Evidentemente la distanza tra le impostazioni lacaniane sulla cosiddetta psicopatologia da una parte, e quelle del DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th Edition) dall’altra, è enorme. Non ho mai incontrato un lacaniano che apprezzasse il DSM, e credo che chiunque applichi disciplinatamente il DSM-5 non abbia alcuna simpatia per il pensiero di Lacan. Eppure, nella misura in cui il DSM si basa, almeno in parte, sull’esperienza clinica, esso può fornire degli spunti anche ad altri tipi di clinica, inclusa quella lacaniana. Vorrei portare come esempio la sezione “Disforia di genere” del DSM[1], ovvero il suo approccio ai “trans”.
Il DSM nota una significativa differenza, rilevata statisticamente, tra chi entra precocemente (nell’infanzia) in una disforia di genere e chi vi entra più tardi, nell’adolescenza o nell’età adulta. Il DSM li situa sotto la stessa categoria, ma poi rileva importanti variazioni. Il nato maschio che vuole essere femmina sin dall’infanzia quasi sempre è attratto, una volta entrato nella pubertà, solo da maschi (androfilia) ma mai si auto-identificherà come gay. Analogamente, il nato femmina che vuole essere maschio sin dall’infanzia è attratto esclusivamente dalle donne (ginefilia) e mai si auto-identificherà come lesbica. Molto presto, sin dall’adolescenza, sia l’uno che l’altra cercheranno un intervento chirurgico od ormonale correttivo del proprio sesso biologico, e, una volta compiutolo, molto di rado si pentiranno di averlo fatto.
Alquanto diversa è la storia di chi diventa transgenere a partire dalla pubertà. Innanzitutto, la maggior parte dei transgeneri tardivi sono maschi, mentre la maggior parte dei transgeneri femmine lo sono sin dall’infanzia. E questa predominanza di maschi dovrebbe metterci la pulce all’orecchio: anche il travestitismo è una faccenda per lo più maschile. Per “travestiti” intendiamo dei soggetti che lo stesso DSM classifica come “parafilici”, ovvero nel campo delle perversioni.
Nella maggior parte dei casi di transgeneri maschi tardivi né il soggetto né i suoi genitori hanno memoria di questa disforicità nell’infanzia, insomma non esisteva all’epoca. Spesso questi transgeneri tardivi indulgono in classiche pratiche di travestimento, ovvero godono sessualmente nell’essere scambiati per donne, il che li avvicina molto ai travestiti parafilici. Inoltre essi indulgono a qualcosa che mai i transgeneri precoci praticano: l’autoginefilia. Ovvero hanno una forte eccitazione sessuale nell’immaginarsi donne o vestiti da donna, o nel guardarsi allo specchio vestiti da donna. Ma, cosa anche più notevole, questi transgeneri tardivi nati maschi, anche dopo aver cambiato chirurgicamente il proprio sesso, sono per lo più ginefili, sono attratti dalle donne o da altri transgeneri nati maschi come loro e divenuti donne, e come loro transgeneri solo all’adolescenza. Scrive il Manuale:
Una forte percentuale di maschi adulti con una disforia di genere tardiva coabitano o sono sposati con femmine alla nascita. Dopo la transizione di genere [cambiamento chirurgico di sesso], molti di loro si auto-identificano come lesbiche[2].
Insomma, è come se i transgeneri tardivi restassero nel fondo eterosessuali, anche se questa eterosessualità viene interpretata come omosessualità.
Ora, parrebbe che sotto l’ombrello “disforia di genere” il DSM metta assieme due strutture soggettive molto diverse – “strutture soggettive” come le si intende nella psicoanalisi lacaniana. Sembrerebbe che i veri transgeneri siano quelli che lo sono sin dall’infanzia, mentre quelli che lo diventano nell’adolescenza siano a metà strada tra transgeneri e parafilici. Insomma, i transgeneri tardivi sarebbero una sorta di travestiti. Io propongo di chiamarli, per distinguerli, Transgeneri Immaginari, anche quando cambiano chirurgicamente sesso. Riserverei a loro il termine “disforici di genere”, ma abbiamo visto che il DSM-5 lo riserva anche agli altri. Mentre ridarei ai transgeneri precoci (veri) il nome che meglio li descrive: transessuali. Anche quando non cambiano anatomicamente il proprio sesso.
Ho detto che il DSM-5 separa nettamente – e giustamente – la Disforia di Genere dal Disordine Transvestico[3], catalogato questo tra le parafilie, alias perversioni. Il travestito, quasi sempre un uomo, non rinnega il proprio sesso e quasi sempre ha una vita sessuale ginefila; magari è sposato e ha figli. Alcuni travestiti possono avere rapporti sessuali con uomini, ma solo quando sono in abiti femminili (e sappiamo che, di solito, il travestito che si prostituisce tende a svolgere nel rapporto sessuale il ruolo maschile attivo, dato che questo di solito gli viene richiesto dal cliente). Ma il travestito prova un’eccitazione sessuale intensa quando – talvolta solo quando – è vestito da donna.
