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Seminario VI di Jacques Lacan: Lo Stallo di Amleto Da una conferenza di Antonio Di Ciaccia

22 Mar 18

Di Mario Degli Stefani
In questo articolo ripropongo, parzialmente, una conferenza[1] di Antonio Di Ciaccia, sul Seminario VI di Lacan:
  1. L’articolo è uno “sbobinamento” letterale della conferenza e non traduco nulla, (e spero non traviso nulla), ma mi limito a dare, alla forma parlata, una continuità che si coglie appieno nel video, ma che si potrebbe perdere nella forma scritta, se riportassi fedelmente solo le parole.  e quindi cerco di recuperare gli aspetti metalinguistici.
  2. Vi sono poi alcune integrazioni, sempre nell’intento di far cogliere meglio i nessi, chiari nel video, attraverso gli elementi metalinguistici.
  3. Quindi aggiungo  note personali, che sono quelle che trovate a fondo pagina.  
p.s.
Il vero titolo dell’articolo avrebbe dovuto essere: “L’Introduzione del Fallo”, perché, in effetti, con questo Seminario, Lacan introduce quella posizione che arricchisce la triangolazione edipica di un quarto elemento, spostando la questione del Desiderio per la Madre e cioè verso la Madre, nel Desiderio Della Madre, e cioè su cosa desideri la madre: ma, ritenendolo involontariamente grottesco, l’ho titolato “Lo stallo di Amleto”.
È altresì ovvio che il fallo non è il pene, ma già si fa fatica a farlo capire agli studenti di psicologia, figuriamoci a mettere in rete un titolo, che potrebbe servire solo a fare sensazione o a mortificare, cose che rifuggo totalmente.
Ma ora, finalmente, andiamo avanti con Di Ciaccia.
 
LA LEZIONE
Lacan, nel Seminario VI cerca di risolvere l’enigma irrisolto di Freud e cioè: ”L’Inconscio, cos’è?”
Per fare ciò, Lacan introduce nell’Edipo Freudiano un quarto elemento, e lo  prende dall’Amleto di Shakespeare e precisamente dal ruolo che l’autore assegna al Principe di Danimarca.
Questo rifarsi a Shakespeare è la testimonianza del concetto lacaniano, già espresso da Freud,  per cui  l’opera d’arte non si deve intendere come un sintomo dell’artista che viene espresso in maniera sublimata; non è cioè, qualcosa che lo psicanalista debba interpretare, ma un qualcosa da studiare, perché, l’opera d’arte è essa stessa che  interpreta l’inconscio, e non il contrario[2].
In effetti l’opera d’arte non ne è solo un’espressione parziale, ma è soprattutto la  via maestra per capire l’inconscio, spiegandoci come esso è fatto.
È un po’ come riconoscere che l’artista precede lo psicanalista, che quindi ha da imparare da lui.
  • Freud ha “imparato” studiando principalmente Goethe[3], Shakespeare, Sofocle e tanti altri;
  • di  Lacan sappiamo che ha imparato da almeno 200 letterati.
 
La logica dell’inconscio
Dell’inconscio non abbiamo le chiavi e tutto ciò che sappiamo, e non è poco, è che il suo statuto è quello di essere nell’ordine della logica.
Una logica tutta sua, una logica certamente non aristotelica, bensì quella della irrazionalità umana:
  • una logica che ammette la verità di una cosa e del suo contrario;
  • una logica che permette alla negazione di inscriversi sullo stesso versante del positivo;
  • una logica per la quale “A” e “Non A” non si escludono;
  • una logica che mi permette di dire: ”Amo mia madre” e subito dopo[4] dire: ”Non amo mia madre!”.
 
Lo Stallo di Amleto
Desidero,  ma non Posso Volere di Farlo
 
Amleto può tutto, tranne che compiere la vendetta sull’uomo, Claudio,  che ha eliminato il padre, Amleto re, e si è sostituito a lui presso la madre, Gertrude.
  1. Claudio è l’uomo che gli mostra, attuali, i suoi desideri infantili rimossi:
  2. Claudio è quello che avrebbe voluto essere nella fase edipica.
Il ribrezzo che dovrebbe spingerlo alla vendetta è sostituito da auto rimproveri, scrupoli di coscienza, ci dice Freud.
”Perché questa esitazione? Ma soprattutto, perché questi auto rimproveri e questi scrupoli che lo tengono in una situazione di stallo?”
In definitiva:
  • qual è “il movente” del “non  crimine””?
  • quale il movente dell’esitazione?
 
