Introduzione alla questione della coppia
La pratica clinica della psicoanalisi si occupa della questione della convivenza ogni volta che l’analista ha a che fare con il sintomo dell’amore. Il sintomo va inteso come annodamento tra l’amore come passione dell’essere e l’amore come passione dell’anima, due passioni che implicano il soggetto rispettivamente nella sua particolarità e nella relazione con l’Altro inteso come insieme della affettività edipica inconscia che si ripresenta nella relazione con il partner della coppia. La convivenza entra in gioco in quella fase dove la relazione di una coppia subisce una accelerazione razionale verso una modalità simbolica considerata più stabile; la convivenza è, dunque, un progetto della coppia stessa all’insegna di una minore e pericolosa dispersione pulsionale di tipo affettivo che mina la sua stabilità. È una carta che la coppia gioca quando, come affermò in un colloquio una ragazza, “un certo scricchiolio nel rapporto con il mio ragazzo cominciava a farsi sentire ed essere visibile a tutti. Scegliemmo la convivenza per appiccicarsi di più”. La scelta della convivenza è sostenuta dalla necessità di consolidare di nuovo un certo immaginario (aspettative, attese progetti) presente nell’amore della coppia che sta perdendo quell’entusiasmo iniziale relativo all’incontro tra i due soggetti. Nella relazione di coppia infatti l’amore corrisponde alla passione dell’anima ovvero alle complicazioni affettive di natura edipica che ciascun soggetto della coppia porta senza saperlo nella relazione secondo meccanismi di tipo proiettivo.
L’essere umano nella sua singolare solitudine e particolarità trova invece nella passione dell’essere l’amore come il luogo solitario dove, attraverso la potenza dell’immaginario creatore, il senso personale della vita si arricchisce e attraverso la parola piena fondatrice di verità il senso della vita del soggetto singolo si estende al di là dello sviluppo della relazione con l’altro e infine la scrittura coniuga il senso della vita con la particolarità dell’essere del soggetto per tentare nuove soluzioni creative.
Quando nell’amore come passione dell’essere del singolo soggetto della coppia si introduce il coinvolgimento dell’amore relazionale come passione dell’anima, accade una mutazione nella coppia con l’entrata in gioco della convivenza, in quanto si modifica tutto ciò che riguarda l’immaginario che ciascun soggetto proietta nella coppia. Infatti con l’entrata in scena della convivenza la vita quotidiana assume una dimensione reale; allora nella coppia, i relativi affetti, che si fanno sentire con forza nella convivenza in relazione alla nuova dimensione del reale della vita quotidiana, sottraggono e oppongono l’immaginario stesso al predominio della parola necessaria ad organizzare simbolicamente la nuova dimensione della vita quotidiana nella convivenza. La parola è quella macina da mulino del registro simbolico che funziona sia come mediatrice che negoziatrice dei conflitti della coppia e la sua assenza o restrizione dirotta la coppia verso quel reale dell’odio che si esprime nella aggressività fino a giungere alla totale incomprensione comunicativa e all’assenza di dialogo senza più parole significative tra i due: “Senza la parola in quanto affermante l’essere, c’è solamente Verliebthei, fascinazione immaginaria ma non c’è l’amore.” (J.Lacan, Sem. 1, pag 325). Ovvero la fascinazione immaginaria è il presupposto che nell’incontro con l’altro funziona come trappola che fa tendere i due soggetti verso l’inganno dell’amore idealizzato che tende a cadere quando la vita quotidiana presenta alla coppia il conto della sua complicatezza e della sua conflittualità strutturale dove il livello pulsionale di ciascuno mette in gioco la differenza soggettiva legata all’inconscio di ciascun soggetto.
Ne consegue che dalla caduta dell’amore idealizzato scaturisce l’odio che sul piano dell’essere è quel reale che rivela senza inganni il segno della nostra civiltà che si riflette anche nella coppia come sottolinea Lacan:
E perché. Perché siamo già sufficientemente una civiltà dell’odio. La strada della corsa alla distruzione non è forse tracciata veramente bene da noi?
L’odio si riveste nel nostro discorso comune di una quantità di pretesti, incontra delle razionalizzazioni estremamente facili. Forse è questo stato di flocculazione diffusa dell’odio a saturare in noi l’appello alla distruzione dell’essere. (Lacan, Sem 1, pag 326).