Il film Une nouvelle amie (Una nuova amica)[4] di François Ozon ci disegna una figura di travestito parafilico in maniera psichiatricamente impeccabile. David è un vedovo che, con la complicità di un’amica, gode nel vestirsi da donna e nell’essere preso per tale. Ma non è attratto sessualmente dagli uomini. In un cinema, ad esempio, un uomo gli si siede accanto e nel buio gli accarezza sensualmente le gambe; David ne trae un evidente piacere, fino al punto che la sua amica gli impone di uscire dal cinema. Ma David precisa che lui non era attratto affatto da quell’uomo, godeva solo nell’essere preso per una donna e trattato come tale. Il travestito non ricambia il desiderio erotico dell’uomo nei suoi confronti, il suo piacere consiste solo nel suscitare il desiderio erotico di un uomo nei suoi confronti.
Ora, Il DSM-5, pur mettendo il travestito e il transgenere in due sezioni del tutto diverse, sembra però anche avanzare l’idea che il travestitismo possa essere, in alcuni casi, la prima tappa di una evoluzione verso la Disforia di Genere; è quando non si tratta di vestirsi da donna di tanto in tanto, ma di voler essere sempre vestiti da donna. Come abbiamo visto, però, questa evoluzione del travestitismo verso la Disforia di Genere accade solo quando quest’ultima sboccia con l’adolescenza, quando fa corpo insomma con l’inizio della maturazione sessuale. Quando insomma si tratta di Transgenere Immaginario.
Un uso del modello descrittivo freudiano avrebbe permesso al DSM un discrimine tra queste soggettività molto più accurato. La psicoanalisi propone in effetti alcune importanti distinzioni.
(A)Distingue la “libido oggettuale” – il desiderio erotico per un oggetto esterno a un soggetto – da qualcosa di apparentemente paradossale che Freud chiama “libido dell’Io”. Libido dell’Io significa non che l’Io in toto, ma piuttosto la sua immagine, diventa oggetto di attrazione sessuale. E’ quel che accade nel narcisismo sessuale: il soggetto gode sessualmente della propria stessa immagine. Ma il DSM-5 ha escluso il narcisismo dalle Parafilie (parla solo di Disordine di Personalità Narcisistica) anche se narcisismo è nato come termine sessuologico[5]. Eppure poi il DSM parla di autoginefilia (ne abbiamo detto più sopra) che è evidentemente una forma di narcisismo sessuale.
L’autoginefilia è uno spazio in cui libido dell’Io e libido oggettuale si intersecano: l’oggetto sessuale del travestito o del transgenere immaginario è femminile (appartiene all’altro sesso), ma il soggetto ha un surplus di godimento sessuale in quanto l’oggetto “etero” eccitante è l’immagine femminile del proprio stesso corpo. Diventa allora qui operativo un altro concetto analitico:
(B) E’ il concetto di Io ideale – che Jacques Lacan ha distinto dall’Ideale dell’Io[6]. Io ideale significa l’immagine ideale speculare di sé che ciascuno di noi ha. Nel travestito o nell’autoginefilico (“transgenere immaginario”) mi pare evidente che l’Io ideale abbia forma femminile, ma questo Io ideale è anche oggetto di eccitazione erotica. Chi ha il genere rovesciato desidera sessualmente la donna perché la forma femminile resta la propria forma ideale; solo che egli gode non solo di un oggetto di forma femminile, gode anche di sé in quanto partecipa di questa forma femminile ideale. E’ come se egli facesse l’amore con due donne allo stesso tempo: con una donna dalle forme femminili idealizzate, e con se stesso in quanto “formattato” dal proprio ideale femminile. Da qui il suo dichiararsi lesbica.
Nel caso del transgenere vero, quello che lo è sin dalla prima infanzia – e che ho proposto di chiamare Transessuale – la struttura mi pare del tutto diversa. Se è nato maschio, egli si sente femmina non perché la femminilità sia il suo Io ideale, anzi, il suo ideale oggettuale (il tipo di persona che desidera eroticamente) è il maschio. Ma è femminile il suo Ideale dell’Io, direbbe Lacan, diverso dall’Io ideale. Ovvero, egli ci tiene a occupare il posto simbolico “femmina”, non diversamente da uno che ci tenesse a occupare a ogni costo il posto “presidente della repubblica”, mettiamo. Diciamo che la presidenza della Repubblica per lui è l’Ideale dell’Io, ma il suo Io ideale sarà magari fare il presidente, più che esserlo. Questo Transessuale non accetta che la sua maschilità anatomica smentisca la sua femminilità simbolica (“la mia anima femminile imprigionata in un corpo maschie”). Egli non si eccita sessualmente per il suo fare la donna o apparire donna, è l’uomo piuttosto a eccitarl(o), dato che lui soggetto è donna. Non si eccita per il suo essere o sembrare donna, si eccita da donna, non diversamente da una donna del tutto normale[7]. Il suo Io ideale non è quindi oggetto libidico, ma si incolla al suo Ideale dell’Io. Il suo Io ideale è desessualizzato, mentre è sessualizzata l’idealità oggettuale maschile.
