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Tra le nuvole (Up in the air) di Jason Reitman (USA, 2009)

2 Ott 12

Di Ignazio-Senatore

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E' tempo di crisi ed occorre, senza indugi, tagliare, i lavoratori in esubero. I ricchi e cinici manager delle corporation preferiscono però non sporcarsi le mani e s’affidano a dei professionisti esperti e navigati, accorti a non scatenare ricorsi legali ed le rabbiose reazioni dei sindacati.

Il quarantacinquenne Ryan Bingham (George Clooney) è uno dei migliori "tagliatori di testa" in circolazione; distinto, elegante, disinvolto, senza tradire l’ombra di un’emozione, con aria partecipe e contrita, aggrotta un po’ la fronte e comunica al malcapitato lavoratore di turno le inappellabili decisioni dell’azienda. Dopo essersi fatto scivolare addosso le drammatiche e dolorose storie di chi, si trova, all’improvviso, senza un lavoro, raggiante e felice, s’imbarca in "business class", sul volo successivo insieme all’inseparabile trolley.

Infaticabile lavoratore (l’ultimo anno è stato in volo 323 giorni) e viaggiatore modello, Ryan conosce tutti i trucchi per evitare le file in aeroporto e gongola dal piacere, quando incrocia gli sguardi rapiti delle hostess che, al suo passaggio, lo salutano con uno smagliante sorriso.

Il suo unico vero obiettivo? Raggiungere la prestigiosa tappa di dieci milioni di miglia che gli permetterebbe di ricevere di persona i complimenti del pilota e dell’equipaggio e di far parte di un club esclusivo di viaggiatori a cui è riservato, in premio, la scritta del proprio nome su una fiancata di un aereo.

La sua vita di single impenitente, spesa tra anonimi aeroporti, alberghi serializzati ed automobili di lusso prese in affitto, sembra filare liscio fino a quando Craig Gregory (Jason Bateman), il suo capo, rimane affascinato da Nathalie (Anna Kendrick), una giovanissima e rampante neolaureata che, in nome dell’ottimizzazione aziendale, lo convince che è dispendioso far viaggiare i dipendenti da uno stato all’altro dell’America e che si può benissimo licenziare i lavoratori in videoconferenza.

Atterrito all’idea di dover modificare completamente il proprio stile di vita, Ryan suggerisce a Craig che è preferibile, prima di renderla operativa, verificare sul campo la nuova procedura ed accetta, suo malgrado, di scorazzare per gli States al fianco della tenace e volitiva Nathalie.

Durante uno degli innumerevoli viaggi di lavoro Ryan allaccia una bollente relazione con Alex (Vera Farmiga), affascinante e sensuale donna in affari che vola come lui, senza sosta, da uno scalo all’altro dell’America. Nathalie, intanto, lasciata dal fidanzato con un sms, va in crisi e bombarda Ryan con mille domande sulla natura degli affetti e delle relazioni umane, scalfendo, a poco a poco, le sue granitiche certezze.

Ryan sente che non può mancare al matrimonio della sorella Julie (Melanie Linskey) con Jim (Danny McBride) e chiede ad Alex di accompagnarlo. Quel clima familiare, caldo ed accogliente, gli scioglie il cuore e lo spinge ad immaginare il proprio futuro al fianco della sua nuova fiamma. Ma Alex è sposata e Ryan è per lei solo una piacevole trasgressione. Craig, intanto, a seguito di un suicidio di un’operaia, mette da parte il progetto di Nathalie e Ryan, dopo essersi leccato le ferite d’amore, riprende nuovamente a volare, senza sosta, sui cieli statunitensi, coronando il suo agognato obiettivo dei dieci milioni di miglia.

Jason Reitman, figlio d’arte (suo padre Ivan ha diretto gli irresistibili "Ghostbuster", "I gemelli" e prodotto il cult-movie "Animal house") dopo il delizioso "Juno", conquista il pubblico e la critica portando sullo schermo l’omonimo romanzo di Walter Kirn.

In "Up in the air" il trentatreenne regista americano impagina due storie che scorrono parallelamente; una ruvida ed abrasiva, che mostra, impietosamente, la disperazione e la rabbia degli operai che perdono dall’oggi al domani il lavoro ed un’altra, più intima e delicata, che ruota intorno al protagonista che, non essendo mai stato sfiorato dell’idea di sposarsi e di avere figli, sul finale, va in crisi e prova a riempire un’esistenza vuota, fatta solo d’apparenza e di facciata.

