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Million dollar baby. Trovarsi

3 Ott 12

Di Giuseppe-Riefolo

"perché ha scelto me? Qual è il suo scopo, Zimmer?

Mi ha fatto ridere. E’ stato solo per questo. Ha spalancato

di colpo qualcosa dentro di me, e da allora è diventato la

mia scusa per continuare a vivere".

(Auster, 2002, 188)

 

Frankie Dunn era un orso. Forse lo era perché ferito, ma forse lo era sempre stato: gli dava fastidio la gente perché sapeva che la gente non avrebbe mai potuto capire la sua ferita. Lui curava questo atteggiamento come una speciale forma di insofferenza e questa insofferenza lo proteggeva e gli consegnava una specie di solitudine elitaria dove gli altri non meritano la tua attenzione.

Nonostante le apparenze, Frankie, non era solo, ma era continuamente preso dai suoi sguardi sul mondo che, per quella forma di speciale insofferenza, lui sembrava continuamente giudicare in modo severo. Ma chi lo conosceva (in verità, oltre se stesso, forse il solo Scrap Dupris, il vecchio pugile che porta su di se il segno indelebile della sconfitta che ti coglie proprio quando sei al culmine…) sapeva che non era giudizio severo, ma un'altra speciale forma, questa volta, di curiosità. Sembrava essere solo perché sentiva che una figlia lontana (ma era proprio lontana? dov'era? Forse era lì,. vicina, semplicemente non rispondeva alle lettere!…) non era più dove lui la cercava e, questo per lui era terribile perché significava che non poteva più immaginarla: la vera solitudine — quella che fa male – è quando non puoi avere le immagini di chi cerchi: "… l’immagine comparirà per alleviare il terrore dando forma all’affetto" (Botella & Botella, 2002, 68).

Una volta, qualcuno si mette a cercarlo. E' evidente che da quel momento lui riprende a vivere (nel senso di sospendere la sua speciale forma di insofferenza) e ad immaginare, anche se non vuole darlo a vedere. Lui si accorge che se  coltivi la curiosità ad oltranza, prima o poi trovi qualcuno che si incuriosisce della tua curiosità e diventa un gioco molto eccitante per cui te ne freghi della gente che è, e rimane una entità noiosa, ma ti occupi solo di dove ti può portare la curiosità. Lui prova a difendersi dalla insistenza di lei: "sia chiaro: non devi mai fare domande!", ma è il suo codice paradossale! In realtà non aspetta altro che domande perché ha capito che lei gli darà qualcosa che lui non ha, forse che non ha mai avuto e le sue domande le aspetta perché gli restituiscono la vita (quella narcisistica della box o quella più oggettuale degli affetti?) e lo fanno incuriosire ancora: "fu così che Coleman divenne mio amico e io rinunciai alla decisione di vivere da solo…" (Roth, 2000, 49). Lui, per questo, piano piano, sente che lei è una persona preziosa ed usa la sua speciale forma di insofferenza per proteggerla. Lei ha finalmente incontrato lui ed ora può sfidare la campionessa del mondo.

Frankie Dunn e Maggie Fitzgerald non si sono incontrati, ma si sono trovati. Questo accade perché uno ha un vuoto che non sa di avere, ma che l’altro conosce come propria possibilità di vita: "Perché dovrei allenarti?"; "perché sono una tosta!"; "non posso allenarti perché io non alleno ragazze!". Ma Frankie mente e Maggie lo sa "ma io voglio un allenatore qualunque…voglio te, capo!" Frankie è stato colpito e per questo reagisce impacciato; dà una risposta che significa che è entrato nel gioco: "Non mi chiamare capo!". Quando due si sono incontrati mettono alla prova l’altro per scoprire se è proprio quello che stavano cercando.

Anna nel gruppo parla di un sogno: "avevo sete e bevevo dalla bottiglia di acqua minerale che porto con me. Mi attaccavo alla canna della bottiglia, perché faccio sempre così… ci bevo solo io. Io ero con lei, dottore, e anche lei chiedeva di bere. Le porgevo la bottiglia e lei beveva dalla canna. Mi preoccupavo perché io avevo messo le labbra su quella bottiglia, ma lei non se ne preoccupava!". Ho pensato che sarebbe una cosa strana… forse può significare che anche lei può aver sete… parlo di sete di un contatto… di un rapporto con me… io forse ho paura che questo sia una cosa sporca… che può infettare!… Ma alla fine, nel sogno lei non si fa problemi!". In quel momento la paura (e il desiderio) di Anna mi hanno fatto pensare alla paziente di Ferenczi che prima di lasciare il suo analista ha bisogno di indagare i suoi affetti per scoprire se lui sa guardarla profondamente: "You could at least tell me that I am a good girl!" (1932, Diario, 80).