Sulla base di queste considerazioni (che solo delle categorie psicoanalitiche, per ora, permettono di rendere perspicue), quella che il DSM-5 chiama Disforia di Genere dovrebbe essere distinta in due sindromi distinte, a loro volta connesse – per permutazioni – alla perversione travestitica.
Quello che chiameremo polo corrisponde alle tre grandi strutture isolate dalla psicoanalisi, in particolare lacaniana, e che vengono designate da tre gruppi soggettivi più che psicopatologici: psicosi, nevrosi, perversione. Possiamo dire che mentre psicosi e nevrosi sono una “perdita della realtà”[8], la perversione è piuttosto un “diniego della realtà”[9].
Teniamo comunque a precisare che quando usiamo qui termini come “psicotico”, “nevrotico” o “perverso”, non gli diamo la qualità patologica che di solito hanno (ragion per cui forse la psicoanalisi farebbe bene a trovare termini meno compromessi con la qualificazione patologica). In effetti si tratta di strutture soggettive che non necessariamente portano a disturbi clinicamente evidenti. Il “polo psicotico” di cui parliamo qui può interessare soggetti che mai nella loro vita presenteranno sintomi specificamente psicotici; e così vale per il polo nevrotico e quello perverso.
Prendiamo il caso del soggetto nato maschio. Avremmo queste coordinate (dove F sta per Femminile o Femmina):
NATO MASCHIO
Polo psicotico Polo nevrotico Polo perverso
“Transessuale” “Transgenere immaginario” “Travestito” Nome proposto
Prima infanzia Adolescenza, età Adolescenza, età Esordio
adulta adulta
uomo / fallo forma F sguardo dell’altro uomo Oggetto sessuale
Ideale dell’Io: esser F Io ideale: forma F essere ideale F dell’altro Ideale
Oggettuale Narcisistica Trasgressiva Libido
Donna androfila Maschio ginefilo Attore (che si traveste) Identificazione a
Lo riceve Ne manca Ne simula la mancanza Fallo
Essere (donna) Fare (la donna) Apparire (donna) Intenzionalità
Nella psicosi la perdita della realtà più caratteristica è il delirio: considero reali cose che non lo sono. Nel caso da noi considerato, che abbiamo chiamato Transessualismo: “sono convinto di essere donna, anche se nella realtà sono maschio”. Non vogliamo dire qui che il Transessuale sia un delirante: diciamo che il suo rapporto al proprio corpo è analogo a quello che ha un delirante.
Nella nevrosi la perdita della realtà avviene per una prevalenza della dimensione immaginaria nella vita reale. Nel caso che abbiamo chiamato “Transgenere Immaginario”: “so che nella realtà sono un maschio eterosessuale, ma il mio desiderio di essere donna prevale. Sono quel che desidero essere, non desidero affatto essere quel che sono”. Come si vede, c’è una distonia tra il desiderare e l’essere, una contraddizione che sappiamo specifica delle nevrosi.
Nella perversione predomina invece un diniego finzionale, fittizio, della realtà, non l’esclusione della realtà. Nel caso del travestitismo, qualcuno che è e si sente uomo si presenta come donna, appare ad altri come donna, e gode di questa svista.
Per la psicoanalisi, per determinare una posizione sessuale occorre chiarire in che posto sono almeno cinque elementi: l’oggetto di attrazione erotica, il suo rapporto all’ideale, ciò o chi a cui il soggetto si identifica, il tipo di libido in gioco, e la sua posizione rispetto al fallo. Nella lista ho aggiunto la rubrica “Intenzionalità”, termine col quale intendo un rapporto fondamentale del soggetto all’essere, al fare e all’apparire.
Per quel che riguarda l’Oggetto sessuale, non è lo stesso nel Transessuale, nel Transgenere Immaginario, e nel Travestito.
Il Transessuale (polo psicotico) è convinto di essere una donna eterosessuale, quindi l’uomo – e il fallo di cui è portatore – è, senza dubbi e incertezze, il suo oggetto di desiderio sessuale. Il suo rapporto al Fallo è quindi quello di una donna come le altre: desidera ricevere il fallo.
Il Transgenere Immaginario (polo nevrotico) è eccitato dalla forma femminile del corpo sia in lui stesso che nella sua partner; questa forma implica la mancanza di fallo sia in se stesso che nella partner.
Il Travestito (polo perverso) è eccitato piuttosto dallo sguardo dell’altro, che non lo guarda come portatore di fallo ma come essere senza fallo.