La flocculazione diffusa dell’odio ci dà l’idea del processo di aggregazione e concentrazione della libido che si deposita in agglomerati sia della realtà psichica che sociale pronti ad esplodere nel discorso della nostra civiltà e ciò rivela che la nostra civiltà è più incline all’odio che si traduce come nel caso della coppia nella aggressività reciproca tanto che l’altro è quel nemico che impedisce al soggetto di realizzarsi sul piano del proprio essere e di prendere così una propria strada personale integrata a quella relazionale della coppia:
“Tuttavia ai nostri giorni i soggetti non devono assumersi il vissuto dell’odio in ciò che questo può avere di più cocente. E perché. Perché siamo già sufficientemente una civiltà dell’odio. La strada alla corsa alla distruzione non è forse tracciata veramente bene da noi?” (J. Lacan, Sem 1, pag. 326)
In questo caso dove l’odio impera, come abbiamo visto, nella coppia si rivela l’altro-partner così per come esso è o è diventato e rivela anche la distruzione di ciò che la coppia aveva proiettato nel loro amore ovvero gli effetti di fascinazione che avvengono sotto il segno della presa dello sguardo. La relazione di coppia così come essa si presenta all’ascolto dell’analista è già tendente all’odio e si costituisce come il terminale di quella corsa alla distruzione dell’essere presente nella nostra civiltà in cui oggi il reale Covid19 fa la sua parte come nemico della stessa civiltà. Dunque la fase della convivenza può scongiurare una distruzione della coppia stessa solo se ognuno mantiene la propria passione dell’essere ben salda e separata dalle intromissioni affettive pregresse; solo dove l’essere prevale sull’anima si forma una convivenza rafforzata dallo scambio delle passioni attraverso il dialogo dei due soggetti, dialogo che ha un valore simbolico il quale ha la funzione di subordinare, (e non annullare) l’affettivo irrisolto, all’amore come passione dell’essere.
L’esperienza clinica psicoanalitica consultoriale rileva, invece, come norma, l’insistenza dell’immaginario in ciascuno soggetto della coppia, infatti ognuno introduce nella relazione le aspettative verso il partner e introduce l’attesa che queste aspettative si realizzino; in questo modo si mina il simbolico fino al suo logoramento estremo ovvero fino alla crisi di coppia che presenta infatti l’essicazione del valore della parola fondata sul riconoscimento della funzione del partner e sulla trasmissione fluida dei significati che ognuno dà alla funzione della coppia all’interno della società. Mantenere nella coppia l’amore come passione dell’essere significa per ciascun partner dunque introdurre la passione amorosa del proprio essere messa a contatto con la potenza delle contorsioni dell’anima di tipo affettivo-edipico. In questo modo i due soggetti della coppia devono fare i conti con queste contorsioni con il rischio di farle prevalere sull’amore come passione dell’essere. Partire dall’essere e non dall’anima significa riconoscere, da parte dei due soggetti della coppia, che esistono due modi diversi di concepire la vita amorosa (un modo maschile e uno femminile di concepire la vita amorosa e dunque di concepire il partner in base al proprio essere) la convivenza ha la funzione di far convivere questi due modi così diversi con il tentativo di amalgamarli. La convivenza di una coppia è dunque il tentativo da parte dell’uomo e della donna di ridurre il più possibile tale differenza attraverso l’organizzazione della vita quotidiana necessaria a stabilizzare la convivenza stessa. Quando il tentativo di abolire la differenza arriva al limite della sopportazione corporea avvengono quelle devianze che rimettono in gioco la singolarità di ciascuno a partire da quella maggiormente frustrata pulsionalmente e la convivenza rischia di saltare. In sostanza la convivenza è l’antidoto sperimentale che serve a introdurre il terzo nella coppia a cui guardare per rendere unita la coppia quando c’è il pericolo, avvertito da ambedue, di una vicina disgregazione.
Ma è necessario tenere in conto che la vita quotidiana comune, come elemento terzo della coppia, è un “campo di battaglia” come affermò una paziente in una seduta. E il campo di battaglia impegna personalmente sia l’uomo che la donna o comunque più in generale l’uno e l’altro della coppia, mettendo alla prova la struttura narcisistica di ciascuno ovvero mettendo alla prova la consistenza narcisistica intesa come ci ricorda Freud, come residuo primario dell’amore in cui l’innamorato ritorna e mantiene nella relazione nella sua fase critica. Allora questo elemento narcisistico soggettivo viene rimosso a vantaggio del progetto che la coppia costruisce con la convivenza ed è proprio la ricaduta narcisistica differenziale, messa alla prova dalla vita quotidiana, a mettere in luce la natura critica della convivenza e il suo valore propedeutico alla disgregazione della coppia.
