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Vi era poi l’altra impostazione, alternativa a Charcot: quella di Bernheim, che aveva lavorato prima a Lione, poi a Marsiglia ed infine a Parigi. Fu questi che introdusse l'ipotesi che sotto al comportamento oggettivamente rilevabile ci fosse qualcos’altro. Proprio tale concetto poteva essere interpretato seguendo il modello jacksoniano o janettiano, oppure secondo una nuova impostazione. Charcot sostenne l'idea Janettiana, secondo la quale esistevano diversi livelli di funzionamento mentale, fra cui un inconscio non dinamico; caratteristica, questa, assimilabile a quanto avviene nel sistema nervoso centrale: abolendo il controllo delle cellule piramidali le cellule spinali iniziano a funzionare autonomamente, senza controllo. Ricordiamo che proprio da questa teoria deriva il termine “psicoastenia”, utilizzato da Janet a proposito della nevrosi ossessiva: questa era interpretata come una debolezza del controllo superiore, per cui può emergere l'automatismo. Charcot introduce un'ulteriore formulazione.
Muovendo dalle osservazioni di Janet, sostiene tuttavia l'inutilità dei tentativi di suggestione nei pazienti ossessivi, in analogia alla mancanza di fondatezza dell'uso della suggestione in un paziente con paralisi spastica: in entrambe i casi, se c'è una patologia a carico di un livello superiore di controllo, non è certo possibile eludere il problema a mezzo della suggestione. Charcot sostiene l'esistenza di qualcosa, legato all'ipnosi, così in auge in Francia (ricordiamoci di Mesmer) qualcosa che poteva muoversi dall'inconscio al cosciente, qualcosa di nascosto, non immediatamente manifesto. Ma mentre per Charcot questo “qualcosa” resta legato ad uno spostamento dell'eccitamento da una parte all'altra del sistema nervoso centrale, per Freud esisteva un altro grande elemento: nell'isteria egli intravedeva una possibile narrativa. Dietro l'isteria, per Freud, c'era un racconto e l'isterico stava raccontando qualcosa attraverso la sua sintomatologia.
Vediamo questa sua prima annotazione e che fa parte di una serie di osservazioni raccolte nel 1892, di cui una s’intitola “Sulla teoria dell'attacco isterico”, scritta in collaborazione con Breuer. L'uso del termine di “attacco” è importante, perché attacco in medicina ha sempre significato qualcosa di strettamente connesso all'epilessia.
Il contenuto costante ed essenziale di un attacco isterico (ricorrente) è il ritorno di uno stato psichico che il malato ha già precedentemente vissuto; in altre parole, il ritorno di un ricordo.
Questa è un concetto completamente nuovo nella storia della medicina: in queste parole si sente il fondamento di tutta la teoria della psicosomatica, dei rapporti tra psiche e soma, del simbolismo. Nella storia, in verità, qualcosa già esisteva: il “Malleus maleficarum”, scritto da Sprenger e Kramer, ossia il manuale del tribunale dell'inquisizione in cui c'era descritto tutta la psicopatologia, anche se il riferimento al diavolo rendeva improponibile una spiegazione razionale. Uno dei capitoli più moderni è quello sull'impotenza, in cui questa viene riferita ad uomini che hanno rapporti con donne che portano il demonio.
Nella formulazione di Freud, quindi, è questo il concetto nuovo, scientifico: l'isteria è un ricordo.
Affermiamo quindi che la parte essenziale dell'attacco isterico è contenuta nella fase che Charcot definisce delle attitudes passionnelles [la terza fase, secondo Charcot, preceduta da quella epilettiforme e da quella dei movimenti ampi, e seguita da quella del “délire terminal”]. In molti casi è assolutamente evidente che questa fase contiene un ricordo della vita del paziente, spesso sempre lo stesso. In altri casi, tale fase sembra mancare; apparentemente l'attacco consiste solo in fenomeni motori, in contratture epilettoidi, in uno stato catalettico o simile al sonno; tuttavia, anche in questi casi l'indagine effettuata nell'ipnosi offre la prova sicura di un processo mnestico psichico, quale si svela di solito con chiara evidenza nella phase passionnelle. Le manifestazioni motorie dell'attacco hanno sempre un rapporto con il suo contenuto psichico e rappresentano l'espressione generale del moto interiore che le accompagna, oppure corrispondono esattamente alle azioni comportate dal processo mnestico allucinatorio.
