Gli autori di questo libro sono tre eminenti psichiatri con un lungo trascorso di attività clinica e rilevanti ruoli accademici in diverse università degli Stati Uniti e scorrendo queste pagine si apprezza in pieno la competenza e l’esperienza maturata nel loro insieme.
Un testo dedicato alla psicoterapia supportiva, o psicoterapia di supporto, di sostegno, è un testo utile e interessante per chiunque svolga attività clinica sia privatamente, sia in ambito istituzionale, per il semplice ma fondamentale fatto che ci si trova costantemente a realizzare interventi “supportivi”, siano essi collocati in format terapeutici diversi (e più ampi), siano essi focalizzati e fin dall’inizio del trattamento decisi.
La struttura del testo – scritto in un inglese di facile comprensione – vede dieci capitoli, la bibliografia e l’indice analitico (l’ultimo dei dieci capitoli ha un carattere didattico nel senso che presenta delle domande a cui il lettore può rispondere al fine di verificare l’apprendimento sviluppato). Il primo capitolo riporta (in sintesi, necessariamente) l’evoluzione del concetto e dell’idea di psicoterapia “supportiva”, illustrando le basi di questo approccio e anche il posizionamento della psicoterapia di supporto nell’arco delle terapie – con un costante confronto con le terapie cosiddette “espressive”.
Le modalità di azione del terapeuta, gli stili di intervento e la messa in pratica dei principi di base sono ben rappresentati in tutto il libro, secondo un approccio tipicamente pragmatico, ma risaltano soprattutto nei capitoli dedicati alle tecniche di intervento e alla gestione della relazione terapeutica.
In questo quadro, è dato giustamente spazio alla diagnosi e alla formulazione del caso clinico, con l’aggiunta di una speciale enfasi sullo stabilire gli obiettivi, gli scopi del percorso terapeutico, indicata (come si fa in altre aree della psicologia applicata, non solo clinica) con il termine di goal setting.
E’ molto interessante il capitolo settimo centrato sugli interventi di crisi e su ciò che un tempo era definito psicoterapia d’urgenza (vedi, ad esempio, il testo di Leopold Bellak e Leonard Small del 1977, Psicoterapia d’urgenza e psicoterapia breve. (tr. it.: Il Pensiero Scientifico, Roma, 1983). In questo stesso capitolo ha spazio la discussione sul rischio suicidario, tema sul quale sono offerti diversi spunti e suggerimenti ma che rimane altamente problematico: “la previsione di suicidio è problematica perché non vi è una strada attendibile per determinare il rischio suicidario in un dato soggetto e in un arco di tempo definito… Paradossalmente è stato riscontrato che oltre la metà dei pazienti deceduti per suicidio hanno consultato dei clinici nell’arco di tempo di un anno prima della morte” (pp. 133-134).
La psicoterapia supportiva emerge nell’ottica della integrazione di diversi aspetti e in diversi passi del testo si sottolinea come interventi di genere psicodinamico possono accompagnarsi a interventi cognitivo-comportamentali o basati sull’approccio umanistico – e in questo contesto emergono naturalmente i classici fattori comuni delle psicoterapie. Sottolineando l’aspetto “reale” della relazione terapeuta-paziente, gli autori trattano del tema della gestione del transfert e della self-disclosure, della gestione delle difese e dell’atteggiamento attivo del terapeuta che tende a rinforzare gli aspetti sani dell’Io quali l’autostima e il senso di efficacia personale, evitando di provocare ansietà.
Il focus sul rafforzamento delle funzioni dell’Io e sulle skill di adattamento si coniuga, così, con altri importanti aspetti di questo genere di approccio che spaziano dallo stile del terapeuta (definito conversazionale) alla gestione dell’alleanza terapeutica al fine di consolidare la mastery del paziente oltre che aiutarlo a divenire consapevole dei principali pensieri e sentimenti che nutre verso gli oggetti significativi della sua vita.
Questo libro – la cui prima edizione risale al 2004, rivista ed aggiornata poi nel 2012 – mi sembra utile anche perché supportato da una serie di video dimostrativi (le “video-guide”, accessibili dal lettore in una sezione del sito dell’American Psychiatric Association). Anche se gli autori dichiarano che il pubblico elettivo del testo è rappresentato dai “giovani” terapeuti e psichiatri, in realtà l’insieme di considerazioni, riflessioni, supporti, indicazioni, consigli, vignette cliniche e report di casi costituisce una miniera di informazioni anche per coloro che hanno alle spalle anni e decenni di attività. Pure perché, dal mio punto di vista, quando si parla di psicoterapia di supporto si può con facilità scivolare in un quadro più avvicinabile al “dare buoni consigli”, o indicazioni general-generiche, mentre la “vera” psicoterapia supportiva – com’è ben dimostrato in queste pagine – ha una sua specificità e una sua caratterizzazione che, pur ampia, è comunque identificabile. Ciò nonostante che “per anni la psicoterapia supportiva è stata descritta come il trattamento adatto a persone considerate inadeguate per le terapie espressive – individui che erano difficili da trattare o per i quali le tecniche espressive erano viste fallimentari” (p. 89).
Chi è interessato può integrare la lettura di questo testo con il libro dello psichiatra John Battaglia Doing Supportive Psychotherapy pubblicato nel 2020 dal medesimo editore, l’American Psychiatric Association Publishing.
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