La pratica clinica mette dunque in evidenza come sia complicato far coincidere nella convivenza di una coppia, l’amore come passione dell’essere con le conseguenze edipiche della passione dell’anima presenti entrambe in ciascuno soggetto. Quando il valore di questa coincidenza viene meno i due partner, come ho già sottolineato, si vanno ad inscrivere nei registri dell’immaginario e del reale dove si manifesta l’odio ovvero il partner comincia ad essere visto come un nemico perché ostacola l’investimento libidico dell’altro e non corrisponde più all’immagine dell’amore su cui ha investito all’inizio della relazione.
In queste condizioni la convivenza praticata per rimediare ad uno scollamento tra i partner diventa ben presto una trappola asfissiante dove i due nemici alzano il muro della comunicazione e l’aggressività insorge pericolosamente e ognuno sbatte la testa proprio contro lo stesso muro che ha innalzato. In questo caso si manifesta la logica del rimbalzo perché sbattere contro il muro produce un rimbalzo che equivale a smettere di incontrarsi pur costretti a convivere per necessità Infatti la coppia attuale ha dovuto nella seconda fase della emergenza convivere con la necessità forzata di “stare chiusi in casa” e secondo una statistica recente i femminicidi e più in generale la violenza domestica in quella fase è aumentata. Di conseguenza ciò che prima nella convivenza progettata era invisibile o sopportabile si è apertamente manifestato nella comunicazione di coppia come un “muro invalicabile”. Ma questo pericolo ne nasconde uno maggiore che in questa pandemia sta emergendo nella terza fase dopo la contingenza e l’emergenza: è la fase della riapertura alla vita sociale ed è la fase delle altalena delle misure di sicurezza sanitarie che si allentano e si restringono. È la fase che succede al rosso, nella metafora del semaforo, ovvero è la fase dove il giallo si mischia con il verde in una altalena dove è possibile oscillare tra l’incertezza di poter fare qualcosa e la voglia di farla che si trasforma in certezza a tutti i costi. Insomma è la fase della convivenza con l’incertezza e con l’attesa che le cose tornino alla “normalità” senza la presenza intrusiva del Reale del Covid19, oppure che le cose tornino ancora una volta al cospetto del rosso, per scongiurare proprio la convivenza fallimentare con il Covid19. È la fase che stiamo vivendo dall’estate 2020 e ogni scrittura realistica che si rispetti dovrebbe non scostarsi troppo da questa situazione angosciante.
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La convivenza con il reale.
Convivere con il reale del Covid19 rappresenta la terza fase di questa pandemia dopo la contingenza e l’emergenza. Nell’antefatto della introduzione della coppia ho sottolineato cosa significhi convivere per una coppia innamorata dopo un periodo all’insegna della consumazione progressiva del bonus immaginario che caratterizza l’incontro iniziale. L’immaginario della coppia è scaturito dall’incontro iniziale all’insegna dell’istante dello sguardo inteso come presa del reale (lo sguardo) che ha incendiato l’immaginario della coppia; “mi sembra di averti conosciuto(a) da sempre”. Lo sviluppo amoroso di questo incontro di coppia può portare alla convivenza per proseguire una relazione all’insegna della necessità.
La convivenza con il Covid19 è caratterizzata invece da un reale senza immaginario che si è imposto per l’intrusione di una epidemia contagiosa: un reale puro e organico che come qualunque reale non manca di niente. La caratteristica del reale è anche quella di non rimandare a nulla ma solo a ciò che è senza nessun attributo proprio, un reale che si è imposto così fin dalla sua comparsa ed è rimasto fedele a sé stesso senza dunque alcunché di immaginario.
Tutto ciò che si può dire del Covid19 appartiene agli attributi umani che costruiscono una sorta di rete simbolizzata del Covid, ovvero un linguaggio tecnico-artificiale che serve a prenderne le misure.
Dunque la convivenza con il reale del Covid19 mette in luce per l’esser umano un partner solitario e invisibile che si fa sentire per i suoi effetti fisiologici devastanti e per i suoi effetti psichici senza inganni come l’angoscia. Un partner che per espansione ha la caratteristica di essere solo un ospite che si muove velocissimo attraverso il corpo–massa: il partner del Covid19 è la massa indistinta, infatti chiunque può ospitare nel corpo il reale-Covid. Mentre da un lato abbiamo dunque un partner preciso, ma scarno e minimalista, come è il Covid19, dall’altro lato abbiamo la potenza irrazionale della massa che contribuisce alla diffusione del Covid19 in maniera veloce. Una strana coppia che è costretta a convivere forzatamente in uno spazio angusto e senza comunicazione perché sembra che non ci sia uno spazio sicuro, immune a questo reale, uno spazio che non sia angusto e senza aria dove l’amore non si trasformi velocemente in odio più di quanto accada normalmente. Da questa strana coppia ne consegue che è la sostanza vivente della massa a veicolare velocemente la diffusione dell’odio che Lacan chiama liquido che corrisponde alla aggressività che scatena nel singolo individuo delle reazioni personali a carico del corpo e della psiche e nelle relazioni sociali forme di violenza antagoniste: “Il preteso istinto di conservazione dell’io [che ] inclini volentieri alla vertigine della dominazione dello spazio e soprattutto alla paura della morte, ‘del Padrone assoluto’, supposta nella coscienza da tutta una tradizione filosofica dopo Hegel, sia psicologicamente subordinata alla paura narcisistica della lesione del proprio corpo” (J.Lacan, Scritti Vol. 1 pag 117).
