Gli ultimi anni del millennio passato e i primi di quello nuovo furono contrassegnati da grandi innovazioni farmacologiche nell’ambito della psichiatria.
Erano gli anni in cui gli antidepressivi cosiddetti serotoninergici rappresentavano elementi di punta nella pratica clinica, così pure l’applicazione degli antipsicotici atipici e degli anticonvulsivanti nei disturbi dell’umore.
Finalmente le neuroimmagini mostravano aree del sistema nervoso centrale con risoluzioni inimmaginabili pochi anni prima. In quel panorama scientifico, nell’ambito di congressi e convegni, non era poi così facile sentir parlare di inconscio, meccanismi di difesa e di contenuti psicodinamici.
Ricordo di aver voluto iniziare gli studi in medicina con l’intenzione di diventare uno psichiatra. A questa decisione si accompagnava l’aver letto molti dei saggi di Freud. Ne ero un grande appassionato e le sue nozioni risuonavano in me facendo luce su aspetti di esperienze passate, dolorose e sepolte nell’inconscio. Solo ora posso dire che inconsapevolmente avevo avviato un’autoanalisi meticolosa e in continuo divenire.
Ormai prossimo alla laurea in medicina, e avendo già avviato un percorso di psicoterapia individuale, poter accedere ai primi eventi scientifici nei quali erano presenti grandi maestri della psichiatria del momento, rappresentava per me un’attrazione irresistibile. Ma come fare per entrarvi? Non ero ancora medico, né avevo credenziali di uno specializzando. Aguzzato allora l’ingegno e usati tutti i mezzi a mia disposizione, riuscivo spesso ad ottenere un lasciapassare.
Una volta entrato, era come trovarsi in un mondo di cui avrei voluto registrare, fotografare, portar via ogni singolo frammento. Succedeva che molte delle relazioni all’interno di una giornata di lavori congressuali erano di stampo neurobiologico e solo una o due di queste di stampo psicoanalitico. Non nascondo che molti dei concetti neuroscientifici, seppur affascinanti, erano, all’epoca troppo vasti per essere assimilati e lasciare spazio a contenuti psicodinamici e psicopatologici.
Al Prof. Romolo Rossi veniva dato l’onere, nel contesto di congressi di stampo medico di portare contributi improntati alla psicologia del profondo. Tali relazioni facevano emergere l’altra faccia della medaglia: i meccanismi inconsci, il dinamismo dei processi psichici, il paziente, la sua sofferenza, le sue esperienze di vita passate e quelle presenti. Questi contenuti, uniti a contributi di stampo biologico, mettevano a fuoco il problema, indirizzandoti ad una possibile soluzione, oltre a far emergere la complessità della mente, i movimenti interpretativi dell’analista ed eventuali opzioni terapeutiche.
È in dubbio che la terapia farmacologica assicuri un più rapido controllo dei sintomi e l’integrazione con la psicoterapia garantisca un’ ottimizzazione del decorso e dell’esito dei disturbi psichiatrici. Freud aveva postulato che un giorno i suoi costrutti psicoanalitici avrebbero trovato le loro basi biologiche. Oggi questa previsione formualata da Freud trova il suo ambito di applicazione nel panorama neuroscientifico e in quei trattamenti farmacologici che permettono di scorgere la complessità della mente dell’uomo.
Sulla scia di questi ricordi e con un po’ di nostalgia verso i miei primi passi da psichiatra, ritrovo in questo volume l’enfasi per un bagaglio culturale altrimenti riservato solo agli appunti di una cerchia ristretta.
Questo volume rappresenta, a mio parere, l’eredità di un grande esponente della psicoanalisi italiana, profondo conoscitore di Freud e delle sue scoperte.
Ritengo che a prescindere da orientamenti e formazioni personali, l’opera di Freud rappresenti un bagaglio irrinunciabile per tutti coloro che sono impiegati nella salute mentale.
I suoi insegnamenti indicano prospettive, limiti e difficoltà nel poter accedere alla comprensione della mente umana, delimitando una cornice di riferimento senza la quale si rischia di “navigare a vista”, senza una bussola, un grande pericolo quando si vuole aiutare qualcuno.
Queste lezioni, rese disponibili in questo volume, costituiranno un riferimento per quanti si trovano negli anni della formazione e per quanti vogliono accostarsi al pensiero freudiano, oltre a rappresentare un’occasione per recuperare e approfondire nozioni già apprese.
In entrambi i casi, il loro studio e il loro approfondimento non deluderanno né chi si appresta ad un primo approccio conoscitivo né i più esperti di pratica clinica.
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