"Uhà, che film 'e mmerda!"
E' la laconica espressione di uno dei dieci ragazzini che sono venuti a vedere il film la prima sera, in questo cinema vuoto, dalla sala gigantesca, riempita fino ai primi cinque minuti del film dal loro rumoreggiare magniloquente. Pop Corn e Patatine, un film che non sarà un blockbuster ma che loro speravano fosse l'ennesimo inno alla droga, ai soldi facili, alla vittoria della violenza e del sesso cui erano stati abituati fin da neonati.
Un film da proiettare in tutte le scuole e le parrocchie, prima dell'abbandono scolastico, e soprattutto nelle piazze di Scampia, Forcella, Zen e 164 di Milano, Torino e Roma. Perché il messaggio arriva. Arriva ai ragazzini pomposi e altezzosi che sono stati cresciuti nel mito del lusso a tutti i costi.
Claudio Giovannesi ha edulcorato il libro di Roberto Saviano in un modo incredibile. Ha imposto la bellezza delle scene di Napoli, anche nei vicoli, che era stato Turturro a scoprire in questo millennio a 4K. E c'è un percorso preciso nell'arte di Napoli, città sepolta dal barocco e dal cemento, dove gli ori roccocò di chi possiede davvero il potere, diventano volgari mobili troppo costosi per una famiglia media.
L'oro luccica, l'oro di Napoli…
L'oro abbaglia e non ti fa pensare, come la cocaina presa a quindici anni, come gli occhi di una ragazza trovata per caso, come il rumore di uno sparo a vuoto in uno dei paradisi sotterranei della mia città.
Claudio Giovannesi ha reso il film politically correct.
Non ci sono i neri, per non impressionare il Ministro al Razzismo, che minaccia di togliere la scorta a Saviano.
Non ci sono i padri, che sono morti o sono in galera, per accontentare Recalcati e la retorica del padre assente.
Ci sono poche donne, tutte edulcorate, che rispettano i canoni della madre che sa ma che tace, perché l'omertà è l'onore, e quindi sono mute sorelle, mute compagne, mute prostitute, per fare contento il Ministro alla Misoginia e il suo compare Pillon.
Al posto loro ci sono le transessuali, che fanno scoppiare a ridere i ragazzini in fondo alla sala, disperati fino a quel momento, ma solo nella scena in cui si traveste il protagonista.
Quella risata è uno sparo contro i Diritti Lgbt, esattamente come è gradito al Ministro all'Omofobia.
Sempre per loro, per i ragazzini in sala, abbandonati dai genitori che non se ne son fatti un problema, il protagonista diventa Joker di Heath Ledger, facendo scivolare via il trucco da donna, e questa maschera mostruosa non va più via con l'acqua e il sapone!
E' un film edulcorato, senza il sangue truculento o il sesso violento: non si vede neanche un seno nudo, ma resta il tema del Trono di Spade, la conquista disperata del potere che è dato solo dal denaro, come insegna la Santanché in cattedra.
Il potere però, nonostante l'amore, che muove il protagonista e tutte le altre cose, lascia a terra tutti quanti, prima o poi, fino a farvi vedere i bambini indossare le armi, le armature medievali e i cavalli a motore per regolare i conti dell'onore.
E' un'accusa edulcorata alla Società Italiana che ha insegnato regole del gioco medievali attraverso i videogiochi e il cinema, la televisione e le canzoni, la pubblicità e lo shopping compulsivo, che sfumano tutte nel buio di uno jazz radical chic di chi non vuol vedere e preferisce le inutili polemiche intorno alle canzoni di Sanremo.
Perché la realtà è un'altra e non si trova neanche nel libro di Saviano.
E' quella dell'unico Pronto Soccorso rimasto a Napoli, il Pellegrini Vecchio, vecchio convento barocco sepolto dal cemento armato, incastrato nei vicoli, tra il mercato rionale, via Toledo e la Collina di San Martino, ma questa è un'altra storia, fatta di sangue vero, violenza improvvisata e personale sanitario che fa i doppi e tripli turni di straordinario, come questa frase senza fine, perché questa è la storia di una Società Italiana che non ha mai fornito i mezzi adeguati a Napoli, al Meridione, ma in realtà neanche alle periferie oscure di Genova, Bergamo o Bologna, lasciando che il potere e i soldi si facessero compagnia in un incubo fordista fatto di corruzione, concussione e mazzette, fino a degradarsi al becero populismo del povero contro il più povero e della promessa di un bonus in denaro per non fare proprio più nulla per costruire ogni ipotetico tipo di Stato Italiano.
CONTRIBUTO DI MOIRA PARDO
Napoli è così, contraddittoria.
Fatta di bene e male, bello e brutto, che scorrono paralleli o perpendicolari come la mappa topografica della città, dove alla tanto cantata elegante Via Toledo si incontrano e si scontrano i vicoletti bui dei Quartieri Spagnoli. Come il Duomo è accerchiato da Forcella e il Museo Nazionale dalla Sanità. Come Santa Lucia si fonde e si confonde con il Pallonetto.
Napoli è così, contraddittoria. Come questo film.
Gomorra, inno alla violenza, e poi la Paranza dei Bambini, con una violenza più velata: cos’è? La versione Gomorra per i minori?
E anche stavolta assistiamo alla contraddizione di Napoli, una città che sta cercando di risorgere con un turismo che si sta riattivando per le strade del centro e la chiusura, come una fucilazione a muro, del San Gennaro, degli Incurabili, dell’Annunziata, dell’Ascalesi, lasciando come unico punto di riferimento il Pronto Soccorso dei Pellegrini per la paranza dei bambini e per la frittura mista di turisti e cittadini!