Nella fase di convivenza attuale tra la massa e il Covid19, la paura della morte sembra rimossa nella coscienza dell’essere umano rispetto alla fase della emergenza dove il Padrone assoluto aleggiava attraverso il suo sembiante nel cielo. Ma se i comportamenti della massa ci dicono che la paura della morte per effetto del Covid19 sembra rimossa, la sua presenza invece si fa sentire in modo accentuato come segno sul corpo del soggetto: sono in aumento infatti le lesioni corporee ovvero le autoaggressioni e i maltrattamenti immaginari che il singolo si infligge sul corpo sotto forma di forme ipocondriache e organiche che sono da considerarsi come delle ferite narcisistiche dell’imago corporea dell’Io.
Inoltre la potenza immaginaria della libido dell’Io-massa, la sua potenza di attrazione invasiva sul singolo, riduce lo spazio reale esterno a disposizione dell’Io del singolo stesso che allora cerca rifugio dentro la propria armatura che si chiude e si rinserra in sé, Io portato in analisi da quei pazienti che dicono “nel lockdown stavo bene chiuso in casa, mi sentivo protetto”. Queste ultime forme hanno a che fare con gli effetti psicosomatici primari (gli effetti del materno nel chiuso della relazione sul corpo dell’infans) che si ripresentano in momenti particolarmente stressanti della vita quotidiana dell’adulto o in momenti depressivi che si presentano in forme di ritiro della libido dagl’investimenti oggettuali della vita per confluire in modo esclusivo alla superficie del corpo-somatico. Infatti la convivenza con il Covid19 ha intensificato la tendenza del narcisismo all’interno dell’Io-massa (rispecchiamento nell’immagine sociale) e questa tendenza si riscontra nella convivenza sociale in special modo in quelle forme di aggregazione dette assembramenti, oppure nello scatenamento della pulsione al crimine (violenza sociale), o allo scacco e al fallimento personale (arrendevolezza alle difficoltà, prosciugamento della voglia di combattere nel campo di battaglia della vita quotidiana). Tutto ciò mostra come il Covid19 sia un partner che involontariamente e suo malgrado funziona come cartina di tornasole e catalizzatore involontario per sperimentare come tutto ciò che di malefico accade nella massa (contagio e influenzamenti) non sia imputabile direttamente al Covid19 ma al suo partner, ovvero alla struttura della massa stessa, che accoglie le componenti soggettive inconsce laddove gli effetti del Covid passano solo attraverso il corpo-organismo di ciascun individuo. Si apre così la questione di che cosa sia il male che comunemente si associa proprio allo stesso Covid19.
La convivenza sociale con il Covid19 (massa-Covid19) mette in luce alcune caratteristiche del male.
Il male tende ad incarnarsi attraverso il corpo e attraverso il meccanismo dell’ignoranza, che è la terza passione dell’essere, sicuramente quella che ci indica direttamente la presenza dell’inconscio nel soggetto inerente non tanto alla conoscenza come termine contrario alla ignoranza, ma inerente a ciò che ha a che fare con l’atto etico come presupposto politico. Questo atto ha a che fare non tanto con il modo di pensare ma con il modo di agire di ogni singolo soggetto nella massa e della massa in relazione al proprio partner Covid19 con il quale è costretta a convivere.
2) La convivenza con il male
Allora che cosa è il male?
