"Siamo tutti assassini.
Percio' siamo tutti colpevoli.
Siamo tutti assassini colpevoli.
Non c'e' niente da fare.
Non possiamo evitarlo.
Uccidiamo per vivere.
Ci uccidiamo l'un l'altro per vivere"
(Michael Eigen)
In questa fase avanzata della sua carriera, Woddy Allen esplora, descrive, maneggia e rimaneggia un tema che gli e' caro, che e' entrato prepotentemente 'di moda' nelle cronache, ma che da sempre appartiene all'umanita': qual'e' il limite oltre il quale non possiamo spingerci per esaudire i nostri desideri? Esiste, questo punto di non ritorno? Ogni ostacolo sul nostro cammino, e' lecito eliminarlo? Siamo davvero tutti assassini?
"Cassandra's dream" (assai piu' bello della traduzione in Sogni e delitti), e' un ulteriore esplorazione intorno al tema del crimine, dell'avidita', del conflitto, della colpa e della punizione. Dopo "Crimini e misfatti", dopo "Match point" che ne fu la versione elegantemente aggiornata, dopo la deliziosa piccola favola di"Scoop", in "Cassandra's dream" le carte vengono sparse sul tavolo in modo diverso. Qui abbiamo la storia di due fratelli londinesi, Ian e Terry, di famiglia proletaria, ma entrambi ambiziosi e un po' sfaccendati, sebbene in modo diverso. Terry, il piu' semplice tra i due, lavora come meccanico in un'autofficina, ama la sua fidanzata con cui cerca casa, ma non riesce a fare a meno di bere e giocare, per arrivare a 'quel tanto in piu' che gli permetta di pagare i suoi debiti e, forse, essere alla pari del fratello. Ian, infatti, bellissimo e dall'aria scanzonata, coltiva il sogno di far soldi facili con improbabili affari immobiliari, trascurando cosi' il lavoro nel ristorante del padre, e ponendosi come meta ideale diventare come il ricco zio Howard, fratello della madre, uomo d'affari spregiudicato alla cui ombra i due ragazzi sono comunque cresciuti, sotto la spinta idealizzante della madre.
Ian e Terry si vogliono bene, sono solidali l'uno con l'altro nei loro reciproci fallimenti, ma non riescono a vivere nei panni stretti della loro condizione sociale. Come in molte famiglie che capita oggi (e forse anche ieri) di incontrare, abbiamo un padre onesto e svalutato da una madre insoddisfatta ed ambiziosa che pone lo zio, e non il proprio marito, a modello identificatorio dei figli. Ian e Terry crescono cosi' con il mito dello zio, del denaro facile anche se non e' chiaro da dove provenga, non paghi di quello che hanno – soprattutto Ian – ma nel contempo incapaci di costruirsi una valida e credibile alternativa.
La loro tragica e breve storia comincia con l'acquisto di Cassandra's dream, la barca che a tutti i costi vogliono possedere, e termina nello stesso porticciolo da cui era partita questa illusione, Terry a causa di un debito di gioco, Ian per tentare i suoi progetti speculativi, si trovano costretti a chiedere aiuto allo zio Howard, di passaggio in visita a Londra. Questi e' disposto ad aiutarli, ma in cambio di un reciproco favore: eliminare per lui un suo pericoloso concorrente, ex socio in affari che potrebbe rovinarlo se denunciasse tutti i suoi illeciti. Lo zio Howard, fino ad allora personificazione di una specie di fortunato benefattore, rivela cosi' la sua natura criiminale, quella che in fondo il padre ha sempre sospettato, e la necessita' del delitto irrompe improvvisamente sulla scena. In una sorta di banalita' del male, tutto si svolge in modo estramamente quotidiano: lo zio propone il crimine ai giardinetti, in una breve e sciatta conversazione, priva di ogni grandiosita' e senza l'alibi dei grandi scopi o della passioni, bisogna semplicemente eliminare un ostacolo, qualcuno che s'e' messo fra i piedi, non ci devono essere freni alla scalata economica, Tutto li'. Non vi e' nulla di epico, nulla che richiami alle ragioni degli ideali (uccidere per onore), o delle passioni (uccidere per gelosia), ma come In Crimini e misfatti e Match point, si uccide per non avere fastidiosi ostacoli sul proprio cammino. La' erano amanti diventate ingestibili da parte di ricchi mariti dell'alta borghesia che, ad un certo punto, decidono impunemente di disfarsene, qui e' un collaboratore diventato pericoloso; c'e' sempre un Altro, un'alterita' da eliminare quando diventa scomoda, non serve piu'.
