Il film di Benoit Jacquot , fuori concorso alla 71° Mostra del Cinema di Venezia, è un film sulla storie della vita , o meglio sull'intreccio delle storie della vita di ognuno dei personaggi.
Nella trama narrativa il filo conduttore è il “dilemma” delle scelte e il ruolo del “caso” dentro alle complesse e faraginose dinamiche affettive intrise delle storie personali ed evolutive di ogni persona.
La scena iniziale del film fa da apri-porta alle possibili infinite porte girevoli che la vita offre.
Marc, uomo pensieroso,tormentato e insoddisfatto della sua esistenza , anonimo nella sua solitudine, ha un lavoro consolidato e stabile nella magnifica città di Parigi. Città da sogno per alcuni.
Marc è un esattore fiscale , uno che “controlla” e rendiconta gli altri e, se occorre , fa” pagare” un prezzo se non vengono rispettate le responsabilità che la società civile impone. Fa pagare un prezzo corrispondente alle azioni” dovute” non eseguite.
Fa bene il suo lavoro e il “prezzo da pagare” sembra sottilmente permeare, in maniera non esplicita, la pena sottesa alle scelte di vita dettate dalla realizzazione del desiderio.
Marc , privato di relazioni affettive intrafamiliari perchè ormai orfano e con un fratello che non corrisponde il” desiderio” di legame dello stesso, insoddisfatto della vita nella capitale che sembra non appagarlo, “ desidera “ la provincia e “desidera” le donne.
Marc è un uomo che viaggia. Viaggia per lavoro nella provincia parigina .
Marc “ama le donne” e le incontra , come dice lui stesso, per la strada , nei bar…Ne
incontra molte.
Incontra poi Sylvie, giovane donna, afflitta dal dilemma della scelta, che nella rappresentazione scenica non viene rivelata né a Marc né allo spettatore.
”Non so”,..è la frase che ascolteremo spesso in queste prime sequenze narrative.
Due parole , prive di contenuto, ma piene di significante.
Questo primo incontro è un incontro tra sconosciuti, ma che “si riconoscono”, a pelle , nel contatto emotivo dei propri moti interiori, un qualcosa di inspiegabile alla mente e alla ragione.
Non sappiamo cosa si narrino, ma li vediamo ancora insieme all'alba mentre si dicono che si rivedranno.
Un incontro senza il passato: Marc e Sylvie non si scambiano nulla che può dare loro la possibilità di rintracciarsi. Un incontro verso il futuro. Verso l'ignoto che il futuro porta con sé.
Questo incontro casuale lascia un segno, un contatto emotivo, una nota che tocca qualcosa che “mancava” . Mancava ad entrambi.
Ecco che si apre una porta . E' una porta nuova: la speranza.
I bellissimi giardini delle Tuileries di Parigi sono il luogo dell'incontro. Emblematica è l'immagine del lungo viale alberato dove con le due sedie che guardano verso il viale, l'immaginario si apre a scenari infiniti…….
Sylvie , si appresta ad andare all'appuntamento trepidante , col cuore in tumulto. Dirà alla sorella di esser innamorata. Non sappiamo se e quanto possa esser vero, certo potremo dire che l'emozione che invade il suo cuore e che le fa fantasticare scenari “altri” a quelli che la “inchiodavano “ e paralizzavano nella scelta di seguire il suo uomo negli States permea l'immaginario dello spettatore in un processo di identificazione con la protagonista.
Scelta che la tormenta : seguire un uomo che forse non ama più , lasciare una sorella a cui è legatissima con la quale gestisce un raffinato negozio d'antiquariato frutto del “lavoro di famiglia” , che lega le due sorelle alla madre.
Madre, elegante e raffinata quanto “dominante ”, che incarna un materno iperprotettivo , subdolamente ingombrante ed onnipresente che impedisce una crescita verso l'indipendenza emotiva delle figlie. Il ritrovarsi alla tavola materna imbandita , un padre che non c'è, con l'immagine di una “buona madre” che nutre con buon cibo le figlie, rimanda a una rappresentazione “falsata” di una figura genitoriale ”buona” che offre un cibo che nutre , ma che in realtà non fa crescere.
Fino ad ora i due personaggi del film Marc e Sylvie ci mostrano la fotografia di come nel dilemma della scelta, che appartiene a tutti noi nella quotidianità della vita, c'è anche chi non sceglie mai.