Partiamo dal porre questa questione la cui risposta è data a partire dal campo psicoanalitico da cui scrivo. Freud negli anni ’20 introdusse un concetto non di natura teorica ma legato all’ esperienza clinica con i suoi pazienti e per estensione legato alla presenza del male nei legami sociali tra gli uomini e osservabile dalla condotta e dagli stessi atti dell’essere umano massificato: l’inconscio come pulsione di morte, come tendenza alla distruttività; pur sapendo le conseguenze negative dello stesso atto distruttivo il soggetto umano non rinuncia al godimento, al proprio godimento insito nel compiere l’atto stesso. Mi sembra che questa tendenza sia confermata dalla storia dell’uomo nel corso dei secoli nei quali l’atto compiuto ripetutamente porta la cifra del godimento mortifero e distruttivo all’interno del Discorso del padrone; il fantasma del godimento del Padrone – il godimento del potere a tutti costi – e il godimento del Servo – sottomissione masochistica al padrone – contengono la pulsione mortifera e distruttiva, contengono il male nella dialettica tra i due godimenti. Non esiste il male assoluto, il male non è una sostanza, il male esiste come negazione interna del bene in un soggetto esistente, ci ricorda S. Tommaso. Anzi il male è legato ad una privazione che si richiede ad un soggetto, la privazione di un bene dovuto. Tutto è relativo e dialettico e tutto avviene sotto la sovrintendenza della pulsione di morte: la vita tende a volere il proprio godimento anche se questo è contro o minaccia la sopravvivenza stessa.
L’uomo deve convivere con un organismo virale che appartiene alla sua stessa specie perché anche l’uomo è un virus ed è un virus che veicola il Covid19 attraverso la massa dei mezzi di trasporto su cui lo stesso uomo si sposta. La convivenza con il Covid19 è malefica non tanto perché il Covid19 incarna il male ma perché priva l’uomo della sua libertà sociale o per meglio dire mette nelle condizioni l’uomo di privarsi di quella normalità sociale esistita fino a Febbraio del 2020. La privazione della libertà sociale con le misure antipandemia è necessaria per tutelare la salute dell’uomo, ma questa privazione è imposta dall’Altro istituzionale alla massa la quale convive male con queste misure e scarica la colpa sul partner invisibile Covid19, colpa che sviluppa comportamenti “paranoidei”: quello è contagioso è senza mascherina. Questo meccanismo è relativo alla dialettica storica Padrone-Servo: la massa servile vive ogni forma di imposizione restrittiva come una forma di ingiustizia. Pertanto sente la difficoltà di convivere all’interno di sé con un partner che circola liberamente e che la massa avverte nel proprio tessuto interno come disagio, come disturbo circolatorio, come una sorta di male alle gambe che rende difficile il cammino e la circolazione. La massa veicolo di pandemia convive dunque con un partner che invece è aggressivo e sfrontato perché cerca disperatamente di sopravvivere riproducendosi velocemente all’ interno del corpo di ogni singolo uomo.
La convivenza sociale con il covid19 vede la massa come il luogo del paradosso perché include un partner estraneo che è intruso e che per le sue caratteristiche mortali influenza la stessa massa al livello dei suoi comportamenti che accentuano i fenomeni legati al male cioè alla ignoranza del soggetto: “Il male presente nel mondo viene quasi sempre dall’ignoranza, e la buona volontà, se non è illuminata, può fare altrettanti danni della malvagità […] Il vizio più desolante è l’ignoranza che crede di sapere tutto e si concede per questo il diritto di uccidere”. (Albert Camus La peste, Bompiani pagg.143-144)
E c’è un sintomo corrispondente a questa ignoranza ovvero quello che Freud ha chiamato “timor panico” che corrisponde a ciò che nel singolo soggetto si presenta oggi sempre più frequentemente come “attacco di panico”. Il timor panico ha a che fare con la paura che si diffonde nella massa dove circola l’incertezza delle regole necessarie a convivere con la presenza invisibile del partner Covid19 il quale, paradossalmente, è l’unico punto fermo (nonostante ciò che dicono gli adolescenti negazionisti) che non cambia le sue caratteristiche patogene. Tutto ciò che il Covid19 è, come reale puro, consiste nell’essere l’unico punto fermo con il quale la massa moderna come suo partner, è costretta a fare i conti; mentre la circolazione delle idee, delle informazioni interne alla massa, è al contrario liquida, senza punti fermi, una liquidità tremolante, come l’odio liquido o aggressività (in tutti i sensi) e inoltre all’interno della massa si nota una proliferazione dei narcisismi che è la condizione della nascita del potere e della superbia. Quale potere possiede la massa moderna? Il potere dell’ignoranza e dell’ignoto. L’ignoranza va mantenuta stabile perché è la forma in cui il male si incarna nella confusione delle idee, nella circolazione della informazione e soprattutto nella negazione di un altrove (inconscio) rispetto al pensiero dominante fondato sull’Io. L’ignoto che, come afferma Elias Canetti: “Nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto” (Elias Canetti, Massa e potere, Adelphi, 1981, pag. 17), crea angoscia nell’uomo moderno attraversato e accompagnato dal convivente Covid19 che è “una cosa” che c’è e si fa sentire in quanto tocca il corpo.