Notiamo in Freud la tendenza a ripetere più volte lo stesso concetto; tendenza tipica di chi deve persuadere un uditorio assai poco convinto. L'isteria è una malattia del ricordo. Ancora non parla di rimozione, non si è ancora delineata la dinamica della vita psichica, ci sono solo dei ricordi che emergono.
É di vitale importanza per tutti cancellare molte cose dalla mente. Pensiamo ad un londinese, uomo d'affari, che stabilisce un appuntamento a Charing Cross. Questo nome vuol dire “croce della mia cara regina”, perché un Edoardo plantageneto, essendogli morta la moglie Eleonora in Francia, ne ricevette la salma, dopo che questa aveva attraversato numerose tappe, proprio a Charing Cross. Ma se l'uomo d'affari londinese dovesse pensare a tutte le cose che sono successe in questo ed altri luoghi Londra perderebbe la testa! Charing Cross è Charing Cross, una stazione del treno. Quindi se tutte le volte si manifestasse il ricordo di Eleonora D'Aquitania, il nostro uomo sarebbe terribilmente confuso. Ecco, l'isteria è il riaffiorare di ricordi che non dovrebbero riaffiorare.
Il ricordo che forma il contenuto dell'attacco isterico non è un ricordo qualsiasi, ma è il ritorno dell’evento che ha causato l'attacco isterico, e cioè il ritorno del trauma psichico
Se un evento ha causato l'attacco isterico, quando ne riaffiora il ricordo, si manifesta nuovamente lo stesso attacco isterico. Questa è la prima formulazione di una teoria che, lo sappiamo, Freud modificherà in seguito profondamente.
Questo rapporto è di nuovo evidente in quei classici casi di isteria traumatica che Charcot ha imparato a conoscere negli uomini, in cui un soggetto, che prima non era isterico, soccombe alla nevrosi dopo un solo grande spavento (incidente ferroviario, caduta ecc.). Il contenuto dell'attacco consiste qui nella riproduzione allucinatoria dell'evento connesso con il pericolo mortale, accompagnata forse dalle sequenze di pensieri e dalle impressioni sensoriali che il soggetto minacciato ebbe allora.
Oggi forse tutti i quadri clinici qui descritti sarebbero banalmente definiti nevrosi da rivendicazione o disturbi post-traumatici. (Il DSM-IV direbbe: post traumatic stress disorder, ripetizione ossessiva dell'evento traumatico). C’è il trauma, la risposta ad esso e poi la pensione o il risarcimento: con l'inquadramento sociale essi non hanno più alcuna specificità, diventano fatti ovvi, manifestazioni di puro danno biologico.
Freud ebbe a confrontarsi con una serie di esperienze di questo tipo, soprattutto dopo, nel 1920, quando scrisse “Al di là del principio del piacere”, dopo la guerra mondiale, con l'esperienza diffusa delle nevrosi di guerra.
In questi casi, tuttavia, il comportamento non differisce da quello della comune isteria femminile, ma anzi ne è un esatto modello
L'isteria deve essere femminile, ὑστέρα è utero, in greco. Tuttavia Charcot ha capito che non è vero: lo stesso fenomeno è valido per gli uomini come per le donne; solo che per gli uomini, considerata la differente situazione sociale, è più ovvio che la patologia isterica nasca dal ricordo di un trauma legato ad un evento sociale, lavorativo o bellico, mentre per la donna occorre considerare altri avvenimenti.
Indagando, seguendo la via che abbiamo indicato, il contenuto degli attacchi dell'isteria femminile, ci si imbatte in eventi che, per la propria natura, sono essi pure adatti ad agire da traumi (spavento, malattia, delusione).
A questo punto siamo ben lontani dal trauma lavorativo, dall'incidente ferroviario, dalla caduta da cavallo e dallo scontro di carrozze. Qui compare la delusione. Quale delusione poteva avere una donna dell'800, quale delusione poteva avere Madame Bovary se non la delusione d'amore? Non certo qualcosa che riguardasse il lavoro; la delusione di carriera poteva averla Caterina di Russia se perdeva una battaglia, o Maria Teresa D'Austria se non veniva bene accetta una legge da lei promulgata: però non rispondeva con l'isteria. Attraverso la donna, Freud può arrivare all'isteria perché per l'uomo c'è lo sbarramento culturale: nell'800 non era quasi ammesso parlare di delusione amorosa per l'uomo.