L’Introduzione del Fallo[5]
Lacan, quando studia l’Edipo, vede che manca un quarto termine tra Padre – Madre – Bambino e questo termine Lacan lo chiama X o “Fallo” e in questo passaggio, dalla triangolazione alla quadrangolazione, è il Padre che tiene insieme tutto, come vedremo più avanti.
 
Lo stallo e le sue cause
Vi è un aspetto cruciale a  determinare in Amleto una situazione di esitazione, di stallo, di paralisi ed è il Desiderio di Amleto, che è il Desiderio della madre, e quindi:
  1.       il patrigno è da uccidere per vendicare il padre,
     Non A. il patrigno è  da salvare per proteggere il desiderio della madre.
 
Amleto può tutto fuorché ciò che il padre gli dice di fare: e
  • non è che non vuol farlo
  • ma è  che non può volere di farlo.
Desidererebbe farlo, ma non può volere di farlo, perché così si dissocerebbe dal desiderio della madre.
 
Infatti c’è una differenza sostanziale tra volere e desiderio:
  • “io posso volere una donna e fallire nel farci l’amore,
  •   e invece riesco ad avere un rapporto sessuale, con una donna che non voglio”.
 
  1. Il volere è il desiderio cosciente,
  2. mentre il desiderio è inconscio.
 
Freud lo dice, Un conto è il desiderio, un conto è il volere”.
Ogni sintomo si stabilisce su questa modalità:
  • ”Io voglio una cosa e ne desidero un’altra”.
 
Un punto che divide Lacan dal primo Freud
Freud, in un primo momento ha concepito che l’inconscio è nell’ordine del sapere, cosa che a lui bastava.
In seguito, negli anni ’20, Freud approda alla consapevolezza che non basta sapere, perché c’è la pulsione di morte che rende insufficiente il sapere.
Pulsione di morte o reazione terapeutica negativa che, a chi va in analisi, impedisce di andare avanti:
in sostanza, la relazione terapeutica negativa è quell’inconscio desiderio che si oppone all’analisi a chi va in analisi.
Il solo sapere non basta e lo ribadisce Lacan:  “la clinica prova che il solo sapere non basta”:
  • uno può benissimo sapere quale è il suo sintomo e non spostarsi di una virgola; cioè il sintomo non va via perché diventa cosciente, cosa che è comunque una condizione necessaria, ma come vedremo, non sufficiente[6].
Ecco la differenza tra Edipo e Amleto:
  • nell’Edipo nessuno sa, mentre nell’Amleto, tutti quelli che devono sapere, sanno!
Allora non basta sapere! Amleto sa, ma non può agire! Non è vero quindi che il desiderio inconscio diventa operativo quando emerge alla coscienza.
E ritorna la questione e cioè:
  • Amleto sa
  • e se sa, perché non può agire?
Sa(???),[7] perché glielo ha detto il fantasma del padre:
Tu devi uccidere Claudio per porre termine allo scandalo di tua madre, ma tua madre devi rispettarla!”
Quindi i motivi per uccidere Claudio sono:
  • vendicare il padre;
  • togliere di mezzo il rivale edipico, nemmeno naturale, perchè occupa il posto che fantasticava suo, nell’infanzia, una volta finalmente morto il padre;
  • togliere di mezzo un rivale al livello del doppio, in quanto rivale nel ruolo di re;
  • liberarsi del doppio del non più “non più venerato”, il “non più Altro”: ed è questa la principale fonte di crisi dell’adolescenza, quando il padre scade, quando non è più all’altezza e altri ne prendono il posto di Altro, nello scorrimento e nel susseguirsi fisiologico delle identificazioni, nel percorso evolutivo del soggetto umano:  dall’infanzia alla maturità.
 
Il Fallo
in Amleto c’è un elemento cruciale che non è presente nell’Edipo freudiano ed è un’ulteriore minaccia rispetto a tutti gli altri già visti sopra e rappresentati da Claudio:
Claudio ha preso, come usurpatore, il posto nel cuore della madre:
ha occupato il posto
  • della X,
  • del Fallo,
  • del Desiderio della madre.
Amleto intuisce che il Desiderio della Madre per Claudio lo esclude dalla posizione che vorrebbe occupare lui, quella del Fallo[8], quella della X, intesa come variabile che nell’Edipo freudiano è assente.
 
