"E' un grave motivo di errore credere che non ci sia alcuna percezione della mente al di fuori di ciò di cui essa è consapevole".
(Leibniz, 1705)
Si è già scritto e letto fin troppo su questo film, densa ed intensa narrazione nel migliore stile eastwoodiano, ma ciò non deve privarci del piacere di vederlo. Perchè Hereafter, al di là di tutte le interpretazioni e congetture possibili sul suo significato (eplorazione dell'aldilà secondo il vecchio maestro? favola dickensinana calata nella sensibilità dell'oggi?) è prima di tutto un magnifico film: completo, ben narrato, intenso, coinvolgente, a suo modo solenne.
Ha detto lo stesso Eastwood in un'intervista che " è una storia spirituale. La religione rimane fuori dal film, però. Non ci sono più film così, pellicole che hanno un aspetto spirituale e romantico. E questo è un film romantico. Vediamo solo film in cui le persone si saltano addosso. Hereafter, invece,parla d'attrazione".
Per chi, come in me, ha di recente visto e commentato l'ultimo Incontrerari l'uomo dei tuoi sogni di Woody Allen è sorto spontaneo una sorta di parallelo interiore (non voglio dire di confronto trattandosi di opere di grandi maestri, ciascuna unica e preziosa in sè), di rivisitazione immediata su quanto hanno di simile e di diverso. Maneggiano entrambi il tema della morte, ma esplorandolo sia con diverse coordinate poetiche, sia proponendo un diverso sbocco: se Allen, fedele come sempre al suo registro narrativo, appare più sensibile alla vecchiaia ("la vecchiaia, scrive Roth, non è una lotta, è un massacro"), alla piccolezza umana verso il finire delle vita, al decadimento del corpo e della giovinezza in un universo laico e desolato, ma confortato dall'intelligenza e da un pizzico di illusione, Eastwood sembra interrogarsi circa un possibile aldilà (hereafter), ma tuttavia un aldilà del tutto umano, ugualmente carnale e laico, legato agli affetti e alle loro rappresentazioni.
Insomma, non vi è nulla di mistico, misticheggiante o vagamente religioso (anzi, l'unica scena in cui appare una chiesa durante un funerale, essa è desolatamente povera rispetto alla vita dei personaggi) in questo film. L'aldilà del vecchio Clint che, come Allen, meraviglioso ottantenne oramai, sente la necessità (certamente interiore, e non solo stilistica o tantomeno commerciale) di elaborare, lavorare, rappresentare artisticamente la fine della vita, è un aldilà esclusivamente umano, dove negli squarci di visione che anche la scienza dimostra taluni traumatizzati hanno quando rischiano di morire e poi si risvegliano, in quegli squarci non appaiono inferno e paradiso, ma le persone amate durante la vita, i ricordi, gli oggetti perduti. Gli oggetti perduti. I lutti recenti, i lutti antichi. Si tratta allora di un film, ancora, sulle mille possibili elaborazioni del lutto, dei nostri lutti durante la vita e del lutto finale, quello della vita stessa?
Abbiamo detto di lasciar da parte le suggestioni interpretative, e dobbiamo proprio far così: come tutti i grandi film, anche Hereafter, come vediamo già da queste prime riflessioni, si presta a ben più di un registro di lettura….
