconoscimento ufficiale di una forma di terapia di cui da tempo sono noti i benefici.

Questo recente decreto consente l’ingresso degli animali domestici, adibiti ad attività e terapie da essi assistite, in ospedali, istituti e case di riposo e definisce le linee guida di tali interventi, che dovranno essere condotti da personale adeguatamente preparato.

 

Le origini

La Pet Therapy è nata nel 1953 in America, ad opera dello psichiatra Boris Levinson.

Egli si rese conto che il suo cane offriva ad un bambino autistico, con cui stava lavorando, la possibilità di proiettare le proprie sensazioni interiori, costituiva un’occasione di scambio affettivo, di gioco e rendeva più piacevole le sedute.

Nel 1961 giunse a coniare il termine ‘Pet Therapy’, oggi sostituito, più propriamente, in italiano da Terapie Assistite dall’Animale (TAA).

In realtà, i primi utilizzi degli animali a scopo terapeutico, sebbene meno formalizzati, risalgono alla fine del ‘700, quando William Turk incoraggiava i pazienti con disturbi mentali a prendersi cura degli animali, per incentivare il loro autocontrollo.

Attualmente, l’espressione Pet Therapy viene utilizzata per indicare i programmi di addestramento del comportamento animale.

Più correttamente, si utilizza l’espressione Attività Assistite dall’Animale (AAA) per indicare gli "interventi di tipo educativo, ricreativo e/o terapeutico, che hanno l’obiettivo di migliorare la qualità della vita. Gli interventi di AAA possono essere erogati in ambienti di vario tipo, da professionisti opportunamente formati, para-professionisti e/o volontari, con animali che rispondono a determinati requisiti".

Nel caso delle AAA, non vengono programmati obiettivi specifici per ciascuna visita, non c’è l’obbligo per gli operatori di raccogliere dati e informazioni nel corso delle visite, che, al contrario, vengono gestite con spontaneità e per una periodo di tempo non prestabilito.

La Terapia Assistita dall’Animale (TAA), invece, è "un intervento che ha obiettivi specifici predefiniti, in cui un animale, che risponde a determinati requisiti, è parte integrante del trattamento. La TAA è diretta da un professionista, con esperienza specifica nel campo, nell’ambito dell’esercizio della propria professione".

Le peculiarità della TAA, quindi, sono la presenza di obiettivi specifici per ciascun destinatario di ogni singolo intervento e la valutazione dei progressi.

La validità del ruolo dell’animale, sia nelle TAA, sia nelle AAA (Attività Assistite dall’Animale), consiste nelle sue funzioni dimediatore emozionale e di facilitatore delle relazioni sociali.

Facendo riferimento, in modo specifico, ai cani, esistono diverse funzioni che possono assolvere e persone che possono aiutare:

  • per non udenti (hearing dogs): si tratta di animali addestrati ad udire al posto del padrone e ad avvertirlo del segnale captato;
  • per non vedenti: come guida, sia per i non vedenti totali, sia per gli ipovedenti;
  • da assistenza: utilizzati come cani di servizio, per il supporto psicologico e l’esecuzione di compiti che un disabile non è in grado di realizzare, e sociali, destinati a disabili con problemi psichici, oppure utilizzati in un programma di terapia, supervisionato da uno specialista, medico, fisioterapista o psicologo.

 

Obiettivi

La TAA è finalizzata ad un miglioramento delle condizioni fisiche, sociali ed emotive delle persone a cui sono dirette. Non si propone come metodo unico, infallibile, né in sostituzione di altre forme di terapia, bensì in affiancamento ad esse.

La prescrizione, la progettazione e l’attuazione di un simile intervento richiede la presenza di una équipe multidisciplinare, a seconda del paziente e della patologia da trattare.

Tale intervento, infatti, non è adatto per ogni persona e per tutte le patologie.

In generale, si devono tenere presenti non solo le aspettative, la personalità e la patologia del paziente, ma anche le naturali propensioni dell’operatore e dell’animale.

A seconda degli ambienti con livelli, più o meno elevati, di attività, interazione e distrazione, si avrà a che fare con situazioni che potranno indurre maggiori o minori livelli di stress.

Gli obiettivi possono essere di vario tipo:

  • fisici: miglioramento di abilità motorie, su sedia a rotelle e delle condizioni di equilibrio;
  • di salute mentale: incremento delle interazioni verbali, delle capacità di attenzione, delle abilità ricreative, dell’autostima, riduzione dell’ansia e del vissuto di solitudine;
  • educativi: ampliamento del vocabolario, potenziamento della memoria a breve e a lungo termine, maggiore padronanza di concetti come taglia, colore, ecc.;
  • motivazionali: stimolazione della partecipazione ad attività di gruppo e alle interazioni con gli altri.