Allora ciò che l’uomo ignora e dunque anche la massa ignora è che cosa sia il male, mentre l’azione del male che agisce nel singolo soggetto si può definire come il Male è la vita che non vuole il suo bene: ovvero c’è un rifiuto a stare bene nel soggetto umano e questo rifiuto (godimento) viene amplificato ed esercitato nella massa: in questa direzione il timor panico della massa corrisponde alla crisi di panico del soggetto e i primi sono la cassa di risonanza dei secondi e ambedue hanno in comune la perdita di punti di riferimento di fronte ad accadimenti o avvenimenti di massa o a scelte individuali. Il Covid19 direi è quel partner che indica come la convivenza sociale con il male ha la funzione di costringere l’uomo a uscire dalla sua ignoranza e a farsi carico degli effetti che il male e l’ignoranza provocano. Per esempio uscire dalla ignoranza che riguarda la differenza sostanziale tra stare bene e benessere. La società del benessere indica la via americana delle tecniche di miglioramento dell’Io-piacere corporeo in accordo al principio di realtà ovvero in accordo alle possibilità effettive che ha il singolo individuo di investire economicamente su tali tecniche ignorando l’essere dell’uomo e il suo inconscio. Mentre lo stare bene riguarda l’essere del soggetto in relazione a ciò che concerne l’al di là del principio di piacere ovvero il prendere in considerazione il sapere sul godimento e quindi l’esistenza dell’inconscio circa la tendenza dell’uomo ad amare farsi del male.
Lacan nell’Etica della psicoanalisi sintetizza queste considerazioni sul male con una frase che colloca il male all’interno della relazione con il suo partner ovvero il bene e in relazione tra i due colloca il potere come terzo: “L’ambito del bene è la nascita del potere” (Lacan, Sem VII, pag 290)
Il male, il bene e il potere dunque si collocano sia all’interno dell’essere dell’uomo, sia all’interno della massa cioè al livello della vita quotidiana in cui gli uomini si assembrano socialmente. Infatti i tre termini operano fin dalla nascita del bambino in relazione a ciò che manca alla madre: il bene per il bambino coincide con il bene che la madre crede sia il meglio per lui, ma la supposizione materna (potere) può eccedere nelle sue cure e così esse si trasformano in male svelando la vera finalità del potere della madre che è quella di colmare la sua soddisfazione (male) piuttosto che di pensare alle esigenze reali del bambino.
Mentre questi tre termini al livello della massa e della sua vita interna, agiscono, dunque, come abbiamo visto in combutta tra loro per far sì che si mantenga l’ignoranza che nega l’esistenza dell’inconscio nel soggetto. È in questo senso che si può dire che la massa (l’Io-massa) nella vita quotidiana convive con il Covid19 in quanto è l’incarnazione del male che fa emergere come ci sia un potere che non vuole il bene per l’uomo. E questo quadro si riflette sia al livello della vita di ogni singolo soggetto, sia al livello della vita che si articola nella massa. Queste considerazioni mettono in luce il tipo di massa della quale il Covid19 è partner e sottolineano inoltre la differenza della massa di cui parla Freud nel suo lavoro Psicologia della massa e analisi dell’Io. Infatti Freud si riferisce a masse organizzate e chiuse come l’esercito e la Chiesa: “Chiesa ed esercito sono masse artificiali per salvaguardarle dalla disgregazione e per impedire modificazioni della loro struttura viene impiegata una certa coercizione esterna” (Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’Io, Boringhieri Vol. 9 pag. 283) E la stabilità della loro struttura è data proprio dall’insieme degli elementi che la compongono ovvero dal rapporto gerarchico tra la massa e i singoli individui.
L’Ideale dell’Io e tutti i membri che appartengo a quella massa specifica, sono legati dal meccanismo della identificazione al tratto unario del Nome del Padre incarnato nel comandante dell’esercito o nel Capo della chiesa. Al tempo di Freud e per metà del 900 il modello di queste due masse costituiva la struttura della massa di un popolo e la massa era il popolo stesso organizzato secondo la funzione del Nome del padre. E il legame che tiene unite le masse intorno al Nome del Padre riguarda la libido che si espande nella massa in una forma di “infezione psichica” così come mette in luce Freud. Ora per infettarsi è necessario che circoli qualcosa da cui la libido del soggetto è attratta e su cui investe perché particolarmente interessante per il soggetto e nella Chiesa e nell’Esercito l’interessante su cui investire riguarda l’amore verso la figura del Capo supremo rappresentante di una precisa Ideologia militare o religiosa.