Nel suo recente "Eta' di psicopatia"(2007, Franco Angeli ed.), lo psicoanalista americano Michael Eigen sostiene una testi suggestiva, ancorche' forse un po' semplicistica: e' la psicopatia la patologia sociale del nostro tempo, cosi' come lo era l'isteria al tempo di Freud. Se la psicoanalisi e' nata in un'epoca in cui era necessario curare, ammorbidire le storture di un Super-Io patologico, eccessivo, cosi' come lo si vede spesso nel nevrotico, oggi assistiamo, al contrario, ad una tragica scomparsa del senso di colpa, ad una sorta di psicopatia generalizzata da caranza del Super-Io, per cui l'atto criminoso diventa qualcosa di immediatamente a portata di mano non appena si ha da proteggere qualche scopo personale, "Siamo nel mezzo di un'eta' di psicopatia – scrive Eigen – e gli anni attuali sono uno dei suoi momenti culminanti. In termini genetici, uno psicopatico e' qualcuno con una coscienza deficitaria. Qualcuno per il quale colpa e' una parola sconveniente o inappropriata, eccetto che come strumento per manipolare gli altri. Il senso di colpa per aver ferito gli altri non sembra essere sufficiente per fermare lo psicopatico dal cercare di ottenere quallo che vuole" (corsivo mio). E oltre: "la psicoanalisi e' spesso satiregguiata come una forma di licenziosita', Essa cerca di far sentire le persone meno colpevoli per la sessualita', l'auto-rivendicazione, l'auto-affermazione. Meno colpevoli per il fatto di vivere. (…) Allo stesso tempo, la colpa ha una funzione sociale utile. Aiuta a unire le persone. Pone dei freni all'omicidio. (…) Segnala che siamo andati troppo oltre o che stiamo andando troppo oltre. Ci aiuta a modulare il modo in cui ci trattiamo a vicenda. Senza di essa staremmo peggio. Abbiamo un certo numero di emozioni modulatrici che contribuiscono a inibire l'aggressivita': vergogna, colpa e ansia, tra le altre. (….) All'altro capo dello spettro, ci sono persone che si sentono troppo poco colpevoli. Persone che sono prive di senso di colpa quando dovrebbero sentirsi colpevoli"
Anche lo psichiatra Vittorino Andreoli propone, nei suoi testi ed interviste piu' recenti, una lettura analoga, derivata anche dall'esperienza psichiatrico forense ("Luomo di vetro" e "Dietro allo specchio. Realta' e sogni dell'uomo di oggi", Rizzoli ed., 2008). La psichiatria, lo sappiamo, da sempre conosce la categoria della psicopatia, ma la riservava a casi particolari, circoscritti. La differenza e' che oggi, sottolinea Andreoli, e' una categoria diffusa, socialmente approvata e culturalmene supportata. Alla scomparsa del senso di colpa, modulatore essenziale del limite delle nostre azioni, si associa e si sostituisce il senso di vergogna, molto piu' labile ed effimero perche' affidato al giudizio esterno ("gli altri mi vedono"), laddove invece il senso di colpa proviene dall'interno, "sono io che mi vedo". L'Ideale dell'Io si sostuisce pericolosamente al Super-Io (dal quale, sappiamo da Freud, pur originariamente dipende), se ne distacca e prende il suo posto, potremmo dire, esponendo cosi' la coscienza personale, sottratta alle pene elaborative del conflitto interno, alla fragilita' del narcisismo.