 

Meccanismi d’azione

I meccanismi fondamentali d’azione dell’intervento sono:

  • il rapporto uomo-animale affettivo ed emozionale, in grado di arrecare non solo benefici emotivi e psicologici, ma anche fisici, quali l’abbassamento della pressione sanguigna, il rallentamento del battito cardiaco;
  • la comunicazione uomo-animale, che si basa su una forma di linguaggio molto semplice, cadenzata, con ripetizioni frequenti, tono crescente e interrogativo, simile a quello che le madri utilizzano con i loro bambini, che produce un effetto rassicurante, sia in chi parla, sia in chi ascolta. Inoltre, data l’incapacità dell’animale di valutare, correggere, contraddire le affermazioni dell’uomo, la comunicazione che deriva tende ad essere più spontanea, meno vincolata al timore di essere giudicati, quindi, la relazione che si instaura è meno stressante. Questo non toglie, tuttavia, che la comunicazione uomo-animale non sia altrettanto ricca quanto quella tra esseri umani, in quanto fa uso di un’ampia gamma di segnali non verbali;
  • la stimolazione mentale: che si verifica grazie alla comunicazione con l’altro, alla rievocazione di ricordi, all’intrattenimento, al gioco, che riducono il senso di alienazione e isolamento;
  • il tatto: il contatto corporeo, il piacere tattile permettono la formazione di un confine psicologico, della propria identità, del proprio Sé e della propria esistenza;
  • l’elemento ludico, cioè il gioco e il divertimento, che portano benefici psicosomatici. Questo comportamento è tipico dei cani, anche adulti, e dei gatti. Il gioco consente di rinforzare i legami, di stimolare i contatti fisici e le risate. Le persone, tramite esso, possono liberare le loro energie e ricavare sensazioni di benessere e di calma. Il dialogo uomo-animale che si viene a creare è basato principalmente sulla gestualità e il tatto;
  • la facilitazione sociale: la presenza di un animale, spesso, costituisce un’occasione di interazione con altre persone, in quanto può rappresentare l’oggetto di una conversazione;
  • la responsabilità: il legame uomo-animale si basa principalmente sulle emozioni che, a loro volta, favoriscono la crescita psicologica, la consapevolezza e l’assunzione delle proprie responsabilità, che, naturalmente, saranno proporzionali alla propria età e alle proprie possibilità, come nel caso dei bambini, che dovranno necessariamente essere affiancati dai genitori, nella cura di un eventuale animale di loro proprietà;
  • l’attaccamento: il legame che si viene a creare tra uomo e animale può, almeno in parte, compensare la mancanza eventuale di quello interumano, e, comunque, favorire lo sviluppo di legami di attaccamento basati sulla fiducia, che potranno essere trasferiti, in seguito, ad altri individui;
  • l’empatia: la capacità di identificarsi con l’animale, nel tempo, viene trasferita anche alle relazioni con gli altri esseri umani;
  • l’antropomorfismo: l’attribuzione di alcune caratteristiche umane all’animale, può rappresentare un valido meccanismo per superare un eventuale egocentrismo e focalizzare la propria attenzione sul mondo esterno. Inoltre, la proiezione e l’identificazione di alcune parti di sé sull’animale possono aiutare gli individui a ri-conoscere e accettare parti di sé, che spesso vengono rifiutate;
  • il senso comunione con la natura.

 

Per chi?

Coloro a cui le TAA possono arrecare dei benefici, in affiancamento ad altre forme di terapia, sono:

  • persone con difficoltà relazionali;
  • persone in stato confusionale, ad esempio, affette da morbo di Alzheimer, sclerosi multipla, demenza, schizofrenia, ictus;
  • persone con disordini dello sviluppo quali: sindrome di Down, sindrome fetale da alcool, paralisi cerebrale, autismo, iperattività, deficit da attenzione;
  • persone con disabilità fisiche quali: morbo di Parkinson, paralisi cerebrale, sclerosi multipla, distrofia muscolare, ictus, spina bifida;
  • persone con difficoltà di parola legate, ad esempio a: sclerosi multipla, disordini dello sviluppo, ictus, problemi di udito, depressione, paralisi cerebrale;
  • persone con problemi di udito, che può indurre un forte senso di isolamento;
  • persone con problemi di vista, nelle quali alcune modalità sensoriali, quali udito e tatto, risultano maggiormente sviluppati, per compensazione;
  • persone con disturbi psichiatrici, quali: depressione reattiva e/o endogena, schizofrenia, disordini alimentari, disturbi di personalità;
  • individui che hanno subito deprivazioni sensoriali;
  • malati terminali;
  • bambini;
  • anziani.