Amleto si sente Fallito come Fallo
Amleto si percepisce fallito come Fallo, nella posizione simbolica per l’Altro materno.
Per Amleto, la madre si sdoppia in 2 funzioni: ed è sulla seconda funzione che Lacan mette l’accento:
  1. Prima  Funzione: il bambino ha un desiderio PER la madre: cioè la vuole possedere (e questo è Edipo);
  2. Seconda Funzione: quella non presente in Freud e introdotta da Lacan e che è “Il Desiderio Della Madre.
È questa preposizione articolata tirata fuori da Lacan, il “Della” ad essere il vero e il più importante gioco dialettico per la psiche:  quel gioco che si può tradurre da tradurre nelle domande ossessive e mai soddisfatte in pieno e che sono:
  • ”Tu, madre, cosa desideri?”
  • “Desideri me?”
  • “Qual è il posto che mi dai?”
  • “Dov’è che tu metti me?”  
  • “Qual è il tuo desiderio?”
  • “Sono io il fallo, quello cioè che alimenta il tuo desiderio?”
  • “È  lui ad occupare il posto della X o sono io?” 
  1. X incognita della matematica,
  2. ma grande incognita ed enigma mai risolto e più complicato di tutta la psicanalisi.[9] 
 
Questo è il grande progresso di Lacan col VI Seminario: quello di centrare  il problema dei problemi e cioè l’ingresso della X, quello che occupa il posto al quale tutti vorrebbero trovarsi.
 
CONSIDERAZIONI FINALI
 
  • Cosa protegge Claudio da Amleto?
  • Perché il desiderio di Amleto, di uccidere Claudio non lo fa agire?
Lo sdoppiamento del desiderio rispetto alla madre:
  1. se fosse il desiderio per la madre, ucciderebbe Claudio,
  2. ma il desiderio della madre porta Amleto , in certo qual modo a proteggere Claudio;
cioè vuol mantenere integro e possibile il desiderio della madre[10], perché Lacan presuppone che chi incarna l’oggetto del desiderio della madre può essere ampliato a una società, a una nazione.
 
P.S: In verità Amleto aveva avuto la possibilità di uccidere Claudio, ma  la remora fu quella per cui il suo atto avrebbe sortito, per Amleto, paradossalmente, l’esito di mandare Claudio in Paradiso, perché in quel mentre stava pregando;
mentre il padre, come gli dice il suo fantasma, era all’Inferno: ”Sono stato ucciso nel fiore dei miei peccati![11]
 
 

[2] Mi appare logico che Di Ciaccia intenda che, fermarsi all’esegesi dell’opera d’arte per  evidenziarne la singolarità dell’autore e quei fattori che ne hanno prodotto la biografia, sia riduttivo e poco produttivo, in quanto, come insegna Lacan,  non è la biografia che determina compiutamente l’opera, (anche se di essa rimane traccia), ma è l’opera d’arte che riscrive la biografia. È la logica del “futuro anteriore”, per cui il futuro non segue passivamente il passato: cioè la nostra vita psichica, il nostro inconscio non sono irreversibilmente determinati, ma è lo stesso futuro a rideterminare e risignificare il passato.
In definitiva, nessuna biografia, nessun inconscio  è scritto per sempre irrisovibilmente e nessun comportamento, nessun accadimento psichico si ripete necessariamente e tautologicamente in  automaton.
Ciò richiama all’immensa responsabilità del soggetto, anche per ciò che gli capita come destino. Il soggetto deve comunque saper cogliere, nell’incontro col reale, quei momenti, anche se pochi ed effimeri, di una scelta che lo liberi dall’automaton: tale scelta potrebbe, ad esempio, essere quella di andare in analisi, verso un incontro, cioè,  che lo possa  liberare dall’inesorabilità della coazione a ripetere, permettendo alla apparente scontata automaton, di tradursi  in  tyche.
A tal proposito, ritengo che si possa definire tyche, ogni  condizione nella quale il soggetto, di fronte a una possibilità  di scelta, se ce l’ha,  rinunci alla scorciatoia  del piacere, del godimento, del soddisfacimento immediato del bisogno e scelga quella  più faticosa del Desiderio e del differimento della pulsione.
 
[3] Freud nel discorso di ringraziamento per il Premio Goethe, letto dalla figlia Anna, definiva Goethe un "precursore" della psicoanalisi:
«Nella sua visione [Goethe] aveva riconosciuto molto di ciò che noi in seguito abbiamo potuto dimostrare, e molte concezioni che ci hanno  procurato critiche e disprezzo erano da lui considerate ovvie».
«Alleati preziosi sono i  poeti […]. Nella scienza dell'anima sono molto avanti  a noi uomini comuni, poiché attingono a fonti che noi non abbiamo ancora sfruttato per la scienza […].
 Il poeta è stato da sempre il precursore della scienza e quindi anche della psicologia scientifica».
 
