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Recensione del Seminario XVI di Lacan Da un Altro all’altro (1968-69)

28 Mar 19

Di Annalisa Piergallini
il godimento costituisce la sostanza di tutto ciò di cui parliamo nella psicoanalisi”.[1]
 

“[…] l’Altro del sapere che è il luogo della verità, la cui consistenza però, diversamente da quanto afferma Cartesio, non è garantita da nessuna parte. Per contro, l'essere umano trova la propria coerenza in un solo elemento consistente: l'oggetto a, nel quale prende forma, in modo personalizzato e singolare, il suo godimento.” Così Antonio Di Ciaccia scrive nella quarta di copertina del Seminario XVI di Lacan, appena uscito per Einaudi.
Dunque da una parte l’Altro, dall’altra l’oggetto.
Lacan si è allontanato dall’altro dell’intersoggettività, definitivamente, dal Seminario VIII, dando all’Altro una consistenza simbolica. In questo Seminario XVI, invece, l’Altro si mostra in tutta la sua inconsistenza, e non è più quindi solo un Altro incompleto, cioè mancante di un significante, da cui la scrittura S(Ⱥ)[2]: così, tutta la prima parte di questo Seminario è dedicata a dimostrare l’inconsistenza dell’Altro in rapporto alla verità.
Dall’altra parte, per contro, c’è la consistenza dell’oggetto a.
Jacques-Alain Miller, che ha stabilito il testo di questo e di tutti gli altri seminari di Lacan, ha scritto un commento di questo Seminario, commento che seguo in questa recensione e che sarà pubblicato a breve in un prossimo numero della rivista del Campo freudiano, La Psicoanalisi. Scrive Miller:
“Questo oggetto è descritto nel Seminario L’angoscia come un prelievo corporeo.[3] […]
Quando si coglie l’oggetto a come prelievo corporeo, si è subito condotti alla molteplicità: l’oggetto sguardo, l’oggetto voce, l’oggetto orale, l’oggetto anale. In Da un Altro all’altro, Lacan non descrive gli oggetti a come altrettanti prelievi corporei, ma li costruisce come una consistenza logica, la logica che viene al posto della biologia. La consistenza logica è come una funzione che il corpo deve soddisfare attraverso differenti prelievi corporei. Che si tratti della sola consistenza logica che possa valere per il soggetto, giustifica il singolare. È in questo che c’è l’altro, l’oggetto a, ma come unico, non come multiplo, l’oggetto a come consistenza logica che il corpo deve soddisfare con diversi prelievi. Al contrario, l’articolo indefinito messo al grande Altro, decaduto dalla sua unicità, lo apre alla stessa molteplicità dei Nomi-del-Padre.”[4]
Insomma niente cataloghi, per quanto ridotti all’osso, l’unica consistenza il soggetto ce l’ha nella sua posizione di godimento, che si riduce a una, ma con una cifra unica, nocciolo duro di reale.
L’oggetto a diventa allora il calco di A, ciò che rende possibile la tenuta di un Altro simbolico. Ma è calco, quindi buco, anche se non è ancora quello dei nodi borromei, cioè dell’elaborazione successiva di Lacan, perché ha ancora un bordo. Poi niente bordo, l’orlo sarà a carico dell’annodamento che il soggetto saprà inventare.
Molto originale è poi la lettura che Lacan dà nel capitolo “Clinica della perversione”:
“Io avanzo di punto in bianco che la funzione del perverso, la funzione che egli adempie, è lungi dall’essere fondata su qualche tipo di disprezzo dell’altro, del partner, come invece si è detto a lungo, e però da qualche tempo non si osa piú dire, principalmente a causa di quello che ho enunciato a tale riguardo. Per farlo capire, […] articolerò che il perverso è colui che si dedica a tappare il buco nell'Altro."[5]
Commenta Miller: "Qui c’è l’annuncio dello sviluppo che [Lacan] darà sulla clinica della perversione, dove lo stesso oggetto a viene a fare da schermo a ogni faglia dell’Altro. Per questo Lacan può parlare del perverso come di colui che si fa il difensore della fede nell’Altro, dato che il suo oggetto fantasmatico si sforza di riempire tale mancanza".[6]
Altro punto importante di questo Seminario è il modo in cui Lacan costruisce lo statuto del plusgodere. Egli lo fa "sul modello del plusvalore marxiano".[7] Il pluvalore è un elemento valutabile, cifrabile, e – precisa Miller – "quello che Lacan chiama il plusgodere è una forma valutabile del godimento, vale a dire che nel corso delle venticinque lezioni di questo Seminario vediamo un effetto di logificazione totale dell’oggetto a, in quanto è una consistenza di ordine logico che risponde all’inconsistenza del grande Altro".[8]
Il plusgodere, come il plusvalore, è quindi legato al significante: infatti qui il godimento è preso dal lato contabile, si mantiene nei bordi e la sua funzione può essere colta a partire dalla matematica. Lacan smetterà di adoperarsi in questo sforzo nel Seminario XX Ancora,[9] quando dirà che il godimento sfugge al rassicurante oggetto a.
Del resto è proprio nel Seminario XX che Lacan metterà a fuoco quel godimento femminile che si sgancia in parte dal gioco significante e dove il godimento è puro evento di corpo che nemmeno l’oggetto a può rappresentare.
In ogni caso già in questo Seminario non c’è più l’ombra del predominio dell’ordine simbolico, quel Lacan tanto famoso e tanto criticato del linguaggio protagonista. Anzi è un Lacan che non indietreggia di fronte alle sfide che il reale pone alla psicoanalisi, un reale non imbrigliabile nel simbolico, e che cambia continuamente.
Oggi le conseguenze della globalizzazione sono sotto gli occhi di chiunque voglia vedere, ma già allora, poco dopo il maggio francese, Lacan parlava di assolutizzazione del mercato, che, come nota Miller, è il vero nome della "globalizzazione"[10]; un mercato diventato assoluto, totale, con una politica che lo promuove in modo occulto e non. Un reale che si lascia addomesticare meno e un superio piegato alla moda del godi con una media sempre più alta del soffri, una tolleranza sempre più ristretta all’errore statistico, e un ideale schiacciato sulla marca. Insomma la psicoanalisi si gioca nella sua possibilità di contenere il godimento al centro del suo sistema, un buco, uno spazio vuoto che l’analista si impegna a mantenere vuoto e a permettere che ciascuno sia libero di ricamarne il bordo, a modo suo.


[1] J. Lacan, Il seminario. Libro XVI. Da un Altro all'altro (1967-68), Einaudi, Torino, 2019, p. 39.
[2] J.-A. Miller, Una lettura del Seminario XVI Da un Altro all’altro, in uscita sul numero 65 de La Psicoanalisi, Astrolabio, Roma, 2019.
[3] Cfr. J. Lacan, Il seminario. Libro X. L’angoscia (1962-63), Einaudi, Torino 2007.
[4] J.-A. Miller, Op. cit..
[5] J. Lacan, Op. cit., p. 249.
[6] J.-A. Miller, Op. cit.
[7] Ivi.
[8] Ivi.
[9] J. Lacan, Il seminario. Libro XX. Ancora, Einaudi, Torino 2011.
[10] J.-A. Miller, Op. cit.

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