 

… Ma non per…

Le TAA non sono consigliabili:

  • nel caso di persone che non sono in grado di prendersi cura di altri esseri viventi, a causa delle loro condizioni psicofisiche;
  • quando la presenza di animale induce la competizione all’interno di un gruppo;
  • quando gli utenti tendono a comportarsi in modo molto possessivo nei confronti dell’animale;
  • per persone con ferite aperte o affetti da deficit del sistema immunitario;
  • per persone con disturbi psichiatrici che li porta ad essere violenti;
  • nel caso di fobie specifiche nei confronti degli animali;
  • in caso di ipocondria;
  • in caso di allergie.

Ad ogni modo, tuttavia, è necessario valutare la personalità sia dell’animale, sia del potenziale utente, e la patologia di quest’ultimo, in modo da favorire un adattamento reciproco.

 

Gli animali

La Delta Society (http://www.deltasociety.org), organizzazione internazione senza fini di lucro, fondata nel 1977, prescrive che ogni intervento di AAA e di TAA deve essere condotto nel pieno rispetto non solo del paziente e dell’operatore, ma anche e soprattutto dell’animale.

Gli animali che possono essere utilizzati in tali interventi sono solo quelli domestici.

Ciascun animale dovrà essere sottoposto ad un lungo iter di preparazione psicofisica, che comprende:

  • requisiti sanitari, quali: vaccinazioni obbligatorie, assenza di malattie, educazione a sporcare ove permesso, adeguata spazzolatura del mantello e pulizia generale;
  • requisiti di capacità: accettazione amichevole degli estranei, obbedienza ai comandi più elementari, accettazione delle carezze, tranquillità in mezzo alle persone, assenza di reazioni eccessive di fronte a stimoli inconsueti, distrazioni e altri animali;
  • requisiti attitudinali: in cui si valuta la presenza di abilità, capacità, disposizione e potenziale per partecipare alle AAA e TAA (ad es. reazione a carezze più o meno energiche, socievolezza, reazioni di fronte ad estranei, in mezzo alla folla).

Nel caso in cui si manifestassero segni di stress nell’animale, nel corso di un intervento, il conduttore deve essere in grado di coglierli e permettere una pausa.

All’animale devono essere garantiti adeguati periodi di riposo, non solo tra un intervento e l’altro (8-10 ore), ma anche durante un singolo intervento.

L’animale deve essere protetto dal conduttore da qualsiasi forma di trattamento improprio; al limite, egli dovrà indicare all’utente il modo corretto per rivolgersi a lui.

 

Un esempio: Il metodo Zara

Si tratta di un metodo di intervento riabilitativo e psicoaffettivo messo a punto dalla dottoressa Elide del Negro e ispirato al suo cane, Zara, un setter.

Il metodo si basa su alcuni presupposti fondamentali:

  • l’utilizzo di soli animali domestici;
  • l’esclusione di animali adibiti a compiere lavori particolari;
  • la terapia si svolge secondo le esigenze sia del paziente, sia dell’animale;
  • la scelta dell’animale come co-terapeuta avviene in base a diverse variabili dell’animale: equilibrio psicologico e comportamentale, età e sesso;
  • l’attività si svolge in un ambiente domestico, non ospedalizzato o medicalizzato;
  • il metodo riguarda soprattutto gli aspetti psicopedagogici e relazionali e si rivolge a persone che manifestano atteggiamenti di chiusura, difficoltà di rapporto con gli altri, problemi di comunicazione, nei programmi di reinserimento sociale, rieducativi, nell’autismo primario e secondario;
  • gli animali devono essere curati attentamente a livello igienico-sanitario e psicofisico;
  • il quadro generale delle condizioni del paziente deve essere redatto in base alle informazioni fornite da tutti gli operatori che lo seguono ;
  • i terapeuti non intervengono in modo attivo, ma offrono il loro supporto solo quando la situazione lo richiede;
  • la valutazione del processo terapeutico si basa sui dati raccolti dall’osservazione, nel corso delle sedute con l’animale;
  • la scelta e la preparazione dell’animale da affidare all’utente e alle loro famiglie per la terapia di mantenimento sono parti integranti del metodo.

Si fonda sul presupposto che alla base della terapia con gli animali vi deve essere il rapporto spontaneo con il paziente.

Questo implica rispettare attitudini, tempi e modalità relazionali sia del paziente, sia dell’animale.

Gli interventi vengono effettuati in ambienti non ospedalizzati, né medicalizzati, in modo da poter osservare e valutare le manifestazioni e i comportamenti più spontanei dei pazienti.