Di regola, in questi casi, il grande trauma singolo viene sostituito da una serie di drammi minori, tenuti insieme per affinità o perché parti di una stessa tribolazione
Non è più il dramma singolo dell'uomo che ha un incidente ferroviario ma una serie di drammi minori, questo vuol dire un fil rouge, un racconto interno
Spesso, questi malati hanno anche diverse specie di attacchi, e ogni specie ha un particolare contenuto mnestico. E questo fatto induce ad ampliare notevolmente il concetto di isteria traumatica. In un terzo gruppo di casi si ritrovano, quale contenuto degli attacchi, ricordi che, in sé e per sé, non parrebbero avere un valore traumatico, ma che devono chiaramente tale valore al fatto che per la loro coincidenza con un momento di aumentata disposizione patologica, vi si sono associati, e sono quindi stati elevati a traumi.
In certi casi, allora, non vi sarebbero traumi. Bisogna considerare che certi eventi hanno il significato di trauma in un modo specifico per una data persona.
Il ricordo che forma il contenuto dell'attacco isterico è un ricordo inconscio o, per meglio dire, appartiene al secondo stato di coscienza, più o meno altamente organizzato in ogni tipo di isteria
Qui usa per la prima volta nella terminologia il termine “inconscio”, non conosciuto. Per inconscio si deve intendere tutto ciò che è al di fuori dell'organizzazione consapevole e cosciente della memoria e del pensiero. L’inconscio è ancora considerato patologico, tipico dell'isteria. Lo stato di coscienza seconda è la dissociazione della coscienza, il sonnambulo per esempio, oppure il caso del Dott. Jekyll e di Mister Hyde. Tale stato di coscienza secondo non è però inteso come un inconscio stabile e diffuso, bensì come un’attività psichica di cui non si è consapevoli. Con queste posizioni Freud creava una frattura enorme con tutta la psicologia dell'epoca, ma anche con una parte della psicologia attuale: la psiche è cosciente, quello che non è cosciente sono le molecole che girano, i vari neurotrasmettitori, ma non si tratta di coscienza.
Ne deriva che esso manca completamente nella memoria del malato anche quando questi si trova in uno stato normale, oppure vi è presente solo in modo sommario. Se si riesce a riportare completamente questo ricordo alla coscienza normale, cessa la sua capacità di provocare un attacco.
Qui è già definito un elemento inconscio, l'inconscio è lo stato secondo, se lo si porta alla superficie di questa narrazione che provoca il sintomo, si ottiene la sua risoluzione. É già la base, il fondamento della psicoanalisi.
Durante l'attacco stesso, il malato si trova completamente o parzialmente nel secondo stato di coscienza. Nel primo caso, nella sua vita normale egli si dimostra amnestico per quanto si riferisce a tutto l'attacco; nel secondo caso, egli si rende conto del suo stato di alterazione e delle sue manifestazioni motorie, mentre il processo psichico che si svolge durante l'attacco gli rimane celato. Questo processo, tuttavia, può essere sempre risvegliato mediante l'ipnosi.
Comincia a distinguere l'isteria di conversione e l'isteria d'angoscia. L'isteria di conversione è quella in cui l’alterazione dello stato psichico è tale per cui viene abolita la coscienza dell'Io, c'è l'amnesia. Nell'isteria d'angoscia invece è sempre presente alla coscienza del soggetto ciò che succede in quel momento, quello che resta sconosciuto è quello che c'è sotto.
Il problema dell'origine del contenuto mestico degli attacchi isterici coincide con il problema di quali siano le condizioni normative per cui un evento (rappresentazione, proposito ecc.) viene accolto nel secondo stato di coscienza invece che in quello normale. Abbiamo riconosciuto con certezza in soggetti isterici due di tali condizioni. Se l'isterico vuole intenzionalmente dimenticare un evento, se violentemente allontana da sé o inibisce e reprime un proposito, una rappresentazione, questi atti psichici cadono nel secondo stato di coscienza, mentre il ricordo di essi torna come attacco isterico (isteria delle monache, delle donne continenti, dei ragazzi ben educati, di coloro che sentono in sé un'inclinazione per l'arte, per il teatro, ecc.).
Compare dunque l'ipotesi sessuale dell'isteria, ancora non in modo chiaro. D'altronde bisogna ammettere che questo era assai difficile, nel 1891. Però nel momento in cui parla delle monache, delle donne continenti è chiaro che sta parlando di una frustrazione sessuale che avviene in modo brutale: chi non è appagato nella pulsionalità deve rimuovere questo scontento che emerge in altro modo.
