Ciak, si gira. Motore!
Non ci sarà nessun von Ashemback da trasportare al Lido, in questo anno primo della pandemia globale; ma dopotutto mancheranno anche mostri sacri, improbabili starlette, web influencer e re per una notte.
Chi calpesterà il red carpet fingerà di salutare pubblico e fan inesistenti, tenuti alla larga da barriere e protezioni in plexiglas.
Ma d'altra parte il cinema è questo: finzione.
Tra poche ore comincia la 77 edizione della Mostra Internazionale del Cinema, la prima rassegna festivaliera dopo il covid.
Se Cannes ha dovuto arrendersi ancora prima di partire e Locarno accontentarsi di un'edizione ibrida, fatta più in streaming che in sala, Venezia – persa già la Biennale di Architettura, rinviata all'anno prossimo o a chissà quando- ha preteso ad ogni costo di non rinunciare al proprio appuntamento settembrino.
È lecito dubitare che più della settima arte abbia potuto l'ubriacatura post lock down della ripartenza e i materialissimi conti del turismo lagunare.
Pertanto festival sia; anche se per forza in tono minore.
Nessun blockbuster (e questo non è affatto un male), ma pure troppo cinema nostrano (e questo è già un pó peggio); tante rassegne sacrificate (quella sui film restaurati, per esempio) e troppi film interrotti in produzione o rallentati in distribuzione per non condizionare il cartellone. Ma soprattutto troppe cinematografia assenti o sottorappresentate; quella africana senz'altro, ma per paradosso pure la nord americana.
Se negli ultimi cinque anni la Mostra aveva aperto i battenti con pellicole quali Birdman, La la land, La forma dell'acqua, Roma o Jocker, quest'anno per l'ouverture si accontenta di Lacci. Se ne è rimasto sorpreso Luchetti che lo firma, figuriamoci noi che dobbiamo vederlo.
Da oggi comunque buio in sala e via alle proiezioni. E speriamo poi d'esserci sbagliati e di tornare indietro con la valigia piena di opere da ricordare.
Intanto comincia questa prima Mostra con il distanziamento; un autentico ossimoro per una città come Venezia.
Venezia già in pena per il crollo della sua economia del bed and breakfast; con i suoi pochi turisti e i suoi troppi tavolini vuoti. Venezia dove pure l'Harry's bar ha faticato a riaprire, e se ha sudato quello, figurarsi gli altri che non hanno alle pareti le foto di Hemingway o Proust con cui vantarsi.
Magari dopo questa burrasca Venezia capirà che non conviene concedere la propria bellezza allo sfregio delle navi da crociera e le proprie antichissime dimore al volgare mordi e fuggi dei ricconi di tutto il globo.
Cosa si dovrà capire invece del cinema di domani è compito della Mostra.
Speriamo ne sia capace.
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