Il film parla di quella speciale e complessa situazione in cui una serie di elementi — attratti da una speciale valenza reciproca — si trovano perché quella sintonia era scritta come potenziale nella loro costituzione antica di base. Non c'entra nulla il milione di dollari!, ma questa, semplicemente è la cifra enorme del loro incontro: "un milione" per ciascuno di noi non ha mai significato alcuna cifra, ma ha sempre significato l’infinito, il massimo della felicità. In fondo il film è una fiaba leggera e triste. Incontrarsi è una cosa, ma trovarsi è la felice meraviglia di sapere che delle mille possibilità di incontro è accaduta proprio quella che tu — senza saperlo — cercavi. Frankie e Maggie si chiedono più volte se sono pronti per quella cifra infinita di "un milione di dollari", se vale la pena cercare di averla. Lei potrebbe averla in tanti modi (a Frankie era già successo con altri pugili della sua palestra…), ma non è la stessa cosa di altre volte: questa volta è il culmine della felicità che si compie una volta sola e forse per questo Frankie la rinvia continuamente! E’ una speciale forma di amore. Infatti lei salirà sul ring solo quando lui avrà potuto immaginare quel passo e questa volta dalla sua vestaglia luminosa di raso verde si potrà ancora acclamare "Mo guishle", la impossibile parola gaelica che, solo quando lei non potrà più saperlo, si svelerà nel suo significato esplicito: "mio amore", ma a lei non importa sapere cosa significhi, perché in un certo senso sa bene cosa vuol dire, perché suona bene! Se qualcuno pensa che sia stato lui a decidere tutto e a mandarla quella volta sul ring si sbaglia: lui non ha deciso niente da solo, ma ci sono delle decisioni che si prendono solo in quella speciale zona, leggera, dove due si trovano. La zona è leggera: per questo è difficile coglierla!.

Forse il motivo per cui non si accorge del terribile pugno dell'avversaria è perché lei continuava a guardare lui e sul ring non era sola. Questo è stato l'errore! Lei non aveva ancora imparato ad essere sola sul ring e forse pensava che , insieme a Frankie, finalmente, avrebbe potuto sconfiggere quella forma di terribile e insanabile solitudine che era la sua avversaria. Lei su quel ring incontra  una forma, affatto speciale, di rabbia che viene dall'esatto opposto della zona che aveva conosciuto con Frankie (Maggie non aveva fatto l'analisi e, pertanto non conosceva la potenza e la distruttività delle identificazioni proiettive quando queste riguardano parti mortificate e sospese del Sé che devono solo essere evacuate per salvare il Sé…) Lei sul ring trovò questo. Forse, possiamo dire che imparò questo!

Ad un certo punto il film lascia il ring e le palestre diventano solo posti solitari dove si aggirano Frankie e Scrap nel lutto. La box ora non celebra più l’incontro impossibile fra due persone che avrebbero dovuto tenersi lontane mentre, invece, si sono cercate avidamente. Ora si celebra la distanza fra due che già sapevano che il loro incontro avrebbe modificato la rispettiva vita.