Quanto alla Identificazione, è evidente che il Transessuale si identifica alla Donna eterosessuale (D maiuscola) androfila; il suo oggetto di attrazione è perciò l’uomo, portatore di fallo. Ciò che la distingue da una donna normale è soltanto la sua realtà biologica maschile, che viene cancellata (spesso anche fisicamente) dalla prevalenza del suo Ideale dell’Io: essere donna.
Il Transgenere immaginario, personalità strutturalmente nevrotica (anche quando non lamenta sintomi nevrotici), si identifica invece al maschio eterosessuale, ginefilo; ma il suo oggetto di attrazione è la forma femminile, ammirata sia in se stesso che nell’altro. Ciò che lo distingue da un maschio normale è il suo Io Ideale, che è la forma femminile. Mentre per il maschio normale la forma femminile, anche se è idealizzata, è oggetto erotico.
Il Travestito, essendo un perverso, non si identifica alla Donna né al maschio, ma a un attore mascherato. Si ricordi che gli attori antichi – greci, romani, elisabettiani – che recitavano le parti femminili, camuffandosi da donna, erano gli attori più apprezzati. Quindi, oggetto erotico del travestito è lo sguardo del pubblico, ovvero il fatto che gli altri lo vedano donna o credano che sia donna. In questo caso dobbiamo quindi ipotizzare una libido diversa sia da quella oggettuale (che investe un oggetto esterno), sia da quella narcisistica (che investe l’immagine dell’io stesso): propongo il termine libido trasgressiva. Intendo con questo termine, da me inventato, il fatto che il soggetto venga eccitato da qualcosa che non si deve fare, che è proibito fare: trasgredire questa norma è di per sé un piacere. Nel caso del travestitismo, l’apparire donna è trasgressione perché la norma sociale comune è che quando si è fisiologicamente uomini bisogna vestirsi e comportarsi da uomini[10]. Il godimento è tutto nell’apparire.
Abbiamo anche visto le diverse posizioni rispetto al fallo, che riassumiamo. Il Transessuale mira a ricevere il fallo. Mentre l’uomo eterosessuale normale cerca il fallo dandolo alla donna, il Transgenere Immaginario gode della mancanza del fallo, che non interviene nel gioco; pratica insomma una sessualità a-fallica. Quanto al travestito, egli gode del fatto che ha un fallo ma lo dissimula: essere percepito dagli altri come un essere senza fallo è esattamente quel che lui desidera ottenere e di cui gode.
Come si vede, l’impostazione psicoanalitica descrive tre strutture soggettive diverse là dove il DSM ne descrive solo due. Ma ne vede due non perché il DSM sia davvero ateorico come pretende di essere. In realtà il DSM-5 segue una teoria implicita: che quel che conta, ogni volta che qualcuno abbia problemi con il proprio “genere”, è l’incongruenza tra il sesso fisiologico (anche se lo chiama “genere assegnato”) e il genere che il soggetto pretende essere veramente il proprio. Il disordine sarebbe tutto in questa incongruenza, il che è evidentemente una scelta teorica come altre. Laddove invece quel che appare determinante in psicoanalisi è qualcosa che vediamo in tutte e tre le posizioni (psicotica, nevrotica, perversa): il modo di godere sessuale. Questi modi di godere implicano tutti una sconnessione dal proprio sesso anatomico, ma a livelli diversi.
Diciamo che per tutti e tre c’è una sconnessione con il dato del proprio sesso fisico, maschile o femminile. Solo che mentre per quello che abbiamo chiamato Transessuale il dato è sconnesso dall’essere (donna), per il Transgenere Immaginario è sconnesso dal fare (la donna), mentre per il Travestito è sconnesso dall’apparire (donna). Stessa cosa, ovviamente, nel caso che invece il soggetto sia “assegnato” come femmina alla nascita.
Il DSM nota una significativa differenza, rilevata statisticamente, tra chi entra precocemente (nell’infanzia) in una disforia di genere e chi vi entra più tardi, nell’adolescenza o nell’età adulta. Il DSM li situa sotto la stessa categoria, ma poi rileva importanti variazioni. Il nato maschio che vuole essere femmina sin dall’infanzia quasi sempre è attratto, una volta entrato nella pubertà, solo da maschi (androfilia) ma mai si auto-identificherà come gay. Analogamente, il nato femmina che vuole essere maschio sin dall’infanzia è attratto esclusivamente dalle donne (ginefilia) e mai si auto-identificherà come lesbica. Molto presto, sin dall’adolescenza, sia l’uno che l’altra cercheranno un intervento chirurgico od ormonale correttivo del proprio sesso biologico, e, una volta compiutolo, molto di rado si pentiranno di averlo fatto.
Alquanto diversa è la storia di chi diventa transgenere a partire dalla pubertà. Innanzitutto, la maggior parte dei transgeneri tardivi sono maschi, mentre la maggior parte dei transgeneri femmine lo sono sin dall’infanzia. E questa predominanza di maschi dovrebbe metterci la pulce all’orecchio: anche il travestitismo è una faccenda per lo più maschile. Per “travestiti” intendiamo dei soggetti che lo stesso DSM classifica come “parafilici”, ovvero nel campo delle perversioni.