Diversa la declinazione narrativa, abbiamo visto rispetto ad Allen, e diverso lo sbocco. Se i personaggi di Incontrerai… , fragili ed insicuri, devono scendere a patti con un pò di illusione per tollerare l'idea della fine, i protagonisti di questa vicenda (tutti giovani, va ricordato) incarnano nel miglior modo possibile l'ideale di uomo del sogno americano: l'uomo giusto, che da solo cerca la Verità, che non si adegua conformisticamente, a cui sarà sempre riservato il dirittto alla speranza. Se vogliamo, è forse il punto più debole del film, una conclusione circolare e positiva (che non è l'happy end) in cui chi ha avuto il coraggio di affrontare il proprio aldilà senza denegarlo, trova una soluzione affettiva, un incontro felice e significante che ridona senso alla vita e sana le perdite subite. Dunque, in bilico tra la favola di natale dickensiana (seguiamo Dickens lungo tutto il film, attraverso le appassionate letture di George, uno dei personaggi) e qualche ricordo da La vita è meravigliosa di Frank Capra, tuttavia Hereafter sembra tra i film più personali di Eastwood, capace di raccogliere, come in un mosaico, tutti i suoi principali caratteri: il suo credere nella volontà umana, la forza degli affetti, la speranza in un'aldilà privo di tinte mistiche o religiose, il senso classico della narrazione, il valore dei sentimenti e della bontà. Il prevalere della vita, della vitalità forse, la forza del sogno, a dispetto delle catastrofi e della morte.
Se i personaggi di Allen sono più fragili e dolenti, e dunque li sentiamo certamente più vicini e più simili a noi, va detto però che entrambi i film si chiudono con un bacio…..
La vicenda, anche qui, è corale. Marie, affermata giornalista di Parigi, durante un viaggio in Thailandia col collega fidanzato, è travolta da uno tsunami e si salva per miracolo, ma in quei pochi attimi tra la vita e la morte ha come delle rapide, fugaci visioni, del cui ricordo non riuscirà, e non vorrà, più liberarsi. Il ritorno alla vita di sempre le risulta ora impossibile; contatta ua dottoressa che da anni studia il problema, scrive un libro. Non fugge la verità.
Contemporaneamente, a San Francisco, l'operario George (bravo Matt Damon sotto la regia di Eastwood) cerca di mettere da parte la sua dote di sensitivo, che giustamente egli sente come una condanna. Dopo una malattia encefalica infantile, gli è rimasta la capacità di sentire, attraverso rapide visioni, ciò che è avvenuto nel passato luttuoso delle persone, ma questa capacità che potenzialemtne potrebbe farlo ricco e famoso, si è rivelata per lui nel tempo una fonte di solitudine e guai, perchè tutti sfuggono la troppa connoscenza, e alla fine lo evitano. Se inizialmente attratti e incuriositi, in seguito tutti sfuggono la troppa conoscenza. Anche George decide di allontanarsi, va a Londra a visitare la casa e le orme dell'amato Dickens….
A Londra, reduce da tanta sofferenza, vive anche anche Marcus, un ragazzino disperato dalla morte del fratello gemello, a cui era legatissimo e da cui dipendeva, soprattutto emotivamente, nella gestione della dolorosa convivenza con la madre tossicodipendente, che i due gemelli coprono e amano teneramente.
Ciascuno ha un proprio mondo, una storia passata, un lutto reale o simbolico con cui fare i conti, ma tutti e tre sono accomunati dall'avere avuto contatto con l'aldilà, George e Marie, o dal ricercarne tenacemente un segnale, il piccolo Marcus. Sullo sfondo, le tragedie contemporanee (tsunami, attacchi terroristici al metrò, la crisi delle fabbriche…).
Ad avvicinarli è sì l'incontro, avvenuto o ricercato con l'aldilà, con l'altrove di cui hanno visto o desiderano i segni, ma soprattutto ad accomunarli è la ricerca della Verità, è la loro forza, la loro capacità di non lasciarsi travolgere dalle paure, dai conformismi, dai facili guadagni, mantenendo la bussola di una loro personale, solitaria ricerca, che li porterà allo sbocco felice di Londra, dove tutti si ritrovano ed il cerchio si chiude.
Questa è la cifra, la chiave (se proprio vogliamo sceglierne una) che eleggerei per questo film. Chi non teme la troppa conoscenza, come dice George ad una prima ragazza che lo lascia per questa paura, chi non si adatta al sapere dato, al già noto, ma persegue con coraggio la propria via, alla fine trova uno sbocco felice, un incontro signficante (George e Marie), o la risoluzione del suo lutto, come Marcus.