"Dottore, una parte di me mi dice che io sto male… che non posso continuare così e che quando vengo qui da lei debbo raccontarle le cose che penso, ma un’altra parte di me mi dice che io non conosco quelli che stanno male veramente… mentre i miei blocchi sono delle stronzate… che non è vero che sto così male!". L’analista sentiva un particolare piacere nell’incontro con quel paziente, ma le sedute con lui erano esasperanti: alcune volte era riuscito a non dire una sola parola per l’intera seduta e, quando qualche volta l’analista cercava di aiutarlo chiedendogli cosa stesse pensando, per l’analista era una esperienza ancora più disarmante perché il paziente non gli rispondeva e continuava il suo silenzio. Mille volte, forse per sopravvivere in quella situazione frustrante, l’analista si era ripetuto che quel paziente aveva iniziato l’analisi proprio perché non riusciva ad amare la sua compagna di cui, peraltro era terribilmente innamorato. L’analista aveva molti elementi per sapere che quel paziente aveva una gran voglia di amare e che proprio per questo temeva che il suo amore – come era accaduto per Meggie e Scrap l’ultima volta sul ring – avrebbe potuto mandarlo a pezzi. Qualche volta in seduta il paziente comunicava i suoi pensieri che riguardavano solo propositi di andare via… di liberarsi di quella situazione assurda dell’analisi! finché una volta l’analista si sentì toccato da una piccola richiesta che il paziente non si era mai lasciato sfuggire prima: "mi stavo chiedendo perché mai una persona contini a venire in un posto da cui poi vorrebbe scappar via… E’ assurdo!… Mi aiuti!". Nel film la voce narrante si fa la stessa domanda: ""la box è una cosa all'incontrario… si fa tutto all'incontrario. Se vuoi spostarti a destra devi muovere l'alluce di sinistra verso sinistra e così  se vuoi muoverti a sinistra… Nessuna persona andrebbe incontro ad un pericolo, mentre il pugile va sempre verso all'avversario che vuole colpirlo". Il mio paziente appartiene a Maggie e a Frankie quando i due si incontrano eppure dovrebbero evitarsi. Il mio paziente come Maggie e Frankie sa che vengono prima gli incontri e poi i pensieri e le decisioni. In fondo, nessuno sceglie le persone che incontra, a cominciare dalle madri, dai padri e dai figli. La nostra vita, alla fine, è un curioso intreccio di casualità che ci consegna persone e situazioni che non avremmo mai scelto e che siamo continuamente chiamati a conoscere e, qualche volta ad usare: "Se Steena avesse detto okay, Coleman avrebbe vissuto un’altra vita" (Roth, 138).

Ho pensato che il film è soprattutto la voce narrante che procede con una scansione classica e di nostalgia. Il tono è delle storie che raccontano qualcosa che , dopo aver toccato il trionfo, è poi passato. In questo senso mi è sembrato che i personaggi non sono tre ma uno solo. Ognuno che guarda l’altro perché dall’altro si aspetta qualcosa che lo riguarderà. I tre non possono separarsi perché sono la stessa storia: "Ci sono un sacco di palestre a Los Angeles… e un sacco allenatori meglio di me… che allenano delle ragazze… puoi andare da loro… Io non alleno ragazze"; "Non mi serve, capo! Io voglio essere allenata da te.. non da un altro!". Ognuno dei tre personaggi è un pezzo di storia dell’altro. Maggie appartiene a Frankie quando questi tenta di scrivere alla figlia che non leggerà mai le sue lettere; Scrap è la tristezza di Frankie, la tristezza del tempo che passa quando hai fatto 109 incontri prima che un pugno di strappasse un occhio. Frankie è la rabbia degli altri due, perché entrambi hanno bisogno di rabbia per poter continuare a vivere. Quando gli incontri funzionano deve per forza essere così.

Per Frankie e Maggie succede una cosa strana. Nonostante la catastrofe, la loro zona, leggera, di speciale incontro, resiste!. Anzi. Lei ora cerca di vivere sempre di più e solo in quella zona: non ci sono più i parenti e gli altri da incontrare e non ci sono i rimpianti per quel terribile pugno che le ha distrutto la vita: "avevi ragione tu, capo, non bisogna mai abbassare la guardia". Anche lei, forse, sa che non ci sarà un'altra vita e, per questo, sa di aver vissuto il suo sogno senza dover aspettare l'altra vita: "sono stata acclamata dappertutto… i giornali hanno parlato di me… ho avuto tutto!". Quella speciale zona leggera dove i due si incontrano diventa più ampia, la sola in cui lei continua a vivere. Si accorge solo ora (forse lo sapeva già) che in quella zona non succede di incontrarsi, ma succede quella speciale situazione di trovarsi (loro non potevano saperlo, ma un tale psicoanalista, che non a caso aveva cominciato a fare il medico occupandosi di bambini, lo aveva già detto molti anni prima….). Per questo, in quella zona dove semplicemente ci si trova,  lei lo elegge primo custode delle sue ferite… e della sua vita.. (*)

"si può arrivare a controllare la propria vita solo fino a un certo punto"
(Roth, 361)

(*) pubblicato anche su www.istitutoricci.it

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