[4] Oppure di dire contemporaneamente:” La odio e la amo”
[5] Ma sì, come titolo di un paragrafo può andare!
[6] Molto banalmente, sapere che fumare fa male, non ci porta automaticamente a smettere di fumare, come non ci dissuade nemmeno sapere che fumiamo perché da piccoli godevamo del seno  e del ciuccio.
Qui forse una riflessione potrebbe portare a considerare, dopo l’analisi, un successivo decondizionamento attraverso pratiche cognitivo – comportamentali: ma capisco che questa ipotesi farà inorridire gli analisti più ortodossi, anche se ritengo che “scansare” e “abiurare” altre prassi, per avere un approccio integrato al sintomo, sia uno sciocco e presuntuoso errore.
[7] Su ciò che afferma Di Ciaccia in questo passo e cioè che Amleto sappia cosa fare perché glielo ha detto il Padre,  ho posto dei punti interrogativi, perché, oltre a tutte le considerazioni già fatte sulle motivazioni dello stallo di Amleto, c’è in più  il messaggio del padre che si pone in maniera contraddittoria e paralizzante:
Infatti, “Devi uccidere Claudio”, seguito da “ma salvaguardare il desiderio della madre”, (cosa che implica  salvaguardare Claudio, perché è egli il desiderio della madre), è un messaggio che sostiene “A” e “Non A”: è un messaggio indecidibile, un  “Doppio legame” per dirla con  Bateson. E Di Ciaccia, chiarisce in seguito.
[8] Quel posto che, nel registro immaginario del soggetto umano, completa l’Altro.
[9] Mi permetto una autocitazione ed è quella riferita a un mio articolo, “La Parola Rubata”, nel quale, parto dallo scontato assunto per cui il complesso edipico e quello di intrusione, la quasi totalità delle volte, sono fondati su una percezione soggettiva,  che non ha riscontro nella realtà e che ha sede nel registro dell’Immaginario.
Perché nella realtà e cioè nel registro simbolico della madre i figli sono equanimemente Altri: cioè una madre ama allo stesso modo i propri figli.
Ma “l’infante che guarda con volto pallido e torvo il fratello di latte attaccato al senso della madre …” (S. Agostino) vedendo l’altro occupare il posto della X,  vede in lui chi lo ha detronizzato dalla posizione fallica, dallo statuto di Altro.
Cioè, mentre nel registro simbolico della madre coesistono tutti come Altri, i figli e, sperabilmente anche il marito, in una logica del Desiderio e dell’Amore nella quale nessuno esclude l’altro, ma che agisce, semmai, in un reciproco rafforzamento, nel registro immaginario del piccolo primogenito, egli si sente spossessato (complesso di intrusione) dal fratello infante, “attaccato al seno della madre”.
Egli non si sente più l’Altro della madre,  vedendo che il seno non gli appartiene più: un seno non assente e quindi “Cattivo”, ma un seno presente, ma preda dell’altro e quindi vissuto come oggetto  “Perverso”: un oggetto che lo sprofonda nell’angoscia, nella gelosia, nell’invidia. 
Premesso ciò, che nell’insieme è scontato, nell’articolo sostengo che l’Io si percepisce tale, solo ce si percepisce come Altro e cioè l’Altro dell’Altro: ma per il bambino piccolo, questa condizione ne presuppone un’altra e cioè quella di essere l’Unico: e se crolla come Unico, per la nascita del fratellino, crolla come Altro, crolla come Io. 
Cosa che accade ad Amleto, che, ritenendo di non essere più l’Altro della madre, o almeno dubitandone, fatica anche a  percepirsi  un Io: un soggetto, cioè, in grado di decidere; di decidersi a uscire dalla posizione di Stallo. In sostanza, in Amleto, si hanno: la percezione del fallimento come Fallo, la destituzione da Altro ad altro,  la paralisi dell’Io.
Il link de  “La parola rubata” è: http://www.psychiatryonline.it/node/6046
 
 
[10] Ma anche Desiderio del Padre, che lo “paralizza” con una richiesta, come visto, nella nota 6, paradossale.
[11] E qui è ancora il Padre, paradossalmente, a salvare Claudio e a mantenere il figlio in una situazione irrisolvibile.

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