Nella maggior parte dei casi di transgeneri maschi tardivi né il soggetto né i suoi genitori hanno memoria di questa disforicità nell’infanzia, insomma non esisteva all’epoca. Spesso questi transgeneri tardivi indulgono in classiche pratiche di travestimento, ovvero godono sessualmente nell’essere scambiati per donne, il che li avvicina molto ai travestiti parafilici. Inoltre essi indulgono a qualcosa che mai i transgeneri precoci praticano: l’autoginefilia. Ovvero hanno una forte eccitazione sessuale nell’immaginarsi donne o vestiti da donna, o nel guardarsi allo specchio vestiti da donna. Ma, cosa anche più notevole, questi transgeneri tardivi nati maschi, anche dopo aver cambiato chirurgicamente il proprio sesso, sono per lo più ginefili, sono attratti dalle donne o da altri transgeneri nati maschi come loro e divenuti donne, e come loro transgeneri solo all’adolescenza. Scrive il Manuale:
Una forte percentuale di maschi adulti con una disforia di genere tardiva coabitano o sono sposati con femmine alla nascita. Dopo la transizione di genere [cambiamento chirurgico di sesso], molti di loro si auto-identificano come lesbiche[2].
Insomma, è come se i transgeneri tardivi restassero nel fondo eterosessuali, anche se questa eterosessualità viene interpretata come omosessualità.
Ora, parrebbe che sotto l’ombrello “disforia di genere” il DSM metta assieme due strutture soggettive molto diverse – “strutture soggettive” come le si intende nella psicoanalisi lacaniana. Sembrerebbe che i veri transgeneri siano quelli che lo sono sin dall’infanzia, mentre quelli che lo diventano nell’adolescenza siano a metà strada tra transgeneri e parafilici. Insomma, i transgeneri tardivi sarebbero una sorta di travestiti. Io propongo di chiamarli, per distinguerli, Transgeneri Immaginari, anche quando cambiano chirurgicamente sesso. Riserverei a loro il termine “disforici di genere”, ma abbiamo visto che il DSM-5 lo riserva anche agli altri. Mentre ridarei ai transgeneri precoci (veri) il nome che meglio li descrive: transessuali. Anche quando non cambiano anatomicamente il proprio sesso.
Ho detto che il DSM-5 separa nettamente – e giustamente – la Disforia di Genere dal Disordine Transvestico[3], catalogato questo tra le parafilie, alias perversioni. Il travestito, quasi sempre un uomo, non rinnega il proprio sesso e quasi sempre ha una vita sessuale ginefila; magari è sposato e ha figli. Alcuni travestiti possono avere rapporti sessuali con uomini, ma solo quando sono in abiti femminili (e sappiamo che, di solito, il travestito che si prostituisce tende a svolgere nel rapporto sessuale il ruolo maschile attivo, dato che questo di solito gli viene richiesto dal cliente). Ma il travestito prova un’eccitazione sessuale intensa quando – talvolta solo quando – è vestito da donna.
Il film Une nouvelle amie (Una nuova amica)[4] di François Ozon ci disegna una figura di travestito parafilico in maniera psichiatricamente impeccabile. David è un vedovo che, con la complicità di un’amica, gode nel vestirsi da donna e nell’essere preso per tale. Ma non è attratto sessualmente dagli uomini. In un cinema, ad esempio, un uomo gli si siede accanto e nel buio gli accarezza sensualmente le gambe; David ne trae un evidente piacere, fino al punto che la sua amica gli impone di uscire dal cinema. Ma David precisa che lui non era attratto affatto da quell’uomo, godeva solo nell’essere preso per una donna e trattato come tale. Il travestito non ricambia il desiderio erotico dell’uomo nei suoi confronti, il suo piacere consiste solo nel suscitare il desiderio erotico di un uomo nei suoi confronti.
Ora, Il DSM-5, pur mettendo il travestito e il transgenere in due sezioni del tutto diverse, sembra però anche avanzare l’idea che il travestitismo possa essere, in alcuni casi, la prima tappa di una evoluzione verso la Disforia di Genere; è quando non si tratta di vestirsi da donna di tanto in tanto, ma di voler essere sempre vestiti da donna. Come abbiamo visto, però, questa evoluzione del travestitismo verso la Disforia di Genere accade solo quando quest’ultima sboccia con l’adolescenza, quando fa corpo insomma con l’inizio della maturazione sessuale. Quando insomma si tratta di Transgenere Immaginario.
Un uso del modello descrittivo freudiano avrebbe permesso al DSM un discrimine tra queste soggettività molto più accurato. La psicoanalisi propone in effetti alcune importanti distinzioni.