I punti Ideali oggi si sono persi con l’evaporazione del Nome del Padre, perché nell’era contemporanea le due masse chiuse di cui parla Freud pur esistendo ancora, sono state inglobate dal progresso del sistema capitalistico che trasforma la massa in qualcosa di informe e di anonimo. I suoi comportamenti sono omologati e sincronizzati sulla comunicazione dei social e sulla potenza narcisistica dell’Io (Io-massa), un Io idealizzato socialmente che ha perduto il suo punto fermo, il suo Ideale di riferimento (la figura del Capo- Padre della massa). E soprattutto la massa moderna è regolata dal godimento che passa dal meccanismo produzione-consumazione dell’oggetto feticcio. E i meccanismi strutturali della massa moderna sono la comunicazione-informazione delle notizie e la circolazione degli esseri umani ovvero i loro spostamenti all’interno della massa. La convivenza sociale della massa con il Covid19 si situa dunque in questi meccanismi generali che indirettamente favoriscono lo scatenarsi degli effetti psichici sull’uomo, effetti psichici (paura, angoscia, ansia) sviluppati dalla proliferazione del virus in termini di contagi e al tempo stesso questi meccanismi mantengono inalterata nel soggetto l’ignoranza che coincide con il male. Il male e l’ignoranza dunque abitano l’essere umano in modo appassionato cioè in modo tale da negare tenacemente ogni responsabilità soggettiva, come Edipo che non vedeva la sua implicazione nella presenza della peste. L’esempio del mito di Edipo ci porta direttamente verso l’organizzazione altra, connessa all’inconscio che riguarda le ragioni che spingono l’essere umano in modo irrazionale a perpetuare la passione dell’ignoranza che si manifesta in vari modi nella storia (guerre epidemie, catastrofi naturali ecc.) e che incarna il male nei comportamenti sociali che vanno contro il bene comune. È in questo quadro che attualmente si è formata la convivenza sociale tra la massa e il Covid19 che circola dovunque insieme, pertanto: “Siamo tentazioni irresistibili per i microbi più intraprendenti, perché i nostri corpi sono tanti e sono ovunque” (David Quammen, Spillover, Adelphi, 2012, pag.533)
Infatti la massa moderna è caratterizzata da un movimento circolatorio continuo e centrifugo senza avere alcuna direzione, una massa che è composta da una quantità enorme di notizie che circolano, notizie e informazioni di qualunque tipo una accanto all’altra comprese quelle sul Covid19 che con i bollettini diffusi ogni giorno dalla protezione civile, in questo momento fa da catalizzatore principale rispetto a tutte le altre notizie. La massa non può che soccombere al suo “intraprendente” partner il quale mette involontariamente in evidenza cosa circola all’interno della massa e a quale tipo di conoscenza sia legata l’ignoranza malefica del soggetto contemporaneo: è legata alla conoscenza paranoica e alla struttura perversa del soggetto.
Il tipo di conoscenza che si addice alla massa, all’Io massa contemporanea, è dunque quella paranoica che implica sia l’ignoranza malefica sia il trionfo dell’Immaginario ossia di quel registro in cui il soggetto coincide sostanzialmente con l’Io la cui formazione si inscrive solo nel registro immaginario: “Il modo di conoscenza esclude che ci sia altro da quello che si vede, da ciò che si coglie come forma.” (Franco Chaumon, Jacques Lacan. La legge, il soggetto e il godimento. Edizione EST, pag 5).
Il Covid19 come partner invisibile della massa ha fatto emergere involontariamente le caratteristiche della conoscenza paranoica che appartiene alla massa stessa, conoscenza che consiste in un atteggiamento che tende a pensare la realtà come il luogo dove l’ignoranza dell’essere umano rifiuta tutto ciò che non sia immaginario ovvero che non sia un riflesso speculare dell’Io all’insegna del visibile (se non vedo non credo):
E niente è più formale della cultura moderna di massa fondata sul potere egoico dell’immagine e questo potere dell’Io rende tale forma una vera e propria sostanza che inscrive l’essere umano e dunque la massa in essa contenuto nel registro dell’Immaginario che regge l’Io (l’Io massa): “La conoscenza paranoica è quella modalità di conoscenza che riduce il mondo alla replica dell’Io, per mezzo della quale ciò che è conosciuto è sempre ricondotto ad una forma preliminarmente riconosciuta.”(Chaumon, op. cit. pag 53)
Il Covid19 è un partner invisibile con cui la massa convive ma in quanto invisibile, la modalità paranoica della massa tende a non credere alla sua esistenza per paura dell’ignoto (“il covid19 è poco più di una influenza per cui non esiste così come ce lo presentano”)
La massa consiste nell’insieme degli io tutti simili tra loro, cosicché la conoscenza paranoica riduce l’altro al livello del simile. È negata l’esistenza dell’Altro, dell’altrove, dell’inconscio e del soggetto come istanza simbolica. E mentre la massa si rispecchia nella propria paranoia e diffidenza, rispetto alla esistenza dell’ignoto di cui ha paura e che nega, (negazionismo) il Covid19 circola saltellando nel suo partner e usufruisce della ignoranza della massa che agisce in modo perverso: dunque la massa si porta con sé un partner che rimane immune al suo modo di pensare paranoico e al suo agire perverso perché sia la conoscenza paranoica, sia la struttura perversa del soggetto sono affari solo della massa mentre il partner Covid19 con la sua insistenza sottolinea e accentua questa due caratteristiche della massa.