Nel secondo stato di coscienza cadono anche le impressioni provate durante uno stato psichico insolito (affetti, estasi, autoipnosi). Aggiungiamo che ambedue queste condizioni spesso si combinano tramite un rapporto interiore e che, oltre ad esse, si deve ammettere l'esistenza di altre condizioni. [OSF, vol. 1, pag. 144, 145, 146]
Abbiamo visto qui i concetti di ricordo, rimozione, scomparsa dalla coscienza, creazione di una sorta di ipotetico serbatoio in cui questi elementi rimangono, non scomparendo. É inoltre abbozzata l'ipotesi che in realtà ci sia qualcosa di specifico, ancora non nominato come sessuale, ma chiaramente sessuale.
Vediamo un altro passaggio che è una prefazione che Freud ha fatto alle lezioni del martedì di Charcot:
Prefazione alla traduzione delle “lezioni del martedì della Salpêtrière” di Charcot (1892-94)
Le lezioni di Charcot qui tradotte in tedesco per gentile concessione dell'autore si intitolano in francese Leçons du mardi de la Salpêtrière, …
Siamo nel 1892, ed occorre tenere conto che la data d'inizio ufficiale per specialisti di psicoanalisi è il 1895, con gli studi sull'isteria.
… dal giorno della settimana in cui il professore visita davanti al suo uditorio i pazienti ambulatoriali. Il primo volume di queste Leçons apparve nel 1888 in veste assai modesta, come “Note dei signori Blin, Charcot junior e Colin”.
Quest'anno (1892) esso ha subito una revisione da parte dell'autore, e su questa si fonda la nostra edizione tedesca. L'edizione francese era introdotta da una prefazione del dottor Babinski, nella quale questo eccellente scolaro di Charcot mette in luce con giustificato orgoglio la somma quasi inesauribile di suggerimenti e insegnamenti che si deve, da molti anni, al Maestro…
… Chi ha avuto anche per breve tempo la fortuna di vedere al lavoro quel grande ricercatore e di assimilarne direttamente l'insegnamento, concorderà di cuore, ne sono certo, con il dottor Babinski. Queste lezioni contengono in realtà tante cose nuove che nessuno, anche fra gli esperti, le potrà leggere senza allargare di molto il proprio orizzonte conoscitivo. Le cose nuove, poi, sono presentate in forma così energica e stimolante che quest’opera, come forse nessun’altra dopo le Leçons di Trousseau, si presta a servire da manuale per gli studenti e per il medico che voglia mantenere vivo il suo interesse per la neuropatologia. Queste lezioni devono il loro fascino particolare al fatto di essere totalmente o in gran parte improvvisate. Il professore non conosce il malato che gli viene presentato, o lo conosce solo superficialmente. È quindi costretto a comportarsi di fronte all'uditorio come di solito fa soltanto nella sua pratica medica, con la differenza che in questo caso egli pensa a voce alta e permette quindi agli ascoltatori di prendere parte al corso delle sue ipotesi e delle sue ricerche. Egli interroga il malato, si accerta dell'esistenza di questo o di quel sintomo, e così giunge alla diagnosi del caso, che poi attraverso ulteriori ricerche circoscriverà o confermerà.
Charcot fa come qualsiasi buon comunicatore. Freud era molto diverso: era un ossessivo, non aveva l'esperienza di Charcot, soffriva di difficoltà emotive e di una certa ansia sociale. L’ammirazione per Charcot era perciò immensa, perché rappresentava anche il suo ideale dell'Io.
Si osserva come egli abbia confrontato il caso che ha di fronte con tutta una serie di quadri clinici derivati dalla sua esperienza e impressi nella sua memoria, e come abbia identificato la manifestazione morbosa presente con uno dei quadri. Questo è poi il modo in cui anche noi formuliamo la diagnosi al capezzale del malato, anche se l’insegnamento clinico ufficiale talvolta fornisce agli studenti un’illustrazione differente. A questa prima formulazione si collegano in seguito osservazioni di diagnostica differenziale, e il docente cerca di chiarire i motivi che l'hanno condotto alla sua identificazione, motivi che, com’è noto, molti bravi diagnostici non sono in grado di fornire, anche se il loro giudizio ne è determinato. [Ibidem, pag. 151,152]