(A)Distingue la “libido oggettuale” – il desiderio erotico per un oggetto esterno a un soggetto – da qualcosa di apparentemente paradossale che Freud chiama “libido dell’Io”. Libido dell’Io significa non che l’Io in toto, ma piuttosto la sua immagine, diventa oggetto di attrazione sessuale. E’ quel che accade nel narcisismo sessuale: il soggetto gode sessualmente della propria stessa immagine. Ma il DSM-5 ha escluso il narcisismo dalle Parafilie (parla solo di Disordine di Personalità Narcisistica) anche se narcisismo è nato come termine sessuologico[5]. Eppure poi il DSM parla di autoginefilia (ne abbiamo detto più sopra) che è evidentemente una forma di narcisismo sessuale.
L’autoginefilia è uno spazio in cui libido dell’Io e libido oggettuale si intersecano: l’oggetto sessuale del travestito o del transgenere immaginario è femminile (appartiene all’altro sesso), ma il soggetto ha un surplus di godimento sessuale in quanto l’oggetto “etero” eccitante è l’immagine femminile del proprio stesso corpo. Diventa allora qui operativo un altro concetto analitico:
(B) E’ il concetto di Io ideale – che Jacques Lacan ha distinto dall’Ideale dell’Io[6]. Io ideale significa l’immagine ideale speculare di sé che ciascuno di noi ha. Nel travestito o nell’autoginefilico (“transgenere immaginario”) mi pare evidente che l’Io ideale abbia forma femminile, ma questo Io ideale è anche oggetto di eccitazione erotica. Chi ha il genere rovesciato desidera sessualmente la donna perché la forma femminile resta la propria forma ideale; solo che egli gode non solo di un oggetto di forma femminile, gode anche di sé in quanto partecipa di questa forma femminile ideale. E’ come se egli facesse l’amore con due donne allo stesso tempo: con una donna dalle forme femminili idealizzate, e con se stesso in quanto “formattato” dal proprio ideale femminile. Da qui il suo dichiararsi lesbica.
Nel caso del transgenere vero, quello che lo è sin dalla prima infanzia – e che ho proposto di chiamare Transessuale – la struttura mi pare del tutto diversa. Se è nato maschio, egli si sente femmina non perché la femminilità sia il suo Io ideale, anzi, il suo ideale oggettuale (il tipo di persona che desidera eroticamente) è il maschio. Ma è femminile il suo Ideale dell’Io, direbbe Lacan, diverso dall’Io ideale. Ovvero, egli ci tiene a occupare il posto simbolico “femmina”, non diversamente da uno che ci tenesse a occupare a ogni costo il posto “presidente della repubblica”, mettiamo. Diciamo che la presidenza della Repubblica per lui è l’Ideale dell’Io, ma il suo Io ideale sarà magari fare il presidente, più che esserlo. Questo Transessuale non accetta che la sua maschilità anatomica smentisca la sua femminilità simbolica (“la mia anima femminile imprigionata in un corpo maschie”). Egli non si eccita sessualmente per il suo fare la donna o apparire donna, è l’uomo piuttosto a eccitarl(o), dato che lui soggetto è donna. Non si eccita per il suo essere o sembrare donna, si eccita da donna, non diversamente da una donna del tutto normale[7]. Il suo Io ideale non è quindi oggetto libidico, ma si incolla al suo Ideale dell’Io. Il suo Io ideale è desessualizzato, mentre è sessualizzata l’idealità oggettuale maschile.
Sulla base di queste considerazioni (che solo delle categorie psicoanalitiche, per ora, permettono di rendere perspicue), quella che il DSM-5 chiama Disforia di Genere dovrebbe essere distinta in due sindromi distinte, a loro volta connesse – per permutazioni – alla perversione travestitica.
Quello che chiameremo polo corrisponde alle tre grandi strutture isolate dalla psicoanalisi, in particolare lacaniana, e che vengono designate da tre gruppi soggettivi più che psicopatologici: psicosi, nevrosi, perversione. Possiamo dire che mentre psicosi e nevrosi sono una “perdita della realtà”[8], la perversione è piuttosto un “diniego della realtà”[9].
Teniamo comunque a precisare che quando usiamo qui termini come “psicotico”, “nevrotico” o “perverso”, non gli diamo la qualità patologica che di solito hanno (ragion per cui forse la psicoanalisi farebbe bene a trovare termini meno compromessi con la qualificazione patologica). In effetti si tratta di strutture soggettive che non necessariamente portano a disturbi clinicamente evidenti. Il “polo psicotico” di cui parliamo qui può interessare soggetti che mai nella loro vita presenteranno sintomi specificamente psicotici; e così vale per il polo nevrotico e quello perverso.