L’ambiente circostante deve essere molto tranquillo, con il minor numero possibile di presenti, in modo da evitare di distrarre sia il soggetto, sia l’animale.

La durata complessiva del trattamento, così come di ogni singola sessione, deve essere chiaramente prestabilita.

L’operatore, dal canto, suo dovrà limitarsi ad osservare e a intervenire solo quando è strettamente necessario.

L’animale adibito all’intervento viene accuratamente selezionato, in base all’equilibrio comportamentale. Questo richiede, da parte dell’operatore, un’ottima conoscenza del proprio animale, frutto di ingente quantità di tempo trascorso con lui. Si tratta, in generale, di un animale domestico, non addestrato a compiere qualsivoglia lavoro o esercizio. La scelta avviene in base alle preferenze dell’utente, alla compatibilità caratteriale dei due, alla patologia del paziente.

Gli interventi vengono organizzati, attuati e valutati da una équipe di professionisti, che, in genere, sono i seguenti:

  • medico: definisce il quadro clinico del soggetto, effettua la diagnosi, valuta l’evoluzione del suo quadro clinico, prescrive eventuali farmaci, informa la famiglia del paziente circa il suo stato di salute;
  • psicologo: definisce il quadro clinico, la diagnosi, gli approcci terapeutici, somministra eventuali reattivi psicologici, osserva il soggetto durante le varie situazioni in cui si trova, intrattiene rapporti con i familiari dello stesso;
  • veterinario: si occupa di profilassi dell’animale, interviene nella selezione di quelli adatti al ruolo di co-terapeuta, effettua visite di controllo sull’animale, collabora nella fase di valutazione, con gli altri membri dell’equipe;
  • operatore di pet therapy: favorisce l’instaurarsi di un contatto naturale tra paziente e animale, deve essere predisposto al lavoro con gli animali, deve essere in grado di rispettarli e di lavorare in equipe, secondo un approccio integrato;
  • educatore: individua possibili obiettivi di reinserimento scolastico o professionale, raggiungibili tramite la pet therapy, cerca di facilitare la socializzazione e l’apprendimento, intrattiene rapporti con le famiglie, per consolidare le azioni educative e terapeutiche.

 

La regolamentazione della professione

Delta Society, fondata nel 1977, è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro, di proprietari di animali, volontari, terapisti, educatori, professionisti sanitari, veterinari e altre figure professionali.

Essa si propone di favorire l’impiego degli animali per il miglioramento dello stato di salute, l’indipendenza e la qualità di vita dell’uomo.

Ha come obiettivi:

  • l’aumento della consapevolezza da parte del pubblico degli effetti positivi che gli animali hanno sulla salute familiare e lo sviluppo umano;
  • la riduzione delle barriere che impediscono il coinvolgimento degli animali nella vita di ogni giorno;
  • l’applicazione delle TAA ad un numero sempre più ampio di persone;
  • l’aumento del numero dei cani di servizio addestrati per le persone con disabilità.

Essa dispone di un regolamento ben preciso, che gli operatori di AAA e TAA devono seguire nella preparazione di un intervento, nella sua esecuzione, così come nella preparazione dell’animale.

Questo è il percorso formativo di un operatore di TAA.

Allo stato attuale, tuttavia, non esistono percorsi formativi approvati a livello nazionale per gli altri membri dell’équipe, quali il medico, il fisioterapista, lo psicologo, che hanno in carico il paziente e che si trovano ad organizzare un intervento di TAA.

L’Ordine degli psicologi della Lombardia (http://www.opl.it), ad esempio, è molto aperto a forme di terapia non tradizionali, e le parole d’ordine che vigono sono "promuovere, far conoscere, ricercare, incentivare".

 

Le ultime ricerche

Numerose ricerche attestano i benefici che derivano dalle TAA. Alcuni esempi possono essere:

  • riduzione del senso di solitudine degli anziani che vivono nelle case di cura, correlato significativamente, a sua volta, al possesso precedente di un animale;
  • implicazioni, in termini di terapia occupazionale, per pazienti con immunodeficienza acquisita;
  • riduzione dei sintomi connessi al disturbo post traumatico da stress;
  • sostegno alla socializzazione delle persone anziane e riduzione del senso di agitazione;
  • facilitazione del recupero psicofisico dei pazienti che hanno subito lesioni spinali

Esistono, naturalmente, dei rischi, soprattutto all’interno di strutture che ospitano lungodegenti, quali una maggiore possibilità di infezioni, allergie e morsicature. Tuttavia, i notevoli benefici rilevati e l’adozione di dovute precauzioni rende minimi tali svantaggi.

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