Nella cornice del discorso del capitalista la massa dunque corrisponde a quel corpo sostanziale che ha una conoscenza paranoica solo di ciò che vede e che costituisce una grande seduzione; inoltre la massa organizza il suo pensiero sulla comunicazione immaginaria dove l’uno e l’altro sono simili e si rispecchiano confrontandosi su opinioni che hanno lo stesso valore e significato. Mentre sul piano dell’agire e del godimento la struttura perversa del soggetto è costruita sulla attrazione seducente che riveste l’oggetto feticcio che nega qualunque Altra locazione non visibile che possa essere interrogata. In sostanza l’Altro (inconscio) non esiste per il soggetto, perché il soggetto dell’inconscio è l’Altro della Legge, in quanto vi si identifica, per garantirsi l’oggetto del godimento ovvero l’uso e l’abuso dello stesso oggetto feticcio. Ma questa verità psicoanalitica, che riguarda la convivenza della massa con il Covid19, è nascosta proprio dalla presenza del Coronavirus che, in questa cornice, è quel partner che serve appunto ad incentrare tutta l’attenzione su di sé e a mettere in secondo piano la importanza che hanno gli effetti psichici sull’essere umano di questa verità negata, effetti causati proprio dalla conoscenza paranoica e dalla azione perversa del soggetto dell’inconscio, in quanto partner, non occasionale della massa come è invece il Covid19. E la verità che se ne deduce da questo nascondimento e che l’essere umano tende a salvaguardare, si può così sintetizzare: la massa, come corpo sostanziale dell’essere umano nella sua dimensione sociale, è segnata dalla presenza dell’inconscio che viene considerato dall’uomo contemporaneo come il male che lo abita. Mentre la convivenza forzata con il Covid19 ha messo in luce come il male sia, tra le altre cose, la negazione da parte del soggetto della esistenza dell’inconscio e che questa sua negazione (la passione della ignoranza) coincida con il male di cui soffre l’essere umano. In definitiva la convivenza sociale forzata tra la massa e il Covid19 ha messo in luce la difficile convivenza nell’essere umano tra ciò che è psichico e ciò che si considera naturale: l’inconscio è un’istanza psichica che implica il naturale a differenza del conscio che implica solo lo psichico. Il naturale (pulsione) implicato nell’inconscio non riguarda il naturale del Covid19 perché quest’ultimo è un reale puro organico ma dal momento che si fa partner dell’essere umano, della massa attraverso il contatto e il contagio, allora in questo contagio, in questo incontro, viene implicato il conscio come dimensione razionale e psichica (l’Io) che deve tenere di conto dell’inconscio e del male che lo abita come tendenza contro-natura (l’uomo che ama farsi del male). Mentre il Covid19 tende a sopravvivere a tutti costi con la sua riproduzione attraverso il corpo umano, la tendenza naturale dell’uomo è quella proprio di farsi del male ed è per questo che la sua coscienza ha il compito di andare contro la natura dell’uomo, il che vuol dire che l’uomo per andare contro il suo stesso essere deve lavorare su di sé e non può abbandonarsi semplicemente alla sua natura. Vorrei concludere questo contributo sulla convivenza con il Covid19, con una riflessione del premio Nobel per la fisica Wolfgang Pauli perché porta ad una riflessione più profonda sulla difficile convivenza dell’essere umano con sé stesso: “la complementarità in fisica presenta una profonda analogia con i concetti di “coscienza” e “inconscio” in psicologia, in quanto ogni “osservazione” di contenuti inconsci comporta una ripercussione essenzialmente indeterminabile della coscienza su questi stessi contenuti” (Wolfgang Pauli, Psiche e natura, Adelphi 2006, pag 37).
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