Prendiamo il caso del soggetto nato maschio. Avremmo queste coordinate (dove F sta per Femminile o Femmina):
NATO MASCHIO
Polo psicotico Polo nevrotico Polo perverso
“Transessuale” “Transgenere immaginario” “Travestito” Nome proposto
Prima infanzia Adolescenza, età Adolescenza, età Esordio
adulta adulta
uomo / fallo forma F sguardo dell’altro uomo Oggetto sessuale
Ideale dell’Io: esser F Io ideale: forma F essere ideale F dell’altro Ideale
Oggettuale Narcisistica Trasgressiva Libido
Donna androfila Maschio ginefilo Attore (che si traveste) Identificazione a
Lo riceve Ne manca Ne simula la mancanza Fallo
Essere (donna) Fare (la donna) Apparire (donna) Intenzionalità
Nella psicosi la perdita della realtà più caratteristica è il delirio: considero reali cose che non lo sono. Nel caso da noi considerato, che abbiamo chiamato Transessualismo: “sono convinto di essere donna, anche se nella realtà sono maschio”. Non vogliamo dire qui che il Transessuale sia un delirante: diciamo che il suo rapporto al proprio corpo è analogo a quello che ha un delirante.
Nella nevrosi la perdita della realtà avviene per una prevalenza della dimensione immaginaria nella vita reale. Nel caso che abbiamo chiamato “Transgenere Immaginario”: “so che nella realtà sono un maschio eterosessuale, ma il mio desiderio di essere donna prevale. Sono quel che desidero essere, non desidero affatto essere quel che sono”. Come si vede, c’è una distonia tra il desiderare e l’essere, una contraddizione che sappiamo specifica delle nevrosi.
Nella perversione predomina invece un diniego finzionale, fittizio, della realtà, non l’esclusione della realtà. Nel caso del travestitismo, qualcuno che è e si sente uomo si presenta come donna, appare ad altri come donna, e gode di questa svista.
Per la psicoanalisi, per determinare una posizione sessuale occorre chiarire in che posto sono almeno cinque elementi: l’oggetto di attrazione erotica, il suo rapporto all’ideale, ciò o chi a cui il soggetto si identifica, il tipo di libido in gioco, e la sua posizione rispetto al fallo. Nella lista ho aggiunto la rubrica “Intenzionalità”, termine col quale intendo un rapporto fondamentale del soggetto all’essere, al fare e all’apparire.
Per quel che riguarda l’Oggetto sessuale, non è lo stesso nel Transessuale, nel Transgenere Immaginario, e nel Travestito.
Il Transessuale (polo psicotico) è convinto di essere una donna eterosessuale, quindi l’uomo – e il fallo di cui è portatore – è, senza dubbi e incertezze, il suo oggetto di desiderio sessuale. Il suo rapporto al Fallo è quindi quello di una donna come le altre: desidera ricevere il fallo.
Il Transgenere Immaginario (polo nevrotico) è eccitato dalla forma femminile del corpo sia in lui stesso che nella sua partner; questa forma implica la mancanza di fallo sia in se stesso che nella partner.
Il Travestito (polo perverso) è eccitato piuttosto dallo sguardo dell’altro, che non lo guarda come portatore di fallo ma come essere senza fallo.
Quanto alla Identificazione, è evidente che il Transessuale si identifica alla Donna eterosessuale (D maiuscola) androfila; il suo oggetto di attrazione è perciò l’uomo, portatore di fallo. Ciò che la distingue da una donna normale è soltanto la sua realtà biologica maschile, che viene cancellata (spesso anche fisicamente) dalla prevalenza del suo Ideale dell’Io: essere donna.
Il Transgenere immaginario, personalità strutturalmente nevrotica (anche quando non lamenta sintomi nevrotici), si identifica invece al maschio eterosessuale, ginefilo; ma il suo oggetto di attrazione è la forma femminile, ammirata sia in se stesso che nell’altro. Ciò che lo distingue da un maschio normale è il suo Io Ideale, che è la forma femminile. Mentre per il maschio normale la forma femminile, anche se è idealizzata, è oggetto erotico.
Il Travestito, essendo un perverso, non si identifica alla Donna né al maschio, ma a un attore mascherato. Si ricordi che gli attori antichi – greci, romani, elisabettiani – che recitavano le parti femminili, camuffandosi da donna, erano gli attori più apprezzati. Quindi, oggetto erotico del travestito è lo sguardo del pubblico, ovvero il fatto che gli altri lo vedano donna o credano che sia donna. In questo caso dobbiamo quindi ipotizzare una libido diversa sia da quella oggettuale (che investe un oggetto esterno), sia da quella narcisistica (che investe l’immagine dell’io stesso): propongo il termine libido trasgressiva. Intendo con questo termine, da me inventato, il fatto che il soggetto venga eccitato da qualcosa che non si deve fare, che è proibito fare: trasgredire questa norma è di per sé un piacere. Nel caso del travestitismo, l’apparire donna è trasgressione perché la norma sociale comune è che quando si è fisiologicamente uomini bisogna vestirsi e comportarsi da uomini[10]. Il godimento è tutto nell’apparire.
Abbiamo anche visto le diverse posizioni rispetto al fallo, che riassumiamo. Il Transessuale mira a ricevere il fallo. Mentre l’uomo eterosessuale normale cerca il fallo dandolo alla donna, il Transgenere Immaginario gode della mancanza del fallo, che non interviene nel gioco; pratica insomma una sessualità a-fallica. Quanto al travestito, egli gode del fatto che ha un fallo ma lo dissimula: essere percepito dagli altri come un essere senza fallo è esattamente quel che lui desidera ottenere e di cui gode.