Chi pur pensando di scegliere , in realtà, non lo fa mai rifugiandosi in infiniti modi di non scegliere, … fantasticando,…rimpiangendo ciò che non si ha avuto il coraggio di vivere…, cercando per altre strade ciò che non sarà mai,….permanendo in una dimensione di onnipotenza infantile, in cui si ha l'illusione di avere tutto. Dentro al filo spinato di legami irrisolti che non fanno esser uomini o donne , ma sempre figli, e comunque sempre bambini.
Ma Marc e Sylvie non hanno fatto i conti con il caso e soprattutto con la dimensione emozionale del mondo interno. Con quanto è più significativo e importante per ognuno : il passare tra due persone del sentire e il contatto delle emozioni che arriva con imperiosità , senza che nessuno dei due protagonisti scelga.
Non tutto si può controllare con la razionalità. Non sempre.
Anche Marc è pieno di desiderio e aspettative sull'incontro alle Tuileries.
Ma un incontro di lavoro più complicato del solito gli ruberà il tempo ( o è Marc che se lo fa rubare? di fatto nel dispiego delle sequenze del colloquio di lavoro si evince facilmente che non c'è via d'uscita e il colloquio potrebbe concludersi in tempi più rapidi).
Marc si affanna , corre per esser puntuale , ma il suo cuore che è da tempo “sofferente” non regge. Ha un attacco cardiaco che lo ferma. Arriva in ritardo, molto in ritardo.
Sylvie non c'è più. Delusa e ferita si incamminerà sola nel viale che era prima della speranza e si è ora trasformato nella delusione e nella rinuncia del desiderio.
Rinuncia al desiderio di un cambiamento.
Qui potremo chiederci, se aldilà della realtà della patologia cardiaca di Marc, l'aver temporeggiato nell'incontro di lavoro , non riuscendo a “chiudere” in tempo utile per l'appuntamento con Sylvie , che forse nella fantasia, avrebbe” aperto” la sua vita ad un cambiamento, non sia stato una sorta di “atto mancato”.
Un uomo infelice , come Marc ci appare dall'inizio del film sia nell 'aspetto, che nella espressività , può esser sopraffatto dalla paura inconscia di esser felice? Poco sappiamo della sua storia , se non che è solo, pur avendo avuto molte donne accanto a sé, e che non ha relazioni significative con la sua famiglia d'origine , che ha scelto un lavoro in cui qualcuno “deve pagare un prezzo”, e che fa lo stesso lavoro del padre.
Quale prezzo? Per cosa? Quali sensi di colpa paralizzano difronte al lecito desiderio di essere felice?
L'incontro tanto desiderato non avviene.
Ognuno sembra seguire il proprio destino di sempre. Marc col suo lavoro e nella sua ricerca di amare le donne perchè in fondo Marc è un uomo che” ama le donne”, sa amare.
Sylvie con il suo uomo , infelice, negli Stati Uniti, dentro ad una scelta che non sembra essere una scelta matura e consapevole, ma piuttosto un ripiego, un cedere . Come una specie di lasciarsi andare in un ruolo di vittima del “destino crudele”, relegando all'esterno la causa del suo malessere, rinunciando alla speranza di esser felice.
Senza assunzione di responsabilità nei confronti di se stessa.
Senza elaborazione dei vissuti di perdita per il legame con Sophie, la sorella, che lascerà a lungo sola, anni, e in difficoltà nella gestione economica della loro attività.
A questo punto il terzo cuore entra in gioco nella storia, il cuore solo e fragile di Sophie, che deve affrontare la vita da sola senza il supporto della sorella .
Il caso fa si che Marc per le sue competenze lavorative incontri Sophie, all'oscuro del rapporto tra Sophie e Sylvie.
Anche Sophie non sa che Marc è l'uomo di cui la sorella si era innamorata.
Succede , sulla scia tracciata dal “destino” che all'interno di questo incontro , che evoca quel tipo di incontri che Jung chiamava “incontri sincronistici”, i due si innamorino, o forse trovino nella loro relazione qualcosa delle loro parti mancanti : in Marc il desiderio di un amore, in Sophie il desiderio di un amore.
