Che il regista Carlo Verdone avesse una sua passione per gli psico-professionisti soprattutto psicoterapeuti era noto.
Si pensi all'aristocratico ed elegante, ma non per questo meno impasticciato controtransferalmente, psicoanalista in "Maledetto il giorno che ti ho incontrata", oppure all'immobile e mummifica psicoterapeuta di gruppo di "Ma che colpa abbiamo noi".
Cosi' dopo aver criticato e deriso (non senza una bella quota di ragioni) psicoterapeuti individuali e gruppali con l'ultimo "L'amore e' eterno finche' dura" e' toccato, inevitabilmente, all'esperto di coppie (o di famiglie).
Chissa' se scrivo perche' "punto" sulla mia formazione (prevalente diciamo) o altro, tuttavia al cinema mi sono veramente divertito. Tra i vari motivi ha contribuito senz'altro anche la brava "attrice-collega" (Laura Morante), psicologa, esperta di coppie, nonche' conduttrice di una trasmissione televisiva sul tema.
Verdone temo debba avere una certa conoscenza non solo dei gusti del pubblico (anche del grande pubblico, perche' no) ma suppongo pure della vita privata di diversi psico-professionisti.
Seppur caricaturale non c'e' dubbio che la tragi-comica vita sentimentale della coppia Verdone (oculista) e Morante (psicologa) mette piu' in ridicolo la seconda, non foss'altro per la professione e la "specialita'" che svolge.
Una delle scelte scenografiche che ho trovato particolarmente divertenti (e non proprio cosi' fantascientifiche almeno per la "nicchia ecologica" che mi capita di frequentare e di cui sono membro) riguarda l'affettuoso counselling che truccatori, fonici, cameramen e quant'altro si trovano a fare (prima di ogni puntata) all'esperta di coppie in crisi a sua volta in crisi (di coppia).
La collega-Morante prende addirittura appunti delle parole che i tecnici televisivi nel backstage le consigliano di dire (al marito o all'"amico") che poi cerchera' di "recitare" al momento opportuno.
Non c'e' dubbio che il tentativo e' quello di caricaturizzare e Verdone, secondo me, ci riesce.
Ma qualche domanda dovremo farcela se l'arte, il cinema, la letteratura ecc. ormai ci prende in giro con sempre piu' frequenza. E qui, vorrei osservare, non si tratta tanto di un trend che riguarda (e ha riguardato) un certo stereotipo di "strizzacervelli" o di psichiatra, che sembra ad oggi interessare meno. Ma sono proprio le professioni di piu' stretta derivazione psicologica (la psico-terapia o gli psicologi in genere) che vengono messi sotto la lente critica e dissacrante degli artisti.
Nello stesso film, per es, c'e' anche una divertente vignetta tra un oculista ed una ginecologa ma, seppur comica, le due professioni ne escono in qualche modo, "salvaguardate".
Del resto forse, dal mio punto di vista, che ci si interessi sempre di piu' a *questo* tipo di professionisti e' anche un bene, forse segno di una qualche presenza e percezione in piu' nella societa'. Ma se il mondo del cinema e', nella societa' moderna, anche specchio della civilta' in corso, allora qualche riflessione su come i "nostri" vizi e virtu' siano gia' cosi' chiari da esser messi in mostra al grande pubblico e' tema su cui ridere ma anche riflettere.
Il primo elemento che verrebbe da commentare e’ che il cinema, quello italiano ma forse non solo, ci segnala probabilmente un eccesso d’esposizione mediatica degli psico-professionisti. Non a caso dunque, nell’ultima opera del regista-attore romano, la psicologa sembra far parte di quel mondo di luci, studi, cameramen in cui tanta psicologia prêt-à-porter da tempo possiamo televisivamente incontrare.
Del resto questo segno trova conforto anche nel contemporaneo lavoro di Silvio Soldini, "Agata e la tempesta". Anche in questa commedia, seppur molto piu’ sofisticata, viene rappresentata l’ennesima psicologa televisiva, l’ineffabile Ines (Marina Massironi), tanto superficiale e new age in casa come in onda.
Tuttavia mentre la Morante appare in difficolta’ soprattutto con gli uomini la Massironi ci mostra un buon repertorio di tutto quello che non si dovrebbe fare con un figlio in eta’ di scuola dell’obbligo.
Naturalmente anche la psicologa di Soldini e’ un po’ caricaturale, presentata come leggera, nel senso piu’ deteriore del termine. Ma su un tema i due registi sembrano essere d’accordo: i loro esperti hanno rubriche fisse in televisione ed entrambe sono un disastro proprio nei due ambiti (partners e figli) dove piu’ comunemente gli psicologi "pontificano". Sara’ un caso?
Insomma sembra che recentemente il cinema nostrano abbia fatto proprio il detto, che girava ironicamente in facolta’ gia’ nei miei non recentissimi anni universitari, che gli psicologi cercano di fare agli altri quello che temono dovrebbe essere fatto a loro.
Ma se il cinema e’ come la letteratura, segno dei tempi, luogo di riflessione e di sintesi della vita, non potremo cavarcela con delle battute. Ci viene suggerito che tra vita professionale, vita privata (e vita mediatica) degli psico-professionisti c’e’ qualcosa da capire meglio, forse anche da conoscere meglio.
Qualcosa ci dice che questi nessi sono oramai un fatto ampiamente pubblico, assunto che nelle comunita’ professionali fossero gia’ noti da tempo. Forse, leggendo le biografie di grandi psicoterapeuti, noti da sempre.
Chissa’ come l’ampia e popolare diffusione cinematografica di questi stereotipi influenzera’ il nostro lavoro, l’incontro con la nostra utenza. Se verremo osservati con piu’ indulgenza o con piu’ severita’. Se alcuni aspetti verranno banalizzati o problematizzati.
Chissa’ inoltre quanto noi per primi ci troveremo costretti a fare i conti con un nostro immaginario sociale cosi’ tanto mediaticamente alimentato. Nonostante tutto da tempo coltivo l’opinione che un certo "smagamento", seppur all’interno delle particolari regole e limiti del linguaggio filmico, della magica figura dello psicologo o dello psicoterapeuta giovi al mondo psico-professionale, probabilmente molto di piu’ di quanto possa danneggiarlo.
In ogni caso il tutto puo’ trovare comunque una cornice di senso in piu’ se, come ho letto recentemente, teniamo conto delle parole del grande regista francese Jean-Luc Godard: "Il cinema non e’ ne’ arte ne’ vita, ma qualcosa tra le due".
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