Come si vede, l’impostazione psicoanalitica descrive tre strutture soggettive diverse là dove il DSM ne descrive solo due. Ma ne vede due non perché il DSM sia davvero ateorico come pretende di essere. In realtà il DSM-5 segue una teoria implicita: che quel che conta, ogni volta che qualcuno abbia problemi con il proprio “genere”, è l’incongruenza tra il sesso fisiologico (anche se lo chiama “genere assegnato”) e il genere che il soggetto pretende essere veramente il proprio. Il disordine sarebbe tutto in questa incongruenza, il che è evidentemente una scelta teorica come altre. Laddove invece quel che appare determinante in psicoanalisi è qualcosa che vediamo in tutte e tre le posizioni (psicotica, nevrotica, perversa): il modo di godere sessuale. Questi modi di godere implicano tutti una sconnessione dal proprio sesso anatomico, ma a livelli diversi.
Diciamo che per tutti e tre c’è una sconnessione con il dato del proprio sesso fisico, maschile o femminile. Solo che mentre per quello che abbiamo chiamato Transessuale il dato è sconnesso dall’essere (donna), per il Transgenere Immaginario è sconnesso dal fare (la donna), mentre per il Travestito è sconnesso dall’apparire (donna). Stessa cosa, ovviamente, nel caso che invece il soggetto sia “assegnato” come femmina alla nascita.
[1] “Gender Dysphoria”, American Psychiatric Association, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th Edition (Washington DC-London: American Psychiatric Association, 2013).
[2] DSM-5, cit., p. 456. Mia traduzione.
[3] DSM-5, cit., pp. 702-4.
[4] Tratto dal romanzo The New Girlfriend di Ruth Rendell, 1985.
[5] Sigmund Freud riprese il termine da due sessuologi: da Havelock Ellis (Studies in the Psychology of Sex, vol. 1, 1897) che parlò di “narcissus-like” a proposito della masturbazione eccessiva; e da Paul Näcke (“Kritisches zum Kapitel der normalen und pathologischen Sexualität”, Archiv für Psychiatrie, Berlin, 32, 1899, 356–386), il primo a usare il termine "narcisismo" come perversione sessuale.
[6] Cfr. Lacan, Le Séminaire, livre I. Les écrits techniques de Freud (Paris: Seuil, 1975), ch. XI, pp. 149-164..
[7] Questo non toglie che molto spesso uomini e donne – anche senza alcun problema di cambiamento di genere – si auto-erotizzino, godano nel vedere o “sentire” le proprie forme maschili o femminili. Ma questa attrazione narcisistica per il proprio corpo sessuato non va confusa con l’eccitazione marcatamente erotica dell’autoginefilia o dell’autoandrofilia, dove l’attrazione per le proprie forme assume una qualità decisamente sessuale (se questo accade, il soggetto è già su una strada che dovrebbe portarlo o portarla all’omosessualità).
[8] S Freud, “Perdita della realtà nella nevrosi e nella psicosi”, 1924, OSF, 10, 39-43; GW, 13, 363-368.
[9] E’ questa la tesi sviluppata da Freud (“Feticismo”, 1927, OSF, 10, 491-497; GW, 14, 309-318) per spiegare il feticismo: questo deriverebbe da una sorta di sconfessione o diniego della realtà, in questo caso, del fatto che le femmine non hanno un pene. La realtà è cognitivamente accettata, ma eroticamente denegata.
[10] Ricordo che Giovanna D’Arco venne condannata al rogo per un solo reato preciso: l’essersi vestita da uomo. Nel Medio Evo il travestimento era un crimine grave punito con la morte.
A parte le considerazioni
A parte le considerazioni iniziali che nascono da uno studio scientifico sul rapporto tra orientamento sessuale e identità di genere a seconda dell’età in cui si dice di essere del sesso opposto lei fa un pasticcio terribile su tutto…
Il genere ha 5 assi
1) ruolo di genere, come mi vesto che lavoro faccio…
2) comportamento di genere, virile-effeminato, femminile-virago (per cui l’evidenza della Disforia non è sempre tale e si può nascondere)
3) identità di genere, il mio corpo mi piace, lo cambio in parte, cambio anche i genitali (e solo una minoranza delle persone trans cambia i genitali)
4) orientamento sessuale (per cui le persone transessuali eterosessuali possono nascondersi o negarsi più a lungo e soprattutto esistono quelle bisessuali e pansessuali)
5) il sesso alla nascita, maschio femmina intersessualile (non è inerente la discussione)
LE trans MtF
I trans FtM
Lei ha fatto un bel pasticcio per dimostrare ancora una volta che le persone Lgbt sono almeno in parte malate di mente?
Buon Appetito!