Psicoanaliticamente, non posso non avere sentito, da subito vedendo il film, la doppia rappresentazione che, certo inconsciamente, il regista sollecita. Che cosè l'aldilà tutto umano e fatto di memorie antiche di Eastwood, che cosè questo hereafter che fa così paura, da cui i più rifuggono, che incuriosisce ma poi spaventa perche ci apre un altro mondo, una realtà altra, che cosè se non l'inconscio?
Sono numerosi i passi in cui Freud scrive che "nessuno vuole conoscere il suo inconscio (….). Il sistema più comodo è quello di negare in tutto la sua esistenza".
Pur senza addentrarvisi in questa sede, ricordiamo che dalla scoperta dell'inconscio freudiano ad oggi, sia la psicoanalisi che le neuroscienze riconoscono l'esistenza di un inconscio ancora precedente quello freudiano (che è propriamente inconscio rimosso), il cosiddetto inconscio non rimosso (o 'inconscio precoce non rimosso' descritto da Mauro Mancia), sede della memoria implicita, "radicato in un sistema di memoria che non permette il ricordo, privo di rappresentazioni e pertanto escluso al livello di coscienza. Le emozioni precoci di intensità infinita dei primi anni di vita che si depositano nella memoria implicita fanno sì che l'inconscio non rimosso e l'infinito siano ambedue tentativi di comprendere qualcosa che è indivisibie e come tale non pensabile" (Mancia, 2007) corsivi miei
Non approfondiamo oltre questo filone di studi (che lo psicoanalista e fisiologo Mancia, in Italia, ha coltivato tutta la vita), ma li citiamo in quanto il film, nella sua completezza, attraverso le parole della dottoressa consultata da Marie, non omette di accennare a queste conoscenze.
Aldilà? Inconscio che torna dal rimosso, per via regressiva, durante quei brevi attimi che ad alcuni (fortunati o dannati) è dato di vivere e che pesca nei ricordi e nelle memorie infantili, altrimenti sepolte? Qualcosa di analogo al sogno? Comunque lo si chiami, a seconda delle personali attitudini, credenze e sensibilità, il film esplora qualcosa su cui tutti ci interroghiamo, o che tutti cerchiamo di sfuggire, e che gli artisti hanno la fortuna di poter maneggiare, di poter lavorare come creta per darcene dei prodotti su cui tutti possiamo riconoscerci, fantasticare, meditare….
Ma torniamo al nostro parallelo iniziale. Non sono solo due sensibilità, due personalità e storie differenti quelle che Eastwood e Allen, grandi ricchi e prolifici maestri senza tempo, ci presentano. Sono due Americhe. L'america di Philip Roth, l'ebraismo, le nevrosi newyorchesi nei personaggi, a noi tanto cari, fragili e narcisiti di Allen, sempre mancanti di qualcosa, sempre in cerca d'amore, disillusi ma consapevoli, intelligenti ma creduloni, pieni di rimpianti, vizi e vigliaccherie, privi di colpa o schiacciati dalla colpa; e l'america del miglior spirito conservatore, quella di Eastwood. Con la sua fiducia nell'individuo, nella fede, nell'azione, nella volontà e nel coraggio, nella possibilità di cadere e riprendersi, di perseguire la verità e la giustizia, di poter sopportare troppa conoscenza.
"Perse conoscenza sentendosi tutt'altro che abbattuto,tutt'altro che condannato, ancora una volta impaziente di realizzare i propri sogni, ma ciò nonostante non si svegliò più. Arresto cardiaco. Non esisteva più, era stato liberato dal peso di esistere, era entrato nel nulla senza nemmeno saperlo. Proprio come aveva temuto dal principio". (P.Roth, Everyman, 2007)
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