Sin dalle prime battute il regista mostra il magnetico ed affascinante protagonista che, nel rivolgersi a dei giovani stagisti accorsi ad una sua conferenza, propone loro una metafora che illustra perfettamente la propria filosofia di vita :

"Avete un nuovo zaino solo che dovete riempirle di persone. Cominciate con le conoscenze casuali, amici di amici,colleghi d’ufficio, poi passate alle persone cui affidate i segreti più intimi, i vostri cugini, le zie, gli zii, fratelli, sorelle, i vostri genitori ed infine vostro marito,vostra moglie, fidanzato o fidanzata. Fateli entrare tutti nello zaino. Non temete, non vi chiederò ora di dargli fuoco. Sentite bene il peso dello zaino. State pur certi i vostri rapporti sono le parti più pesanti della vostra vita. Sentite sulle spalle come tirano le cinghie, tutte le trattative, le discussioni, i segreti e i compromessi. Non dovete accollarvi tutto quel peso. Perché non appoggiate lo zaino a terra."

Attento a non intrecciare legami affettivi stabili e duraturi, Ryan ha pianificato la propria esistenza tenendosi sapientemente alla larga da amici, colleghi e familiari e quando Alex gli chiede come mai, in tutti quegli anni, non aveva mai pensato di mettere su famiglia, senza scomporsi, le risponde con un disarmante: "Non odio le persone. Con lo zaino vuoto avrei potuto capire meglio cosa metterci dentro."

Con garbo e leggerezza Reitman ci mostra gli impercettibili movimenti emotivi del protagonista che, sequenza dopo sequenza, comprende di essere solo al mondo, di aver intrattenuto con gli altri solo dei rapporti informali e superficiali e di essere sempre stato considerato dai suoi parenti un estraneo.

In quella che é (forse), la scena clou del film, Reitman ci mostra Jim , alla vigilia del matrimonio, divorato da mille dubbi se convolare o meno a nozze il giorno dopo.

Julia è a pezzi e Kara chiede a Ryan di utilizzare, per l’occasione, il suo bagaglio d’esperienza professionale per convincere Jim a ritornare sui propri passi. Ryan dapprima nicchia ma poi Kara, a muso duro, gli dice: "Ryan non sei mai stato presente nella nostra vita, per noi è come se tu non esistessi. So che vuoi esserci per lei. Beh, ci siamo, è la tua occasione."

Centrato in pieno dall’amaro commento della sorella, Ryan intuisce che non può tirarsi indietro e per dimostrarle il proprio senso d’appartenenza al gruppo familiare va da Jim, lo ascolta, contiene le sue ansie e preoccupazioni e poi, con aria paterna e protettiva, gli dice: "Se pensi ai ricordi più belli, ai momenti più importanti della tua vita, eri da solo?. Ieri sera, tu e Julia eravate in camere separate? La vita è meglio in compagnia. A tutti serve un co-pilota."

Jim, rinfrancato dalle sue parole corre di volata tra le braccia di Julia ed allora Kara s’avvicina a Ryan e gli sussurra un affettuoso e caloroso:"Bentornato a casa".

Ed è proprio quel "Bentornato a casa" che scalderà il cuore del protagonista, innescherà la sua progressiva trasformazione del pro e lo spingerà ad imprimere una svolta radicale alla propria vita. Sul finale, dopo aver preso atto del fallimento della propria vita. attanagliato dai morsi della solitudine, si congederà dallo spettatore con un nostalgico commento fuori campo: "Stasera molti rientrando a casa saranno salutati da cani saltellanti e figli che strillano. Il loro coniuge chiederà come è andata la giornata e stasera si addormenteranno. Le stelle usciranno discrete dai loro nascondigli diurni e una di quelle luci, appena più luminosa delle altre, sarà l'ala del mio aereo che passa."

Con questa favola agro-dolce, Reitman, senza enfasi, svolazzi o strizzate di cuore, sembra sottolineare, come il protagonista, dopo aver recuperato il legame con la propria famiglia d’origine, possa finalmente dare un taglio ad una vita arida e vuota, vissuta "tra le nuvole" (come il titolo del film ci ricorda ), lontana dagli affetti e dalle proprie radici.

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