La loro vita scorre serena, il lavoro, la casa ( che appare tuttavia insignificante e poco calda rispetto alle immagini della casa d'origine e all'eleganza del negozio di antiquariato che Sophie gestisce) , un figlio, il sesso, la famiglia. Tutto “ meraviglioso” come ama dire Sophie.
Nè Marc né Sophie sanno che oltre i loro due cuori un terzo, che non ha potuto amare , è ancora palpitante.
La vita scorre nella sua quotidianità fino a quando Marc comincia ad avere sospetti sull'identità della cognata e fino a quando avviene l'incontro. Il re-incontro con Sylvie.
Ciò che appariva lontano nel tempo e sopito, riemerge con tumultuosa prepotenza.
E la possibilità mancata, riapre il gioco del destino , del dilemma .
L'amore non accaduto prima accade ora ed avviene sovrastando gli affetti consueti , i reciproci legami e lo sforzo di controllare i sentimenti.
Accade.
Ma ora Marc e Sylvie scelgono, ora entrambi scelgono di non rimanere nell'onnipotenza infantile di avere tutto.
Scegliere ha un prezzo , che è quello della lealtà con se stessi e con gli altri.
Ma scegliere arreca sofferenza. Alla fine del film tutti soffrono. Marc, Sylvie, Sophie, la madre .
Alla fine tutti “pagano un prezzo”, tutti i cuori soffrono.
Più di tutti è quello di Marc che soffre, cuore già sofferente, ma lasciato nell'incuria. In una poco amorevole cura di sé.
Dentro alla scena del “dolore acuto” di Marc si “condensano” più elementi, quelli che ci rimandano alla bizzarria del caso che appare tanto imprevisto quanto inequo e quelli che rimandano al prezzo emotivo da pagare.
Perchè Marc sembra non potersi concedere la felicità? Perchè al culmine del soddisfacimento del desiderio, simbolicamente il cuore non regge?
Il pensiero va allora al saggio di S .Freud “Un disturbo della memoria sull'Acropoli” in cui parla delle “persone che soccombono al successo”.
Freud scrive “…. Di regola ci si ammala in seguito a frustrazione, per il mancato appagamento di un bisogno o desiderio di importanza vitale; a queste persone invece accade il contrario, si ammalano, e addirittura vanno a picco perchè un loro desiderio di intensità sconvolgente è stato appagato…Semplicemente ….una frustrazione interna è subentrata al posto di quella esterna. Non ci si concede la felicità, la frustrazione interna ordina di mantenere quella esterna. Ma perchè? Perchè………..non ci si può aspettare niente di così buono dal destino. Quindi di nuovo il “ too good to be true ”. In altri casi è esattamente come per quelli che soccombono al successo, un senso di colpa o inferiorità che si può tradurre :” Non sono degno di tanta felicità, non la merito”. Ma entrambe le motivazioni sono in fondo la stessa cosa, l'una non è che la proiezione dell'altra. Perchè come è noto da tempo , il destino da cui ci si aspetta un trattamento così malvagio è una materializzazione della nostra coscienza, del severo Super-io dentro di noi, nel quale si è sedimentata l'istanza punitiva della nostra infanzia”.
E poiche sappiamo che Marc fa lo stesso lavoro del padre ( e non sappiamo altro però) appare suggestivo seguire il pensiero di Freud , che nello stesso capitolo, ci dice “…..Viaggiare così lontano,”fare tanta strada”, mi appariva al di fuori di ogni possibilità…………..deve essere che un senso di colpa resta legato alla soddisfazione di aver fatto tanta strada; c'è qualcosa di illecito in questo, di proibito fin dall'età più lontana. ..E' come se l'essenziale del successo consistesse nel fare più strada del padre e che fosse tuttora proibito voler superare il padre…….”.
Spesso “il troppo bello per essere vero”, paradossalmente non può esser vissuto.
Il regista però , sul filo delle porte girevoli, ci lascia con un'altra immagine, quella della realizzazione del desiderio. Quella che ci lascia la possibilità di credere che , da qualche parte, poichè l'inconscio detta le regole anche quando la realtà sembra farla da padrone, ci possa esser sempre un'altra porta da varcare , e un altro “destino” da vivere.
Ognuno sceglierà , anche nella rappresentazione scenica, ciò che maggiormente lo rappresenta.
Un film da vedere, col cuore aperto ……
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