Percorro le vie strette di una ZTL che evidenzia la chiusura di uno Stato e della sua Sanità: come può l’unico Pronto Soccorso del centro di Napoli stare in una ZTL? Perché, giustamente, chi sta morendo, ci va a piedi o con i mezzi pubblici in ospedale!
Centro nevralgico dei trasporti partenopei, Montesanto accoglie l’unico Pronto Soccorso del centro insieme alla stazione della Funicolare, della Cumana e della Metropolitana: praticamente un’invasione di gente che corre disordinata invadendo vie strette che diventano ancora più strette che raggiungere l’ospedale a piedi diventa un percorso dei Marines. Figuriamoci un’auto o un’ambulanza che devono passare nell’ora di punta.
Uno dei bambini della paranza corre con maestria su uno scooter senza targa senza casco tra la folla, incurante di poter tranciare al suo passaggio qualcuno. Dietro di lui suonando animatamente il clacson altri due “paranzini” sui motorini. Li conoscono. Perché qui nei Quartieri si conoscono tutti. Ci conoscono tutti. Qui la legalità e l’illegalità convivono e non in omertà! Le donne parlano, sempre, da sempre, per sempre, nessuno potrà fermarle. Perché la Napoli che ha fatto arricchire Saviano è matriarcale. Non so se Saviano lo dice. Mi sono sempre rifiutata di leggere i suoi libri. Qui i maschi hanno autorità fino a quando si sposano. Poi sono le femmine a portare avanti famiglia e clan. Non perché i maschi perdano il loro potere su di loro, anzi. I maschi però sono in trincea e per questo, il più delle volte, in galera. Ma non è uno “scuorno” (per parlare il loro linguaggio: vergogna per il resto del mondo). È un onore per la donna che piange all’ingresso del PS mentre spiega che si sente male e a casa non ha nessuno perché il marito ha l’ergastolo e i suoi due figli maschi sono in carcere, mentre il più grande è stato sparato. Simbolo delle donne è una catenina d’oro giallo con una medaglia appariscente che ostenta il volto del loro bambino morto… sparato!
La paranza dei bambini che si assiste nella realtà non è fatta di sentimenti ingenui di quella età. L’amore è confuso con una sessualità violata in età in cui non c’è ancora un’identità di genere. L’affetto va conquistato, non viene dato come diritto alla nascita, e la conquista non è in base ai meriti ma alla capacità di imporsi. E imporsi significa correre su un motorino incuranti del rischio di ledere gli altri o di morire su una ruota sola. La gente deve aver paura quando passano loro: questo è il rispetto. I bambini della paranza non conoscono il reale valore dei soldi, ma imparano presto che i soldi sono merce di scambio con la stima. Le armi sono simbolo di passaggio ad un livello superiore, come se fosse uno dei videogiochi davanti a cui passano le ore i bambini di un altro mondo. Qui il videogioco è reale. Dopo aver fatto carriera sui motorini, poi con il trasporto di pacchetti bianchi, poi con la vendita diretta del contenuto dei pacchetti bianchi, si conquista un posto in quello che è reputato il livello più alto del gioco di questa vita: le armi! Le armi ti danno l’autorità di parlare, il potere di far tacere, l’onore nel quartiere e l’amore di mamma e papà, quello che non hai avuto come diritto di nascita, ma che sei riuscito a conquistare entrando in una paranza che ti ha tolto sentimenti ma ti ha garantito identità.
Metto il mio camice bianco e inizio il mio turno nell’unico Pronto Soccorso del centro storico di Napoli per abbracciare una mamma che piange orgogliosa di un marito ergastolano e di un figlio caduto nella guerra della paranza.
Nota dell’Editor: Avendo anche io visto, ieri sera, il Film non ho resistito alla tentazione di aggiungere ai bei pezzi di Manlio e Moira alcune considerazioni personali, in una sorta di “second opinion” che spero aggiunga voglia in chi legge di andare a vedere questo bellissimo film o in chi lo ha visto di commentare queste recensioni parallele.
La prima cosa che colpisce nel film di Claudio Giovannesi è l’interpretazione del protagonista Francesco Di Napoli, un giovanissimo pasticciere diciasettenne napoletano trovato “per strada” dal regista in perfetto stile neorealista che ha la fisicità e soprattutto lo sguardo per reggere con intensità l’intera storia.
Storia che ha una dimensione eminentemente tragica e non epica a differenza di “Gomorra – la serie” dove proprio per l’epicità son possibili movimenti identificativi con gli eroi negativi del plot: qui l’identificazione è impossibile, non vi è che spazio per il dolore, un dolore senza fine.
La seconda osservazione ha a che fare con la “bambinità” ripresa anche nel titolo che emerge come straziante contrappunto, nelle scene famigliari e ciò per me aggiunge tragedia alla tragedia.
La terza osservazione riguarda la mancanza di speranza che percorre tutto il film fino al tragico epilogo sospeso dominato dal viso intenso e spettrale (l’osservazione di Manlio sul Joker Heath Ledger mi pare in questo senso assolutamente azzeccata) del giovane protagonista della storia, Nicola, in una “discesa” che non è verso i quartieri spagnoli ma verso un inferno senza futuro.
E’ questa l’Italia che vogliamo?
In “La Paranza dei bambini” non è rappresentata la Napoli di “Sciuscià” il sogno del cavallo “Bersagliere” è sostituito dal sogno della maglietta firmata e del tavolo da 500€ a sera nella discoteca alla moda; nel film non vi è traccia della Napoli “milionaria” di Eduardo, qui non ci sono nottate da passare ma un mattino assolato di piombo da affrontare.
Altamente consigliato!!!
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