I nostri Ian e Terry, pero', non sono uguali. Compiono insieme il delitto, ma Terry non ce la fara' a sopportare, appunto, il senso di colpa, sentira' la necessita' di costituirsi, di fare qualcosa per liberarsi del peso. Lo zio, vera personificazione del Male psicopatico, suggerisce a Ian di uccidere anche lui, diventato a sua volta un ostacolo. La catena rischia di non arrestarsi, il fiume e' uscito dal letto che lo conteneva…dov'e' finito il limite? Terry comprende, confusamente, che hanno superato un guado, che "prima era prima e adesso e' adesso", un 'adesso' dilatato ad eterno presente, dove tutto si gioca qui ed ora, senza passato, senza memoria. Lo zio Howard rappresenta la psicopatia contemporanea di Eigen, e' l'uomo di successo che piace alla gente, a cui si crede e a cui i giovani si ispirano, non importa cosa c'e' dietro la scalata sociale, mentre Ian si ferma, suo malgrado, di fronte al dover uccidere il fratello, e Terry, lo abbiamo gia' visto in difficolta…I due ragazzi inciampano per strada, sono solo 'due falliti' come dice lo stesso Ian, non veri psicopatici. E' il loro sciocco arrivismo a trascinarli, il non riuscire a vivere nei loro panni, stimolati da un oggetto materno (e da un contesto sociale) che ha posto lo zio ad ideale, squalificando il padre.
Un assetto familiare piuttosto comune, quello che Allen gioca, con la consueta profonda leggerezza, sotto il grigio cielo di Londra: non il patinato ambiente di "Match point", dove tutto sembra lecito, ma quella lower class i cui figli vivono nel miraggio del lusso e del successo, senza passare attraverso la fatica degli studi o l'opportunita' del talento. Ian e Terry (ottimi Colin Farwell ed Ewan Mc Gregor) ci sono simpatici, ci immedesiamo in loro, nelle loro debolezze, nelle loro ingénue e facili speranze, sono tipologie frequenti fra i ragazzi di oggi, le loro fantasie si ritrovano in molti giovani pazienti, insidiose fantasie grandiose di un'auto-affermazione senza costrutto.
Diversamente dai precedenti film citati, qui la vicenda non finisce impunita. Casualmente, appunto per l'inciampo nel senso di colpa, finira' tragicamente, sulla stessa Cassandra's dream in cui era iniziata, breve parabola del sogno di due ragazzi il cui esito e' scritto gia' nelle fragili premesse. Cassandra conosce il futuro, non si scappa. "Temo che viviamo in un periodo in cui le conseguenze delle nostre azioni non vengono percepite vivamente – scrive Eigen – La prima psicoanalisi si concentro' su un Super-Io troppo rigido. (..) Se oggi usassi termini come Io, Super-Io, Es, parterei di un Io psicopatico".
La cinematografia di Woody Allen, ha saputo percorrere come nessun altro autore, a mio avviso, questo delicato passaggio tra le tematiche del nostro tempo, dagli anni del conflitto nevrotico e delle crisi coniugali, alla desolata psicopatia diffusa dei nostri giorni. Ai conflittuali protagonisti di Io e Annie, Manhattan e molti altri, dibattuti tra desiderio e punizione, tradimenti e nevrosi, si sostuiscono soggettivita' in cui il conflitto e' negato nel corto circuito dell'azione, coloro che, come scrive Racamier, bisognosi di una continua "immunita' conflittuale (…) lasciano sempre agli altri il conto da pagare" (Il genio delle origini, ed Cortina, 1992). Costoro non praticano i nostri studi, continua Racamier, se non raramente, ma li troviamo diffusi nella societa', mascherati nelle figure degli impostori, degli scrocconi, dei mistificatori..
Ian e Terry, cosi' come i loro stanchi genitori e le loro ingenue fidanzate, ci sono simpatici in quanto in fondo vittime del contesto psicopatico, per dirla con Michael Eigen, o della perversione narcististica dello zio, se seguiamo Racamier. Essi non sono gli artefici, non i burattinai, ma povere pedine dell'illusione psicopatica,i non riescono a "farla franca con l'omicidio" (Eigen), ne' a "far pagare il prezzo ad altri", restano invece intrappolati nell'effimero guscio, Cassandra's dream, del loro sogno.
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