Nel celeberrimo dipinto del 1953, “La trahison des images” (L'inganno delle immagini), Magritte scrive sulla pipa disegnata sul cavalletto: “Ceci n'est pas une pipe“.
Una persona che non conosce né Magritte, né il Surrealismo, può rimanere per un istante spiazzato dalla didascalia, ma poi converrà che essa è quanto di più logico si possa dire:
“cioè che ciò che si vede non è una pipa, ma solo una sua rappresentazione”, tant’è, che se volesse, non potrebbe, con essa, farsi una pipata!
Questa non è una pipa: è il grande Altro.
Nel secondo dipinto del 1966, sempre per uno che non conosce l’opera di Magritte, è più facile capire e con minore sforzo, rispetto al primo caso, che “Ciò che è dipinto sul quadro che poggia sul cavalletto”, “Non è una è pipa”.
Ciò accade per una questione meramente percettiva:
- gli indizi quali il cavalletto e il quadro in bella mostra, indirizzano il nostro focus sul quadro stesso e non sulla pipa, che, conseguentemente avrà lo statuto di un oggetto dipinto, cioè di una rappresentazione;
- tali indizi e tale deduzione sono corroborati ed enfatizzati dalla Pipa più grande, fluttuante nello spazio, e che nella sua ineffabilità tende a presentarsi come “La Pipa Vera”, relegando per contrasto, quella sul quadro appoggiato al cavalletto, a un ruolo comprimario di rappresentazione.
CONSIDERAZIONI
Il Gioco di questo quadro è esemplare dell’esistenza del grande Altro della manipolazione: una manipolazione che in questo caso punta sulle ambiguità e sulle trappole percettive, spacciandoci una realtà fenomenica come una realtà fattuale e alludendo in maniera subliminale a una falsa verità.
Un Gioco che vorrebbe condurci, enfatizzando la non realtà della pipa piccola, a considerare che quella grande sia una Vera Pipa.
Spesso il gioco riesce e quando riesce, non è per nostra ingenuità, quanto per la nostra pigrizia, per una nostra complicità, perché, in fondo, il grande Altro delle illusioni trae consistenza da noi:
siamo noi che costruiamo e alimentiamo mondi simbolici e virtuali,
- con la nostra pigrizia,
- col nostro abdicare allo spirito critico,
- col nostro credere a ciò che sappiamo mistificatorio, solo perchè tali credenze ci spingono al godimento e al piacere temporaneo dell’illusione:
- pur sapendo che piacere e godimento sono fugaci;
- pur sapendo che sarà ineluttabile pagare il prezzo di un sogno che sapevamo tale da che si era presentato, ma che abbiamo voluto continuare a sognare.
Ogni riferimento alla vita in genere, è puramente desiderato.
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